L'isola seconda parte

di
genere
dominazione

Approfittando che il fratello fosse ancora addormentato entrai nella stanza. Appena mi vide Erica lanciò un urlo di spavento. Indossavo una maschera come quelle della serie tv “la casa di carta” ed ero completamente nudo. Il mio cazzo era già eretto per l’eccitazione. Mi avvicinai a lei che cercò di allontanarmi con le mani urlando al fratello di aiutarla. Ma Marcos era ancora nel mondo dei sogni. Per lui la dose di sonnifero era stata doppia. Le presi le braccia e lei cercò di opporre resistenza. Incrociai le sue esili braccia e la costrinsi a girarsi. I vetri della finestra riflettevano le nostre immagini. Feci aderire il mio corpo al suo e infilai il mio cazzo fra le sue cosce. Appoggiai la mia bocca al suo orecchio e le sussurrai di stare tranquilla e di obbedire ai miei ordini. Lei tentò ancora una volta di divincolarsi e di nuovo gli sussurrai all’orecchio. Stavolta la mia minaccia ebbe l’effetto desiderato e si calmò. Lasciai andare le braccia e subito lei tentò di divincolarsi. Glielo consentii e quando cercò di scappare ed aprì la porta della camera si trovò davanti il corpo massiccio di uno degli addetti alla sicurezza. L’uomo ad un mio cenno del capo l’afferrò per le braccia sollevandola di peso e dopo averla caricata sulle spalle iniziò a scendere le scale. Io chiusi la porta della camera dove Marcos dormiva beatamente e lo seguii.
Al piano terra l’addetto alla sicurezza proseguì a scendere verso il piano interrato. La rieducazione della schiava doveva avere inizio. Avevo già inviato ai miei migliori clienti le foto della giovane ed in molti mi avevano chiesto di poterla acquistare. A tutti avevo risposto che avrei indetto l’asta dopo aver terminato l’addestramento.
L’energumeno lasciò andare la ragazza che nel tentativo di fuggire cadde rovinosamente sul pavimento. Erica iniziò a piangere per il dolore. Io mi avvicinai a lei e le offrii la mano per rialzarsi, ma lei rifiutò sputandomi addosso. Il ceffone arrivò improvvisamente sul suo volto. Erica rimase quasi tramortita dal colpo ricevuto, ma smise di piangere e restò finalmente ferma. La presi per i capelli e la sollevai di peso. Lei urlò dal dolore e per evitare di sentirlo ancora terminò di alzarsi di sua volontà.
La guardia la prese e l’avvicinò ad una grande spalliera di legno appesa al muro. La legò per i polsi e per le caviglie usando delle corde che gli porsi. Erica urlò e per farla smettere le infilai in bocca una pallina di gomma rossa. Lei continuava a mugugnare e decisi che era arrivato il momento di cominciare. Da un cassetto presi un frustino di cuoio. Le estremità erano fini e non le avrebbero lasciato segni indelebili. Ci tenevo alla qualità della merce e più il corpo dello schiavo era privo di cicatrici e segni, più il prezzo di vendita saliva.
Feci scioccare nell’aria il frustino senza toccare il corpo di Erica. Lei con la coda dell’occhio aveva visto l’attrezzo che tenevo in mano e nei suoi occhi era apparso il terrore.
Con il secondo colpo feci lambire alle punte del frustino le chiappe sode e rotonde della ragazza.
Erica sussultò cercando di tirarsi spostarsi e quando un secondo colpo la colpì lasciando sul suo corpo una scia rossa emise un urlo di dolore smorzato solo dalla pallina.
Il mio cazzo era di nuovo duro e decisi che era giunto il momento. Mi avvicinai a lei e appoggiai il cazzo sulle sue natiche. Lei cercò di scostarsi ma io schiacciai il mio corpo contro il suo immobilizzandola. Le gambe erano sufficientemente aperte per lasciare la sua figa ed il suo ano pronti ad essere penetrati senza fatica. Appoggiai il cazzo sulla sua fessura e spinsi in avanti il bacino per entrare dentro di lei. Era asciutta e stretta ed Erica mugugnò qualcosa di osceno. Presi ad entrare ed uscire fino a quando gli umori non mi consentirono di avere il cazzo bagnato. Spostai il cazzo verso l’alto ed entrai nel suo ano senza alcuna pietà. Stavolta l’urlo di dolore di Erica riempì la stanza.
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scritto il
2024-07-18
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