Faustiana

di
genere
comici

Prologo

Se un cattolico credente di media levatura non è preparato ad una visita del Diavolo, è solo colpa sua. I demoni esistono da molto prima dei tempi di Cristo… e con loro, anche la loro principale arma: la tentazione.
La letteratura, quella sacra prima e quella fantasy poi, ci hanno mostrato in mille modi diversi i vari approcci che il Diavolo può utilizzare per impossessarsi della nostra anima. L'ultimo contributo, al riguardo, è stato dato dal cinema e dalla TV, dall'iniziale voce fuori campo alle recentissime sceneggiature infarcite fino all'inverosimile da effetti speciali di un realismo impressionante.
Sì, doveva essere preparato.
L'unica cosa che forse non si sarebbe aspettato era il cliché, quella sorta di narrazione utilizzata a piene mani durante gli anni cinquanta, di cui si è talmente usato ed abusato che ormai solo accennarla faceva cascare verticalmente la stima, per non dire d'altro, in chiunque fosse tanto stupido da usarla.
Eppure…!


Parte prima
L'annunciazione

QUANDO: Metà mattina d'inizio estate.
DOVE: Villaggio dei pescatori, Fregene, 30 km da Roma.
CHI: Attilio Ferretti

Perché iniziamo da lui? E perché no, da qualche parte dobbiamo pure iniziare. Lo presentiamo? Ma sì, presentiamolo…
Quarantaquattro anni suonati, sviluppati su un metro e sessantacinque (con i tacchi) per settantotto chili (senza tacchi); capelli neri, pochi e portati con un riporto stile anni settanta. Professione impiegato statale, livello… sorvoliamo, va'… era addetto all'archivio come aiutante (cioè… neanche archivista, aiuto-archivista!).

Attilio era impegnato a estirpare le erbacce dal suo giardinetto con indosso una maglietta della sua ex-moglie, le mani intente al lavoro e la mente rivolta alla sua separazione avvenuta due mesi prima.
- Basta! Me ne vado! Non c'è veramente nulla nel nulla che sei! -gli aveva urlato Anna, e se ne era andata sbattendo la porta. Tre giorni dopo, Attilio era venuto a sapere che Anna viveva in un appartamento al Tiburtino e si vedeva con un rom, e che la storia andava avanti già da qualche mese. Lo shock per lui era stato totale; la sua cara ex-moglie, che aveva sempre preteso di pulirgli il «mazzapicchietto», come lo chiama lei, con l'alcool prima di ogni rapporto, causandogli non pochi problemi, ora stava con un omone panciuto, sporco e puzzolente.
Alla fine la storia era saltata fuori: Anna lo aveva conosciuto alla Caritas e si era fatta conquistare dalle maniere spiccie e forti dell'uomo, scoprendo che le piaceva da matti farsi scopare da lui. E lui se la scopava senza sosta, ogni volta che voleva, come voleva.
Queste cose erano state raccontate ad Attilio dal fratello del rom che si chiavava Anna; gli aveva anche detto anche che Radic non era un tipo geloso o possessivo, e che con i fratelli divideva tutto, ma proprio tutto. E Radic di fratelli ne aveva quattro…

L'idea di Anna che faceva orgie con quattro o cinque uomini tormentava Attilio giorno e notte; la cosa lo imbestialiva a tal punto che lui, appena trovava un oggetto della moglie, lo prendeva, lo usava una volta e poi lo distruggeva, in una sorta di rituale liberatorio.
Oggi toccava alla maglietta che aveva indosso; solo che stavolta sarebbe stato meglio per lui se, invece di usarla, fosse passato direttamente alla distruzione: era celeste, con un'immagine della Madonna davanti e sul retro la scritta: «SI! Sono una fervente di Maria e del gruppo mariano di preghiera».
Era tutta la mattina che Attilio sentiva le risatine e le battutacce delle persone che lo vedevano mentre andavano in spiaggia.

Stufo marcio di tutto questo, rientrò in casa e…
» ZAP! «
Una nuvoletta di fumo, un leggero odore di zolfo…
Attilio rimase fermo in mezzo alla cucina, impietrito.
- Allora, cosa ne pensi di questa entrata a effetto? Fica, eh!??!
- Arghstrz…!
- Come? Non ho capito un cazzo, ripeti…
- C…c…chi sei tu?
- Ma bene! Ho scelto un deficiente totale, pare! Chi potrei essere, secondo te?
Era il cliché che fregava Attilio… riuscireste a credere a un demone che ti si presenta con tanto di forchettone in mano, coda puntuta, zampette da capra, calzamaglia nera e rossa (!), cappuccio aderente sulla pelata ed un paio di cornini sulla fronte?
No? Io neanche. E nemmeno Attilio.
Ma poi, piano piano, guardando bene, si comincerebbe a notare che non fa l'ombra («Che cazzo c'entra? Non è mica un vampiro!», direte voi. «E che cazzo ne so?! Se non ce l'ha non ce l'ha!», rispondo io), che l'aria intorno a lui crepita come se fosse attraversata dalla corrente, che il suo zoccolo del cazzo lascia delle simpatiche improntine fumanti sul tappeto marchiandolo a fuoco. E, sempre piano piano, vi convincereste… come Attilio… e come me.
- Non è possibile!
- Sì che lo è…
- Noooh, non ci credo, non può essere vero!
- Sì che lo è…
- Sei solo frutto della mia immaginazione… e quella coda… è una cosa posticcia, non è vera!
- Sì che lo è. Senti, mi sono rotto le palle di rispondere sempre la stessa cosa, la vuoi finire?! Sono qui per proporti un patto, un piccolo patto che risolleverà quello schifo che è la tua vita!
- Che cosa vuoi da me…? La mia anima? -chiese timoroso Attilio.
- Beh… del tuo culo non so che farmene, dato che ho certe diavolesse con delle chiappe da sballo… la tua casa fa schifo… quella maglietta che hai addosso, meglio che non ne parliamo… È OVVIO che voglio la tua anima, imbecille! Voi umani siete duri a capire; è un'eternità che vi chiedo quella e soltanto quella!
Attilio ormai era completamente dissociato, non capiva più molto. Oddio, in genere lui non capiva MAI molto… ma adesso non ci stava capendo proprio più un cazzo.

Come nei peggiori B-movies, quindi, il patto faustiano venne siglato con una goccia di sangue di Attilio su una pergamena premuta ben bene dal suo pollice sporco di terra. Sulla pergamena, tra svolazzi e paroloni che attribuivano ad Attilio tre desideri materiali in cambio dell'anima, c'era una piccola postilla, che il diavolo si premurò di leggere solo dopo che Attilio ebbe accettato.
- Ah! Dimenticavo… -disse il demone, con fare birichino- …ho fatto una piccola aggiunta al contratto standard che finora abbiamo proposto…
- Come «un'aggiunta»? No, non vale! Me lo dovevi dire prima, è tutto annullato…
balbettò Attilio, colto da un rimorso improvviso.
- Oh, no no no, caro. Non è annullato un bel niente! Io esaudirò regolarmente i tuoi tre desideri; è solo che… il tuo peggior nemico avrà sempre e comunque il doppio di quello che avrai tu!
- Ma… ma… ma è diabolico!
- Grazie del complimento! Stammi bene, e fai buon uso dei tuoi tre desideri!
» POF! «
Un'altra nuvoletta di fumo, un'altra puzzetta di zolfo, ed era sparito.


Parte seconda
L'analisi del fattaccio

Il povero Attilio era talmente scombussolato che si sedette sul bordo del letto; iniziarono a tremargli le mani, poi il tremore si estese ai piedi, sembrava un ballerino di tip tap con le convulsioni… alla fine svenne, scivolando dal letto e dando una gran craniata contro il pavimento. Rinvenne che era sera; si sentiva uno schifo, con la testa che doleva e pulsava e una gamba completamente addormentata.
In preda allo sconforto più nero si infilò nella doccia, con la gamba preda di un battaglione di ferocissime formiche, nella speranza di riprendersi un poco. I ricordi tornavano a lente ondate: la mattina a sudare sotto il sole, il colloquio con non si sa bene chi o che cosa, la noticina finale, lo svenimento…
«Impossibile… sarà stato un colpo di calore, un colpo di sole, un colpo di quello che ti pare, ma non può essere. Epperò il taglio sul dito c'è… e pure quelle impronte di zoccoli sul tappeto. E se fosse vero? Ma no, devo essermi tagliato in giardino… E SE FOSSE VERO??!! Mi sono venduto l'anima! Oh cazzo…!! E ora?».

Attilio si vestì in fretta e furia, e tornò a Roma alla massima velocità consentita dalla sua Fiat 850 sport del 1974.
Non era mai stato un gran credente, Attilio, la vera pasdaràn religiosa era Anna: una fervente focolarina che se lo trascinava dietro ad ogni occasione. Se non altro, Attilio aveva allargato il giro delle sue conoscenze, ed adesso queste gli tornavano utili. Infatti volò letteralmente dal suo parroco.
- Don Giusè, ho un problema, ma enorme…
- Attilio… calmati, sei tutto sudato, ti prenderà un malanno. Dai, vieni in sagrestia, così mi racconti di questo tuo problema…
Don Giuseppe osservava attentamente Attilio mentre questi gli raccontava la sua disavventura aggirandosi nella stanza. Al termine del racconto rimase seduto per qualche minuto, chiuso in un pensoso silenzio. Se questa storia l'avesse raccontata qualcun altro lo avrebbe già cacciato via; ma Attilio… no, Attilio non aveva neanche la fantasia necessaria per architettare una storia così. E a che scopo, poi?!

Alla fine Don Giuseppe giunse anche lui alla conclusione che si doveva trattare di un leggero malore, aggravato dalla capocciata. Don Giuseppe era stato missionario in Africa per molti anni, conosceva bene i colpi di sole; Attilio però non mostrava nessun sintomo caratteristico. Lo scrutò ancora di sbieco, e alla fine la sua diagnosi si concretizzò in un cocktail di stress, caldo, rimorsi e chissà che altro. Nulla che un paio di giorni di riposo non potessero sistemare.
- Senti, Attilio, prima di avviare un'indagine ecclesiastica voglio che ti riposi per un paio di giorni; te ne stai a casa, niente sforzi, niente sole, niente caldo, dieta leggera. Poi, se ancora sei convinto della cosa, torni e vediamo il da farsi.
- Va bene, don Giusè, farò come dite voi…
Attilio seguì alla lettera i consigli del prete, e più ci pensava più la faccenda assumeva connotati irreali. Dopo due giorni aveva archiviato il tutto come una fantasia dovuta ad un malore, una specie di incubo, niente di più.


Parte terza
La «tentazione»

Erano passate alcune settimane dal fatto, ed un piccolo tarlo si era fatto sempre più strada in Attilio.
«Chi sarà il mio peggior nemico?».
Nonostante si fosse scervellato, non arrivava ad avere dei sospetti su nessuno; Attilio era un tipo schivo, timido e remissivo… chi mai poteva odiarlo? Disprezzarlo sì, ed in molti anche, ma odiarlo…
Alla fine ad Attilio venne un'idea furbetta.
«Quasi quasi provo ad utilizzare uno dei desideri… se funziona volo da Don Giuseppe piangente e disperato; se non funziona… non lo so, penserò ancora! Già, un desiderio… ma cosa posso volere? Se si avvera, poi, il mio peggior nemico avrà il doppio…».

Pensa che ti ripensa passarono i giorni, ma Attilio non riusciva a cavare il proverbiale ragno dal buco… poi l'ispirazione arrivò da un'azione banale. Lui era ghiotto di carciofini sott'olio, e mentre stava per aprirne un barattolo… ecco l'idea.
«Ma certo! Chiederò cinquanta chili di carciofini sott'olio! Verrò senz'altro a sapere chi è il mio peggior nemico».
Non sapendo come fare, Attilio si mise in mezzo al salotto, in piedi, ed espresse il desiderio con tutta la sua volontà…
DRIIIINN!
Il citofono…
- Sì, chi è?
- Il corriere! Devo farle una consegna, mezzo quintale di carciofini sott'olio…
- S…s-sì, al secondo piano, ora le a-apro.
I trasportatori iniziarono un via vai per le scale, trasportando scatoloni su scatoloni; in breve il cucinino ne fu invaso.
- Uff…! Abbiamo finito. Firmi qui, per favore… bene. Ah, c'è questa lettera che accompagnava la merce. Arrivederci!
Attilio aprì con mano tremante la busta e lesse il messaggio.
«Bel desiderio del cazzo… comunque sono affari tuoi. Meno uno! Ora te ne restano solo due».

Passò pochissimo tempo tra la lettura del biglietto ed il bussare frenetico di Attilio alla porta della parrocchia. Dopo un quarto d'ora aprì un incazzatissimo sagrestano che lo informava che don Giuseppe era partito, era tornato in Africa e vi sarebbe rimasto per i successivi tre mesi.
Attilio tornò a casa terrorizzato.
«Allora è vero! Ho venduto l'anima al Diavolo… sono dannato!».

La notte passò lenta per il tormento, ed il mattino arrivò portandogli un minimo di sollievo. Doveva tornare in ufficio, forse distrarsi un po' gli avrebbe giovato.
…Che strano, c'era un camion fuori dall'ufficio. Distribuiva scatole…
- Ehi Attilio, come stai?
- Ciao Bruno… bene, grazie, mi sono ripreso. Ma che succede? Che cosa sono quegli scatoloni?
- Ah, guarda, una cosa incredibile! Hai presente Giancarlo, il commesso? Beh, ha vinto una stranissima riffa… pensa: cento chili di carciofini sott'olio! Che poi, chi mai può mettere in palio un quintale di carciofini? A Giancarlo poi neanche piacciono, così li sta regalando…
Attilio non stava più ascoltando Bruno; ormai fissava solo il commesso… il suo peggior nemico! Ed ora il motivo di quest'odio era ben chiaro nella sua mente.
Uomo rozzo e maleducato, Giancarlo, volgare, sempre pronto ad infastidire le impiegate, ad allungare le mani… Attilio era stato il solo che aveva testimoniato contro di lui durante un'inchiesta interna per molestie, che peraltro si era conclusa con un nulla di fatto… un semplice richiamo, senza conseguenze disciplinari o altro. Adesso Attilio riusciva a percepire l'odio dell'uomo nei suoi confronti, un odio profondo, che nasceva dalla consapevolezza della colpa.


Parte quarta
Vendetta! Tremenda vendetta!

Le paure di Attilio erano ormai state sostituite dallo scoramento. Il suo animo passivo aveva ceduto le armi senza tanto lottare, accettando il fato. L'idea di combattere contro il Diavolo lo impauriva… e poi sapeva che il patto era valido, e nella sua meschinità non voleva correre il rischio di perdere i due restanti desideri senza ottenere la rescissione del contratto.
L'uragano di sentimenti che turbinava in Attilio stava lentamente coagulando in un desiderio di rivalsa, in una voglia sempre più irresistibile di soddisfare i desideri repressi di una vita, e chissenefrega di tutto e di tutti!
L'occasione c'era, ma c'era anche il Giancarlo… la fregatura peggiore era proprio quella: che quel bastardo avrebbe comunque ottenuto il doppio, e senza rimetterci nulla! Come evitare che il suo nemico godesse dei benefici del suo patto?
Quella domanda tormentò a lungo Attilio, portandolo quasi all'esaurimento; era diventato scontroso ed irascibile, per quanto lo potesse diventare un fifone come lui; mangiava poco e male, e dormiva peggio. Cominciò a dedicarsi alla lettura di ogni genere di pubblicazione sull'occulto, in cerca di una qualche ispirazione, senza però riuscire a cavare il proverbiale ragno dal buco.

Come nell'occasione precedente, il suggerimento gli giunse da una direzione inaspettata. Un delirante dépliant per vacanze avventurose, lasciato da qualcuno nella sua cassetta della posta.
«Fate scorrere l'adrenalina nelle vene! Avventuratevi nella foresta tropicale, nuotate tra gli squali o lanciatevi col bungee jumping tra le rocce. Rischierete l'infarto, ma vi sentirete vivi come non mai!».
Rischiare l'infarto… mmmm… rischiare un infarto mortale, arrivarvi ad un pelino ma fermarsi quell'attimo prima per evitarlo…
Il desiderio prese sempre più forma nella mentre sovreccitata di Attilio… decise di riposarsi e rimettersi un po' in forma, prima di poterlo esprimere.
Ci volle qualche mesetto, ma alla fine rifiorì, riuscendo a tornare al massimo della sua forma personale… solo un paio di chili di troppo, e riuscire a fare due piani di scale per un paio di volte senza stramazzare ansimante al suolo. Ottimo!
Tutto era ormai pronto per l'espressione del proprio desiderio: era un sabato, come l'altra volta, e come l'altra volta lui si mise in piedi in mezzo alla stanza e lo espresse con tutta la sua volontà.
"Voglio farmi una scopata con una… no, con due bellissime diavolesse; dovranno spomparmi fino all'inverosimile, dovranno farmi arrivare ad un pelo da un infarto mortale, ma solo ad un pelo. Stanotte!".

Quella sera Attilio si preparò diligentemente per la serata: doccia, barba, uno spruzzo di English Lavender, una lisciata al riporto, mutande e canotta nuove.
Arrivarono le otto, ma nessuno bussò alla porta… poi le nove… poi le dieci… niente, non si vedeva nessuno! Un'altra serata solitaria; altro che notte folle.
Mogio mogio si preparò per andare a letto, convinto di essere stato vittima dell'ennesima fregatura; ma quando entrò in camera notò che il letto era strano… si gonfiava e si sgonfiava, si intravedevano delle forme che subito dopo sparivano.
Con un atto di coraggio tirò via il copriletto … e davanti ai suoi occhi apparvero in tutto il loro splendore due ragazze dal fisico statuario, bellissime, intente in un bollente sessantanove.
Stranamente Attilio non rimase subito preso dall'atmosfera sensuale che la coppia emanava, ma iniziò ad analizzare razionalmente quello che vedeva: le forme delle ragazze si adattavano continuamente ai suoi pensieri: ne preferiva una con una sesta di seno? Immediatamente le tette si gonfiavano in due meloni alti e sodi… preferiva l'altra con lunghe gambe e chiappe tonde? L'effetto era immediato, ed il fisico si adattava. Un pensiero fuggevole attraversò la mente di Attilio: «…Chissà come saranno, nella realtà?».

Fu solo per un attimo: una di loro lo guardò diritto negli occhi, ed Attilio rimase immediatamente catturato… tutti i suoi feromoni esplosero, lui si strappò letteralmente i vestiti di dosso e si catapultò in mezzo alle due ragazze.
- Chi sei tu? -chiese alla tettona.
- Io sono Luna, la parte oscura e perversa…
- E tu? -chiese all'altra.
- Io sono Luce, la parte luminosa e selvaggia…
Poi Luce aprì la bocca ed inizò a succhiare il cazzo di Attilio, mentre Luna gli spingeva le tettone sulla faccia. La lingua di Luce scese lungo il cazzo, mentre la bocca lo succhiava a brevi intervalli; giocherellò un po' con le palle e prese a scendere ancora fino a raggiungere l'ano, poi cominciò a saettarvi dentro, mentre con una mano accarezzava la cappella e ci faceva passare sopra le unghie laccate.
Luna lo baciava e gli succhiava la lingua, gli prendeva le mani e si faceva strizzare le tette o se le infilava tra le gambe, sussurrandogli all'orecchio di ficcarle due dita dentro.
Attilio era completamente preso da quei giochi del tutto nuovi per lui, e tra l'astinenza e l'eccitazione venne poco dopo, sborrando sul viso di Luce.
Le due ragazze si guardarono sorridendosi, e Luna leccò lo sperma dal viso di Luce mentre intanto si masturbava.

Incredibilmente il cazzo di Attilio tornò subito duro. Mai successo prima, mai riuscito a farne due in una sera… anzi, ultimamente, anche per farne una ci voleva del bello e del buono. Il profumo della pelle delle ragazze era sconvolgente, si infilava nelle narici di Attilio e colpiva come una mazzata i suoi centri del piacere.
La sarabanda riprese, più infuocata di prima… Attilio viveva in un mondo fatto di odori e sensazioni tattili, un caleidoscopio di colori roteava davanti ai suoi occhi, e gli faceva perdere il senso del tempo.
Dopo essersi inculato selvaggiamente Luna, Attilio era stramazzato sul letto, e Luce aveva immediatamente preso a stuzzicarlo con la lingua.
- Per avere un fisico così scamuffo hai una resistenza notevole… sei appena venuto per la quarta volta e ti sta già tornando duro…
Dopo un po' Luce gli si sedette sopra, e prese a montarlo con passione travolgente. Il cuore di Attilio andava a tutta birra, e lui cercava di calmarsi per poter riprendere fiato nonostante la cavalcata di Luce… ma quando anche Luna gli si sedette sul viso con la passera a un dito dal naso, quell'odore penetrante di femmina in calore lo aggredì di nuovo, ed Attilio iniziò ad avvertire un princìpio d'infarto galoppante…
» PUF! «
Tutto finì di colpo: Luna e Luce svanirono in una nuvoletta di vapore, ed Attilio si ritrovò sudato ed ansante sul letto disfatto. Il desiderio si era avverato in pieno; era arrivato ad un pelo da un infarto fatale… ma solo ad un pelo.


Epilogo

L'indomani mattina il postino gli consegnò una lettera dal lieve odore di zolfo… ma Attilio non l'aprì, limitandosi a guardarla con un leggero sorriso di sufficienza sulle labbra, prima di buttarla nel cassonetto. Rientrato in casa, lavò e stirò la maglietta azzurra della sua ex moglie… l'avrebbe fatta incorniciare e messa in bella vista nel salotto.

Il lunedì, appena arrivato in ufficio, apprese che Giancarlo era morto, schiantato da un infarto mentre si trovava in una pensioncina con delle puttane.
Correvano i commenti più disparati sulla reazione della moglie: chi diceva che continuasse a piangere, ma dalla rabbia; chi invece sosteneva che intendesse spendersi tutta la liquidazione del marito in un viaggio ai Caraibi insieme ad un «accompagnatore» di trent'anni, alla facciaccia del defunto…!
Attilio si augurava che la donna si divertisse il più possibile, dopo gli anni passati con un merdoso come Giancarlo… ma in fin dei conti non è che a lui importasse poi molto. Quello che gli importava davvero era che lui era finalmente libero! Libero dai risentimenti e dalle paure, libero di godersi la vita, libero dalla depressione che il continuo pensare alla moglie gli provocava… che si facesse scopare da chi voleva, la troia, e che buon pro le facesse!
Ma soprattutto, a quel punto Attilio potè pensare al suo terzo desiderio senza più timori o attenzioni particolari… poteva decidere il modo in cui spendere il resto della sua vita come meglio gli pareva, e quando sarebbe arrivato il momento di pagare… beh, ci avrebbe pensato allora.
Come si dice… Dio vede e provvede.
scritto il
2024-08-18
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