Quattro donne. 1. Charlotte
di
AngelicaBella
genere
saffico
Charlotte
Mamma è arrivata e con mia sorpresa è accompagnata da Lita e dal fedele Bastiano.
Quando scende dalla carrozza io le corro incontro e ci abbracciamo.
Mi guarda con stupore ammirando la mia pancia sempre più grossa.
Tutto in me è diventato rotondo ed è piacevole.
Il medico dice che una madre in salute è un neonato in salute.
Lita è bella come sempre.
Sono passati cinque anni ma non è per nulla cambiata.
Anzi i suoi lineamenti si sono leggermente arrotondati e la rendono ancora più bella e desiderabile.
La mia casa è grande ma decidiamo di trasferirci in quella di Jorge.
Rejna desidera essermi vicina quando nascerà il bambino o la bambina.
Rejna e io speriamo sia maschio.
Abbiamo già deciso che si chiamerà Jorge Francisco.
Frank è felice di questa scelta.
La casa di Jorge, che adesso è casa mia, è stata completamente imbiancata dopo la sua morte.
Gli arredi della sua stanza sono stati asportati e bruciati.
“Solo una precauzione”, ha detto Rejna e credo abbia fatto bene.
I nuovi arredi sono arrivati appena pochi giorni fa.
Abbiamo scelto dei colori tenui e cambiato anche i tendaggi.
La casa ora assomiglia un poco alla mia ed un poco a quella di mia cognata.
Sorride quando la chiamo così.
“Sorelle”, mi risponde, “siamo sorelle”.
Ed è vero.
Anche se non sappiamo nessuna delle due cosa significa avere una sorella ci sentiamo unite e complici in ogni gesto e azione.
La cosa mi rende felice e serena.
Anche la mia ninfomania si è ridotta.
L’affetto di Rejna, di Maria e di Ines mi appaga e sono felice.
L’arrivo di mamma è la ciliegina sulla torta.
Anche Lita è una piacevole ventata di novità nella nostra vita.
Le sistemo in due camere vicine.
Mamma mi ha detto che Bastiano dorme sempre con lei ed io ho acconsentito con piacere.
La mamma ha raggiunto anche lei la serenità agognata.
Mio zio, quello che io chiamavo papà, è morto e Lita dopo aver ereditato tutte le proprietà di Don Jose le ha donato la terra e la casa dove vive.
Ora è una piccola proprietaria terriera e le rendite le consentono di vivere agiatamente.
Bastiano è sempre tonto ma è fedele a mamma e per lei si butterebbe nel fuoco.
Mamma questo lo sa e credo se ne approfitti un poco, ma penso che in fondo si sia affezionata a lui e al suo fantastico uccello.
Pensare all’uccello di Bastiano mi fa venire un languore in mezzo alle cosce.
Appena partorisco dovrò chiedere a mamma di prestarmelo.
*
Jorge Francisco è nato stanotte.
Accanto a me oltre alla levatrice c’erano la mamma, Rejna e Maria.
Il giovane erede pesa oltre quattro chili e comprendo adesso la dimensione della mia pancia.
Il parto è stato veloce.
La levatrice aveva previsto un travaglio più lungo in quanto primipara, ma evidentemente il mio corpo ha reagito bene ed il bimbo è scivolato fuori in poche ore.
Il dolore è stato tremendo.
Vedere quella testa uscire dalla mia figa mi ha fatto temere per le mie future scopate.
Ma dopo che anche la placenta è uscita si è richiusa tornando quasi allo stato normale.
Il medico è venuto a visitarmi e nel toccarmi ho provato un brivido di piacere.
È un giovane medico appena arrivato in città.
È un bel ragazzo.
Potrebbe andare bene per Ines, ma Rejna ambisce giustamente ad altro.
Ines da quando è tornata a casa è cambiata tantissimo.
Più matura, ha ripreso a studiare economia.
Sua madre la vuole preparata per dirigere la loro banca.
Ogni tanto sento provenire dei mugolii dalla sua stanza, segno che qualche servo si sta prestando a scoparla.
Felipe è rimasto a casa con Frank e Carmen e da quello che so sta facendo felice Zizi.
Paolo è un po’ risentito della cosa ma Caterina lo consola adeguatamente.
Lita ha portato con sé una giovane serva, Teresa.
Molto bella ma anche timida e riservata.
Ogni volta che ci rivolgiamo a lei arrossisce.
Lita ci ha raccontato che l’ha portata via dalla sua famiglia di origine perché la madre voleva farla prostituire.
Il padre, incapace di contrastare la volontà della moglie, si era rivolto a lei che, d’imperio, aveva preteso dalla donna di prendere la figlia a servizio da lei.
Per fortuna era arrivata in tempo e la ragazza si era risparmiata l’onta della violenza dell’uomo.
Teresa è molto grata a Lita per averle salvato la vita e lo dimostra servendola alla perfezione.
Lita si è affezionata a lei e ci ha confessato che spesso dormono insieme.
Sono appisolata ed Ines entra per salutarmi.
Mi bacia sulle labbra.
Mi sorride.
“Hai fatto proprio un bel bambino”, mi dice.
“Grazie” le sussurro con un fil di voce.
“Sei stanca, ti lascio riposare”.
“No, resta” e le indico la parte vuota del grande letto.
Lei si stende a fianco a me.
L’abbraccio ma il dolore al seno mi impedisce di stringere.
Le nostre labbra si uniscono in un bacio leggero.
Lei appoggia la sua testa sul mio seno ma subito si solleva toccandosi la guancia umida.
“E’ il latte”, le dico.
“Posso?”, mi chiede spostando verso il basso la camicia da notte facendo uscire il mio capezzolo gonfio e duro.
Acconsento con lo sguardo.
Lei appoggia le sue labbra sul capezzolo e schiaccia leggermente il mio seno.
Sento il latte uscire dai minuscoli fori e lei lo succhia ingoiandolo. Si nutre di me con tenerezza. Il dolore al seno diminuisce.
“Anche l’altra, ti prego” le sussurro.
Lei si sposta e prende anche l’altro seno tra le labbra, stringe dolcemente e il liquido biancastro le inonda la bocca.
Dopo poco il dolore si attenua e le smette la suzione.
“Lasciamone un po’ a mio nipote”, dice sorridendomi.
“Tra poco lo porteranno. Resta con me” la prego.
“Certo”.
Prende una sedia e l’avvicina al letto. Mi prende la mano e se la porta al viso.
“Ti devo la vita, Charlotte”.
“Esagerata, piccola mia, ti ho solo aiutato a superare il momento”, le dico “ed è stato anche piacevole” aggiungo sorridendo.
“Questo lo avevo intuito” risponde lei ricambiando il sorriso.
“Ora cosa farai?”, le chiedo.
“La settimana prossima vengono a trovarci degli amici da New York. Sono Martin e Robert Whitman. Padre e figlio hanno una banca, piccola, ma importante come la nostra e la mamma vorrebbe fare una fusione con la nostra”.
“E sancirla con un matrimonio?”, chiedo.
“Forse. La mamma dice che deve piacere a me. Robert ha tre anni più di me, ma non lo conosco”.
Io sono già a conoscenza dei piani di Rejna.
Mia cognata mi ha messo al corrente del progetto trovando la mia approvazione.
Una fusione con un’altra banca di un altro stato ci aiuterebbe a crescere e a non restare schiacciate dalla concorrenza.
C’è solo una cosa che manca da definire.
Io e Rejna decidiamo per il cinquanta per cento.
L’altro cinquanta per cento è in mano per metà al marito di Rejna e l’altra parte ad uno zio.
Zio Ernesto è il fratello del padre di Rejna, ha settant’anni, non è sposato e non ha figli.
Si occupa poco della banca e ha dato al marito di Rejna la delega a gestire i suoi affari.
L’ho visto poche volte. Pur abitando nello stesso quartiere fa vita ritirata.
Non è un brutto uomo, peccato che sia vecchio.
Rejna sostiene che le serve da lui durano poco e quando ne assume una nuova la prende più giovane della precedente.
Vive da solo con una servitù ridotta. Cinque persone in tutto. Una in cucina, una per il giardino, due per le pulizie e l’ultima che si occupa solo di lui.
Di solito gli uomini prendono un uomo. Lui invece solo donne. Che durano poco.
La nostra idea è di trovargli una moglie che sia nostra alleata.
Rejna mi ha chiesto se Lita era una persona di cui fidarsi.
Sicuramente ci legano affetto e rispetto, riguardo alla fiducia non so.
Siamo d’accordo con Rejna che nei prossimi giorni affronteremo l’argomento con lei per capire se le interessa aiutarci.
“Sei stanca?”.
La voce di Ines mi riporta al presente.
“No, amore mio stavo solo pensando al tuo futuro”.
Lei si alza e si avvicina a me baciandomi sulle labbra.
Il suo profumo invade le mie narici.
Sa di buono e di eccitante allo stesso tempo.
Il languore al basso ventre si fa sentire.
Lei sembra intuirlo.
“Pazienza, Zia, pazienza. Ci vorranno almeno tre settimane di astinenza”.
“Questo è quello che dice il dottorino, ma è proprio da lui che me la farei leccare”.
Scoppiamo a ridere.
Bussano alla porta.
È la bambinaia che porta il mio bambino per la poppata.
Mi poggia il piccolo e paffuto Jorge sul ventre ed io scopro il seno sinistro.
Il piccolo con gli occhi chiusi trova la strada per il nutrimento attaccandosi al capezzolo.
Inizia la suzione. È dolorosa.
Faccio una smorfia e la bambinaia mi dice che più tardi tirerà fuori il latte in eccesso che userà per la poppata notturna e il dolore diminuirà.
Le labbra della ragazza sono sensuali e quando parla i suoi piccoli denti bianchi risaltano sulla sua pelle ambrata.
La giovane mulatta è stata appena assunta da Rejna e già riscuote successo fra la servitù maschile e femminile.
Ha un corpo sinuoso e il vestito leggero che indossa lo mette in risalto senza lasciare quasi nulla all’immaginazione.
Anche Ines la guarda con un’aria di lussuria.
La ragazza sembra intuirlo ed abbassa il viso.
“Come ti chiami?” le chiede Ines.
“Evita”, risponde la ragazza con un filo di voce.
“Sei molto bella, Evita. Quanti anni hai?”, domando io.
“Grazie Signora. Venti, signora”, risponde lei con grazia.
È proprio un bel bocconcino.
Ha una pelle profumata.
Ho riempito le narici di quel profumo quando si è chinata verso di me con il bambino.
Il languore torna.
Evita, sposta il bimbo per consentirgli di prendere l’altro seno.
Una goccia di latte esce dal seno appena munto ed Evita con un gesto che ci lascia di stucco lo raccoglie con l’indice e lo porta alla bocca, succhiandolo.
Noto una leggera estasi nel suo sguardo.
Lei si accorge che la stiamo osservando.
“Stavo assaggiando il sapore per capire se va bene al bambino”, si giustifica, “il sapore cambia a seconda del cibo che la madre mangia”.
“Pensi che vada bene? le chiedo.
“Si, signora. È dolce e pastoso. Al suo piccolo piace”.
“Anche a me, piace”, interviene maliziosa Ines.
Evita abbassa lo sguardo come a provare vergogna.
Il bambino si stacca sazio dal mio seno.
Evita lo prende, gli pulisce la bocca con un fazzoletto di tessuto leggero e si avvia verso l’uscita.
“Ti aspetto per tirare il latte”, le dico.
Lei si gira e mi sorride.
“Si, mia signora, torno presto”.
Quando è uscita io ed Ines scoppiamo a ridere.
“Io vado, Mia Signora”, dice la ragazza con ironia ed il sorriso sulle labbra e fa un inchino.
“Sei congedata”, rispondo stando al gioco.
Ines esce e resto sola con i miei pensieri.
Ho voglia di scopare, di leccare, di essere leccata, di essere penetrata da uno, due e anche tre cazzi.
Tre settimane, che regola assurda.
Con questi pensieri chiudo gli occhi e quasi mi addormento quando sento entrare qualcuno nella stanza.
Riconosco il profumo di Evita quando si china verso di me.
Tengo chiusi gli occhi fingendo di dormire e la sento toccare il mio seno.
Attacca al capezzolo una piccola ventosa, collegata ad un tubicino rigido di bambù e all’altra estremità una piccola bottiglia di vetro.
Preme il mio seno con dolcezza e sento fuoriuscire il mio latte.
Il flusso è lieve ma costante e presto la piccola bottiglia si riempie.
Evita stacca la ventosa e ripete l’operazione sull’altro seno.
Quando ha terminato poggia tutto sul comodino e prende a massaggiare con delicatezza i miei seni.
Ha un tocco piacevole e sento colare delle gocce di latte sul mio seno.
Lei se ne accorge e appoggia le sue labbra, leccando la striscia dal basso verso l’alto, fino ad arrivare al capezzolo.
Lo prende tra le labbra e con la lingua lo pulisce tutt’intorno.
Il languore cresce e diventa desiderio.
La mia mano raggiunge il corpo della ragazza.
Solleva il suo vestito fino a raggiungere il sesso nudo.
Le mie dita accarezzano il suo clitoride, penetrano dentro di lei trovando gli umori della sua eccitazione.
Apro gli occhi e la vedo.
Succhia il mio seno con gli occhi chiusi mentre io con le mie dita cerco il suo piacere.
Quando lo trovo sembra perdere l’equilibrio e cadere in avanti.
Stacco la mano.
Lei apre gli occhi e stacca la bocca dal mio seno.
“Spogliati”, le ordino.
Lei obbedisce.
Il corpo che intuivo bello sotto il vestito è ancora più bello completamente nudo.
La ragazza porta intorno ai fianchi una collana di perline colorate che risaltano sulla sua pelle ambrata.
Si distende sul letto ed apre le cosce.
Il suo sesso rosa è già aperto, pronto per la mia bocca.
Mi sollevo, mi tolgo la camicia da notte e rimango nuda.
Affondo il viso in mezzo alle sue cosce, le mie labbra trovano il suo sesso e la mia lingua lo penetra.
Lei inarca la schiena e geme per il piacere.
Le dita entrano dentro di lei mentre la lingua si occupa del clitoride.
La sento mugolare e accelero il movimento delle dita.
Gli umori mi riempiono la mano e un gemito roco esce dalla sua gola.
La sento sussultare tra le mie dita.
La sua mano si poggia sulla mia testa e mi implora di non fermarmi.
Io continuo costante e regolare fino a quando il suo urlo invade la stanza.
Rallento i movimenti e dopo poco mi fermo.
Le dita immobili sono ancora dentro di lei.
Sento la contrazione pelvica stringerle.
La lascio terminare, poi le estraggo.
Le porto alla bocca e le succhio.
Il suo sapore mi delizia.
Appoggio la testa sul suo pube chiudo gli occhi.
Continua
Mamma è arrivata e con mia sorpresa è accompagnata da Lita e dal fedele Bastiano.
Quando scende dalla carrozza io le corro incontro e ci abbracciamo.
Mi guarda con stupore ammirando la mia pancia sempre più grossa.
Tutto in me è diventato rotondo ed è piacevole.
Il medico dice che una madre in salute è un neonato in salute.
Lita è bella come sempre.
Sono passati cinque anni ma non è per nulla cambiata.
Anzi i suoi lineamenti si sono leggermente arrotondati e la rendono ancora più bella e desiderabile.
La mia casa è grande ma decidiamo di trasferirci in quella di Jorge.
Rejna desidera essermi vicina quando nascerà il bambino o la bambina.
Rejna e io speriamo sia maschio.
Abbiamo già deciso che si chiamerà Jorge Francisco.
Frank è felice di questa scelta.
La casa di Jorge, che adesso è casa mia, è stata completamente imbiancata dopo la sua morte.
Gli arredi della sua stanza sono stati asportati e bruciati.
“Solo una precauzione”, ha detto Rejna e credo abbia fatto bene.
I nuovi arredi sono arrivati appena pochi giorni fa.
Abbiamo scelto dei colori tenui e cambiato anche i tendaggi.
La casa ora assomiglia un poco alla mia ed un poco a quella di mia cognata.
Sorride quando la chiamo così.
“Sorelle”, mi risponde, “siamo sorelle”.
Ed è vero.
Anche se non sappiamo nessuna delle due cosa significa avere una sorella ci sentiamo unite e complici in ogni gesto e azione.
La cosa mi rende felice e serena.
Anche la mia ninfomania si è ridotta.
L’affetto di Rejna, di Maria e di Ines mi appaga e sono felice.
L’arrivo di mamma è la ciliegina sulla torta.
Anche Lita è una piacevole ventata di novità nella nostra vita.
Le sistemo in due camere vicine.
Mamma mi ha detto che Bastiano dorme sempre con lei ed io ho acconsentito con piacere.
La mamma ha raggiunto anche lei la serenità agognata.
Mio zio, quello che io chiamavo papà, è morto e Lita dopo aver ereditato tutte le proprietà di Don Jose le ha donato la terra e la casa dove vive.
Ora è una piccola proprietaria terriera e le rendite le consentono di vivere agiatamente.
Bastiano è sempre tonto ma è fedele a mamma e per lei si butterebbe nel fuoco.
Mamma questo lo sa e credo se ne approfitti un poco, ma penso che in fondo si sia affezionata a lui e al suo fantastico uccello.
Pensare all’uccello di Bastiano mi fa venire un languore in mezzo alle cosce.
Appena partorisco dovrò chiedere a mamma di prestarmelo.
*
Jorge Francisco è nato stanotte.
Accanto a me oltre alla levatrice c’erano la mamma, Rejna e Maria.
Il giovane erede pesa oltre quattro chili e comprendo adesso la dimensione della mia pancia.
Il parto è stato veloce.
La levatrice aveva previsto un travaglio più lungo in quanto primipara, ma evidentemente il mio corpo ha reagito bene ed il bimbo è scivolato fuori in poche ore.
Il dolore è stato tremendo.
Vedere quella testa uscire dalla mia figa mi ha fatto temere per le mie future scopate.
Ma dopo che anche la placenta è uscita si è richiusa tornando quasi allo stato normale.
Il medico è venuto a visitarmi e nel toccarmi ho provato un brivido di piacere.
È un giovane medico appena arrivato in città.
È un bel ragazzo.
Potrebbe andare bene per Ines, ma Rejna ambisce giustamente ad altro.
Ines da quando è tornata a casa è cambiata tantissimo.
Più matura, ha ripreso a studiare economia.
Sua madre la vuole preparata per dirigere la loro banca.
Ogni tanto sento provenire dei mugolii dalla sua stanza, segno che qualche servo si sta prestando a scoparla.
Felipe è rimasto a casa con Frank e Carmen e da quello che so sta facendo felice Zizi.
Paolo è un po’ risentito della cosa ma Caterina lo consola adeguatamente.
Lita ha portato con sé una giovane serva, Teresa.
Molto bella ma anche timida e riservata.
Ogni volta che ci rivolgiamo a lei arrossisce.
Lita ci ha raccontato che l’ha portata via dalla sua famiglia di origine perché la madre voleva farla prostituire.
Il padre, incapace di contrastare la volontà della moglie, si era rivolto a lei che, d’imperio, aveva preteso dalla donna di prendere la figlia a servizio da lei.
Per fortuna era arrivata in tempo e la ragazza si era risparmiata l’onta della violenza dell’uomo.
Teresa è molto grata a Lita per averle salvato la vita e lo dimostra servendola alla perfezione.
Lita si è affezionata a lei e ci ha confessato che spesso dormono insieme.
Sono appisolata ed Ines entra per salutarmi.
Mi bacia sulle labbra.
Mi sorride.
“Hai fatto proprio un bel bambino”, mi dice.
“Grazie” le sussurro con un fil di voce.
“Sei stanca, ti lascio riposare”.
“No, resta” e le indico la parte vuota del grande letto.
Lei si stende a fianco a me.
L’abbraccio ma il dolore al seno mi impedisce di stringere.
Le nostre labbra si uniscono in un bacio leggero.
Lei appoggia la sua testa sul mio seno ma subito si solleva toccandosi la guancia umida.
“E’ il latte”, le dico.
“Posso?”, mi chiede spostando verso il basso la camicia da notte facendo uscire il mio capezzolo gonfio e duro.
Acconsento con lo sguardo.
Lei appoggia le sue labbra sul capezzolo e schiaccia leggermente il mio seno.
Sento il latte uscire dai minuscoli fori e lei lo succhia ingoiandolo. Si nutre di me con tenerezza. Il dolore al seno diminuisce.
“Anche l’altra, ti prego” le sussurro.
Lei si sposta e prende anche l’altro seno tra le labbra, stringe dolcemente e il liquido biancastro le inonda la bocca.
Dopo poco il dolore si attenua e le smette la suzione.
“Lasciamone un po’ a mio nipote”, dice sorridendomi.
“Tra poco lo porteranno. Resta con me” la prego.
“Certo”.
Prende una sedia e l’avvicina al letto. Mi prende la mano e se la porta al viso.
“Ti devo la vita, Charlotte”.
“Esagerata, piccola mia, ti ho solo aiutato a superare il momento”, le dico “ed è stato anche piacevole” aggiungo sorridendo.
“Questo lo avevo intuito” risponde lei ricambiando il sorriso.
“Ora cosa farai?”, le chiedo.
“La settimana prossima vengono a trovarci degli amici da New York. Sono Martin e Robert Whitman. Padre e figlio hanno una banca, piccola, ma importante come la nostra e la mamma vorrebbe fare una fusione con la nostra”.
“E sancirla con un matrimonio?”, chiedo.
“Forse. La mamma dice che deve piacere a me. Robert ha tre anni più di me, ma non lo conosco”.
Io sono già a conoscenza dei piani di Rejna.
Mia cognata mi ha messo al corrente del progetto trovando la mia approvazione.
Una fusione con un’altra banca di un altro stato ci aiuterebbe a crescere e a non restare schiacciate dalla concorrenza.
C’è solo una cosa che manca da definire.
Io e Rejna decidiamo per il cinquanta per cento.
L’altro cinquanta per cento è in mano per metà al marito di Rejna e l’altra parte ad uno zio.
Zio Ernesto è il fratello del padre di Rejna, ha settant’anni, non è sposato e non ha figli.
Si occupa poco della banca e ha dato al marito di Rejna la delega a gestire i suoi affari.
L’ho visto poche volte. Pur abitando nello stesso quartiere fa vita ritirata.
Non è un brutto uomo, peccato che sia vecchio.
Rejna sostiene che le serve da lui durano poco e quando ne assume una nuova la prende più giovane della precedente.
Vive da solo con una servitù ridotta. Cinque persone in tutto. Una in cucina, una per il giardino, due per le pulizie e l’ultima che si occupa solo di lui.
Di solito gli uomini prendono un uomo. Lui invece solo donne. Che durano poco.
La nostra idea è di trovargli una moglie che sia nostra alleata.
Rejna mi ha chiesto se Lita era una persona di cui fidarsi.
Sicuramente ci legano affetto e rispetto, riguardo alla fiducia non so.
Siamo d’accordo con Rejna che nei prossimi giorni affronteremo l’argomento con lei per capire se le interessa aiutarci.
“Sei stanca?”.
La voce di Ines mi riporta al presente.
“No, amore mio stavo solo pensando al tuo futuro”.
Lei si alza e si avvicina a me baciandomi sulle labbra.
Il suo profumo invade le mie narici.
Sa di buono e di eccitante allo stesso tempo.
Il languore al basso ventre si fa sentire.
Lei sembra intuirlo.
“Pazienza, Zia, pazienza. Ci vorranno almeno tre settimane di astinenza”.
“Questo è quello che dice il dottorino, ma è proprio da lui che me la farei leccare”.
Scoppiamo a ridere.
Bussano alla porta.
È la bambinaia che porta il mio bambino per la poppata.
Mi poggia il piccolo e paffuto Jorge sul ventre ed io scopro il seno sinistro.
Il piccolo con gli occhi chiusi trova la strada per il nutrimento attaccandosi al capezzolo.
Inizia la suzione. È dolorosa.
Faccio una smorfia e la bambinaia mi dice che più tardi tirerà fuori il latte in eccesso che userà per la poppata notturna e il dolore diminuirà.
Le labbra della ragazza sono sensuali e quando parla i suoi piccoli denti bianchi risaltano sulla sua pelle ambrata.
La giovane mulatta è stata appena assunta da Rejna e già riscuote successo fra la servitù maschile e femminile.
Ha un corpo sinuoso e il vestito leggero che indossa lo mette in risalto senza lasciare quasi nulla all’immaginazione.
Anche Ines la guarda con un’aria di lussuria.
La ragazza sembra intuirlo ed abbassa il viso.
“Come ti chiami?” le chiede Ines.
“Evita”, risponde la ragazza con un filo di voce.
“Sei molto bella, Evita. Quanti anni hai?”, domando io.
“Grazie Signora. Venti, signora”, risponde lei con grazia.
È proprio un bel bocconcino.
Ha una pelle profumata.
Ho riempito le narici di quel profumo quando si è chinata verso di me con il bambino.
Il languore torna.
Evita, sposta il bimbo per consentirgli di prendere l’altro seno.
Una goccia di latte esce dal seno appena munto ed Evita con un gesto che ci lascia di stucco lo raccoglie con l’indice e lo porta alla bocca, succhiandolo.
Noto una leggera estasi nel suo sguardo.
Lei si accorge che la stiamo osservando.
“Stavo assaggiando il sapore per capire se va bene al bambino”, si giustifica, “il sapore cambia a seconda del cibo che la madre mangia”.
“Pensi che vada bene? le chiedo.
“Si, signora. È dolce e pastoso. Al suo piccolo piace”.
“Anche a me, piace”, interviene maliziosa Ines.
Evita abbassa lo sguardo come a provare vergogna.
Il bambino si stacca sazio dal mio seno.
Evita lo prende, gli pulisce la bocca con un fazzoletto di tessuto leggero e si avvia verso l’uscita.
“Ti aspetto per tirare il latte”, le dico.
Lei si gira e mi sorride.
“Si, mia signora, torno presto”.
Quando è uscita io ed Ines scoppiamo a ridere.
“Io vado, Mia Signora”, dice la ragazza con ironia ed il sorriso sulle labbra e fa un inchino.
“Sei congedata”, rispondo stando al gioco.
Ines esce e resto sola con i miei pensieri.
Ho voglia di scopare, di leccare, di essere leccata, di essere penetrata da uno, due e anche tre cazzi.
Tre settimane, che regola assurda.
Con questi pensieri chiudo gli occhi e quasi mi addormento quando sento entrare qualcuno nella stanza.
Riconosco il profumo di Evita quando si china verso di me.
Tengo chiusi gli occhi fingendo di dormire e la sento toccare il mio seno.
Attacca al capezzolo una piccola ventosa, collegata ad un tubicino rigido di bambù e all’altra estremità una piccola bottiglia di vetro.
Preme il mio seno con dolcezza e sento fuoriuscire il mio latte.
Il flusso è lieve ma costante e presto la piccola bottiglia si riempie.
Evita stacca la ventosa e ripete l’operazione sull’altro seno.
Quando ha terminato poggia tutto sul comodino e prende a massaggiare con delicatezza i miei seni.
Ha un tocco piacevole e sento colare delle gocce di latte sul mio seno.
Lei se ne accorge e appoggia le sue labbra, leccando la striscia dal basso verso l’alto, fino ad arrivare al capezzolo.
Lo prende tra le labbra e con la lingua lo pulisce tutt’intorno.
Il languore cresce e diventa desiderio.
La mia mano raggiunge il corpo della ragazza.
Solleva il suo vestito fino a raggiungere il sesso nudo.
Le mie dita accarezzano il suo clitoride, penetrano dentro di lei trovando gli umori della sua eccitazione.
Apro gli occhi e la vedo.
Succhia il mio seno con gli occhi chiusi mentre io con le mie dita cerco il suo piacere.
Quando lo trovo sembra perdere l’equilibrio e cadere in avanti.
Stacco la mano.
Lei apre gli occhi e stacca la bocca dal mio seno.
“Spogliati”, le ordino.
Lei obbedisce.
Il corpo che intuivo bello sotto il vestito è ancora più bello completamente nudo.
La ragazza porta intorno ai fianchi una collana di perline colorate che risaltano sulla sua pelle ambrata.
Si distende sul letto ed apre le cosce.
Il suo sesso rosa è già aperto, pronto per la mia bocca.
Mi sollevo, mi tolgo la camicia da notte e rimango nuda.
Affondo il viso in mezzo alle sue cosce, le mie labbra trovano il suo sesso e la mia lingua lo penetra.
Lei inarca la schiena e geme per il piacere.
Le dita entrano dentro di lei mentre la lingua si occupa del clitoride.
La sento mugolare e accelero il movimento delle dita.
Gli umori mi riempiono la mano e un gemito roco esce dalla sua gola.
La sento sussultare tra le mie dita.
La sua mano si poggia sulla mia testa e mi implora di non fermarmi.
Io continuo costante e regolare fino a quando il suo urlo invade la stanza.
Rallento i movimenti e dopo poco mi fermo.
Le dita immobili sono ancora dentro di lei.
Sento la contrazione pelvica stringerle.
La lascio terminare, poi le estraggo.
Le porto alla bocca e le succhio.
Il suo sapore mi delizia.
Appoggio la testa sul suo pube chiudo gli occhi.
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