Il diavolo che è in me

di
genere
dominazione

I

Andavo in quel fast-food probabilmente una volta ogni due fine settimana. Era uno di quei locali in stile american vintage, tipo drive-in, che per certi versi mi ricordava quella vecchia serie TV, «Happy Days»: uno arriva in macchina, ordina dal finestrino e consuma lì. Sembrava che il locale facesse di tutto per assumere solo cameriere femmine, anche se ogni tanto qualche malcapitato si beccava un maschio. Non tutte erano carine, ma la maggior parte sì. Una in particolare, Alicia, era proprio il mio tipo.
Tutte indossavano qualcosa che assomigliava a un'uniforme; per lo più si trattava della stessa combinazione di colori. Alicia, però, indossava sempre dei bei vestitini attillati, che facevano un ottimo lavoro per ottenere più mance dai ragazzi. Quella sera indossava un paio di minuscoli hot pants, forse i più striminziti che le abbia mai visto addosso (probabilmente perché era estate, chissà?!), una maglietta che non lasciava esposta molta pelle, ma che era attillata lì dove serviva… e poi una cosa che non le avevo mai visto prima: lunghe calze a righe, che mettevano davvero in risalto le sue gambe e le rendevano fantastiche. Era innocente, era sensuale, e lo sapeva.
Avevo sempre fatto in modo di parcheggiare nell'area in cui lei prestava servizio. Ero sicuro che ormai mi riconoscesse, perché ero sempre tutto un sorriso quando la vedevo. Non che stessi cercando di fare amicizia, o altro, con lei. Davvero! Ho un'ottima relazione con la mia ragazza, Cristina. Infatti, venivamo entrambi qui insieme. Cristina sapeva che pensavo che quella cameriera fosse carina. Non le importava molto, era solo molto divertita dalla cosa. Lei è il tipo che dice: "…sì, è sexy", oppure "…sì, scommetto che ti piacerebbe, tesoro", ma poi sa che non ne viene mai fuori niente.

Alicia non era comunque il mio tipo. Certo, pensavo che fosse carina. E allora? Probabilmente faceva l'ultimo anno delle superiori. Diciotto, forse diciannove anni… non lo so, sono un pessimo giudice in fatto di età. Non fraintendetemi, anch'io non è che fossi un uomo maturo; certo, a 31 anni non si è più adolescenti, ma comunque…!
Il punto è che a qualsiasi persona normale piace guardare. E quella sera mi stavo divertendo molto a guardare. Lei andava avanti e indietro, aspettando macchine, portando e riportando vassoi. Ogni volta che passava, la ammiravo (anche se cercavo di farlo sembrare casuale). Soprattutto le sue gambe, quella sera. «Accidenti, quelle calze…», pensavo. Mi piaceva pensare che si stesse mettendo in mostra per me, facendo ondeggiare il suo piccolo sedere nervoso un po' più del necessario. Qualcuno parcheggiato di fronte a me le stava pagando il conto; lei aveva tirato fuori degli spiccioli, e per caso gliene cadde qualcuno. Si inchinò come una signora, piegò le ginocchia e li raccolse con modestia? Per fortuna no. Le sue gambe, dritte come lance, non si mossero mentre si abbassava, dandomi una perfetta visione del suo culetto.
Perdendo completamente il sangue freddo, mi ritrovai a fissare il suo culo e le sue cosce esposte mentre si rialzava e consegnava il resto al cliente. Il mio cazzo sussultò nei pantaloni!
Il mio ammirare fu interrotto da un leggero pugno sul braccio da parte di Cristina. Scossi la testa e la guardai. Mi guardava incredula, come a dire: "…che cacchio stai fissando?!". Lei poteva anche essere di mentalità aperta, ma tutti hanno dei limiti, a quanto pare! Mio malgrado, avevo un enorme sorriso del cazzo sulla faccia. Un sorriso che diceva: «colpevole».
"Forse dovresti lavorare anche tu qui. Un paio di mosse così e ti garantisco che avrai più mance di lei!" cercai di sdrammatizzare, adulandola un po'.
Lei mi guardò male, ma ero abbastanza sicuro di essere fuori pericolo.
Rimanemmo in macchina per un po', gustandoci il cibo con calma. Quel posto ci piaceva perché ci dava la possibilità di osservare la gente tra una conversazione e l'altra, senza il fastidio e il rumore di un «vero» ristorante. Fu un bel godersela dopo una dura settimana di lavoro… e poi, diciamolo, le patatine erano buone.

Mentre stavamo finendo, sentii il bisogno di andare in bagno prima di tornare a casa. Il cesso si trovava dall'altra parte del ristorante, quindi dovetti fare una bella passeggiata attraverso tutte le auto. Mentre procedevo dritto verso la mia meta, mi accorsi che Alicia stava percorrendo il corridoio nella direzione opposta.
Ancora un po' paranoico per il timore che Cristina si arrabbiasse troppo, evitai di guardarla e tenni lo sguardo basso. Mentre ci avvicinavamo, i miei occhi si posarono sui suoi piedi e sui suoi polpacci, e ammirai di nuovo il suo aspetto con quelle calze. «È proprio sexy…», pensai.
"Attento a non calpestare niente…!" la sentii scherzare. Istintivamente alzai la testa e incrociai il suo sguardo. Era più bassa di me, ma aveva un sorriso sicuro sul viso che non lasciava dubbi sulla sua personalità. Sorrisi scioccamente e mi lasciai sfuggire una risatina. "Non vorrei che il mio cliente preferito si facesse male!", disse canticchiando mentre mi passava accanto.
Sì, vabbè, scommetto che lo diceva a tutti i ragazzi. Che problema c'era. Arrossii stupidamente per le attenzioni di una bella ragazzina e proseguii verso il bagno con un sorriso ebete sul viso, cercando di mascherarlo in qualche modo.

Così arrivai al cesso. Essendo un posto vintage, i servizi consistevano in un lato per le donne e uno per gli uomini. Spazioso, ma promiscuo! Feci ciò che dovevo e poi, mentre mi lavavo le mani, ammetto che stavo sognando ad occhi aperti Alicia. Mi guardai allo specchio, sospirai e ridacchiai. «Datti una controllata…» mi dissi.
Mentre aprivo la porta per uscire, notai qualcuno che aspettava pazientemente proprio lì fuori. Sobbalzai quando mi resi conto di chi si trattava. Mi dava le spalle, ma quando sentì la porta aprirsi, Alicia si girò verso di me con un sorrisetto malizioso. Prima che me ne rendessi conto, si intrufolo nell'area comune, facendo scivolare il suo corpo attraverso la porta parzialmente aperta. Feci un passo indietro, sconcertato. Una volta entrata, si chiuse la porta alle spalle con il piede e si appoggiò ad essa.
Teneva le mani dietro la schiena e aveva un'espressione di totale malizia, come se l'avesse appena sfangata dopo una marachella. Girò la testa di lato, come per ascoltare attraverso essa che nessuno l'avesse vista entrare; poi mi guardò. Si mordicchiava leggermente il labbro inferiore, con uno sguardo che era tutto un intento. Con le mani ancora strette dietro di sé, si sforzò di sporgere il petto in fuori, spingendo ancora di più i seni contro la camicia.
Ero intontito. Il mio primo pensiero fu che forse aveva fatto uno scherzo a un'altra cameriera e ora si stava nascondendo, o qualcosa del genere. Mentre i miei occhi vagavano sul suo corpo, il mio corpo formicolava di energia nervosa. «Cazzo, quanto, è bella…», pensai. Mentre tornavo a fissare le sue splendide gambe toniche, l'immagine di lei che si chinava davanti a me mi balenò dietro gli occhi. Sentii che cominciava a venirmi duro, ma allo stesso tempo mi ricordai di Cristina, e pensai che avrebbe anche potuto uscire dall'auto e venire a cercarmi. A quel punto cominciai a sentire imbarazzo per quella situazione.
Tutto questo, ovviamente, in pochi istanti.
"Ehm… ciao?" sbottai.
"Ciao". Il suo viso arrossì in un timido sorriso.
Aggrottai un po' le sopracciglia e sorrisi a mia volta.
"Credo che tu abbia sbagliato porta…".
"Penso che tu sappia che non è così", disse scuotendo la testa.
Sentii un groppo in gola. Improvvisamente la stanza mi sembrò molto piccola. Lei teneva le gambe erano unite, e spostava il peso strofinando le ginocchia l'una contro l'altra. Non mi resi nemmeno conto che stavo fissando di nuovo le sue gambe, e quando lo feci alzai gli occhi verso il suo viso. Dalla sua espressione capii che sapeva che la stavo guardando. Un piccolo senso di colpa mi attraversò, ma ero ancora dannatamente eccitato.
"Mi chiedevo quando finalmente avremmo avuto un po' di tempo per stare da soli…", disse timidamente.
Il mio cuore cominciò a battere forte. Ci stava provando con me? Questo tipo di cose non accadevano nella realtà, vero?
"Ahem, io… beh… cosa…?" balbettai.
Lei tirò fuori le mani da dietro la schiena e le stese ai lati, quasi con indifferenza.
"Oh, avanti, lo vedo come mi guardi ogni volta che vieni qui…".
Arrossii, e cercai di trattenere un sorriso colpevole. Lei si tirò le braccia sopra la testa, allungandole ora in alto. Questo ebbe l'effetto di far salire il bordo inferiore della magliettina, esponendo una buona parte del suo addome teso. Alla vista della sua pelle nuda deglutii con forza, e, mio malgrado, il mio sguardo fu nuovamente calamitato dal suo corpo.
Lasciò ricadere le braccia, ma la pancia rimase scoperta per via del tessuto stretch della sua magliettina. Con un'ultima occhiata ai suoi fianchi, e a quei pantaloncini minuscoli che mettevano in mostra più che le sue cosce, riportai lo sguardo in alto.
"Non preoccuparti, la tua ragazza non è qui per impedirti di guardare…", la sua voce era dolce, incoraggiante, un po' accondiscendente. Si mise a giocherellare con le dita sull'orlo dei pantaloncini, tracciando delicatamente la pelle delle gambe e tirando leggermente su la stoffa. "Che cosa ti piace di più di me?", chiese con innocenza.

A quel punto ero piuttosto nervoso. Quella sensuale ragazzina stava flirtando con me. Non capivo ancora cosa stesse succedendo. Per qualche motivo, forse i nervi, forse qualcos'altro, cercai di sdrammatizzare la situazione… flirtando a mia volta con lei.
"Beh… ehm… mi piacciono le tue calze…" sorrisi, cercando di sembrare disinvolto.
"Oh? Davvero?", fece lei, entusiasta. Cominciò a camminare verso di me. Istintivamente feci qualche passo indietro, ma la zona promiscua non era così grande, e mi ritrovai presto appoggiato al lavandino. "E cosa ti piace di loro?", mi chiese.
Ora era proprio di fronte a me. Mi sentivo la bocca asciutta e cominciavo a chiedermi dove sarebbe andata a finire. Sollevò una gamba, poggiando il collo del piede dietro l'altra coscia, e fece scorrere la mano lungo la gamba sollevata.
"Allora? Dimmi…", insistette.
"Ehm… non so, non…". Trascinai lo sguardo lungo la sua coscia, ora così vicina a me. Lei continuava a tracciare con disinvoltura le dita su di essa, sembrava così morbida e perfettamente liscia. "Sono… uh… carine, credo…".
"Mmmm…", canticchiò lei, "…lo penso anch'io. Ma solo carine?". In qualche modo la sua domanda mi spinse a guardarla dritto negli occhi. I suoi occhi mi trapassarono mentre aggiungeva: "O sono anche sexy?".
Risi nervosamente per la sua audacia..
"Sì, anche quello…" risposi, cercando di non darla a vedere.
"Mi fa piacere che tu lo pensi. Le ho indossate per te…! Vieni sempre di venerdì…".
Il cuore mi batteva nella gola e fui improvvisamente conscio della mia crescente erezione. Guardai la porta, e capii che dovevo assolutamente uscire da lì. Nessun uomo ci mette così tanto a pisciare. Ma lei, come se si fosse accorta della mia crescente ansia, afferrò una delle mie mani e la guidò verso la sua gamba appoggiata.
Inspirai violentemente e spalancai gli occhi.
"Cosa… cosa stai…?".
Nonostante la mia riluttanza, la mia mano fece di testa sua. Non solo non si allontanò, ma accarezzò con delicatezza quella gamba perfetta. Le sue palpebre sbatterono un po', e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro al mio tocco. La mia erezione crebbe.
"Io… davvero… devo proprio andare adesso…".
"Sshhh…", mi sorrise. Si avvicinò con la testa. Una parte di me cercò di allontanarsi, ma non c'era più spazio per indietreggiare. Per un breve istante pensai che volesse provare a baciarmi, ma all'ultimo momento spostò le labbra sul mio orecchio e sussurrò dolcemente: "Lei non deve per forza saperlo…".
La mia mente era combattuta. Una parte gridava: «Usciamo da questo cazzo di posto…!»; l'altra metà gridava: «Ti prego, fa' che mi scopi adesso…».

Le stavo massaggiando la parte inferiore della coscia, avvicinandomi inconsciamente al suo culo. Da parte sua, lei spingeva delicatamente i fianchi in avanti, agevolandomi nel farlo. Chiusi gli occhi e respirai a fondo, cercando di riprendere il controllo di me stesso. Proprio quando sentii che un po' di determinazione mi stava tornando, sentii una netta pressione contro il mio cazzo duro e impetuoso.
"Cristo…!" grugnii, aprendo gli occhi di scatto e guardando, in basso, la sua mano che iniziava a massaggiare la mia erezione attraverso i pantaloni.
"No, non è lui…", fece le fusa, "…è Alicia".
"A…Alicia, io… io non posso farlo. Ho… ehm… ho una ragazza!".
Finalmente riuscii a togliere la mano dalla sua gamba. Con l'altra mano le afferrai il polso e la staccai dal mio pacco. Lei fece un piccolo broncio.
"Non vuoi?".
Le poggiai le mani sui fianchi per spingerla indietro, ma temendo di afferrarla troppo forte, le mie mani scivolarono un po' più su sul suo corpo, scivolando sotto i bordi della sua magliettina. Mi ritrovai a stringere quelle curve sexy nel punto dove l'addome di una ragazza si flette verso l'interno.
Per un breve secondo vacillai, e il mio desiderio per il suo corpo ebbe la meglio sui miei sensi. Lei se ne accorse e fece scivolare il suo corpo verso il mio. Le mie mani percorsero la circonferenza dei suoi fianchi e poi salirono sulla sua schiena. Alicia spinse il suo pube contro il mio, esercitando una maggiore pressione sul mio cazzo fremente. Le sue mani trovarono la strada per il mio sedere e si aggrapparono a me, tirandomi ancora di più contro di lei. Sentii il dolce suono di un gemito di una ragazza che si insinuava tra le sue labbra.
Sapevo che non era giusto, che non avrei dovuto desiderarlo. Ma l'incredibile sensazione di quel corpo così giovane e sensuale, che spingeva avidamente contro di me era sufficiente a far ricredere qualsiasi uomo sulla sua morale. Il mio uccello era ora stimolato da qualsiasi sfregamento del suo addome attraverso i miei pantaloni, facendo tremare il mio corpo. Lei lo sentì e strofinò i suoi fianchi contro di me con piccole spinte, per stuzzicarmi di più. Nonostante le mie migliori intenzioni, mi sentii spingere di nuovo dentro di lei.
La ragione mi aveva ormai quasi del tutto abbandonato mentre continuavo a stringerla, con le mani e le braccia ancora appoggiate sulla sua schiena. Lei inclinò la testa verso il basso, e sentii il suo respiro caldo sul mio petto. Inspirai il dolce profumo dei suoi capelli, che mi inebriò brevemente, e poi emisi un gemito sommesso quando sentii la sua lingua calda percorrere la base del mio collo e terminare con un lento bacio sulla mia mascella.
«No! Fermati…!", una parte disperata di me cercò di fare un altro sforzo per fermare le cose.
Lei tirò su la testa e mi fissò negli occhi, con un bagliore vittorioso.
"No…", le sue labbra si imbronciarono, "…non mi fermo…".

Si allontanò un po' da me e fece scivolare le mani dal mio sedere fino alla parte anteriore dei miei jeans. Le sue dita iniziarono a manovrare abilmente sulla mia cintura. Non avevo modo di nascondere l'evidente bozzo sulla mia patta e, a dire il vero, morivo dalla voglia di liberare l'uccello in gabbia. Rimasi a bocca aperta, apparentemente impotente, mentre le sue mani mi slacciavano la cintura e mi passavano sulla patta. Poiché era sbilanciiata all'indietro, la sua magliettina continuava a salire, esponendo il suo pancino piatto delizioso. I suoi pantaloncini si erano abbassati di poco, mettendo in mostra il suo basso ventre come mai prima di allora. Erano così bassi, così allettanti…

Non mi ero nemmeno accorto, nel mio guardare lussurioso, che una delle mie mani aveva trovato la strada per il suo culo, stringendole delicatamente il sedere sodo e stretto. Il bottone dei miei jeans era ormai slacciato, e lei spinse una mano sul mio addome sotto la camicia, esponendo quasi completamente la mia regione pelvica. Soffro il solletico in quel punto, e di solito avrei riso al tocco, ma in quel momento mi procurava solo scosse di piacere tra le gambe.
La mia cerniera era calata. L'altra mano di lei afferrò la vita dei miei jeans e dei boxer sul davanti e iniziò a tirarli giù lentamente. Entrambi guardavamo al mio pube, aspettando che il cazzo uscisse di fuori… e non so chi dei due desiderasse di più che accadesse. Avveniva tutto così di fretta che i miei pensieri avevano a malapena il tempo di formarsi, prima di essere subito sopraffatti dall'istinto e dalla lussuria.
I miei peli pubici vennero allo scoperto, e poi la base della mia erezione. Puntava verso il basso, e la sensazione dei miei vestiti che vi sfregavano contro era elettrizzante. Chiusi gli occhi, provando la sensazione di superare il punto di non ritorno…

Poi sentii la porta.
Qualcuno stava tentando di aprirla dall'esterno. Quasi schizzai fuori dalla mia pelle, rendendomi conto che Alicia non l'aveva chiusa a chiave dopo essersi intrufolata. Smise di tirarmi giù i vestiti e, con gli occhi spalancati, si girò e impedì che la porta si aprisse per più di qualche centimetro.
In quel momento mi tornarono i sensi. Mi scossi, tirai su i pantaloni fino alla vita e cominciai freneticamente a rimettermi in ordine.
"Scusate! Sto solo…", una breve pausa, "…sto pulendo i servizi. C'è stato un incidente…". La voce di Alicia era sorridente e civettuola, mentre rispondeva a chi era dall'altra parte della porta. La cosa le riuscì così naturale da coprire completamente l'imbarazzo che provava con quella scusa imbarazzante. Sentii una voce maschile dall'altra parte che si scusava velocemente e si allontanava. Per qualche motivo, una parte di me temeva che fosse Cristina a piombare su di noi. Sospirai di sollievo.
Alicia chiuse la porta e si girò. Aveva un luccichio selvaggio negli occhi, qualcosa che indicava che non aveva intenzione di desistere. Ma proprio in quel momento potei scorgere un leggero senso di delusione sul suo volto. Si rese conto che ero di nuovo completamente vestito e che stavo pensando almeno un po' lucidamente.
"Oooohh…", disse, imbronciata, "…cosa hai fatto?". Cercò di fare la faccia da «povera piccola me», sporgendo il labbro inferiore. Allo stesso tempo, però, si tirò su la maglietta fin sotto il seno, in modo apparentemente innocente, ma sapendo bene che ormai adoravo vedere il lungo tratto del suo addome piatto e definito. Per un attimo pensai di essermi liberato della mia erezione, ma sentii che cominciava a farsi di nuovo duro.
"Non posso… non posso farlo… cioè, sono… ahem… lusingato, ma… sai, io…" stavo praticamente balbettando. Mi avvicinai a lei nel tentativo di allontanarla dalla porta, ma lei non si mosse; anzi vi si appoggiò il più possibile e allargò le gambe come se volesse sbarrarla con il suo corpo. Aveva un sorrisetto maligno mentre lo faceva, come se mi sfidasse a cercare di spostarla.

Avevo paura di toccare il suo corpo, per il semplice motivo che avrei potuto innescare di nuovo la mia lussuria. Tuttavia, misi timidamente le mani sulla sua vita, facendo attenzione a toccare solo i pantaloncini e non la pelle, e cercai di tirarla verso il lato della porta. Lei rispose avvolgendomi le braccia intorno al collo e premendo il suo corpo contro il mio, come se si fosse lanciata in un abbraccio.
Sentii il suo corpo spingere consapevolmente contro il mio cazzo, che urlava di nuovo per attirare l'attenzione.
"Vuoi che ti implori…?" la sentii mormorare con una voce da bambina.
«Cazzo…!» pensai. Non so perché, ma era così fottutamente sexy. Per un attimo mi sentii davvero le ginocchia deboli. Ma ero così vicino alla porta, e l'urgenza di fuggire era ancora nella mia mente.
"No… ehm… solo… ti prego, non posso…".
Riuscii a spingerla via dal mio corpo, anche se le sue mani scesero e afferrarono giocosamente la vita dei miei pantaloni. Completamente disperato, e senza pensare a come sarebbe potuto apparire, afferrai la maniglia della porta e la strattonai, facendola aprire. Per fortuna, alla fine Alicia mi lasciò andare.
Non mi voltai nemmeno per vedere l'espressione sul suo viso.

Non appena uscii dalla porta, la chiusi dietro di me. Feci un respiro profondo e iniziai a camminare lungo il corridoio di auto, per tornare da Cristina. Il mio viso era rosso come una barbabietola; non potevo fare a meno di pensare che tutti sapessero che ero lì dentro con una cameriera. Rendendomi conto di avere ancora i resti di un'intensa erezione, mi infilai le mani in tasca per cercare di mascherarla.
Finalmente raggiunsi la mia auto e mi infilai dentro. Cristina mi guardava un po' dubbiosa.
"Ti eri perso?", mi chiese.
I miei occhi si affacciarono freneticamente da tutte le finestre, per assicurarsi che non si potesse vedere il bagno da dove avevamo parcheggiato. Una volta capito di no, tirai un piccolo sospiro di sollievo.
"Ehm… lo stavano pulendo quando sono arrivato" ridacchiai, cercando di sembrare naturale.
"Che schifo…!" ridacchiò lei.
«Fiiuuu… se l'è bevuta!», pensai. Per un attimo credetti che fosse tutto finito… poi però mi venne in mente che non avevamo ancora pagato il conto! Cosa avrebbe detto Alicia, quando fosse venuta? Cristina cercava di raccontarmi qualcosa, ma non riuscivo a prestare attenzione per i miei nervi tesi.

Alla fine vidi Alicia percorrere il corridoio, venendo verso di noi con una banconota in mano. La guardai sotto una luce completamente diversa: prima era solo una bella ragazza, ma ora vedevo solo una ninfetta spumeggiante che cercava di farmi capitolare. 'Fanculo, questo la rendeva ancora più sexy.
Si avvicinò al mio finestrino e per fortuna si comportò in modo del tutto naturale. Le porsi senza dire nulla la mia carta di credito, forzando un sorriso ma pregandola con gli occhi di tenere la bocca chiusa. Si allontanata brevemente verso una cassa per controllare la carta, poi tornò con lo scontrino. Me lo porse con una penna perché lo firmassi.
Quando lo presi, deglutii mentre leggevo il conto. Nella riga dove normalmente si scrive la mancia, lei aveva scritto: «Pensami stasera», seguito da un cuoricino. Sentii il mio viso arrossire… scribacchiai la mia firma il più velocemente possibile, riconsegnando la ricevuta e pregando che Cristina non cercasse di guardarla.
Lei lo prese con un sorriso e ci disse di passare una bella serata. Mentre lo diceva, accennò a un occhiolino. Appena lo vidi, sentii il mio cazzo agitarsi di nuovo. La ringraziai, accesi la macchina e me ne andai via da lì.


II

Quella notte io e Cristina facemmo l'amore. Fu dannatamente piacevole, ma sapete qual è il problema? Che per tutto il tempo pensai ad Alicia. Avevo cercato di togliermela dalla testa per tutta la sera, ma fu impossibile. Le immagini del suo corpo erano impresse a fuoco nella mia mente; mi bastava anche solo sbattere le palpebre.
A letto con Cristina, eravamo con le luci spente. Chiusi comunque gli occhi. Feci scorrere le mani su tutto il suo corpo, ma nella mia mente era quello di Alicia. Cercai di immaginare ogni sua curva che avevo visto e sentito. Certo, mi sentivo in colpa per questo. Voglio dire, non era la prima volta che pensavo a qualcun altro; chi non l'ha mai fatto? Ma questa volta per me era diverso. Era più reale.
Quel che è peggio è che ho fantasticato sul fatto di cedere. Prima ho immaginato che non fossimo mai stati interrotti e che lei mi tirasse fuori l'uccello e mi facesse una sega finché non fossi venuto… poi ho immaginato che fossimo stati interrotti, ma che io non ritornassi lucido tanto da smettere… ho pensato al suo corpicino delizioso, girato di spalle, mentre faceva la stronza con quel cliente. Cosa avrei fatto per calarmi i pantaloni e avvicinarmi a lei, tenendola contro la porta e spingendomi contro quel culetto tondo e sodo?!
Tutte queste immagini e altre ancora mi passavano per la mente mentre scopavo la mia ragazza con passione. Quando finalmente venni, mi ricordai del suo biglietto sulla ricevuta, quel «pensami…», ed ebbi un orgasmo incredibile, ma colpevole.

La mattina dopo, mentre ero sotto la doccia, non potei fare a meno di rivivere gli eventi nella mia mente. Non ci volle molto prima che fossi estremamente eccitato, e dovetti sfogarmi proprio lì. Ad un certo punto Cristina aprì la porta del bagno e mi chiese se stavo bene, perché ci stavo mettendo tanto. Mi sentivo in imbarazzo per il mio comportamento, ma non riuscivo comunque a fermarmi.

Alicia fu una mia fantasia costante per i 10 giorni successivi. Nonostante ciò, giurai che non mi sarei più recato in quel ristorante, se avessi potuto evitarlo. Anche se la parte più depravata di me desiderava ardentemente rivederla, per scoprire se avrebbe cercato di sedurmi ancora una volta (…e cavolo, se era allettante!), sapevo che era una pessima idea. Nonostante le mie fantasie, mi resi conto di essere fortunato ad averla sfangata.
All'inizio cercai di razionalizzare il fatto che fosse stata Alicia ad averci provato con me. Io ero la vittima! Ma in fondo dovetti ammettere a me stesso che mi piaceva, che ero così vicino a cedere. E anche se non l'avevo fatto, non ero più sicuro della mia fedeltà.
In ogni caso, ero deciso a cancellare la cosa come un sogno erotico, e ad andare avanti con la mia vita.
Lei, però, aveva altri piani.

Ero al lavoro e stavo al mio computer. Nell'angolo dello schermo si illuminò l'icona di «nuova mail». Ci cliccai sopra. «MI SEI MANCATO LO SCORSO FINE SETTIMANA» era l'oggetto… ma cos'era? La mia prima reazione fu quella di pensare che potesse trattarsi di spam, ma praticamente nessuna di queste cose aveva mai superato i filtri, così cliccai.
«MI SEI MANCATO LO SCORSO FINE SETTIMANA. AVEVO ANCHE INDOSSATO DI NUOVO LE MIE CALZE PER TE. BACI».
Oh, merda. Veniva da lei. E nel corpo del messaggio c'erano anche delle foto. Non sapevo se le avesse scattate con uno smartphone, una webcam o cosa. La prima la ritraeva con lo stesso abbigliamento che aveva indosso quel giorno, hot pants ridottissimi e calze lunghe. Aveva una posa molto femminile, con le mani dietro la schiena e gambe ripiegate in posa timida. Scorsi verso il basso. La stessa cosa, ma ora le mani erano allungate verso l'alto, esponendo la pancia.
Scorsi. Ora era rivolta verso la telecamera e si tirava su la maglietta, che era quasi completamente sfilata. Il mio cazzo cominciava a gonfiarsi. Immagine successiva: non aveva più la maglietta, era senza reggiseno, con il fianco rivolto verso la macchina fotografica; un braccio era drappeggiato sul petto per coprire le tette; la testa era girata in modo che potessi vederla sorridere in modo seducente verso di me.

Il mio telefono squillò. Feci un salto sulla sedia per lo spavento. Senza pensarci, cancellai subito la mail. Mi sudavano le mani, e immaginai che dall'altra parte del filo ci fosse il mio capo che stava per licenziarmi per aver scaricato foto di porno adolescenti al lavoro. Ho risposto alla chiamata, e… non era niente, solo un collega che faceva domande senza senso.
Dopo aver riattaccato, rimasi seduto alla scrivania per un paio di minuti, respirando affannosamente. Come diavolo aveva fatto ad avere il mio indirizzo e-mail? Chi diavolo si credeva di essere, per mandare quella roba lì? E poi quante foto aveva allegato? Cosa avrei potuto vedere se avessi continuato a scorrere…? Perché avevo dovuto cancellarla così in fretta? Forse avrei potuto salvare quelle foto, prima…
Cercai di controllarmi.

Nel tentativo di schiarirmi le idee, mi rimisi al lavoro. Per un po', però, fu una causa persa: la mia mente ovviamente correva e, a dire il vero, sbandava pure! Forse passò un'ora prima che riuscissi a togliermi il pensiero, quando mi arrivò un'altra mail. Il cuore mi sobbalzò in gola.
«CIAO BELLO, HAI RICEVUTO LE MIE FOTO?» era l'oggetto questa volta. Scorsi il messaggio; nessuna immagine (con mio sollievo e… sì, anche delusione). Il messaggio non diceva molto, qualche «ti ho pensato», cose così. In realtà voleva solo che le rispondessi. Alla fine aveva aggiunto il suo numero di telefono. Lo ricopiai e cancellai la mail.
Per quanto fossi eccitato, stavo impazzendo all'idea che accadesse sul lavoro. Foto, e poi messaggi con un linguaggio allusivo. Se qualcuno avesse applicato filtri per il linguaggio equivoco, o sorvegliato le mail dei dipendenti, avrei potuto essere nella merda! Forse ero paranoico. Diavolo, so di esserlo. Ma non ci sono abituato.

Decisi di chiamarla e di farle sapere con fermezza che non sarebbe successo nulla tra noi. Mi sentivo particolarmente incoraggiato dal fatto che sarebbe stato per telefono e che non avrebbe potuto usare le sue malizie per cercare di affascinarmi di persona.
Volendo un po' di privacy, uscii nel parcheggio e la chiamai al cellulare.
"Pronto?" rispose la sua voce.
"Ciao, parlo con… Alicia?". Fantastico, mi resi conto di sentirmi come un ragazzetto impacciato.
"Oh, mi hai chiamato!" la sentii cinguettare felice.
"Sì, ehm… senti… devi… ehm… non puoi mandarmi email…".
"Perché no?".
"Cosa? Cioè, come hai fatto a trovarla…".
"Ho solo googlato il tuo nome", disse con estrema semplicità. Per un attimo rimasi sconcertato da come facesse a conoscere il mio nome completo, poi però mi resi conto che doveva aveva visto un sacco di volte sul mio bancomat.
"Okay… sono lusingato e tutto il resto, ma questa storia deve finire".
"Perché? Non ti sono piaciute le foto?".
"Sì, ma… ehm…". Cazzo! Non potevo credere di aver detto un sì.
"Ooh! Qual era la tua preferita?".
"Le ho cancellate. Non posso guardare quella roba al lavoro!" sospirai.
"Ah, però volevi…".
Non stava andando bene come avevo previsto.
"Alicia, non può andare avanti così… voglio dire, questa cosa non può andare da nessuna parte…".
"Perché no? Non sei attratto da me?", fece il broncio.
"Ma no! È ovvio che sei sexy, non c'è niente di male. Ho un…".
"Allora qual è il problema?", mi interruppe. "Sembravi piuttosto interessato, in quel bagno. L'ho sentito, sai?!", lei ridacchiò un po'.
"È stato…". Ora stavo vacillando completamente.
"Ho visto il modo in cui guardavi il mio corpo. Le mie gambe… il mio pancino… sai che c'è molto altro da vedere per te…?".
"Io… io non posso…".
"E ho sentito come mi toccavi… mmmm, ci ho pensato. Il modo in cui mi strofinavi la coscia, e come mi hai stretto il culo… ooohh…".
Sentirla parlare così me lo faceva diventare fottutamente duro. Non era nemmeno davanti a me, e mi sentivo come se mi stesse incantando di nuovo. E non mollava.
"C'è anche molto di me da toccare, poi… e voglio assolutamente finire quello che ho iniziato. Mmmm… ci ho pensato molto. È stato così stuzzicante… ne ho visto solo un po', ma ho capito che era così duro! Dimmi… ce l'hai duro in questo momento?".
«Cazzo, sì che lo è!», urlò la mia mente.
"Uhm… oh, santo cielo, cosa posso… ehm… dire per convincerti…?".
"Hai pensato a me quella notte?", interloquì all'improvviso.
"Cosa?!" esclamai, sapendo benissimo cosa intendeva.
La sentii ansimare al telefono.
"Ooohh… lo hai fatto, vero? Ti sei… toccato mentre pensavi a me?".
"Uh…? NO!" esclamai. La situazione era completamente fuori controllo.
"E allora cosa… ODDÌO! Stavi scopando con la tua ragazza e hai pensato a me?!". Mi accorsi che stava fremendo per l'eccitazione.
"Alicia, io… ho chiamato solo per dirti…".
"Dio, è così eccitante. Non stai nemmeno cercando di negarlo!" ignorandomi completamente, continuò.
Ero completamente agitato.
"NO! Io… senti, è finita! Cioè, non è mai iniziata!" esclamai.
"Non so perché ti agiti tanto… voglio solo farti stare bene…".
"Beh, non puoi!".
Lei sospirò al telefono e ci fu una breve pausa.
"Allora, non vuoi più toccarmi?".
Finalmente stavo riprendendomi un po'! "No!", dissi.
"Non vuoi finire quello che abbiamo iniziato?", canticchiò.
"No!".
"Oooohh… sono così… delusa! Comunque hai il mio numero, se cambi idea".
"Io… io non… Alicia, non succederà".
Mi ignorò completamente. "Pensa ancora a me, stasera…!" fece le fusa.
Prima che potessi dire qualcos'altro, sentii il »clic« di fine conversazione.
Agitato fino al midollo, rimasi lì nel parcheggio, con il cuore impazzito. Mi sentii un completo idiota per averle permesso di condurre la conversazione in quel modo. Ma dannazione, il modo in cui mi parlava… ero dannatamamente certo di avere una furiosa erezione, come del resto per tutta la durata della conversazione.

Mi infilai le mani in tasca e decisi di fare una passeggiata intorno allo stabile, per cercare di rilassarmi. Fu inutile. Per tutto il tempo pensai ad Alicia. Cercai di ricordare il contenuto di quelle foto. Ripetei più volte mentalmente la nostra conversazione. Il suono della sua vocina giovane, adolescente e dannatamente sensuale… che mi stuzzicava… cazzo!
Mi resi conto che me lo stavo accarezzando da dentro le tasche.
Feci un respiro profondo, scossi la testa e cercai di pensare a una montagna di scartoffie noiose per calmarmi. Rientrando nell'edificio (con le mani ancora «casualmente» in tasca), tornai nel mio ufficio e cercai di rimettermi al lavoro.
Ma non c'era speranza.
Il corpo e la voce di Alicia dominavano la mia mente. Ero pieno di nervosismo. Andai in bagno… bene, non c'era nessuno. Mi infilai in un box e, per la prima volta in vita mia, mi masturbai disperatamente in un luogo pubblico. Tutto sembrava così sbagliato: che lo facessi al lavoro, che stessi pensando a un'altra e non alla mia ragazza… che pensassi a una ragazzina che praticamente mi implorava di farmi.
Chiusi gli occhi e immaginai di cedere alla sua seduzione. Quanto avrei voluto cedere a quella giovane tentatrice proprio in quel momento… oh cazzo, prima di rendermene conto, stavo sborrando con forza. In realtà gemetti un po' ad alta voce.
Quando mi calmai, il mio viso arrossì per la vergogna e l'imbarazzo.
Ma almeno avevo smaltito la tensione.

Riuscii a essere moderatamente produttivo per il resto della giornata. Ma ogni volta che ricevevo una mail, ogni volta che il mio telefono squillava, il cuore mi sobbalzava. Temevo, o per certi versi speravo, che fosse Alicia a tormentarmi di nuovo. Eppure non fece nessun altro tentativo di contattarmi. Mi chiesi se fossi riuscito a farmi capire da lei.
Ogni speranza di scacciarla dalla mia mente, però, fu inutile. Ancora una volta mi aveva detto di pensare a lei. Sapevo che quella notte l'avrei fatto.


III

Quel fine settimana, Cristina propose di andare a mangiare un hamburger al solito posto. Ebbi abbastanza buon senso da dire di no, nonostante le mie fantasie proibite di dare ad Alicia un'altra opportunità di sedurmi. Nonostante i miei tentativi di tenermi lontano dai guai, la settimana successiva mi ci ritrovai dentro.
Alicia non aveva più tentato di ricontattarmi, e per un po' pensai che si fosse arresa. Riuscii persino a passare quasi un'intera giornata di lavoro senza che la mia immaginazione andasse alla ricerca della sua immagine.
Stavo uscendo dall'ufficio e mi stavo dirigendo verso il parcheggio, quando sentii una voce familiare. Sì, la stessa che aveva tormentato le mie fantasie.
"Che bello vederti qui!".
Mi fermai di botto e mi girai. Sì, era lei. Ed era lì! Indossava un paio di jeans attillati a vita bassa che le aderivano perfettamente ai fianchi, e una canottiera che non scendeva troppo. Mostrava così tanto la parte inferiore dell'ombelico che mi chiesi se fosse completamente depilata di sotto. Riuscii a risalire lungo il suo corpo sodo e a incontrare il suo sguardo sorridente.
"Niente hamburger lo scorso fine settimana?", si accigliò un po'.
Soppressi un sorriso colpevole e mi allontanai rapidamente da lei, facendo del mio meglio per concentrarmi sulla mia auto.
"Devo andare…" provai a dirle.
Lei trotterellò per cercare di tenere il mio passo mentre mi allontanavo da lei.
"Oh… che fretta c'è?".
"Senti, te l'ho già detto. Io… non sono disponibile", dissi continuando a camminare.
"Solo un secondo! Voglio solo mostrarti una cosa…", mi supplicò dietro.
«Mostrarmi cosa? Un altro po' del tuo bel corpicino?», irruppe la mia mente.
"Non mi interessa…!". Ancora un po'… ero quasi arrivato alla macchina.
Poi lo sentii. Era un po' confuso, ma capii subito di cosa si trattava.
"«Dacci un taglio! Ovviamente sei sexy…»". Cazzo! La troietta aveva registrato la nostra conversazione. Smisi di camminare, ma non mi voltai. Improvvisamente il cuore mi batteva nelle tempie. Cercavo disperatamente di ricordare cosa le avevo detto al telefono. Avevo detto qualcosa di stupido? Di compromettente? Qualcosa che mi avrebbe messo nei guai? Ricordo solo che era lei a dominare la conversazione…

Si mise davanti a me con noncuranza, con un'espressione presuntuosa sul suo bel viso. Teneva in mano un piccolo registratore che riproduceva segmenti della nostra conversazione; solo le parti che mi facevano sembrare uno stronzo arrapato. Dopo un minuto lo spense. Lei sbattè le palpebre.
"Cosa… cosa vuoi da me?".
"Voglio solo parlarti", disse dolcemente.
"Beh, stiamo… ehm… stiamo parlando adesso…".
Mise le mani sui fianchi e mi lanciò uno sguardo indignato. Deglutii a fatica perché quella sua posa mi costringeva a guardarle la vita, e a vedere la pelle morbida e liscia che veniva messa in mostra.
"Non intendevo in un parcheggio!".
Sgranai gli occhi.
"Beh, non c'è nessun altro posto qui… e non andremo nel mio ufficio!".
"Che ne dici di casa mia?", le brillarono gli occhi.
«Oddio, sì, cazzo!», la mia mente era euforica, ma la mia razionalità ebbe subito il sopravvento.
"Ehm… n…no", balbettai.
Lei sollevò di nuovo il registratore.
Stavo per fare un'obiezione, ma lei mi interruppe.
"Okay, allora che ne dici di accompagnarmi a casa? Non è poi così lontano… possiamo parlare durante il tragitto e, una volta arrivati, cancellerò la registrazione. Niente trucchi!" sorrise.
Ora, non sapevo se avrebbe davvero cercato di far sentire a Cristina quella registrazione in qualche modo. E anche in quel caso, non sapevo se sarei stato necessariamente incriminato. Col senno di poi, probabilmente avrei potuto cavarmela meglio in questa situazione. Ma in quel momento ero in preda al panico; e pensare chiaramente non era nelle mie corde.
Accettai con riluttanza.

Una volta entrati in macchina, lei si mise di nuovo in moto.
"Oh, non sono mai stata in questa macchina prima d'ora. L'ho vista solo da fuori! Allora è così che ci si sente ad essere la tua ragazza…". La sua voce era innocente ma tagliente; sapeva che mi stava prendendo in giro.
"Tu… ehm… non sei la mia ragazza" risposi categoricamente.
Fece un piccolo broncio e si sedette a gambe incrociate sul sedile. Facevo fatica a tenere gli occhi sulla strada, cercando di osservare le sue gambe che si spostavano in posizione. «Mmmm, è flessibile…» non potei fare a meno di pensare.
"È proprio questo il punto. Tutto quello che voglio è un po' di divertimento…" disse, tirando fuori la parola «divertimento» il più timidamente possibile, "…senza che nessuno lo sappia… come una piccola avventura!".
I miei palmi erano già sudati mentre stringevo il volante. Cercavo di concentrarmi sull'incazzatura nei confronti di quella ragazza, ma il mio ego non poteva fare a meno di amare le proposte che riceveva da quella creatura così giovane e sensuale. «Non fartelo venire duro…», continuavo a ripetermi.
"Non ho intenzione di… di… tradirla".
"Gira a sinistra qui", mi disse. "Inoltre, non sei sposato o altro. Forse le piacerebbe anche!".
"Non succederà…". Cercai di tenere lo sguardo rivolto in avanti. «Non guardare quel suo sorriso delizioso…» pensai tra me e me.
"È così triste quando la gente è così… possessiva!". Lei emise un lungo sospiro. "Voglio dire, è ovvio che tu lo voglia! Lo voglio anch'io! Qual è il problema?".
Scossi la testa.

"Al prossimo semaforo". Allungò la mano sinistra e iniziò a giocherellare con la radio. Non ci pensai più di tanto, finché non abbassò la mano e mi finì sulla coscia. Al tocco, sobbalzai sul sedile e lei si strinse un po' e mi massaggiò la gamba come per calmarmi.
"Rilassati…!", disse ridacchiando.
Il mio cazzo era semi-rigido, ma non così eretto che lei potesse vederlo. Il suo tocco improvviso, però, lo rese immediatamente evidente. Tenendo una mano sul volante, cercai di allontanare il suo braccio, ma era troppo tardi.
"Ooohh! Eccolo!" squittì di gioia, allungando immediatamente l'altra mano per toccare la mia erezione attraverso i pantaloni. Si mosse così rapidamente che non riuscii a fermarla. La sensazione di lei che mi stringeva l'uccello mi fece contorcere sulla sedia, per il disagio e per il piacere; era tutto ciò che potevo fare per mantenere la compostezza e rimanere nella mia corsia.
"S…smettila!" sbottai. Lei allontanò le mani, fingendo rimorso, ma si mordeva il labbro inferiore e sbatteva gli occhi come per dire: «ti ho in pugno, e ti è piaciuto».
"È proprio qui sopra…!", indicò. Era un piccolo complesso di appartamenti.
Finalmente la tortura era finita! Mi indicò la strada per il suo palazzo e io parcheggiai. Il mio cazzo si era un po' calmato, ma non di molto. Mi girai verso di lei e le allungai la mano.
"Okay, ti ho accompagnata fin qui", dissi, come per farle capire che avevo rispettato la mia parte dell'accordo.
Lei prese il registratore dalla borsa e cancellò il file, mostrandomelo mentre lo faceva.
"Vedi? Puoi fidarti di me!".
"Uh huh", mi sentii sollevato.
"Allora, vuoi entrare?", cinguettò raggiante.
"Ehm, no…".
Lei si accigliò.
"Bene, ci ho provato…!". Aprì la porta e iniziò a scendere. "A proposito, ho una piccola confessione…".
"Ah sì? Cosa?" dissi mentre continuavo a pensare: «Fatti forza e vattene».
"Beh… ho ancora una copia del file…", mi disse, mordicchiandosi il labro inferiore mentre chiudeva la portiera.
Cazzo!
"Cosa? Ehi, aspetta!" gridai. Lei mi ignorava e si avvicinava alla porta. Scesi dalla macchina e la chiamai di nuovo. "Cosa stai cercando di fare?".
Lei si girò e abbassò la testa, alzando gli occhi per fissarmi.
"Niente! Se vuoi che cancelli l'altra copia, entra e fallo da solo!". Si girò di nuovo e cominciò a camminare, a passi lenti e tranquilli che accentuava ondeggiando il sedere da una parte all'altra.
La rabbia cominciò a ribollire dentro di me.
"E se non lo faccio?".
"Allora chissà chi potrebbe sentirla «per sbaglio»…", rispose con leggerezza, senza nemmeno guardarmi in faccia.

Aprì la porta e scivolò dentro. Accostò la porta, ma non tanto da chiuderla del tutto. Mi stava praticamente facendo capire che voleva che entrassi. Rimasi lì per un momento, con il cuore che batteva all'impazzata. Tutto mi gridava di andare via da lì. Avrei potuto spiegare tutto questo a Cristina in qualche modo… forse… o forse no.
Dovevo prendere quel file. Stavo entrando solo per farlo. Senza secondi fini. Non per vedere la sua stanza. Non per vedere il suo corpo. Non per cedere a quello che prometteva di essere sesso esplosivo e sconvolgente. Feci un respiro profondo ed entrai nel suo appartamento.


IV

Chiusi la porta dietro di me. La sua casa sembrava piuttosto piccola. Non la vidi da nessuna parte, ma sentii la sua voce da quella che sono sicuro fosse la camera da letto. "Hai cambiato idea?". Il modo in cui lo disse mi fece capire che non era una vera e propria domanda.
Parlai dall'ingresso, temendo di andare oltre.
"Senti, io… voglio solo il… ehm… il file. Suvvia, io… voglio dire…". All'improvviso mi sentivo molto accaldato. I miei occhi si muovevano dappertutto, nella vana speranza di avere qualche indizio su dove potesse essere. Non c'era.
"Sono qui dentro!", canticchiò.
Un brivido involontario attraversò il mio corpo. Ero così fottutamente nervoso. Mi avvicinai timidamente alla porta e sbirciai dentro. La sua stanza non era molto grande. Aveva solo una piccola porta-finestra, sulla quale aveva tirato le tende, per cui dall'esterno non si vedeva nulla. C'erano un paio di lampade a lava nella stanza, che davano una luce tenue e colorata.
"Alicia, io… noi… ehm… non faremo nulla. Te l'ho detto…".
Si avvicinò alla porta e mi afferrò il polso, tirandomi nella stanza. Chiuse la porta con un calcio dietro di noi, interrompendo la luce proveniente dal resto dell'appartamento. Solo quella delle lampade illuminava la stanza.
"Non sono qui per costringerti a fare qualcosa", mi disse facendo le fusa. Stronzate.
"Ahem… non sono esattamente qui per… ehm… per mia scelta".
Tirò fuori la sedia dalla scrivania dove era il suo computer. Notai una webcam, e mi resi conto che era lì che doveva aver scattato quelle foto… lei intanto puntò un dito contro di me e mi spinse sulla sedia.
"Non faremo nulla che tu non voglia. Voglio solo… mostrarti cosa ti stai perdendo…".
Boccheggiai.

Si allontanò dalla sedia e accese lo stereo. Il volume era piuttosto basso, ma si capiva che era una canzone sexy. Poi i suoi fianchi cominciarono a muoversi. Un po' a sinistra, un po' più a destra… oddio, stava per ballare.
Si muoveva lentamente, ma tutti i suoi gesti erano esagerati. Ogni movimento delle braccia, dello stomaco, del sedere, delle gambe… i miei occhi erano incollati al suo corpo.
"Tu guarda, poi ti darò quello che vuoi…", disse prima di chiudersi nel silenzio.
"Il… ehm… file?".
"Se è quello che vorrai quando avrò finito…", sorrise.
«Lo sa bene quello che voglio…», pensai.
Lei continuava a ballare. Le mie speranze e i miei timori si realizzarono quando iniziò a tirarsi su la maglietta. «Sta per spogliarsi… per me…» realizzai. Mi passai una mano sulla fronte, incredulo, non sapendo come reagire. Una parte di me era furiosa, sia con lei che con me stesso. Ma un'altra parte di me era, beh… dura.
La sua maglietta si era arrotolata fino al reggiseno, mettendo in mostra tutto il suo stupendo addome. Inarcò la schiena per accentuare i suoi lineamenti e si mise davanti a me, facendo scorrere le dita sul suo ventre. Si allontanò da me, scuotendo lentamente il sedere mentre tirava su la maglietta e la sfilava dal corpo, gettandola di lato. Respiravo lentamente, guardando la sua schiena liscia. Indossava ancora il reggiseno, ma… oh cazzo! «Voltati…» la esortai mentalmente. Lo fece, e io fissai le sue tette vivaci, sentendo le labbra secche mentre guardavo la sua scollatura. Il suo corpo continuava a ondeggiare. Non ricordo se fosse davvero una ballerina così brava o se fossi semplicemente ipnotizzato dal suo corpo, ma in quel momento, santo cielo, sapeva muoversi.

Le sue mani si spostarono sui jeans e cominciarono a slacciarli. Il mio uccello stava soffrendo nei pantaloni. Quanto desideravo accarezzarmi mentre la guardavo. Dio, mi sentivo così in colpa per tutta la faccenda. Cercavo di ripetermi: «Quando sarà nuda, quando il ballo sarà finito, cancellerò il file e me ne andrò. Questo non è sbagliato». Ma non credo di aver creduto troppo a me stesso.
Lei ondeggiava il corpo e roteava i fianchi in cerchi lenti, mentre gradualmente si abbassava i jeans, rivelando il sedere e le cosce in un minuscolo paio di mutandine. Mentre ero seduto sulla sedia, avevo le mani che coprivano la mia evidente erezione, facendo del mio meglio per nasconderla, ma mi agitavo come un matto con le dita. Continuavo a spingere i polsi su di me, per cercare di stimolarmi un po'. Ogni volta che lo facevo, mi sentivo malissimo, ma volevo di più.
Lei si tolse i pantaloni e ora era solo in mutandine. Il suo corpo continuava a muoversi al ritmo della musica; le ombre delle lampade si riflettevano sul suo corpo e la facevano apparire più esotica che mai. Appoggiò una gamba sul letto e si chinò su di essa, facendo scorrere le mani e il corpo lungo la sua lunghezza. La guardai con fame, ricordando quando avevo strofinato quella coscia snella e soda nel bagno del locale.

Le mani di Alicia percorsero il ventre e le spalle. Andavano verso la chiusura del reggiseno sulla schiena. Lo slacciò e lasciò cadere le spalline lungo le braccia, ma una mano lo tenne al suo posto sul seno. Credo che i miei occhi stessero iniziando a bruciare un po', dato che non sbattevo le ciglia per non perdermi nemmeno un attimo dello spettacolo di quella affascinante, sinuosa creatura. Le sue labbra, che per gran parte del ballo erano state strette in un sorriso seducente, ora erano un po' aperte. Cavolo, sembrava così appassionata, così in calore.
Spostando la gamba dal letto, si allontanò di nuovo da me e si avvicinò a uno scaffale. Spostò con disinvoltura le braccia in modo che il reggiseno cadesse a terra davanti a lei. La guardavo così intensamente, sbalordito dalla sua schiena nuda, che non mi resi nemmeno conto che, mentre con la mano destra tenevo il polso sinistro, con la sinistra giocavo con il mio arnese attraverso i pantaloni.
Lei si avvicinò e prese qualcosa da dietro lo scaffale. La sua mano si ritrasse e capii che stava posizionando il braccio sul petto. Voltandosi verso di me, mostrò una scheda di memoria nella sua mano. Fece qualche passo in avanti, sempre più lentamente, fino a trovarsi di fronte a me. Il braccio che teneva la scheda era ancora appoggiato sul petto.
"Allora, la vuoi?", mi chiese con tono di voce caldo.
"Uhmm… sì…" risposi. Ora era in piedi sopra di me, quasi completamente nuda. Potevo sentire il profumo sulla sua pelle. Ero tentato di allungare la mano e afferrare il suo corpo per tirarlo sulla sedia su di me. Sembrava così lussuriosa, in posa per me.
"Ma... cosa vuoi davvero?", si mordicchiò un po' le labbra.
"Uh… la… la… oh cielo…". Avevo la bocca asciutta. Non riuscivo a trovare le parole, ma gesticolavo verso la schedina di memoria.
"Oh, tutto qui quello che vuoi?", sorrise, e tese la mano con la scheda davanti a me. Non ci feci assolutamente caso al momento, ma allungando il braccio aveva rivelato completamente i suoi seni. I miei occhi si allargarono mentre li osservavo, pensando che erano assolutamente perfetti e che lei doveva essere molto eccitata perché i suoi capezzoli erano induriti. Sapere che era eccitata mi faceva arrapare ancora di più.
Emise un piccolo gemito sommesso e portò la mano libera su una delle sue tette, stringendola e strizzandola un po'. "Oppure… vuoi questo?".

Il suo corpo si piegò su di me. Mise un ginocchio sulla sedia e si spinse contro il mio corpo. Mi tirai indietro il più possibile sulla sedia, ma lei continuò ad avvicinarsi. Spingeva il suo petto verso il mio viso mentre faceva scorrere la mano con la scheda fino ai miei pantaloni. La fece scivolare abilmente nella mia tasca, premendo contemporaneamente il pollice contro la base del mio cazzo attraverso i pantaloni.
Sussultai di piacere al tocco, e lei si inclinò ancora di più verso di me, tenendo il suo seno proprio davanti al mio viso.
"Sono una brava ragazza…", mi disse, "…non devi scegliere tra me e il file… puoi avere entrambi".
La mia mente correva così veloce che i miei pensieri sembravano solo un fischio acuto nelle mie orecchie.
"Perché non solo un assaggio…? Non farebbe male a nessuno…".
Si avvicinò di più. Chiusi gli occhi. Subito dopo, le stavo baciando delicatamente il capezzolo e ci passavo sopra la lingua. Lei emise un gemito sommesso che non fece altro che incoraggiarmi a continuare. Ero in paradiso, non pensavo affatto. Le mie mani si sollevarono e trovarono il suo culo e la sua schiena. Quante volte mi ero masturbato all'idea di toccare di nuovo la sua pelle liscia…

Un segnale acustico suonò da qualche parte nell'appartamento. I miei occhi si aprirono di scatto, e improvvisamente ebbi qualcosa che assomigliava alla lucidità mentale. «Oh, cazzo, cosa sto facendo?», fu il pensiero che mi attraversò la mente.
"Che… che ora è?" sbottai, facendo scivolare le mani sui suoi fianchi e spingendola un po' indietro.
Lei si lasciò sfuggire un piccolo sberleffo, completamente incazzata per il fatto che l'orologio avesse rotto il suo incantesimo. Si appoggiò allo schienale e guardò dietro di sé. L'orologio del suo stereo segnava le 18:00. «Quanto cazzo è passato veloce il tempo?» pensai. Ero così preso dalla mia ansia che non mi resi conto di quanto si fosse fatto tardi. Rientravo sempre a casa prima di Cristina.
"Oh accidenti… io… ehm… okay. Hai… hai detto… io… io devo andare…" balbettai, cercando di riprendere in mano la situazione.
Lei si mise di fronte a me, con il petto un po' gonfio per il respiro più pesante.
"Ma non ti ho ancora mostrato tutto…", insinuò, facendo scorrere le dita lungo l'interno delle cosce e su per le mutandine.
"Cazzo! Non… non ho tempo…! Cristina… ehm… la mia ragazza si chiederà…".
"Chiamala, sciocco! Dille che sei rimasto bloccato in ufficio…".
Sembrava un'ottima idea. Mi piace pensare che, almeno in quel momento, mi sia sembrata una buona idea. La verità è che, nonostante la mia improvvisa situazione di allarme, il mio cazzo non si era dimenticato della splendida ragazza che avevo davanti. Nonostante ciò, cercai di riprendere il controllo della situazione.
"Se la chiamo… tu… tu starai ai patti, vero?".
Il suo volto si ruppe in un sorriso a bocca aperta.
"Certo… non ti mentirei mai…".
Chiusi gli occhi per la frustrazione.

Tirai fuori il cellulare dalla tasca e aprii gli occhi per comporre il numero. Per qualche motivo pensai che, se mi fossi concentrato completamente sul telefono, forse Alicia mi avrebbe lasciato un po' di spazio. Non lo fece. Il suo corpo sexy era proprio nella mia visione periferica, e che i miei occhi non potevano impedirsi di guardarlo. Composi il numero della mia ragazza.
"Puoi dire a Cristina che la saluto…", sussurrò mentre portavo il telefono all'orecchio. Le lanciai un'occhiata sconvolta, come per dire: «…chiudi quella cazzo di bocca!»… ma non servì a molto. Il suo sorriso timido era impermeabile alla mia angoscia, e i miei occhi scesero comunque a scrutare le sue tette nude.
Cristina rispose al telefono.
"Ehi… sono… ehm… sono stato trattenuto al lavoro oggi…".
"Ah, e perché? Non ti trattengono mai…!", chiese lei.
"Lo so, ma… ecco… ehm… la rete è andata in corto, e siamo in ritardo di due ore su una scadenza e…". La mia mente vagava, cercando di pensare a qualcosa di plausibile su cui non avrebbe fatto domande.
Alicia allungava le braccia sopra la testa e stringeva le mani; ondeggiava il corpo in una piccola danza sexy mentre si inarcava e metteva in mostra le sue curve. Chiusi gli occhi per cercare di ignorarla. Un attimo dopo sentii il suo respiro sul collo. Si era chinata accanto a me, con una mano sulla sedia e un'altra sulla mia erezione pulsante, e mi aveva dato un bacio dolce e sensuale sul collo.
La mia voce si incrinò per il tocco improvviso, e i miei occhi si aprirono di scatto per vederla praticamente montare sopra di me. Non ricordo cosa stesse dicendo Cristina, ma iniziò a solidarizzare con me e a raccontarmi una storia su come anche la sua giornata fosse stata uno schifo. Cercai debolmente di allontanare Alicia, mordendomi la lingua, ma più mi sforzavo, più lei strofinava una mano sul mio cazzo. Provai a spostare il peso, ma questo mi fece solo ansimare di piacere.
"Stai bene?" Cristina fece una pausa nel suo racconto.
"Ehm… sì. Scusa, è solo che… sto trasportando una grossa scatola di… di roba in questo momento…".
Lei sembrò bersi la mia scusa. Alicia rimase a bocca aperta, in un finto shock, e mi diede un buffetto sulla guancia con un dito. Poi se lo portò alle labbra e mi fece un silenzioso «ssshh…». Quel gesto era snervante, ma allo stesso tempo mi faceva eccitare molto. Non so perché, forse perché mi stava stuzzicando in modo così malizioso. Ma poi passò a un altro livello.

Fece scivolare di nuovo il suo corpo verso il basso, questa volta avvicinando le sue labbra al mio orecchio senza cellulare.
"Stai zitto, o potrei mettermi a gemere… non vorrai che mi sentisse…", sussurrò a bassa voce.
Un attimo dopo, lei era in ginocchio, tra le mie gambe, ad armeggiare sui miei pantaloni. Ero pietrificato. Forse avrei potuto alzarmi da quella dannata sedia. Chi lo sa? Avevo paura che, se avessi fatto qualcosa, Alicia avrebbe fatto rumore e sarei stato scoperto. 'Fanculo… credo sia ovvio che a quel punto ero già abbastanza fuori di testa.
Cristina aveva concluso il suo racconto e mi chiedeva quanto pensavo di restare ancora. A questo punto mi girava la testa per la stimolazione. Probabilmente stavo iperventilando per l'eccitazione o per i nervi. Non so come abbia fatto Alicia, ma il mio cazzo si era liberato dai pantaloni e dai boxer senza troppo sforzo. Avevo forse sollevato i fianchi per aiutarla a tirarmi giù i pantaloni? Non ricordo. Probabilmente era stato d'istinto.
"Uhmm, non so… non… non troppo a lungo io… oh…" mi lasciai andare per un secondo, con gli occhi che mi si rovesciavano all'indietro. Guardai il sorriso avido e affamato di Alicia mentre guardava il mio cazzo esposto. Le sue dita avevano avvolto timidamente la base del cazzo, provocandomi scosse di piacere nello stomaco. Ma poi si chinò e avvolse la bocca intorno alla punta. Oh cazzo, quella lingua da ragazzina che mi roteava intorno…!
Feci una smorfia, facendo del mio meglio per non tradirmi. Almeno me stesso.
"Sei ancora lì…?", chiese la mia ragazza.
Non so cosa provavo in quel momento. Forse era il senso di colpa. Forse era l'emozione di aver fatto qualcosa di così imperdonabilmente malvagio.
"Scusami… qualcuno mi stava… ehm… facendo cenno di scendere. Credo di… di…".
Alicia stava lentamente masturbando la base della mia erezione mentre leccava e succhiava con attenzione il resto di me; il suo culetto compatto ondeggiava mentre lei si dava da fare, i suoi occhi mi guardavano e sbattevano innocenti le palpebre.
"Finisco di… ehm… scaricare una cosa e… vengo presto…". Sinceramente. Non stavo cercando di farlo sembrare «quello».
Alicia si staccò per un attimo da me e mi lanciò un'occhiata stupita, poi boccheggiò in silenzio: "…Ragazzaccio!". Poi si leccò le labbra e riprese a succhiarmi.
Cristina finalmente concluse la conversazione e mi salutò. Spensi il telefono e lo feci letteralmente cadere a terra, emettendo un sonoro gemito.

"Oh cazzo!".
Alicia mi sfilò dalla sua bocca e continuò a masturbarmi mentre leccava sui lati la mia erezione. Tra una slinguata e l'altra, mormorò: "Mmmm, cosa c'è che non va?".
"Merda… io… non posso credere che questo stia… ooohh…" gemetti.
"Non ti piace?".
"Cielo, è… così… così sbagliato…" credo che stessi parlando a me stesso.
Lei smise di pomparmi con le mani.
"Dimmi che ti piace…".
Ero al limite. In realtà, l'unico motivo per cui non avevo ancora esploso il mio carico era perché mi stavo concentrando sul telefono. L'improvvisa diminuzione della stimolazione di Alicia portò il mio desiderio alle stelle.
"Cosa? Io… ma…".
Appoggiò le unghie sull'interno delle mie cosce e le percorse leggermente, facendomi un sorrisetto malizioso.
"Sii sincero… dimmelo…".
"Cazzo… aaah… sì! Okay, mi piace, okay…".
Emise un gemito felice e riportò le mani sul mio cazzo. Appoggiandovi le labbra, fece le fusa: "Dimmi che ne hai bisogno…".
Lo ammetto. Ero disperato. Mi teneva proprio dove voleva.
"Io… ne ho bisogno… per favore…".
Sapeva come soddisfare. Mi prese dentro ancora di più di quando mi stuzzicava prima. Il suo palmo era ancora avvolto intorno alla base, stringendo e tirando al punto giusto, mentre il suo respiro caldo soffiava sul resto di me. Non ci volle molto prima che mi sentissi perdere il controllo.
"Ooooh… sto… sto per…".
Tutto il mio corpo formicolava mentre sentivo l'ondata attraversare il mio corpo e tra le mie gambe. Un'esplosione enorme uscì da me quando iniziò il mio climax, e finì nella sua bocca. Fui scioccato dal fatto che continuasse a guardarmi e cercasse di inghiottirlo. Ma ero così fottutamente eccitato che venni più di quanto lei potesse gestire e dovette staccarsi, prendendo il resto tra le mani.

Quando il mio orgasmo si placò, la mia testa si afflosciò contro lo schienale della sedia. Sospirai forte, cercando di riprendere fiato in quello stato di testa vuota che un uomo sperimenta dopo essere venuto forte.
Dopo qualche istante, la mia trance fu interrotta da Alicia.
"Cavoli, è stato… mmmm… così eccitante! Ho fantasticato su questo per… ah, settimane…".
La guardai mentre si rialzava, sorridendomi con dolcezza. Potevo ancora ammirare quanto fosse fantastico quel suo corpicino, anche se in quel momento ero completamente sfatto. Poco dopo, i pensieri cominciarono a tornare lentamente nella mia testa, e capii cosa era successo. Un'ondata di sensi di colpa mi assalì e mi alzai rapidamente dalla sedia, riabbottonandomi i pantaloni.
"Oh accidenti… Alicia, è stato… cioè… non si può… io… è stato un errore…". Stavo vaneggiando. Ma a lei non importava.
"Hmmm… ne è valsa la pena?", disse, come se mi prendesse in giro. "Ora sai cosa ti perdi…", sorrise.
Rimasi lì per un momento, completamente stravolto. Si passò i palmi delle mani sul ventre e mi resi conto che c'era ancora un po' del mio sperma su di lei. Le sue labbra si arricciarono un po' e commentò: "Sono tutta sporca…".

Feci un passo indietro mentre lei si dirigeva verso di me, ma si limitò a sfiorare il mio corpo col suo e passò oltre, dirigendosi verso la porta della camera da letto. La aprì e si voltò indietro.
"Vado a fare una doccia. Sentiti libero di unirti a me…", poi, ammiccando, si girò e andò in una stanza su un lato del corridoio. La sentii aprire l'acqua della doccia.
Rimasi lì per un altro minuto, chiedendomi come cazzo fossi finito in quella situazione. L'acqua della doccia scorreva ancora, stavolta più irregolare, e mi resi conto che ormai lei era dentro. Pensava davvero che l'avrei raggiunta?
Uscii silenziosamente dalla sua stanza e mi fermai brevemente davanti alla porta del bagno. Mio malgrado, sbirciai dentro. Vidi sul pavimento le mutandine che aveva indossato per tutto il tempo. La sua sagoma era offuscata dalla porta della doccia. Capivo però che si stava passando l'acqua tra i capelli, allungando le braccia all'indietro e sporgendo il petto. La ammirai per qualche momento, poi mi allontanai rapido.
Uscii silenziosamente dall'appartamento, salii in macchina e mi allontanai.

Solo quando fui a metà strada per tornare a casa mia, ricominciai a pensare correttamente. «Okay, ho il file. Bene. Mi lascerà in pace, adesso? Sì, certo, probabilmente ora lo farà. Cazzo, che cosa ho fatto?!».
A un certo punto mi venne in mente che, se era stata abbastanza furba da registrarmi al telefono, avrebbe potuto anche facilmente registrarmi in camera da letto… oh cielo, che casino. Che stronza del cazzo! Chi si credeva di essere, con quel corpicino sexy e quella mente perversa? Sono solo un uomo, per l'amor del cielo. Gesù…! Mi ha fatto sborrare così tanto. Non potevo credere di averglielo permesso. Cazzo!
Parcheggiai sotto il mio appartamento e spensi la macchina. Misi le mani sul grembo e chiusi gli occhi. Mi era già tornato duro.


V

Per la settimana successiva fui un disastro. Ansia e paranoia costanti mi perseguitavano. Alicia aveva qualche altro asso nella manica? Mi aveva registrato mentre sbavavo davanti al suo spogliarello e poi mi lasciavo succhiare da lei mentre mentivo alla mia ragazza al telefono? Mi avrebbe chiamato per ricattarmi di nuovo? Cosa avrebbe preteso da me adesso?
Era tutto così contorto. Non avrei mai immaginato di essere manipolato in questo modo da quella perfida, sensuale volpacchiotta. Non riuscivo a decidere cosa fosse peggio: il senso di colpa per averlo fatto o il fatto che mi eccitasse ancora così tanto. Il fatto che la ragazza che si stava prendendo gioco di me fosse molto più giovane di me rendeva la cosa ancora più sconcia. Mi sentivo un idiota per averle permesso di farla franca, ma cazzo, se mi eccitava! Forse perché era proibito. Forse perché era brutto. Forse perché era troppo, fottutamente sexy. Comunque sia.
Mi sentivo anche uno stronzo perché, nonostante mi vergognassi come un ladro, non riuscivo a togliermela dalla testa. Quante volte mi sarei masturbato ricordando il suo piccolo spogliarello? Gesù, ero ossessionato dal suo corpo. Anche nelle mie fantasie volevo disperatamente far scorrere le mie mani sulla sua pelle e prenderla, cazzo. Voglio dire, vacca troia, so che lo voleva. Cosa avrei fatto per cedere! Vabbè… cedere ancora di più di quanto non avessi già fatto. Cazzo, per entrare in quelle mutandine…
La verità è che, sì, una parte di me voleva che mi richiamasse. Voleva che quella stronzetta mi spingesse oltre, che mi facesse cedere. Era così dannatamente sbagliato. Beh, almeno lo pensavo nei miei momenti più arrapanti.
Comunque. Che lo volessi o meno, arrivò.

Come ho già detto, di solito torno a casa prima di Cristina. Era il venerdì successivo. Alicia non mi aveva molestato e, ancora una volta, pensai che forse si era saziata di me. Uscii dal lavoro un po' prima e andai direttamente a casa. Infilai la chiave nella porta e la spalancai.
«Ma che cazzo…!» realizzai all'improvviso.
Era lì, in piedi con la schiena appoggiata alla parete opposta, e mi guardava dritto negli occhi. Alicia. Notai subito che indossava una gonna minuscola. Non era stretta; era del tipo che l'avrebbe mostrata al mondo se il vento avesse soffiato nel modo giusto. Nel mio più completo sconcerto, mi sorpresi già a desiderare le sue gambe e a pensare a quella figa che non avevo ancora visto. «Datti una una calmata! Che ci fa lei qui? Portala via, cazzo!», la mia mente ricominciò a urlarmi.
"Finalmente!", cinguettò lei, sorridendo carinamente e piegando un po' le ginocchia verso di me.
Voltai la testa.
"Ma che… ma come cazzo hai fatto a…?". Non mi venne in mente come avesse potuto scoprire dove abitavo. Mi interessava solo portarla via prima che Cristina tornasse a casa. E, beh… cercare di non guardare il suo corpicino sensuale.
"Non fingere di non essere felice di vedermi…", mi rivolse uno sguardo sarcastico.
Mi spaventai e guardai intorno a me per vedere se aveva rotto una finestra o qualcosa del genere. Tutto sembrava normale.
"Tu… ehm… vattene!".
La sua mascella si spalancò come se fosse inorridita.
"Io sono stata molto più cortese con te quando sei venuto a casa mia!".
Ero incazzato. Mi avvicinai a lei e la afferrai per i fianchi. Se non se ne fosse andata, l'avrei buttata fuori. Ma nel momento in cui l'ho afferrata, si è piegata in avanti e mi ha avvolto le braccia intorno al collo.
"Oh! Vuoi essere aggressivo?", fece le fusa.
Cercai di farla girare per poterla spingere fuori dalla porta. Il suo corpo si sciolse nel mio, aggrovigliando le gambe intorno ai miei fianchi. Averla così addosso a me era esaltante. Per quanto fossi arrabbiato, avevo sofferto per stare accanto a quel corpo come un morto di fame. Nonostante le mie emozioni, cominciò a diventarmi duro.
"Non lo faremo…!" ringhiai.
"Cosa? Non stiamo facendo niente!", disse, con le labbra imbronciate.
"Qualunque cosa tu abbia in mente!". Continuai a trasportarla verso la porta ancora aperta, ma lei fece scattare un braccio dietro di sé e la chiuse. Lo slancio del nostro movimento ci fece sbattere contro di essa, io che spingevo il mio corpo contro il suo contro la porta. Era così compromettente. Non mi tirai indietro subito. Lei mi fissò negli occhi con uno sguardo sensuale, poi si spostò in avanti per cercare di baciarmi.
Nella mia mente mi vedevo sporgere e far scorrere la mia lingua nella sua bocca. Ma riuscii a piegare la testa all'indietro e a fermarla. Lei mormorò un piccolo gemito. Afferrai la maniglia della porta e provai ad aprirla, anche se lei era ancora appoggiata alla porta e cercava di tenerla chiusa.
"Perché continui a opporti?", sussurrò mentre lottavamo.
"Perché non mi lasci in pace?" grugnii.
Riuscii ad aprire la porta. Lei resistette come meglio poteva, ma io ero più forte. Poi il suo tono cambiò; sembrava disperata.
"Aspetta! Ho qualcosa che… vorrai vedere!".
Oh merda, rieccoci! Feci una pausa per un momento.
"Che cosa c'è adesso?" praticamente ringhiai.
"Fammi prendere la mia borsa! È sul tuo… lì, sul tuo scaffale".

La lasciai andare e lei scivolò senza sforzo dalla mia presa e mi passò accanto in cucina. Ora ero nel panico. Doveva essere il nuovo nastro che temevo…
Chiusi la porta e la seguii in cucina. Era in piedi accanto alla sua borsa, ma ora c'era qualcosa di diverso. Il suo sorriso fiducioso si insinuava di nuovo tra le sue labbra. Il mio cuore cominciò ad affondare. Mi aspettò per qualche secondo.
"Allora?" sbottai.
Fece scorrere le mani fino all'orlo della gonnellina e cominciò a tirarla su, centimetro per centimetro. Rimasi a bocca aperta mentre rivelava altre cosce, altra pelle liscia e poi… oh cazzo… non indossava nulla sotto!
Rimasi a guardare come un idiota. Lei fece scorrere un dito lungo la fessura e lo portò alla bocca, succhiandolo. Il mio cazzo ora urlava per attirare l'attenzione. Quella maledetta volpacchiotta.
"Mmmm… sembra che ti piaccia…", cinguettò.
Le sue parola mi sbloccarono dalla mia ipnosi.
"Uh… è… è tutto lì?".
"Tutto? So che è questo che desideravi vedere…!".
Mi venne quasi da ridere per il sollievo. Probabilmente l'avrei fatto se non fossi stato così confuso, spaventato e decisamente eccitato. Feci un passo verso di lei, mostrando di nuovo la mia determinazione sul viso. Si abbassò la gonna e frugò nella borsa prima che la raggiungessi.
Il mio stomaco si ribaltò, temendo di nuovo il peggio. Rimasi completamente sbalordito quando tirò fuori un paio di manette.
"Temevo che l'avresti fatta di nuovo difficile…" disse, quasi con condiscendenza. Le manette penzolavano in una delle sue mani mentre si dirigeva verso di me.
"Ehm… tu… non stiamo usando… ehm…". La mia volontà stava vacillando. Avrei dovuto afferrarla per il culo e buttarla fuori; niente più cazzate. Ma ogni secondo in cui lei stava lì davanti a me, il mio io più oscuro cercava di farsi strada. Improvvisamente ebbi l'immagine di essere ammanettato alla colonna del letto; il suo corpo stretto che mi cavalcava contro la mia volontà, facendomi sborrare forte…
Ma l'immagine del mio letto mi ricordava Cristina. Che ora era? Probabilmente avevo venti minuti per… no, mi resi conto mentalmente: «Portala fuori di qui, cazzo!».

Pensai che stesse per spingere di nuovo il suo corpo contro il mio, ma all'ultimo secondo mi schivò, passandomi accanto. Strinsi i denti mentre il suo fianco sfiorò la mia evidente erezione. Corse nel soggiorno e appoggiò la schiena a una colonna di sostegno in acciaio che confinava con la cucina. Se avessi saputo le sue intenzioni, avrei fatto qualcosa in quel momento.
Con il corpo premuto contro di essa, avvolse le braccia dietro di sé, intorno alla colonna. All'inizio pensai che stesse di nuovo posando per me, con le tette che premevano contro la stoffa della camicia mentre le braccia si allungavano dietro di lei… ma poi sentii uno scatto. «Oh merda…!» pensai subito. Poi ne sentii un altro. Si morse il labbro inferiore e mi guardò trionfante.
Si era ammanettata alla colonna.
"Cosa… cosa cazzo stai facendo!?" esclamai, più stupito che incazzato.
"Ciò che è giusto è giusto!", canticchiò lei, sorridendomi.
"Ma che dici?" scossi la testa.
"Beh… per come la vedo io; io ti ho fatto venire. Ora tocca a te!". Stava spostando il suo peso sulla colonna. Era evidente che non stava scherzando. Una metà di me era stupefatta, pensando di essere completamente fottuto una volta che Cristina fosse rientrata in casa. L'altra metà di me? Beh, vedeva una ragazzina sexy e provocante con una gonnellina da troia e senza mutandine addosso, incatenata davanti a me.
"Tu… oh merda… tu… mi stai… mi stai prendendo per il culo, vero…?!".
Con un sorriso sornione, le labbra serrate, scosse lentamente la testa per negare.
"Alicia… io… la mia ragazza…" la mia voce tremò.
"Ho già nascosto la chiave", mi interruppe lei. "Prima che tu tornassi a casa. Non la troverai mai. Ma ti dirò dov'è, quando saremo… diciamo così… pari".
Scrutai brevemente l'ambiente circostante e capii che se stava dicendo la verità, aveva ragione. Non c'era modo di trovarla, almeno non prima che Cristina tornasse a casa. Avevo qualcosa che potesse tagliare il metallo? No… «Dio, ma che cazzo?!», la mia mente era completamente nella nebbia.
Frugai nella sua borsa. Era piccola, e conteneva a malapena poche cose. Niente chiavi. Mentre cercavo, la sentii tubare: "Stai perdendo tempo…".

I miei sensi erano completamente confusi. Ero entrato nel surreale. Spostandomi di fronte a lei, la guardai incredulo. Era semplicemente… così fottutamente bella. Le braccia ammanettate dietro di lei, il suo petto che sporgeva, quelle gambe… con quella gonna… l'espressione del suo viso era di completa soddisfazione e di attesa allo stesso tempo. Sembrava così indifesa, ma… cazzo, aveva il controllo totale!
Ero duro. Tipo, duro da far male. Era tutto così sbagliato ma… wow! Lo sguardo mi cadde sulla sua gonnellina, e pensai alla figa nuda che c'era sotto. Stavo davvero per farlo? Immaginai di tirare fuori il mio cazzo, avvicinarmi a lei e prenderla in braccio. Lasciarle avvolgere le gambe intorno a me mentre la montavo… non sarebbe stata in grado di fermarmi. Avrei potuto farle tutto quello che volevo. Non potevo credere che stavo pensando di scoparla…! Dovevo prendere quella chiave!
"Mmmm… non farmi aspettare… o ti piace vedermi così tutta legata?".
"Non posso crederci…!". borbottai tra me e me. Misi le mani alla cintura e cominciai a slacciarla.
"Ooh!", i suoi occhi si allargarono per la gioia.
Chiudendo gli occhi incredulo, lasciai cadere i pantaloni sul pavimento. Scalciandoli via, mi avvicinai a lei.
"Mmmm… questo non è esattamente giusto…", si lamentò.

Ero proprio di fronte a lei, e mi sentivo un animale. La mia erezione pulsava davanti a lei, a pochi centimetri dall'essere sotto la gonna.
"Ho dovuto inginocchiarmi per te. Penso che dovresti… sai… restituire il favore…" sorrise.
Mi stava prendendo in giro?
"Ehm… c… cosa?" gracchiai.
"Fammi godere come io ho fatto godere te…", lei mi fece un sorriso a bocca aperta e si passò la lingua sulla punta dei denti.
"Non puoi… d…dire sul serio…" dissi. Lei annuì timidamente.
"O non puoi farne a meno? Hai intenzione di… violentarmi? Vuoi approfittare del mio corpicino ammanettato?".
Serrai i denti al suo commento, il mio corpo aveva bisogno di essere nel suo.
"Ma… sarebbe davvero uno stupro se lo volessi? Magari posso fingere di non volerlo, che tu ti stia approfittando di me. Ti ecciterebbe? Voglio dire, sembra che questo sia il tuo ruolo: fingere di non volerlo, ma in realtà…".
Mi aggrappai alle sue gambe e le sollevai la gonna, avvicinandomi di un passo. Mi stava prendendo in giro ma, cavolo, sapeva come farmi arrapare. Feci scivolare il mio cazzo tra le sue gambe e lo feci scorrere lungo la fessura della sua figa. Lei emise un leggero sospiro.
"Puoi anche scoparmi… ma non ti dirò dov'è la chiave finché non sarò venuta sulla tua lingua…", sussurrò.
I miei respiri ora erano sincopati.
"Puttana…" imprecai sottovoce.
"Dammi quello che ti ho dato… a meno che tu non voglia che Cristina veda i giochini perversi che fai con me…".
Sentirle menzionare la mia ragazza mi fece diventare il viso rosso. Diedi un'occhiata all'orologio, e mi resi conto che il tempo a mia disposizione era davvero poco.

Con riluttanza, mi inginocchiai davanti a lei. Senza alcuna cerimonia, feci scorrere le mani sulle sue cosce e le spinsi in su la gonna, rivelando ancora una volta la sua figa. Mi chinai su di lei; era già completamente eccitata.
Tenni per un attimo la bocca davanti alla sua fessura umida e soffiai leggermente su di essa. Lei emise un gemito sommesso e spinse i fianchi verso il mio viso. Per me quello fu il segnale: avvolsi le mani intorno al suo sedere e la tirai nella mia bocca, facendo scorrere la lingua lungo il suo sesso fremente. Fui ricompensato con un sussulto. Era già tutta fradicia.
Abbandonando ogni pretesa, mi tuffai in lei. Feci tutto il possibile per darle piacere. In tutta onestà, non credo che lo facessi per farmi dire dov'era la chiave. Volevo davvero far godere quella ragazzina. Non mi importava l'umiliazione di essere in ginocchio, con il cazzo di fuori che richiedeva attenzione. Tutto ciò che mi interessava erano i suoi gemiti eccitanti e la sua deliziosa figa.
"Oh… aaah… sei… sei un animale… cazzo… succhiami! Sì… leccami!".
Seguii ogni suo comando. Ogni volta che sussultava o muoveva i fianchi in una direzione, facevo del mio meglio per concentrare la mia attenzione ovunque mi guidasse con il suo corpo.
"Sì… sì… Oddìo! Oh… sei così… così bravo! Aaah! Divorami… mmmm… bastardo… quanto mi hai fatto… aspettare… oooohh… così tanto!".
Aveva una gamba avvolta intorno alla mia spalla. I suoi fianchi si muovevano contro il mio viso. Sentivo le sue cosce tremare mentre sforzava tutti i muscoli. Era prossima ormai. Non ho mollato; avrei fatto venire quella puttanella. Le mie dita scavavano nella sua pelle mentre la tiravo ancora più verso il mio viso. Il suo turpiloquio si ridusse a suoni incoerenti e gemiti.

Poi accadde. La sua voce si incrinò e improvvisamente tacque. Tutto il suo corpo si tese, tranne i fianchi, che si mossero su e giù sulla mia lingua in piccole spinte rapide. Feci del mio meglio per tenerle dietro, ma mi persi nella sua figa che si bagnava dei suoi succhi mentre veniva. Mi sentivo come se la stessi praticamente bevendo.
Anche quando si calmò, continuò a dimenarsi pigramente sulla mia lingua, cercando di spremere fino all'ultimo del suo apice orgasmico.
"Cazzo, sì…", finalmente espirò ad alta voce.
Mi staccai da lei e la sentii rilassare il suo corpo. Asciugandomi i suoi umori dalla bocca, mi rialzai traballante e la guardai. Il suo viso era arrossato, e lei ansimava; un sorriso stanco, ma di totale contentezza. Il mio cazzo era sull'attenti, con il liquido prostatico che colava per la mia frenetica lussuria.
Lei mi guardò con la testa e sospirò.
"È nella federa del cuscino sul divano…".
Oh sì…! Ero imbarazzato; mi resi conto che stavo pensando solo a come potermi eccitare in quel momento. Andai al divano e aprii la cerniera del primo cuscino; la chiave era proprio lì. La tirai fuori e sbloccai immediatamente le sue manette. Ammetto che avevo una mezza tentazione di lasciarla lì e di sfogare le mie frustrazioni su di lei.
Tirò le braccia libere davanti a sé e si strofinò un po' i polsi.
"Allora siamo pari! È meglio che me ne vada ora. Sai, per non fare tardi al lavoro". Era così disinvolta.
Il suo corpo si allontanò da me e la guardai sgattaiolare in cucina per prendere la borsa. Mi sculettò davanti. Vidi quel sederino piccolo e rotondo agitarsi sotto la gonna e sentii il sangue ribollirmi dentro.
Poi qualcosa dentro di me… scattò!

Era rivolta verso il bancone e stava rimettendo le manette nella borsa. Mi portai dietro di lei e feci scivolare il mio cazzo ancora duro sotto la sua gonna. Un piccolo "Oh…" le sfuggì dalle labbra. Non mi importava cosa significasse. Spinsi ancora di più dentro di lei e lei allargò un po' le gambe, spingendo il culo in fuori.
"Pensavo che volessi che me ne andassi…", disse sfacciatamente.
Afferrai la base del mio cazzo con una mano e con l'altra trovai la sua figa bagnata. Poi mi forzai dentro di lei. Lei emise un rantolo e si aggrappò al piano della cucina.
"Fottuta puttanella…" sibilai.
"Ah! Io… non ti sto facendo… tu…".
"Piccola rovinafamiglie… uuuh… troia!". Era ancora completamente fradicia, e riuscivo ad affondare dentro di lei con facilità.
"Mmmm… aaahh! Ti… oooohh… ti piace…" ansimava.
"Cazzo… aah… ti odio!". Non ci sarebbe voluto molto. Ero al limite da quando mi ero inginocchiato.
"Allora perché non… uuuhh!… perché non… ne approfitti?", ansimò mentre la pistonavo. "Vuoi che io… ooooh… sia la tua… la tua puttanella? Sarò… aaahh!… sarò tutto ciò che vuoi…".
"Voglio… ugh… voglio che vai fuori dalla mia… mmmmgh… dalla mia cazzo di vita!".
"Aaaaahh! Ma se… non riescii… oooohh… non sai nemmeno stare fuori dalla mia… ah… dalla mia figa…?!".
Mi spingevo dentro di lei più che potevo, trattenendomi un po' ogni volta che affondavo in lei fino alla radice del mio cazzo. Ero infoiato come un mandrillo.
"Tu… ne hai bisogno… aaah!… hai un bisogno di venire di brutto, vero?", grugnì. "Se riesci… a fermarti ora… oooh… io… ti lascio in pace…". La mia mente si stava arrovellando mentre ascoltavo le sue parole. "Ma… uuh… se sborri… se ti scarichi nella mia… aaahh… fighetta… mmmm... allora sai… sai che non puoi resistermi…" aggiunse.
Rallentai le mie spinte. «Tirati fuori da lei, idiota. Questa è la tua occasione!», imprecò il mio cervello. Ma il mio corpo non voleva saperne.
"Sì… cerca di arrenderti… aaaah!… sarò tutto quello che vuoi… oooh… la tua piccola amante troia! Oooooh!… Lo vuoi?".
Era troppo. Era così fottutamente diabolica. Sentii che stavo raggiungendo il punto di non ritorno.
La mia mente si svuotò mentre il mio orgasmo prendeva il sopravvento. Cominciai a pompare fiotti di sperma, spingendomi dentro di lei il più a fondo possibile, riempiendola tutta. Lei si spinse forte contro il mio bacino, premendosi contro di me più forte che poteva, strusciandosi un po' per farmi godere ancora di più. Avevo una mano sul suo fianco e un'altra sulla sua spalla, e la tiravo con entrambe contemporaneamente verso di me. Non so se disse altro mentre venivo, perso com'ero nelle mie sensazioni.


VI

Quello che accadde dopo era tutto confuso. Ricordo il suo sorriso vittorioso e raggiante. Cercai di cacciarla via di casa il più velocemente possibile, ma lei era decisa ad essere disinvolta. Era assolutamente presuntuosa.
"Ti sono piaciuta molto, vero?", insistette lei. "Tra quanto tempo ci penserai ancora?".
Le dissi che doveva andarsene. Non credo di essere stato energico, ma solo supplichevole.
"Mi piace che tu non riesca a resistermi…! Mmmm… ora lo so che sei mio. Solo mi chiedo: per quanto ancora continuerai a far finta di resistere?".
Aprii la porta e le afferrai il braccio per accompagnarla. Mentre usciva, sorrise.
"Penserò a te…!", disse, zompettando davanti a me e piegandosi leggermente in avanti, lasciando che la gonnellina le salisse sul sedere. Con un colpo secco si sculacciò davanti a me. "Non vedo l'ora che tu mi punisca per oggi. So quanto mi odi…".
Sbattei la porta, vergognandomi del fatto che mi stava già tornando duro. Volai letteralmente per casa, spruzzando deodorante, lavandomi i denti, infilandomi un altro paio di vestiti.

Cristina tornò a casa poco dopo. Mi lanciò un'occhiata pietosa.
"Cavolo, hai un aspetto orribile!", osservò.
"Una giornataccia al lavoro…", mentii.
"Facciamo così. Fammi rilassare un po' e poi andiamo a mangiare un hamburger. È il mio regalo per te!".
"Ehm… no, non è necessario. Sono piuttosto… insomma, piuttosto stanco…".
"Ma no! Sei solo stressato, ultimamente. Dai, sarà divertente. Cibo buono e, se sei fortunato, vedremo quella cameriera carina che ti piace!", mi fece l'occhiolino.
Feci un sorriso forzato.

Circa un'ora dopo, ci fermammo al fast-food. Per tutto il viaggio ero stato nervoso; avevo cercato di dissuaderla dall'andare, ma alla fine mi ero arreso, non volendo sembrare paranoico o sospettoso. Mi ricordai che Alicia mi aveva accennato che stasera avrebbe lavorato. Speravo, speravo, speravo che stesse scherzando.
Parcheggiammo in un posto libero e aspettammo circa un minuto finché non arrivò una cameriera. Aveva un sorriso da un orecchio all'altro. Abbassai il finestrino… ed era Alicia.
"Ciao, ragazzi, come va?". Mi lanciò un'occhiata complice, quindi mi sussurrò: "Voglia di un bel bocconcino, eh?".
scritto il
2024-08-17
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