Schiava dei suoceri (parte 2)

di
genere
sadomaso

Per andare dai suoceri si cambiò.
Non solo non meritavano di vederla così gnocca ma, soprattutto, non l’avrebbero vista proprio vestita.
Si cambiò in fretta.
L’attesa degli SMS di risposta e la telefonata, anche se veloce, le avevano fatto perdere tempo.
Anche il cambio di abito le era costato tempo e l’ora non giocava a suo favore per il traffico.
Indossò una tuta comoda e un paio di sneakers vecchie.
Perse altro tempo per struccarsi. Ciò che avrebbe dovuto fare non sarebbe stato compatibile con il viso curato. Il sudore e le probabili lacrime l’avrebbero segnato tutto, col rischio di sporcare gli abiti dei Padroni o il tappeto.
Questo le avrebbe fatto perdere altro tempo.
Maledizione.
Cercò di fare più in fretta che poté ma le lancette sull’orologio che le era caduto e che ancora si trovava a terra, scorrevano troppo velocemente.
Pensò quasi che la caduta l’avesse rotto ma il tanto tempo trascorso trovò conferma sull’orologio da parete della cucina.
Odiava quel segnatempo le era stato regalato dal marito, Italo, il figlio dei suoi Padroni.
Non avrebbe potuto buttare via la foto che li ritraeva assieme e che stava, in maniera ingombrante, sulla mensola dalla quale era caduta e che lei non aveva raddrizzato, ma quell’orologio sì, avrebbe potuto farlo sparire.
L’assenza del segnatempo che scimmiottava il Submariner della Rolex non sarebbe certo stata notata dai suoceri se un giorno fossero venuti in casa sua, quella che era stata la casa coniugale.
Era troppo innervosita e non avrebbe potuto aspettare, così prese una sedia per poterlo raggiungere.
Dalla parte superiore cadde un po’ di polvere sulla tuta che allontanò con un gesto ripetuto della mano accompagnato da altri improperi, come se quella polvere avesse una qualche responsabilità per ciò che le era accaduto quella sera o, meglio, su ciò che doveva vivere dalla morte del marito.
Prima di andare in garage a prendere l’auto sportiva, andò ai cassonetti per buttare via quel ricordo di una vita che la tormentava e la costringeva a vivere la sua vita attuale.
Entrando nel vialetto dei suoceri urtò il cassonetto dell’immondizia.
La mattina dopo, a giudicare da ciò che cadde, sarebbero passati a ritirare l’indifferenziato.
“Maledizione”!
Avrebbe pagato anche quella disattenzione se quei bastardi se ne fossero accorti.
“Vaffanculo”!
Non aveva tempo per raccogliere. Era già in ritardo.
Si precipitò in casa trovando la porta aperta, come era di consuetudine quando veniva convocata.
Si spogliò completamente.
Solo fugacemente pensò che le sue previsioni per quella sera prevedevano che si sarebbe spogliata davanti a Marco.
Almeno si era depilata bene.
L’ultima volta che il suocero l’aveva trovata con qualche pelo alla fica l’aveva punita. Vecchio sadico bastardo. L’aveva fatta stendere sul tavolo da pranzo e, cosce aperte, le aveva contato i peli. Lui la voleva, anzi, la pretendeva depilata perfettamente.
Irene ricordava ancora con paura il conteggio che le sembrava eccessivamente lento. Sentiva a fatica la progressione dei numeri perché la suocera, bastarda come il marito, era cavalcioni, sul tavolo, sulla sua faccia intenta a farsi leccare la fica.
Quella vecchiaccia, Luisa, adorava farsi leccare mentre lei era intimorita. Riteneva che ogni colpo di lingua avesse un effetto migliore, forse dovuto al desiderio di ingraziarsi i Padroni.
Il numero finale, del cui conteggio non poteva che fidarsi, fu di 26.
Sapeva già quale sarebbe stata la punizione: 26 colpi con la paletta del frustino da cavalli sulla fica.
Luisa era rimasta seduta sulla sua faccia, a cavalcioni. Le aveva stretto forte i capezzoli fino a soffocare il lamento ad alta voce schiacciando la faccia sotto il suo culo.
“Se durante la punizione il ritmo delle leccate viene meno, i colpi aumenteranno, cagna”.
Mentre era costretta a leccare quella fica vecchia, Franco la frustò impietosamente sul sesso.
Se lo sentiva arroventato e, alla fine, le disse con sarcasmo che la moglie, anzi, la Padrona, scontenta dell’alterazione del ritmo, si era lamentata e questo le erano valse altre 6 frustate, sempre nello stesso posto che lei immaginava rosso e gonfio.
Il bastardo ci andò pesante e la moglie era evidentemente eccitata dalla punizione e dalla sua lingua.
Doveva essersi eccitato anche il Padrone perchè sentì il suo cazzo duro entrarle in figa. Lo stronzo non godette, uscì prima.
Mentre completava la svestizione ripensò a quell’episodio.
Non seppe perché, tra tanti, proprio quello le era venuto in mente. Il pensiero della figa depilata per Marco evidentemente aveva spolverato altri ricordi.
di
scritto il
2024-06-18
6 . 7 K
visite
2 3 3
voti
valutazione
7.8
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.