Ritorno a casa
di
RomanDeVil
genere
incesti
Il mio nome è Salvatore, ma tutti mi chiamano Salvo. Sono nato in un paese del profondo Sud.
All'epoca di quanto vi sto raccontando avevo 24 anni, e vivevo in un paese della provincia di Milano da otto anni. Lavoravo in una ditta metalmeccanica dell'hinterland e non ero né sposato né fidanzato.
Era arrivato finalmente il periodo delle ferie estive, ed ero ormai in viaggio per tornare a casa! Avrei raggiunto i miei amici al mare, ma prima volevo passare a trovare i miei genitori. I miei mi aspettavano per quel sabato, ma per evitare il traffico intenso del fine settimana avevo chiesto un giorno di permesso ed avevo anticipato la partenza il giovedì sera. Avevo viaggiato per tutta la notte, fermandomi solo un paio d'ore in Autogrill per fare un veloce sonnellino.
Alle undici di quel mattino d'inizio agosto si mise a piovere che il cielo la mandava, mentre mancavano ancora una decina di chilometri per arrivare al mio paese. Riuscivo a fatica a vedere davanti a me, ma andavo avanti lo stesso perché la strada era tutta dritta. Volevo arrivare a casa dei miei prima di mezzogiorno, per pranzare insieme a loro e poi andare a dormire. Mio padre doveva essere già arrivato da un paio di giorni.
Per fortuna la pioggia cessò all'improvviso, così com'era iniziata.
Alle undici e mezza circa entravo nel panificio-pasticceria-gelateria per comprare una vaschetta di gelato da portare a casa. Al banco dei gelati stava Filomena, detta Fifì, la figlia del proprietario, mia compagna di scuola sia all'elementari che alle medie. Quando eravamo alle elementari ci eravamo anche fidanzati per qualche mese. Aveva un corpo da sballo: alta, tutta curve… e soprattutto un culo che era la fine del mondo. L'unico problema, ma importante, era la faccia, piena di brufoli e con una visibile peluria sotto il naso. Appena mi vide entrare mi corse incontro, mi abbracciò, mi baciò sulle guance e, mentre sfregava il suo seno sodo contro il mio petto, mi fece un sacco di domande sulla mia vita al Nord. Sentire i suoi capezzoli sul mio corpo mi eccitò, perciò, non volendo darle false speranze, mi staccai da lei.
"Non ho tempo adesso, vorrei essere a casa per l'ora di pranzo. Ci vediamo poi in un altro momento, così possiamo chiacchierare con più calma" le dissi. "Dovresti darmi per piacere una vaschetta di gelato misto".
Mentre Fifì metteva il gelato nel contenitore, le guardai le mani e notai che non aveva la fede al dito: evidentemente non aveva ancora trovato un uomo abbastanza cieco da sposarla.
Ad un tratto sentii giungere dall'esterno una voce trasmessa da un altoparlante che molto lentamente si avvicinava sempre di più: "Donne… è arrivato l'arrotino e l'ombrellaio…".
"Chi è?" le chiesi.
"È Mariano!".
"Ancora vive? È un pezzo che non lo vedo".
"Ma che strano!" fece Fifì. "È già venuto questo lunedì. Che ci fa ancora qua?".
Mariano! Lo conoscevo molto bene!
Quanti anni erano passati?!
Ricordo che avevo tredici anni. Mariano arrivava a casa nostra una volta al mese. Mio padre, che anche allora faceva il camionista, spesso e volentieri era fuori casa, anche per un'intera settimana.
Quando arrivava l'arrotino, conoscendo la mia passione per la pesca, mi portava sempre delle esche vive. Tutto contento prendevo la mia canna ed andavo a pescare nel fosso. Quelle esche erano proprio miracolose: prendevo un sacco di pesci. Ero così preso a pescare che il tempo passava senza che me ne accorgessi. E mi sarei pure scordato di pranzare o cenare, se non fosse venuta mia madre ogni volta a chiamarmi.
Una volta, però, ruppi la lenza appena arrivato al fosso, e avendo dimenticato nel magazzino la mia cassetta degli attrezzi da pesca tornai a casa per prenderla.
La macchina dell'arrotino era ancora nel cortile, ma non ci feci caso e mi diressi verso il magazzino.
Quando fui all'altezza della cucina, però, sentii dei lamenti provenire da dentro. Che cosa stava succedendo?
Senza fare rumore, e cercando di non farmi scorgere, mi accostai alla finestra e guardai dentro. Mia madre era china sul tavolo con il vestito sollevato sulla schiena, mentre l'arrotino, con i pantaloni abbassati, era alle sue spalle e la colpiva con il bacino sulle chiappe, mentre la teneva per i capelli. Pensai subito che le stesse facendo del male e volevo entrare per farlo smettere, ma poi vidi il viso complice di mia madre, soddisfatto e sorridente, e capii che a lei piaceva quel genere di trattamento. Rimasi di stucco. Realizzai in quel momento anche quello che stava succedendo: mia madre stava tradendo mio padre.
Il rancore che provavo all'inizio lasciò il posto ad una sorta di eccitazione. Il mio pisellino era diventato duro. Lo tirai fuori dai pantaloni e mi masturbai. Era la prima volta che lo facevo.
Decisi che non avrei raccontato niente a mio padre. La giustificai nella mia mente: mia madre all'epoca aveva 35 anni, ed era molto bella. Aveva lunghi capelli neri che le arrivavano a metà della schiena e che portava sciolti. Aveva due occhi scuri e grandi come mandorle, una bocca larga, labbra pronunciate e denti bianchi. Era alta e formosa. Aveva un seno grande, la vita stretta ed un sedere che faceva venire voglia di toccarlo. Se mio padre era così sprovveduto da lasciarla da sola per tanto tempo, il meno che gli potesse capitare era che sua moglie trovasse qualcun altro che apprezzasse tanto bendiddìo. Tra l'altro mia madre, dopo le visite di Mariano, era più allegra, cantava, ed era anche più affettuosa con me. I suoi occhi, poi, brillavano come diamanti.
Da quel giorno, tutte le volte che arrivava Mariano, facevo finta di andare a pescare, ma poi tornavo a spiarli e mi masturbavo. Tutto questo fino ai 16 anni… perché poi, non avendo voglia di studiare, mio padre mi fece andare al Nord a casa di suo fratello, che mi trovò un lavoro da apprendista.
Da allora non avevo più rivisto l'arrotino e, dopo qualche anno, avevo dimenticato anche i tradimenti di mia madre.
Quando uscii con il mio sacchetto contenente la vaschetta del gelato, vidi che l'automezzo era quasi alla mia altezza. Mi fermai curioso a vedere come fosse diventato. Mariano mostrava una sessantina d'anni, i capelli quasi del tutto sbiancati. Lui non mi riconobbe… o, se mi aveva ricosciuto, non lo aveva dato a vedere.
Ripresi la mia marcia, attraversai tutto il paese e dopo la curva imboccai la strada sterrata che porta alla casa dove sono nato. Era piena di pozzanghere e macchie di fango, sulle quali si vedevano chiaramente le impronte fresche di pneumatici non molto grandi. Non potevano essere quelle del camion di mio padre. Probabilmente o mio padre o mia madre erano passati con la Fiat Panda. Avendo visto una doppia fila d'impronte, ero convinto di trovare in casa entrambi i miei.
Arrivato in cortile, però, vidi che il camion non c'era, e la Panda aveva le gomme pulite. Chi era passato in quella strada, allora, considerato che portava solo alla nostra casa? «Mariano, naturalmente…», pensai. Mia madre si faceva ancora sbattere da Mariano! Ma mio padre dov'era?
Tesi l'orecchio per sentire se mia madre stesse cantando. Niente!
Sentii, invece, aprirsi la porta.
"Che altro vuoi, ades…?! Saaalvo! Bambino mio! Come mai sei già qua? Non dovevi arrivare domani?".
"Sono partito un giorno prima per evitare il traffico". Guardai intorno, all'interno della casa. "E papà dov'è? Non doveva arrivare l'altro ieri?", chiesi.
"Tuo padre è fermo in Germania con il camion rotto, e dovrebbe arrivare entro domani. Ma lasciati guardare. Quanto sei bello! Il mio bambino è diventato proprio un bell'ometto…".
Ci abbracciammo affettuosamente. Poi presi i miei bagagli ed entrammo in casa.
La guardai mentre mi faceva strada, e non vidi i suoi occhi brillare, come invece mi aspettavo. Si illuminava solo quando mi guardava. Mi venne il dubbio che Mariano non fosse venuto a trovarla… ma quelle impronte, allora?
Andai in camera a sistemare le valigie. Era un forno, per cui aprii la finestra ed accesi il ventilatore a soffitto. Poi andai in bagno a lavarmi le mani e raggiunsi mia madre in cucina.
"Potevi avvertirmi che saresti arrivato oggi. Non ho preparato niente".
"Grazie… ma, più che fame, ho sonno. Un paio di uova e un po' di formaggio con qualche fetta di pane andranno più che bene".
Mangiai con gusto e bevvi un bicchiere di vino. Non volli il caffè, ed andai subito a dormire. Lasciai il ventilatore acceso al minimo e mi buttai sul letto con addosso un paio di boxer e basta. Dormii fino alle sette di sera.
Quando mi risvegliai mi sentivo ancora intontito, e indugiai a letto ancora per qualche minuto. In casa non si sentivano rumori, ma ero sicuro che mia madre fosse in casa a prepararmi una cena coi fiocchi.
Faceva davvero caldo, per cui rimasi in mutande ed andai in cerca di mia madre. Pensavo di trovarla in cucina, ma vidi che era in soggiorno, seduta sulla poltrona, che leggeva una rivista. Le piacevano le storie d'amore, e leggeva un giornale dove le donne confessavano le loro esperienze sentimentali. Indossava uno scamiciato di cotone leggero, azzurro con fiorellini bianchi. Quando mi vide lasciò la rivista e si alzò.
"Ciao Salvo! Hai dormito bene? Ho aspettato che ti svegliassi per incominciare a cucinare. Non volevo fare rumori per non disturbarti…" mi disse mentre si spostava in cucina.
"Come un ghiro. Sono ancora mezzo intontito. Mi faccio una doccia, così mi sveglio del tutto".
Rimasi sotto la doccia per più di un quarto d'ora a crogiolarmi sotto il massaggio che l'acqua calda esercitava sul mio corpo.
Quando uscii dal bagno, mia madre mi disse di raggiungerla in cucina.
"Vieni qua, così chiacchieriamo un po'!".
Era girata verso il lavello mentre stava lavando l'insalata. Mi sedetti su di una sedia vicino al tavolo, un po' in diagonale, così avremmo potuto parlare senza bisogno che si girasse. La sua figura si stagliava contro la porta-finestra, ed in trasparenza potevo scorgere il suo corpo di splendida quarantaquattrenne. Potevo distinguere la forma del suo seno libero da ogni costrizione e la linea delle sue forme armoniose, un ventre ancora piatto ed un sedere tonico, solo un po' più abbondante di come lo ricordassi.
"Quando me la farai conoscere la tua ragazza?" mi chiese.
"Quando l'avrò, sarai la prima a saperlo…" le risposi.
"Non mi dire che non hai la ragazza alla tua età! Non senti necessità di avere una relazione con una donna? Mica continuerai a masturbarti?".
"Mamma… io sto al Nord. Lì non c'è mica bisogno di essere fidanzati o sposati con una ragazza per avere rapporti sessuali!".
"Ah no? E allora come si fa?".
"Beh… per esempio, si va in discoteca… si balla assieme, ci si conosce, si fa amicizia e, se lei mi piace ed io piaccio a lei, si finisce per fare sesso".
Mia madre mi guardò incuriosita. L'argomento sesso non era mai stato un tabù per lei, ma era interessata a sapere come funzionavano le cose in un luogo così lontano da lì.
"Quindi scommetto che avrai avuto rapporti con chissà quante ragazza, birbante!".
"A dire il vero, non solo. Lassù sono molto più liberali. Mi è capitato di avere rapporti anche con donne sposate, che per una sera volevano lasciarsi andare. Erano quasi tutte giovani, ma qualcuna poteva avere anche la tua età…".
"Anche donne sposate? E i mariti le fanno uscire la sera da sole?" mi domandò con curiosità, girandosi leggermente verso di me. "E… molto più vecchie di te?".
Era eccitata! E la cosa, aggiunta alla visione del suo corpo in trasparenza ed ai ricordi giovanili, fece eccitare anche me. Senza accorgermene il mio pene stava diventando duro, e non potevo nascondere la mia erezione che deformava i boxer.
Sperai che mia madre non si accorgesse della mia condizione; distolsi gli occhi e cercai di pensare ad altro, ma senza risultato.
L'eccitazione era presente, il mio pene era sempre in tiro e la voce di mia madre era piuttosto impastata. Ad un tratto non vedevo più il corpo di mia madre, ma quello di una femmina desiderabile. Avevo voglia di alzarmi ed andarle vicino per farglielo sentire e… ma rimanevo immobilizzato dalla paura. Come avrebbe reagito?
"Va bene, troppe informazioni. Apparecchia, che mangiamo…" mi disse infine.
L'erezione cessò progressivamente mentre provvedevo all'incombenza.
Mentre cenavamo andammo avanti a parlare: io le raccontai dei parenti che erano al Nord, e lei mi riferì dei parenti e degli amici rimasti al paese.
Dopo cena la aiutai a sparecchiare e, mentre lei era intenta a riempire la lavastoviglie, mi ritornò l'eccitazione nel vedere il suo sedere sollevarsi quando si chinava.
Mi appoggiai al tavolo, mangiandomela con gli occhi.
All'improvviso, dal nulla, lei riprese la conversazione avuta prima di cenare.
"Cioè, fammi capire bene… sei andato anche con donne della mia età? Non sono un po' troppo vecchie per un ragazzo poco più che ventenne? Che gusto ci provi a scopare con una donna che magari ha il corpo disfatto dalle maternità?".
"Mamma… guarda che lassù le donne curano il loro fisico; ci sono quarantenni che hanno un corpo come quello di una ventenne… anzi, hanno quel di più che le rende più desiderabili. E poi… fare sesso con una donna matura è un'esperienza. È lei che ti guida… e ti fa cose che non immagineresti…".
"Forse per le donne del Nord, che vanno in ufficio e in palestra; ma noi qui che stiamo sempre in casa è diverso. Vedi me, per esempio… pensi che il mio corpo possa mai competere con quello di Fifì?" aggiunse con voce dubbiosa e malinconica.
Capii che aveva bisogno di essere rassicurata, di sentirsi ancora bella e desiderabile come lo era quando lasciai la nostra casa per trasferirmi al Nord.
Non so come, mi trovai alle spalle di mia madre. L'abbracciai, appoggiandomi al suo sedere; le cinsi la vita con le braccia e posai le mie mani sul suo ventre, scoprendolo ancora piuttosto tonico; lo carezzai lentamente e, con voce ferma e decisa, le sussurrai in un orecchio.
"Sei mille volte più bella… e anche più eccitante".
Mia madre rimase ferma per un attimo. Temetti che si fosse offesa, invece prima premette le sue chiappe contro il mio pene, poi si girò verso di me e guardandomi negli occhi appoggiò il suo corpo al mio.
"Ma senti, senti com'è allupato, questo mascalzoncello…" disse, spingendo il suo ventre contro di me. Mi abbracciò stretto, poggiando il mento sulla mia spalla; poi cominciò a baciarmi la guancia, una, due volte… e continuò avvicinandosi sempre più alla bocca, fino a ché l'ultimo di quei baci fu stampato sulle mie labbra.
Aprì leggermente le labbra e le appoggiò sulle mie, introdusse la sua lingua nella mia bocca. La mia lingua, dopo un primo momento di imbarazzo, rispose attorcigliandosi alla sua in un bacio lungo e frenetico. Le mie mani percorrevano il suo corpo accarezzandolo, palpandolo, stringendolo per farlo aderire ancora di più. Lei mi accarezzava i capelli, mi teneva la testa tra le mani per baciarmi con più forza, mentre si strusciava contro la mia erezione.
Dopo i primi attimi frenetici durante i quali ci trasmettemmo tutta la nostra eccitazione, senza staccare le nostre bocche, ci scostammo leggermente. Le sbottonai lo scamiciato e lo lasciai cadere sul pavimento, mentre lei mi sfilava l'unico indumento che indossavo.
Mi staccai dalla sua bocca e, mentre lei continuava ad accarezzarmi, continuai a baciarle gli occhi, il mento, il collo, il petto. Le baciai i seni, presi in bocca i capezzoli ritti e grossi. Scesi a baciarle l'ombelico, il suo ventre ancora piatto con solo un lieve accenno di adipe. Con la bocca incollata sulla sua pancia le abbassai le mutandine, che scesero lungo le sue gambe e che lei sfilò prima da un piede e poi dall'altro. Ripresi a scendere frugando con la lingua tra i peli del suo cespuglio scuro, già umido di alcune gocce dei suoi umori.
Ma così in piedi non potevo continuare nella mia opera. La presi in braccio, sollevandola da terra, e la feci sedere sul tavolo, con le mani appoggiate all'indietro e le gambe piegate; mi inginocchiai tra le sue gambe e ripresi l'esplorazione. Aiutandomi con le dita liberai l'organo di mia madre dal quale ero uscito tanti anni prima e incominciai a baciarlo. Con la lingua scostai le grandi labbra ed andando verso l'alto trovai il suo clitoride, che presi a mordicchiare leggermente.
Mia madre gemeva per il piacere.
Introdussi la mia lingua nell'umida caverna, come fosse un pene, per assaggiare la consistenza delle sue pareti. Mi ritrovai con il mento che toccava il buco dell'ano. Retrocessi per stuzzicare ancora il clitoride con frequenti colpi di lingua.
Quando le toccavo il clitoride lei esternava sonoramente il suo gradimento, invitandomi a continuare, per cui mi dedicai al suo trattamento alternando la lingua ai denti, finchè non percepii che stava per avere un orgasmo.
"Veeeengo! Veeeengo! Oddioddioddìo…!" lei iniziò a gridare mentre tremava, reggendosi con una mano e strizzandosi i seni che teneva premuti con l'altro avambraccio.
Con la lingua tornai nella vulva per leccare i suoi umori, provocandole nel contempo il prolungamento del godimento.
Quando sentii cessare l'effetto dell'orgasmo, mi alzai, mi distesi su di lei e la baciai con passione.
"Mamma, ho voglia di farlo qui, sul tavolo. Prendo i preservativi e sono subito da te" le dissi cercando di allontanarmi.
Mi disse di non preoccuparmi, perché aveva impiantato il diaframma.
"Vieni qui… sai, è da tanto che non provo più la sensazione di un membro giovane e duro dentro di me!" diceva.
Il mio membro, appunto, si trovava all'altezza del suo sesso. La cappella era puntata tra le labbra della vulva, che si aprirono prontamente per accogliere la mia verga appena accennai a spingere. La sua vagina era un lago di umori, e subito le fui dentro con tutto me stesso. Le mie mani nel frattempo continuavano ad accarezzare i suoi seni, stringendo i capezzoli tra le dita.
"Dai, bello mio! Fammelo sentire. Fammi godere ancora…".
Presi a pompare con frenesia. Volevo godere anch'io, ma, quando fui sul punto di venire, mi fermai, perché lei non aveva ancora goduto. Mi chinai leggermente su di lei per coinvolgere nello sfregamento anche il clitoride e ripresi ad andare avanti e indietro più lentamente roteando il bacino per farle sentire il mio pene sulle pareti della vagina.
I risultati non si fecero attendere.
"Vengoooo…! Oh sì… godo… e tu? Tu perché non godi? Ommioddio…" gridò, scossa da un nuovo orgasmo.
Il piacere mi giunse intenso; mi fermai un attimo ed incominciai a sborrarle dentro con fiotti copiosi e numerosi.
"Oh mamma! Oooaaaaahhhh…" gridai a mia volta.
"Oddio… mi riempi tutta. Com'è bollente. Ma quanta ne hai?".
Rimanemmo così, con il membro ancora dentro, per qualche attimo ancora, fino a quando, persa del tutto l'erezione, fuoriuscì bagnato degli umori vaginali.
Mi fece alzare, scese dal tavolo, si inginocchiò tra le mie gambe, e, preso in mano il mio sesso, lo strizzò. Con la lingua raccolse gli ultime gocce che fuoriuscirono, girò intorno al glande, solleticò il prepuzio e tornò a stuzzicare la fessura in cima.
Poi se lo introdusse in bocca ed incominciò un lento pompino, mentre mi guardava con gli occhi che le sorridevano, pregustando il piacere che ci saremmo dati successivamente.
Il lavoretto che mia madre mi stava facendo me lo fece ridiventare più duro di prima.
Quando fu certa del risultato, lo tirò fuori dalla bocca, si alzò e, tenendomi per il membro, mi condusse quasi a forza nella camera matrimoniale.
"Adesso voglio scoparti io, bricconcello…!" mi disse, sbattendomi sul letto e montandomi a cavalcioni. "Ti faccio vedere cosa è capace di fare quella vecchietta della tua mammina…!" aggiunse con un'espressione decisa, quasi di sfida nei miei confronti.
Sentii ancora la cappella farsi strada tra le sue grandi labbra, ed il mio pene sprofondare dentro di lei per tutta la sua lunghezza.
Mia madre, fieramente eretta sul mio sesso, iniziò a dimenarsi, sollevandosi e discendendo con un ritmo sostenuto, rispondendo all'unisono ai colpi che menavo sollevando il bacino. Mi sollevai e attaccai la mia bocca al suo seno, succhiando alternativamente i due capezzoli. Il suo viso era paonazzo, i suoi occhi spalancati, dalla sua bocca uscivano versi che non le avevo mai sentito fare prima. Mi spinse nuovamente giù, e mi mantenne disteso tenendo una mano sul mio petto, mentre portava l'altra mano alla bocca succhiandosi il dito medio, quasi a voler simulare un pompino. Sotto di lei, osservavo il suo spettacolare dimenarsi ed il sobbalzare ritmico delle sue tette favolose, rese ancora più tonde e turgide quando poi sollevò le braccia incrociandole dietro la nuca. Non volli lasciarmi sfuggire l'occasione di afferrargliele e palpargliele, e lei gradì la cosa, tanto da sovrapporre le sue mani alle mie, per poi farle scorrere ripetutamente su e giù lungo le mie braccia.
Ad un tratto squillò il telefono.
"Non rispondere!" la implorai.
"Potrebbe essere tuo padre!" replicò, fermandosi.
Rassegnato, sollevai la cornetta del cordless e gliela passai.
"Pronto?!" disse, ancora ansimando.
"…"
"Ho fatto una corsa, ero lontana dal telefono".
Mentre parlava era sempre a cavalcioni sopra di me, col mio membro ben piantato dentro di lei, e mi teneva bloccato contro il materasso.
"…".
"Che vuol dire che non puoi venire? Salvo è già qua, ed è dispiaciuto di non averti trovato a casa…".
"…".
"Sì, lo so, ma il tuo è proprio un lavoro schifoso. Sei sempre via, ed io intanto resto qui da sola…! Ma quando pensi di poter essere a casa?".
"…".
"Tre giorni??? Non mi fai neanche le vacanze quest'anno! Hai bisogno anche tu di riposare, se no mi schiatti…".
"…".
"Seee… sai che riposo, in quella città tedesca del cavolo…! Va bene, chiederò a tuo figlio di rimanere per qualche giorno in più. Almeno mi godo lui…". E mentre lo disse mi fece l'occhiolino, scuotendo per un attimo il bacino intorno al mio membro, ancora più duro per la situazione.
"…".
"Sì, è steso sul letto. Vuoi che lo faccia venire?". Tornò a scuotersi dolcemente, guardandomi e facendomi un sorrisino per quel doppio senso. Mi stava venendo da ridere, ma lei mi bloccò, poggiandomi il dito indice sulle labbra.
"…".
"Sì, glielo dirò! Adesso però riattacca, se no mi spendi un capitale e poi ti tocca lavorare ancora di più…".
"…".
"Ti amo anch'io… e anche tu mi manchi. Ciao… ciao, a presto…!".
Attaccò e mi ripassò la cornetta. I suoi occhi brillavano per la lussuria. Si chinò su di me per baciarmi. Sembrava volesse violentarmi, tanto era appassionata.
"Hai sentito? Tuo padre non arriverà fino alla settimana prossima. Sarebbe meraviglioso se tu potessi rimanere per tutto il tempo…" mi sussurrò sulla bocca, fermando per un momento quel bacio focoso. Poi riprese, ancora più scatenata.
"Non ci pensiamo ora, per adesso ho deciso che le vacanze le passo qui e non vado al mare…" le risposi appena potei parlare.
Riprendemmo la galoppata, che si protrasse per diversi minuti, durante la quale mia madre, in preda alla lussuria, pur avendo un orgasmo dopo l'altro, non sembrava mai sazia, ed anche quando le scaricai nella vagina continui getti di sperma, continuava a dimenarsi come un'ossessa. Si tormentava i seni, si ficcava le dita in bocca succhiandole avidamente… era una furia.
Il mio pene non faceva a tempo ad ammosciarsi. Ridiventava duro prontamente e in modo poderoso, e con l'erezione mi tornava pure la voglia di scopare.
Senza sfilarmi da lei, mi sollevai aggrappandomi alle sue spalle e presi a martellare dal basso, scuotendo il bacino sotto di lei e sfregandomi contro il suo clitoride, e questo le procurò un ennesimo orgasmo.
Ci prendemmo per alcune ore in tutti modi possibili, fino a quando, esausti, non ci accasciammo sul letto, ansanti e felici.
Lei posò il suo capo sul mio petto, mentre io le accarezzavo i capelli. Ci addormentammo in quella posizione.
Mi svegliai sentendomi baciare i capezzoli. Dalle persiane filtrava la luce del giorno: era già sabato mattina. Le accarezzai i capelli e le parlai a voce bassa, come se in casa ci fosse qualcuno.
"Sei fenomenale! Sprizzi sensualità da tutti i pori. Senti come ti ama il mio arnese!".
"Mmmm… non ti posso fare un po' di coccole che subito s'inalbera. Chiacchieriamo un poco!" disse, mentre tornò a rannicchiarsi tra le mie braccia.
"Di che cosa vogliamo parlare?" le chiesi.
"Di te, naturalmente! Dimmi un po', hai mai sodomizzato qualche donna, lassù?".
"Mamma! Ma come ti vengono in mente certe curiosità?" risposi sorpreso.
"Perché, ora ti vergogni a parlarne con tua madre?".
"Beh… un po' sì che mi vergogno! Comunque sì, l'ho fatto! Ed è stato bellissimo".
"Ma non fa male? Dicono che…".
"Mmmm… non posso dirtelo per esperienza diretta, ma sembra sia piacevole, se lo si fa nel modo giusto…".
"Tu sai come fare, quindi…".
"Beh, direi di sì…".
"E allora dai, fammi vedere… voglio vedere che cosa si prova…" disse mia madre, sobbalzando sul letto con aria di sfida.
"Vorresti provare… davvero?". Ero imbarazzatissimo.
"Sì! Voglio che mi svergini il culo. Vedi che non mi vergogno?!".
Non senza un minimo di imbarazzo la trassi a me, e la baciai attorcigliando la mia lingua alla sua ed esplorando il suo palato. Andai avanti a baciarla su tutto il corpo mentre la feci girare a pancia in giù con le gambe piegate. Con la lingua, passando dalla schiena, arrivai a leccarle i glutei e l'interno delle chiappe. Introdussi la punta nell'orifizio anale cercando di forzarlo. Lo lubrificai con la saliva, ne saggiai la resistenza con un dito che avevo prima infilato in vagina, e poi introdussi il mio pene nella vulva perché si lubrificasse a sua volta; lo estrassi bagnato degli umori vaginali, appoggiai la cappella sul buchino e spinsi con delicatezza, aspettando la reazione di mia madre.
"Fai piano!".
"Se vuoi che mi fermi dimmelo…". Ripresi a spingere.
Mi fermai quando la cappella fu dentro quasi interamente.
"Ahi… fa un po' male… ma non ti fermare!".
Ripresi, in modo lento ma continuo. Centimetro dopo centimetro, il mio membro veniva avvolto dalle sue pareti anali. Quando il mio pube fu contro le chiappe chiesi a mia madre come andasse.
"Per adesso ho solo sentito male, ma sono sicura che il piacere arriverà. Adesso muoviti, ma piano. Così, bravo… oddio che bello!".
Dopo alcuni andirivieni, lo estrassi lasciando dentro solo la cappella. Attesi divertito la sua reazione.
"Che succede, qualcosa non va? Perché ti fermi? Dài, su… fammelo sentire tutto dentro. Spingi bene adesso…! Ma è bellissimo! Fai forte! Più forte! Sfondami il culo! Così! Sì! Così! Così! Così… oddioddioddìo… vengo! Vengo…!".
Stavo per venire anch'io, i miei movimenti divennero più lenti. Mia madre percepì la mia prossima eiaculazione.
"Dai amore mio, vieni! Vienimi nel culo… riempimi tutta…aaaaahhh…!".
E finalmente arrivò un orgasmo che mi svuotò tutto. E insieme con i getti di sperma uscivano anche le mie forze.
Quando ebbi finito, mi distesi sulla schiena di mia madre per riprendermi. Poi, esausto, mi lasciai cadere sul letto.
"Mamma, sei la fine del mondo!" le sussurrai.
"Finalmente! Sai da quanto non scopavo?".
Questo mi fece tornare in mente un'altra cosa…
"Ho visto Mariano in paese. Non è passato di qua?".
Mia madre mi scrutò, il suo sguardo visibilmente sorpreso.
"E tu cosa ne sai di Mariano?".
"Tu non lo sai, ma quante seghe mi sono fatto mentre vi vedevo scopare".
"Ma che… che porco! E… come mai non hai detto mai niente a tuo padre?".
"Perché vedevo che dopo tu eri felice e mi volevi più bene. Allora… Mariano?".
"Non è più il Mariano che conoscevi tu… è diventato vecchio, ormai non ce la fa più. Quando ho saputo che tuo padre avrebbe tardato a venire a casa, visto che tu saresti dovuto arrivare stamattina, giovedì sera ho tentato di contattarlo sul cellulare, ma era spento. Ho tentato ancora venerdì mattina. Mi ha detto che non sapeva se avrebbe potuto accontentarmi, dato che aveva già visitato un'altra cliente. L'ho pregato di passare lo stesso; è arrivato, ma non c'è stato niente da fare. Non sono riuscita a farglielo venir duro. Alla fine ho dovuto congedarlo, e sono rimasta con una voglia addosso…".
"Me ne sono accorto! Benedetta la vecchiaia di Mariano. Scusami mamma, ma ora vorrei andare a farmi una bella doccia…".
"Vai, vai… intanto ti preparo la colazione…" mi disse, andando in cucina.
Ho raggiunto i miei amici al mare solo la settimana successiva. Ho passato quelle giornate a casa dei miei, scopando con mia madre tutte le volte che ne avevamo voglia. Sono andato in paese solo per fare provviste e per mettere in opera quello che avevo deciso con l'assenso di mia madre.
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Non ci sono più tornato in Lombardia. Ho trovato il paradiso e non l'ho voluto più lasciare.
Ho sposato Fifì. Per non lasciare la mamma sempre da sola, siamo andati ad abitare in casa dei miei, nell'appartamento al piano di sopra.
Sono andato a lavorare nel negozio di mio suocero, e ho imparato a fare il pane. Vado a lavorare che è ancora notte e torno a casa nella tarda mattinata, quando mia moglie è impegnata nel negozio.
Mia madre mi aspetta a braccia aperte, a volte anche a gambe aperte. Abbiamo tempo per una salutare scopata e poi vado a dormire.
Quando poi mia moglie torna a casa, anche lei reclama la sua razione di sesso. E la cosa non mi dispiace per niente. Grazie ai prodigi della chirurgia estetica e delle terapie ormonali, oltre ad una sana dose di sesso pre e post-matrimoniale, infatti, Fifì è diventata molto più bella. I segni dei brufoli sono scomparsi, e, grazie all'elettrocoagulazione, anche i peli sotto il naso. Aveva proprio bisogno di un manico.
Le mie donne non sono gelose una dell'altra. Non so se mia moglie immagini quali siano i miei rapporti con mia madre, ma sospetto che ne sia al corrente… e chissà che, sotto sotto, non approvi.
All'epoca di quanto vi sto raccontando avevo 24 anni, e vivevo in un paese della provincia di Milano da otto anni. Lavoravo in una ditta metalmeccanica dell'hinterland e non ero né sposato né fidanzato.
Era arrivato finalmente il periodo delle ferie estive, ed ero ormai in viaggio per tornare a casa! Avrei raggiunto i miei amici al mare, ma prima volevo passare a trovare i miei genitori. I miei mi aspettavano per quel sabato, ma per evitare il traffico intenso del fine settimana avevo chiesto un giorno di permesso ed avevo anticipato la partenza il giovedì sera. Avevo viaggiato per tutta la notte, fermandomi solo un paio d'ore in Autogrill per fare un veloce sonnellino.
Alle undici di quel mattino d'inizio agosto si mise a piovere che il cielo la mandava, mentre mancavano ancora una decina di chilometri per arrivare al mio paese. Riuscivo a fatica a vedere davanti a me, ma andavo avanti lo stesso perché la strada era tutta dritta. Volevo arrivare a casa dei miei prima di mezzogiorno, per pranzare insieme a loro e poi andare a dormire. Mio padre doveva essere già arrivato da un paio di giorni.
Per fortuna la pioggia cessò all'improvviso, così com'era iniziata.
Alle undici e mezza circa entravo nel panificio-pasticceria-gelateria per comprare una vaschetta di gelato da portare a casa. Al banco dei gelati stava Filomena, detta Fifì, la figlia del proprietario, mia compagna di scuola sia all'elementari che alle medie. Quando eravamo alle elementari ci eravamo anche fidanzati per qualche mese. Aveva un corpo da sballo: alta, tutta curve… e soprattutto un culo che era la fine del mondo. L'unico problema, ma importante, era la faccia, piena di brufoli e con una visibile peluria sotto il naso. Appena mi vide entrare mi corse incontro, mi abbracciò, mi baciò sulle guance e, mentre sfregava il suo seno sodo contro il mio petto, mi fece un sacco di domande sulla mia vita al Nord. Sentire i suoi capezzoli sul mio corpo mi eccitò, perciò, non volendo darle false speranze, mi staccai da lei.
"Non ho tempo adesso, vorrei essere a casa per l'ora di pranzo. Ci vediamo poi in un altro momento, così possiamo chiacchierare con più calma" le dissi. "Dovresti darmi per piacere una vaschetta di gelato misto".
Mentre Fifì metteva il gelato nel contenitore, le guardai le mani e notai che non aveva la fede al dito: evidentemente non aveva ancora trovato un uomo abbastanza cieco da sposarla.
Ad un tratto sentii giungere dall'esterno una voce trasmessa da un altoparlante che molto lentamente si avvicinava sempre di più: "Donne… è arrivato l'arrotino e l'ombrellaio…".
"Chi è?" le chiesi.
"È Mariano!".
"Ancora vive? È un pezzo che non lo vedo".
"Ma che strano!" fece Fifì. "È già venuto questo lunedì. Che ci fa ancora qua?".
Mariano! Lo conoscevo molto bene!
Quanti anni erano passati?!
Ricordo che avevo tredici anni. Mariano arrivava a casa nostra una volta al mese. Mio padre, che anche allora faceva il camionista, spesso e volentieri era fuori casa, anche per un'intera settimana.
Quando arrivava l'arrotino, conoscendo la mia passione per la pesca, mi portava sempre delle esche vive. Tutto contento prendevo la mia canna ed andavo a pescare nel fosso. Quelle esche erano proprio miracolose: prendevo un sacco di pesci. Ero così preso a pescare che il tempo passava senza che me ne accorgessi. E mi sarei pure scordato di pranzare o cenare, se non fosse venuta mia madre ogni volta a chiamarmi.
Una volta, però, ruppi la lenza appena arrivato al fosso, e avendo dimenticato nel magazzino la mia cassetta degli attrezzi da pesca tornai a casa per prenderla.
La macchina dell'arrotino era ancora nel cortile, ma non ci feci caso e mi diressi verso il magazzino.
Quando fui all'altezza della cucina, però, sentii dei lamenti provenire da dentro. Che cosa stava succedendo?
Senza fare rumore, e cercando di non farmi scorgere, mi accostai alla finestra e guardai dentro. Mia madre era china sul tavolo con il vestito sollevato sulla schiena, mentre l'arrotino, con i pantaloni abbassati, era alle sue spalle e la colpiva con il bacino sulle chiappe, mentre la teneva per i capelli. Pensai subito che le stesse facendo del male e volevo entrare per farlo smettere, ma poi vidi il viso complice di mia madre, soddisfatto e sorridente, e capii che a lei piaceva quel genere di trattamento. Rimasi di stucco. Realizzai in quel momento anche quello che stava succedendo: mia madre stava tradendo mio padre.
Il rancore che provavo all'inizio lasciò il posto ad una sorta di eccitazione. Il mio pisellino era diventato duro. Lo tirai fuori dai pantaloni e mi masturbai. Era la prima volta che lo facevo.
Decisi che non avrei raccontato niente a mio padre. La giustificai nella mia mente: mia madre all'epoca aveva 35 anni, ed era molto bella. Aveva lunghi capelli neri che le arrivavano a metà della schiena e che portava sciolti. Aveva due occhi scuri e grandi come mandorle, una bocca larga, labbra pronunciate e denti bianchi. Era alta e formosa. Aveva un seno grande, la vita stretta ed un sedere che faceva venire voglia di toccarlo. Se mio padre era così sprovveduto da lasciarla da sola per tanto tempo, il meno che gli potesse capitare era che sua moglie trovasse qualcun altro che apprezzasse tanto bendiddìo. Tra l'altro mia madre, dopo le visite di Mariano, era più allegra, cantava, ed era anche più affettuosa con me. I suoi occhi, poi, brillavano come diamanti.
Da quel giorno, tutte le volte che arrivava Mariano, facevo finta di andare a pescare, ma poi tornavo a spiarli e mi masturbavo. Tutto questo fino ai 16 anni… perché poi, non avendo voglia di studiare, mio padre mi fece andare al Nord a casa di suo fratello, che mi trovò un lavoro da apprendista.
Da allora non avevo più rivisto l'arrotino e, dopo qualche anno, avevo dimenticato anche i tradimenti di mia madre.
Quando uscii con il mio sacchetto contenente la vaschetta del gelato, vidi che l'automezzo era quasi alla mia altezza. Mi fermai curioso a vedere come fosse diventato. Mariano mostrava una sessantina d'anni, i capelli quasi del tutto sbiancati. Lui non mi riconobbe… o, se mi aveva ricosciuto, non lo aveva dato a vedere.
Ripresi la mia marcia, attraversai tutto il paese e dopo la curva imboccai la strada sterrata che porta alla casa dove sono nato. Era piena di pozzanghere e macchie di fango, sulle quali si vedevano chiaramente le impronte fresche di pneumatici non molto grandi. Non potevano essere quelle del camion di mio padre. Probabilmente o mio padre o mia madre erano passati con la Fiat Panda. Avendo visto una doppia fila d'impronte, ero convinto di trovare in casa entrambi i miei.
Arrivato in cortile, però, vidi che il camion non c'era, e la Panda aveva le gomme pulite. Chi era passato in quella strada, allora, considerato che portava solo alla nostra casa? «Mariano, naturalmente…», pensai. Mia madre si faceva ancora sbattere da Mariano! Ma mio padre dov'era?
Tesi l'orecchio per sentire se mia madre stesse cantando. Niente!
Sentii, invece, aprirsi la porta.
"Che altro vuoi, ades…?! Saaalvo! Bambino mio! Come mai sei già qua? Non dovevi arrivare domani?".
"Sono partito un giorno prima per evitare il traffico". Guardai intorno, all'interno della casa. "E papà dov'è? Non doveva arrivare l'altro ieri?", chiesi.
"Tuo padre è fermo in Germania con il camion rotto, e dovrebbe arrivare entro domani. Ma lasciati guardare. Quanto sei bello! Il mio bambino è diventato proprio un bell'ometto…".
Ci abbracciammo affettuosamente. Poi presi i miei bagagli ed entrammo in casa.
La guardai mentre mi faceva strada, e non vidi i suoi occhi brillare, come invece mi aspettavo. Si illuminava solo quando mi guardava. Mi venne il dubbio che Mariano non fosse venuto a trovarla… ma quelle impronte, allora?
Andai in camera a sistemare le valigie. Era un forno, per cui aprii la finestra ed accesi il ventilatore a soffitto. Poi andai in bagno a lavarmi le mani e raggiunsi mia madre in cucina.
"Potevi avvertirmi che saresti arrivato oggi. Non ho preparato niente".
"Grazie… ma, più che fame, ho sonno. Un paio di uova e un po' di formaggio con qualche fetta di pane andranno più che bene".
Mangiai con gusto e bevvi un bicchiere di vino. Non volli il caffè, ed andai subito a dormire. Lasciai il ventilatore acceso al minimo e mi buttai sul letto con addosso un paio di boxer e basta. Dormii fino alle sette di sera.
Quando mi risvegliai mi sentivo ancora intontito, e indugiai a letto ancora per qualche minuto. In casa non si sentivano rumori, ma ero sicuro che mia madre fosse in casa a prepararmi una cena coi fiocchi.
Faceva davvero caldo, per cui rimasi in mutande ed andai in cerca di mia madre. Pensavo di trovarla in cucina, ma vidi che era in soggiorno, seduta sulla poltrona, che leggeva una rivista. Le piacevano le storie d'amore, e leggeva un giornale dove le donne confessavano le loro esperienze sentimentali. Indossava uno scamiciato di cotone leggero, azzurro con fiorellini bianchi. Quando mi vide lasciò la rivista e si alzò.
"Ciao Salvo! Hai dormito bene? Ho aspettato che ti svegliassi per incominciare a cucinare. Non volevo fare rumori per non disturbarti…" mi disse mentre si spostava in cucina.
"Come un ghiro. Sono ancora mezzo intontito. Mi faccio una doccia, così mi sveglio del tutto".
Rimasi sotto la doccia per più di un quarto d'ora a crogiolarmi sotto il massaggio che l'acqua calda esercitava sul mio corpo.
Quando uscii dal bagno, mia madre mi disse di raggiungerla in cucina.
"Vieni qua, così chiacchieriamo un po'!".
Era girata verso il lavello mentre stava lavando l'insalata. Mi sedetti su di una sedia vicino al tavolo, un po' in diagonale, così avremmo potuto parlare senza bisogno che si girasse. La sua figura si stagliava contro la porta-finestra, ed in trasparenza potevo scorgere il suo corpo di splendida quarantaquattrenne. Potevo distinguere la forma del suo seno libero da ogni costrizione e la linea delle sue forme armoniose, un ventre ancora piatto ed un sedere tonico, solo un po' più abbondante di come lo ricordassi.
"Quando me la farai conoscere la tua ragazza?" mi chiese.
"Quando l'avrò, sarai la prima a saperlo…" le risposi.
"Non mi dire che non hai la ragazza alla tua età! Non senti necessità di avere una relazione con una donna? Mica continuerai a masturbarti?".
"Mamma… io sto al Nord. Lì non c'è mica bisogno di essere fidanzati o sposati con una ragazza per avere rapporti sessuali!".
"Ah no? E allora come si fa?".
"Beh… per esempio, si va in discoteca… si balla assieme, ci si conosce, si fa amicizia e, se lei mi piace ed io piaccio a lei, si finisce per fare sesso".
Mia madre mi guardò incuriosita. L'argomento sesso non era mai stato un tabù per lei, ma era interessata a sapere come funzionavano le cose in un luogo così lontano da lì.
"Quindi scommetto che avrai avuto rapporti con chissà quante ragazza, birbante!".
"A dire il vero, non solo. Lassù sono molto più liberali. Mi è capitato di avere rapporti anche con donne sposate, che per una sera volevano lasciarsi andare. Erano quasi tutte giovani, ma qualcuna poteva avere anche la tua età…".
"Anche donne sposate? E i mariti le fanno uscire la sera da sole?" mi domandò con curiosità, girandosi leggermente verso di me. "E… molto più vecchie di te?".
Era eccitata! E la cosa, aggiunta alla visione del suo corpo in trasparenza ed ai ricordi giovanili, fece eccitare anche me. Senza accorgermene il mio pene stava diventando duro, e non potevo nascondere la mia erezione che deformava i boxer.
Sperai che mia madre non si accorgesse della mia condizione; distolsi gli occhi e cercai di pensare ad altro, ma senza risultato.
L'eccitazione era presente, il mio pene era sempre in tiro e la voce di mia madre era piuttosto impastata. Ad un tratto non vedevo più il corpo di mia madre, ma quello di una femmina desiderabile. Avevo voglia di alzarmi ed andarle vicino per farglielo sentire e… ma rimanevo immobilizzato dalla paura. Come avrebbe reagito?
"Va bene, troppe informazioni. Apparecchia, che mangiamo…" mi disse infine.
L'erezione cessò progressivamente mentre provvedevo all'incombenza.
Mentre cenavamo andammo avanti a parlare: io le raccontai dei parenti che erano al Nord, e lei mi riferì dei parenti e degli amici rimasti al paese.
Dopo cena la aiutai a sparecchiare e, mentre lei era intenta a riempire la lavastoviglie, mi ritornò l'eccitazione nel vedere il suo sedere sollevarsi quando si chinava.
Mi appoggiai al tavolo, mangiandomela con gli occhi.
All'improvviso, dal nulla, lei riprese la conversazione avuta prima di cenare.
"Cioè, fammi capire bene… sei andato anche con donne della mia età? Non sono un po' troppo vecchie per un ragazzo poco più che ventenne? Che gusto ci provi a scopare con una donna che magari ha il corpo disfatto dalle maternità?".
"Mamma… guarda che lassù le donne curano il loro fisico; ci sono quarantenni che hanno un corpo come quello di una ventenne… anzi, hanno quel di più che le rende più desiderabili. E poi… fare sesso con una donna matura è un'esperienza. È lei che ti guida… e ti fa cose che non immagineresti…".
"Forse per le donne del Nord, che vanno in ufficio e in palestra; ma noi qui che stiamo sempre in casa è diverso. Vedi me, per esempio… pensi che il mio corpo possa mai competere con quello di Fifì?" aggiunse con voce dubbiosa e malinconica.
Capii che aveva bisogno di essere rassicurata, di sentirsi ancora bella e desiderabile come lo era quando lasciai la nostra casa per trasferirmi al Nord.
Non so come, mi trovai alle spalle di mia madre. L'abbracciai, appoggiandomi al suo sedere; le cinsi la vita con le braccia e posai le mie mani sul suo ventre, scoprendolo ancora piuttosto tonico; lo carezzai lentamente e, con voce ferma e decisa, le sussurrai in un orecchio.
"Sei mille volte più bella… e anche più eccitante".
Mia madre rimase ferma per un attimo. Temetti che si fosse offesa, invece prima premette le sue chiappe contro il mio pene, poi si girò verso di me e guardandomi negli occhi appoggiò il suo corpo al mio.
"Ma senti, senti com'è allupato, questo mascalzoncello…" disse, spingendo il suo ventre contro di me. Mi abbracciò stretto, poggiando il mento sulla mia spalla; poi cominciò a baciarmi la guancia, una, due volte… e continuò avvicinandosi sempre più alla bocca, fino a ché l'ultimo di quei baci fu stampato sulle mie labbra.
Aprì leggermente le labbra e le appoggiò sulle mie, introdusse la sua lingua nella mia bocca. La mia lingua, dopo un primo momento di imbarazzo, rispose attorcigliandosi alla sua in un bacio lungo e frenetico. Le mie mani percorrevano il suo corpo accarezzandolo, palpandolo, stringendolo per farlo aderire ancora di più. Lei mi accarezzava i capelli, mi teneva la testa tra le mani per baciarmi con più forza, mentre si strusciava contro la mia erezione.
Dopo i primi attimi frenetici durante i quali ci trasmettemmo tutta la nostra eccitazione, senza staccare le nostre bocche, ci scostammo leggermente. Le sbottonai lo scamiciato e lo lasciai cadere sul pavimento, mentre lei mi sfilava l'unico indumento che indossavo.
Mi staccai dalla sua bocca e, mentre lei continuava ad accarezzarmi, continuai a baciarle gli occhi, il mento, il collo, il petto. Le baciai i seni, presi in bocca i capezzoli ritti e grossi. Scesi a baciarle l'ombelico, il suo ventre ancora piatto con solo un lieve accenno di adipe. Con la bocca incollata sulla sua pancia le abbassai le mutandine, che scesero lungo le sue gambe e che lei sfilò prima da un piede e poi dall'altro. Ripresi a scendere frugando con la lingua tra i peli del suo cespuglio scuro, già umido di alcune gocce dei suoi umori.
Ma così in piedi non potevo continuare nella mia opera. La presi in braccio, sollevandola da terra, e la feci sedere sul tavolo, con le mani appoggiate all'indietro e le gambe piegate; mi inginocchiai tra le sue gambe e ripresi l'esplorazione. Aiutandomi con le dita liberai l'organo di mia madre dal quale ero uscito tanti anni prima e incominciai a baciarlo. Con la lingua scostai le grandi labbra ed andando verso l'alto trovai il suo clitoride, che presi a mordicchiare leggermente.
Mia madre gemeva per il piacere.
Introdussi la mia lingua nell'umida caverna, come fosse un pene, per assaggiare la consistenza delle sue pareti. Mi ritrovai con il mento che toccava il buco dell'ano. Retrocessi per stuzzicare ancora il clitoride con frequenti colpi di lingua.
Quando le toccavo il clitoride lei esternava sonoramente il suo gradimento, invitandomi a continuare, per cui mi dedicai al suo trattamento alternando la lingua ai denti, finchè non percepii che stava per avere un orgasmo.
"Veeeengo! Veeeengo! Oddioddioddìo…!" lei iniziò a gridare mentre tremava, reggendosi con una mano e strizzandosi i seni che teneva premuti con l'altro avambraccio.
Con la lingua tornai nella vulva per leccare i suoi umori, provocandole nel contempo il prolungamento del godimento.
Quando sentii cessare l'effetto dell'orgasmo, mi alzai, mi distesi su di lei e la baciai con passione.
"Mamma, ho voglia di farlo qui, sul tavolo. Prendo i preservativi e sono subito da te" le dissi cercando di allontanarmi.
Mi disse di non preoccuparmi, perché aveva impiantato il diaframma.
"Vieni qui… sai, è da tanto che non provo più la sensazione di un membro giovane e duro dentro di me!" diceva.
Il mio membro, appunto, si trovava all'altezza del suo sesso. La cappella era puntata tra le labbra della vulva, che si aprirono prontamente per accogliere la mia verga appena accennai a spingere. La sua vagina era un lago di umori, e subito le fui dentro con tutto me stesso. Le mie mani nel frattempo continuavano ad accarezzare i suoi seni, stringendo i capezzoli tra le dita.
"Dai, bello mio! Fammelo sentire. Fammi godere ancora…".
Presi a pompare con frenesia. Volevo godere anch'io, ma, quando fui sul punto di venire, mi fermai, perché lei non aveva ancora goduto. Mi chinai leggermente su di lei per coinvolgere nello sfregamento anche il clitoride e ripresi ad andare avanti e indietro più lentamente roteando il bacino per farle sentire il mio pene sulle pareti della vagina.
I risultati non si fecero attendere.
"Vengoooo…! Oh sì… godo… e tu? Tu perché non godi? Ommioddio…" gridò, scossa da un nuovo orgasmo.
Il piacere mi giunse intenso; mi fermai un attimo ed incominciai a sborrarle dentro con fiotti copiosi e numerosi.
"Oh mamma! Oooaaaaahhhh…" gridai a mia volta.
"Oddio… mi riempi tutta. Com'è bollente. Ma quanta ne hai?".
Rimanemmo così, con il membro ancora dentro, per qualche attimo ancora, fino a quando, persa del tutto l'erezione, fuoriuscì bagnato degli umori vaginali.
Mi fece alzare, scese dal tavolo, si inginocchiò tra le mie gambe, e, preso in mano il mio sesso, lo strizzò. Con la lingua raccolse gli ultime gocce che fuoriuscirono, girò intorno al glande, solleticò il prepuzio e tornò a stuzzicare la fessura in cima.
Poi se lo introdusse in bocca ed incominciò un lento pompino, mentre mi guardava con gli occhi che le sorridevano, pregustando il piacere che ci saremmo dati successivamente.
Il lavoretto che mia madre mi stava facendo me lo fece ridiventare più duro di prima.
Quando fu certa del risultato, lo tirò fuori dalla bocca, si alzò e, tenendomi per il membro, mi condusse quasi a forza nella camera matrimoniale.
"Adesso voglio scoparti io, bricconcello…!" mi disse, sbattendomi sul letto e montandomi a cavalcioni. "Ti faccio vedere cosa è capace di fare quella vecchietta della tua mammina…!" aggiunse con un'espressione decisa, quasi di sfida nei miei confronti.
Sentii ancora la cappella farsi strada tra le sue grandi labbra, ed il mio pene sprofondare dentro di lei per tutta la sua lunghezza.
Mia madre, fieramente eretta sul mio sesso, iniziò a dimenarsi, sollevandosi e discendendo con un ritmo sostenuto, rispondendo all'unisono ai colpi che menavo sollevando il bacino. Mi sollevai e attaccai la mia bocca al suo seno, succhiando alternativamente i due capezzoli. Il suo viso era paonazzo, i suoi occhi spalancati, dalla sua bocca uscivano versi che non le avevo mai sentito fare prima. Mi spinse nuovamente giù, e mi mantenne disteso tenendo una mano sul mio petto, mentre portava l'altra mano alla bocca succhiandosi il dito medio, quasi a voler simulare un pompino. Sotto di lei, osservavo il suo spettacolare dimenarsi ed il sobbalzare ritmico delle sue tette favolose, rese ancora più tonde e turgide quando poi sollevò le braccia incrociandole dietro la nuca. Non volli lasciarmi sfuggire l'occasione di afferrargliele e palpargliele, e lei gradì la cosa, tanto da sovrapporre le sue mani alle mie, per poi farle scorrere ripetutamente su e giù lungo le mie braccia.
Ad un tratto squillò il telefono.
"Non rispondere!" la implorai.
"Potrebbe essere tuo padre!" replicò, fermandosi.
Rassegnato, sollevai la cornetta del cordless e gliela passai.
"Pronto?!" disse, ancora ansimando.
"…"
"Ho fatto una corsa, ero lontana dal telefono".
Mentre parlava era sempre a cavalcioni sopra di me, col mio membro ben piantato dentro di lei, e mi teneva bloccato contro il materasso.
"…".
"Che vuol dire che non puoi venire? Salvo è già qua, ed è dispiaciuto di non averti trovato a casa…".
"…".
"Sì, lo so, ma il tuo è proprio un lavoro schifoso. Sei sempre via, ed io intanto resto qui da sola…! Ma quando pensi di poter essere a casa?".
"…".
"Tre giorni??? Non mi fai neanche le vacanze quest'anno! Hai bisogno anche tu di riposare, se no mi schiatti…".
"…".
"Seee… sai che riposo, in quella città tedesca del cavolo…! Va bene, chiederò a tuo figlio di rimanere per qualche giorno in più. Almeno mi godo lui…". E mentre lo disse mi fece l'occhiolino, scuotendo per un attimo il bacino intorno al mio membro, ancora più duro per la situazione.
"…".
"Sì, è steso sul letto. Vuoi che lo faccia venire?". Tornò a scuotersi dolcemente, guardandomi e facendomi un sorrisino per quel doppio senso. Mi stava venendo da ridere, ma lei mi bloccò, poggiandomi il dito indice sulle labbra.
"…".
"Sì, glielo dirò! Adesso però riattacca, se no mi spendi un capitale e poi ti tocca lavorare ancora di più…".
"…".
"Ti amo anch'io… e anche tu mi manchi. Ciao… ciao, a presto…!".
Attaccò e mi ripassò la cornetta. I suoi occhi brillavano per la lussuria. Si chinò su di me per baciarmi. Sembrava volesse violentarmi, tanto era appassionata.
"Hai sentito? Tuo padre non arriverà fino alla settimana prossima. Sarebbe meraviglioso se tu potessi rimanere per tutto il tempo…" mi sussurrò sulla bocca, fermando per un momento quel bacio focoso. Poi riprese, ancora più scatenata.
"Non ci pensiamo ora, per adesso ho deciso che le vacanze le passo qui e non vado al mare…" le risposi appena potei parlare.
Riprendemmo la galoppata, che si protrasse per diversi minuti, durante la quale mia madre, in preda alla lussuria, pur avendo un orgasmo dopo l'altro, non sembrava mai sazia, ed anche quando le scaricai nella vagina continui getti di sperma, continuava a dimenarsi come un'ossessa. Si tormentava i seni, si ficcava le dita in bocca succhiandole avidamente… era una furia.
Il mio pene non faceva a tempo ad ammosciarsi. Ridiventava duro prontamente e in modo poderoso, e con l'erezione mi tornava pure la voglia di scopare.
Senza sfilarmi da lei, mi sollevai aggrappandomi alle sue spalle e presi a martellare dal basso, scuotendo il bacino sotto di lei e sfregandomi contro il suo clitoride, e questo le procurò un ennesimo orgasmo.
Ci prendemmo per alcune ore in tutti modi possibili, fino a quando, esausti, non ci accasciammo sul letto, ansanti e felici.
Lei posò il suo capo sul mio petto, mentre io le accarezzavo i capelli. Ci addormentammo in quella posizione.
Mi svegliai sentendomi baciare i capezzoli. Dalle persiane filtrava la luce del giorno: era già sabato mattina. Le accarezzai i capelli e le parlai a voce bassa, come se in casa ci fosse qualcuno.
"Sei fenomenale! Sprizzi sensualità da tutti i pori. Senti come ti ama il mio arnese!".
"Mmmm… non ti posso fare un po' di coccole che subito s'inalbera. Chiacchieriamo un poco!" disse, mentre tornò a rannicchiarsi tra le mie braccia.
"Di che cosa vogliamo parlare?" le chiesi.
"Di te, naturalmente! Dimmi un po', hai mai sodomizzato qualche donna, lassù?".
"Mamma! Ma come ti vengono in mente certe curiosità?" risposi sorpreso.
"Perché, ora ti vergogni a parlarne con tua madre?".
"Beh… un po' sì che mi vergogno! Comunque sì, l'ho fatto! Ed è stato bellissimo".
"Ma non fa male? Dicono che…".
"Mmmm… non posso dirtelo per esperienza diretta, ma sembra sia piacevole, se lo si fa nel modo giusto…".
"Tu sai come fare, quindi…".
"Beh, direi di sì…".
"E allora dai, fammi vedere… voglio vedere che cosa si prova…" disse mia madre, sobbalzando sul letto con aria di sfida.
"Vorresti provare… davvero?". Ero imbarazzatissimo.
"Sì! Voglio che mi svergini il culo. Vedi che non mi vergogno?!".
Non senza un minimo di imbarazzo la trassi a me, e la baciai attorcigliando la mia lingua alla sua ed esplorando il suo palato. Andai avanti a baciarla su tutto il corpo mentre la feci girare a pancia in giù con le gambe piegate. Con la lingua, passando dalla schiena, arrivai a leccarle i glutei e l'interno delle chiappe. Introdussi la punta nell'orifizio anale cercando di forzarlo. Lo lubrificai con la saliva, ne saggiai la resistenza con un dito che avevo prima infilato in vagina, e poi introdussi il mio pene nella vulva perché si lubrificasse a sua volta; lo estrassi bagnato degli umori vaginali, appoggiai la cappella sul buchino e spinsi con delicatezza, aspettando la reazione di mia madre.
"Fai piano!".
"Se vuoi che mi fermi dimmelo…". Ripresi a spingere.
Mi fermai quando la cappella fu dentro quasi interamente.
"Ahi… fa un po' male… ma non ti fermare!".
Ripresi, in modo lento ma continuo. Centimetro dopo centimetro, il mio membro veniva avvolto dalle sue pareti anali. Quando il mio pube fu contro le chiappe chiesi a mia madre come andasse.
"Per adesso ho solo sentito male, ma sono sicura che il piacere arriverà. Adesso muoviti, ma piano. Così, bravo… oddio che bello!".
Dopo alcuni andirivieni, lo estrassi lasciando dentro solo la cappella. Attesi divertito la sua reazione.
"Che succede, qualcosa non va? Perché ti fermi? Dài, su… fammelo sentire tutto dentro. Spingi bene adesso…! Ma è bellissimo! Fai forte! Più forte! Sfondami il culo! Così! Sì! Così! Così! Così… oddioddioddìo… vengo! Vengo…!".
Stavo per venire anch'io, i miei movimenti divennero più lenti. Mia madre percepì la mia prossima eiaculazione.
"Dai amore mio, vieni! Vienimi nel culo… riempimi tutta…aaaaahhh…!".
E finalmente arrivò un orgasmo che mi svuotò tutto. E insieme con i getti di sperma uscivano anche le mie forze.
Quando ebbi finito, mi distesi sulla schiena di mia madre per riprendermi. Poi, esausto, mi lasciai cadere sul letto.
"Mamma, sei la fine del mondo!" le sussurrai.
"Finalmente! Sai da quanto non scopavo?".
Questo mi fece tornare in mente un'altra cosa…
"Ho visto Mariano in paese. Non è passato di qua?".
Mia madre mi scrutò, il suo sguardo visibilmente sorpreso.
"E tu cosa ne sai di Mariano?".
"Tu non lo sai, ma quante seghe mi sono fatto mentre vi vedevo scopare".
"Ma che… che porco! E… come mai non hai detto mai niente a tuo padre?".
"Perché vedevo che dopo tu eri felice e mi volevi più bene. Allora… Mariano?".
"Non è più il Mariano che conoscevi tu… è diventato vecchio, ormai non ce la fa più. Quando ho saputo che tuo padre avrebbe tardato a venire a casa, visto che tu saresti dovuto arrivare stamattina, giovedì sera ho tentato di contattarlo sul cellulare, ma era spento. Ho tentato ancora venerdì mattina. Mi ha detto che non sapeva se avrebbe potuto accontentarmi, dato che aveva già visitato un'altra cliente. L'ho pregato di passare lo stesso; è arrivato, ma non c'è stato niente da fare. Non sono riuscita a farglielo venir duro. Alla fine ho dovuto congedarlo, e sono rimasta con una voglia addosso…".
"Me ne sono accorto! Benedetta la vecchiaia di Mariano. Scusami mamma, ma ora vorrei andare a farmi una bella doccia…".
"Vai, vai… intanto ti preparo la colazione…" mi disse, andando in cucina.
Ho raggiunto i miei amici al mare solo la settimana successiva. Ho passato quelle giornate a casa dei miei, scopando con mia madre tutte le volte che ne avevamo voglia. Sono andato in paese solo per fare provviste e per mettere in opera quello che avevo deciso con l'assenso di mia madre.
---
Non ci sono più tornato in Lombardia. Ho trovato il paradiso e non l'ho voluto più lasciare.
Ho sposato Fifì. Per non lasciare la mamma sempre da sola, siamo andati ad abitare in casa dei miei, nell'appartamento al piano di sopra.
Sono andato a lavorare nel negozio di mio suocero, e ho imparato a fare il pane. Vado a lavorare che è ancora notte e torno a casa nella tarda mattinata, quando mia moglie è impegnata nel negozio.
Mia madre mi aspetta a braccia aperte, a volte anche a gambe aperte. Abbiamo tempo per una salutare scopata e poi vado a dormire.
Quando poi mia moglie torna a casa, anche lei reclama la sua razione di sesso. E la cosa non mi dispiace per niente. Grazie ai prodigi della chirurgia estetica e delle terapie ormonali, oltre ad una sana dose di sesso pre e post-matrimoniale, infatti, Fifì è diventata molto più bella. I segni dei brufoli sono scomparsi, e, grazie all'elettrocoagulazione, anche i peli sotto il naso. Aveva proprio bisogno di un manico.
Le mie donne non sono gelose una dell'altra. Non so se mia moglie immagini quali siano i miei rapporti con mia madre, ma sospetto che ne sia al corrente… e chissà che, sotto sotto, non approvi.
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Il gioco del brigadiere
Commenti dei lettori al racconto erotico