Don Eduardo e Maria (raccontino breve)
di
RomanDeVil
genere
voyeur
Si racconta che in una delle più famose pizzerie di Napoli, di cui non dico il nome per ovvii motivi, ci siano due dei più focosi amanti della zona. Si vocifera, anche, che le pizze di don Eduardo siano "…'na shquisitezza!", perché "…comm' se 'rice? 'E ccos' s'anna ffa' c'o core". Pare che il suo motto sia proprio questo.
Io, che sono un curioso di natura, appresa la notizia ed essendo di passaggio a Napoli, mi ci sono recato.
Sono seduto al tavolo, con la tovaglia a quadri rossi, e mi guardo attorno. C'è molta gente, e l'ambiente è familiare. La signora che mi serve è alta e bruna. Porta i capelli raccolti sulla nuca e una camicetta bianca, aperta sul suo seno prosperoso. Siamo ad agosto, il caldo la fa sudare e la sua pelle luccica. Ha occhi grandi scuri e labbra carnose, rese ancor più accentuate da un rossetto color rosso fuoco. I fianchi grandi e una gonna che le stringe sul sedere. Quando cammina la gonna le si solleva, scoprendole leggermente le cosce. È Maria! Ogni volta che mi passa vicino mi sorride.
"Volete altro?", mi dice.
Si sporge, poggia le mani sul tavolo, quasi volesse lasciarmi intravedere nella scollatura. Lo fa con garbo, quasi come fosse un'offerta. Io non mi tiro indietro e mi ci perdo con gli occhi, in tutta quella grazia. Ma proprio quando sto per essere sopraffatto da tanto bendiddìo, un rumore di piatti mi fa distogliere lo sguardo.
"Mari', le pizze si fanno fredde!". Don Eduardo! Con un gesto della testa richiama la sua puledra al palo. Uomo belloccio, capelli neri, corti, occhio azzurro e fisico piuttosto delineato. Solo le rughe sul suo viso ti lasciano pensare che siano molti anni che impasta.
Mi hanno raccontato che il momento propizio è dopo il pranzo, nella controra, dopo che Maria ha chiuso la porta del locale, lasciandoli da soli. Lui le chiede se vuole la pizza, e lei gli chiede se può provarci lei a farla. Lui gentilmente la fa mettere dietro il banco e la circonda con le braccia. Le prende la mano e insieme l'affondano nella farina. I loro corpi aderiscono, il culo di Maria si strofina contro il sesso di Don Eduardo. Poi insieme prendono la pasta, lui le mostra come spianarla, facendola roteare tra le mani. Lei, ad ogni giravolta della pasta, sporge il sedere più indietro.
Quando viene il momento di metterci il pomodoro, mentre la donna gira con lentezza il cucchiaio nella ciotola, lui con le mani sporche di farina le alza la gonna da dietro.
"Mari'? Che fàje? Oggi 'a pummarola nunn'a vuo'?", le dice, quasi con la faccia immersa nei suoi capelli.
"A sarza ce vo', Edua'… 'e ccos' asciutt' nun me piàceno…!" dice lei.
Così l'esperto pizzaiolo affonda, negli umidi umori di Maria, le dita. E con abile manualità le percorre la fica, su e giù solo con le dita. Lei sussulta, stringe le dita sul bancone di marmo, i suoi seni, già generosi, si gonfiano.
"Marì… che bell' cul' ca tien'…! Famm' trasi' 'nu poco!".
Don Eduardo abbassa le mutandine di Maria e le carezza il culo, poi si posiziona e lascia scivolare il suo cazzo dentro. Maria è scossa da un brivido, ad ogni botta tenta di tenersi, incassa. Felice e sporca di farina si piega di più sul banco, il suo seno s'impiastriccia di pomodoro, il respiro diventa affannoso. I due sorridono mentre il ritmo aumenta, anche il forno a legna dietro di loro sembra riaccendersi e fare una fiammata nell'istante in cui l'orgasmo degli amanti arriva all'esplosione.
Quando hanno finito, si racconta ancora, rimangono abbracciati, poi lui con dovizia le ripulisce il seno. Dapprima con la lingua, poi con uno straccio bianco, di lino. Passa piano il tessuto e subito dopo bacia la pelle pulita. Le sistema la gonna e la camicetta, l'aiuta a tirare i capelli in su, e la bacia sul collo. Poi la fa sedere e a quel punto le prepara una pizza speciale, con degli ingredienti segreti, soltanto per lei.
Qualcuno azzarda, ma non so se sia una cosa vera, che girando l'angolo e proseguendo lungo il muro che fiancheggia la pizzeria, ad un certo punto, ci sia un incavo. Sì, come una piccola fenditura nella parete, da dove si può addirittura vederli mentre lo fanno.
Beh, sapete cosa?… L'orario di chiusura è ormai vicino; quasi quasi…
Io, che sono un curioso di natura, appresa la notizia ed essendo di passaggio a Napoli, mi ci sono recato.
Sono seduto al tavolo, con la tovaglia a quadri rossi, e mi guardo attorno. C'è molta gente, e l'ambiente è familiare. La signora che mi serve è alta e bruna. Porta i capelli raccolti sulla nuca e una camicetta bianca, aperta sul suo seno prosperoso. Siamo ad agosto, il caldo la fa sudare e la sua pelle luccica. Ha occhi grandi scuri e labbra carnose, rese ancor più accentuate da un rossetto color rosso fuoco. I fianchi grandi e una gonna che le stringe sul sedere. Quando cammina la gonna le si solleva, scoprendole leggermente le cosce. È Maria! Ogni volta che mi passa vicino mi sorride.
"Volete altro?", mi dice.
Si sporge, poggia le mani sul tavolo, quasi volesse lasciarmi intravedere nella scollatura. Lo fa con garbo, quasi come fosse un'offerta. Io non mi tiro indietro e mi ci perdo con gli occhi, in tutta quella grazia. Ma proprio quando sto per essere sopraffatto da tanto bendiddìo, un rumore di piatti mi fa distogliere lo sguardo.
"Mari', le pizze si fanno fredde!". Don Eduardo! Con un gesto della testa richiama la sua puledra al palo. Uomo belloccio, capelli neri, corti, occhio azzurro e fisico piuttosto delineato. Solo le rughe sul suo viso ti lasciano pensare che siano molti anni che impasta.
Mi hanno raccontato che il momento propizio è dopo il pranzo, nella controra, dopo che Maria ha chiuso la porta del locale, lasciandoli da soli. Lui le chiede se vuole la pizza, e lei gli chiede se può provarci lei a farla. Lui gentilmente la fa mettere dietro il banco e la circonda con le braccia. Le prende la mano e insieme l'affondano nella farina. I loro corpi aderiscono, il culo di Maria si strofina contro il sesso di Don Eduardo. Poi insieme prendono la pasta, lui le mostra come spianarla, facendola roteare tra le mani. Lei, ad ogni giravolta della pasta, sporge il sedere più indietro.
Quando viene il momento di metterci il pomodoro, mentre la donna gira con lentezza il cucchiaio nella ciotola, lui con le mani sporche di farina le alza la gonna da dietro.
"Mari'? Che fàje? Oggi 'a pummarola nunn'a vuo'?", le dice, quasi con la faccia immersa nei suoi capelli.
"A sarza ce vo', Edua'… 'e ccos' asciutt' nun me piàceno…!" dice lei.
Così l'esperto pizzaiolo affonda, negli umidi umori di Maria, le dita. E con abile manualità le percorre la fica, su e giù solo con le dita. Lei sussulta, stringe le dita sul bancone di marmo, i suoi seni, già generosi, si gonfiano.
"Marì… che bell' cul' ca tien'…! Famm' trasi' 'nu poco!".
Don Eduardo abbassa le mutandine di Maria e le carezza il culo, poi si posiziona e lascia scivolare il suo cazzo dentro. Maria è scossa da un brivido, ad ogni botta tenta di tenersi, incassa. Felice e sporca di farina si piega di più sul banco, il suo seno s'impiastriccia di pomodoro, il respiro diventa affannoso. I due sorridono mentre il ritmo aumenta, anche il forno a legna dietro di loro sembra riaccendersi e fare una fiammata nell'istante in cui l'orgasmo degli amanti arriva all'esplosione.
Quando hanno finito, si racconta ancora, rimangono abbracciati, poi lui con dovizia le ripulisce il seno. Dapprima con la lingua, poi con uno straccio bianco, di lino. Passa piano il tessuto e subito dopo bacia la pelle pulita. Le sistema la gonna e la camicetta, l'aiuta a tirare i capelli in su, e la bacia sul collo. Poi la fa sedere e a quel punto le prepara una pizza speciale, con degli ingredienti segreti, soltanto per lei.
Qualcuno azzarda, ma non so se sia una cosa vera, che girando l'angolo e proseguendo lungo il muro che fiancheggia la pizzeria, ad un certo punto, ci sia un incavo. Sì, come una piccola fenditura nella parete, da dove si può addirittura vederli mentre lo fanno.
Beh, sapete cosa?… L'orario di chiusura è ormai vicino; quasi quasi…
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