Insostenibile desiderio
di
RomanDeVil
genere
etero
Il castello emergeva dalla bruma mattutina, una grigia presenza in leggera evidenza sul verde dei boschi che lo circondavano. Le sue torri tonde, che sbucavano dalla foresta, risaltavano nelle pietre nere che ne ricoprivano il tetto; il resto era una massa confusa, non ben definibile nei contorni e nelle dimensioni. L’umidità che saliva dal fiume si sarebbe dissolta solo molto più tardi.
Ferma sul bordo della Départmentale 81, che puntava diritta al castello seguendo quella che era stata una delle rotte di caccia, Monica scrutava la costruzione che sarebbe stata il suo alloggio e luogo di lavoro per le prossime settimane.
Era partita di buon’ora da Blois, dove aveva fatto sosta per la notte; era troppo ansiosa di vedere, annusare, sentire quel castello. In quel luogo si sarebbe giocata il suo futuro di restauratrice di antichi documenti, un lavoro per il quale si era preparata a lungo: prima la laurea, poi i corsi specializzati, infine questo master qui in Francia. Incrociò le braccia sotto il seno come per proteggersi dai brividi che sentiva, ma non era freddo, solo semplice emozione. Si specchiò nel finestrino posteriore dell’auto; forse quei jeans troppo fascianti non erano molto professionali, così pure il maglione largo e sformato che l’aveva accompagnata in tutto il suo corso di studi come portafortuna e a cui era molto affezionata. L’appuntamento con il direttore dei lavori era previsto di lì a venti minuti, non c’era tempo per cambiarsi. Risalì in macchina avviandosi verso il paese.
Nel tragitto il castello scompariva dietro la collina e le case, e questo le permise di regolarizzare il suo battito cardiaco e di iniziare a contenere l’emozione. Quando varcò il cancello della tenuta era apparentemente tranquilla. Domandò informazioni ad un giardiniere nel suo francese stentato, ma riuscì a farsi indirizzare verso l’ala dove erano accampati i suoi futuri colleghi. Posteggiò in mezzo alle altre vetture, una più scassata dell’altra, e scese guardandosi intorno.
Mentre abbassava gli occhiali da sole sugli occhi, sentì una voce che la chiamava.
“Monica! Finalmente ti rivedo! Com’è andato il viaggio?”.
Voltandosi verso la voce rimase abbagliata dal sole senza riuscire a scorgere i tratti del viso dell’uomo che l’aveva chiamata. Quella voce, però, le era ben nota! Sentì una forte stretta allo stomaco mentre collegava il suono delle parole al proprietario.
“Andrea!?”.
“Sì, sono io. Ma come? Non mi riconosci più??”.
“Certo che… ma che ci fai qui?” domandò lei con la voce che tradiva una forte emozione.
“Ci lavoro, come te! Sai, ci sono un’infinità di tomi di origine italiana nella biblioteca. È uno spettacolo fantastico, pensa che hanno delle edizioni che non speravo di vedere mai nella mia carriera. Hanno…”.
“Mi dai una mano a scaricare i bagagli?” lo bloccò Monica.
Sapeva quanto era appassionato del suo lavoro, se lo lasciava parlare poteva andare avanti per ore, mentre lei rimaneva lì ad ascoltarlo estasiata. In quel momento, però, era troppo eccitata dall’idea di vedere con i suoi occhi i libri su cui avrebbe dovuto lavorare, e di conoscere i futuri colleghi che arrivavano da tutta Europa.
Aveva conosciuto Andrea circa due anni prima ad un corso di specializzazione, e subito era nata una particolare intesa… lui incarnava il modello di uomo che aveva spesso sognato: tenero ma deciso, razionale ma incredibilmente sensuale, forse non bellissimo ma con un grandissimo carisma. Non temeva di mostrare le sue emozioni, di confessare i suoi limiti e le paure, ma non mollava mai di fronte agli ostacoli. Sapeva infondere forza e sicurezza in chi gli stava vicino. Monica si era quasi innamorata di lui; solo il pensiero che quel corso sarebbe durato troppo poco, e la consapevolezza che, subito dopo, lui sarebbe partito per un’ulteriore specializzazione a Parigi, l’avevano fermata. In quella quindicina di giorni si era scordata del marito e del loro recente matrimonio.
Ora se lo ritrovava davanti, all’improvviso. Si sentiva la testa leggera e svuotata da ogni pensiero o volontà mentre lo seguiva verso l’ala del castello adibita a biblioteca. Dopo aver rivisto i singoli fotogrammi del loro precedente incontro si era dimenticata chi era, cosa faceva lì, del suo matrimonio e che suo marito l’aveva lasciata partire per nulla contento di quel suo nuovo impegno. In un lampo di lucidità si ricordò della fede: tenerla o toglierla? Lul l’aveva notata oppure no? Nel loro precedente incontro la portava? Poteva, l’anello, precludere una possibile esplosione dei sensi?
Non sapeva cosa fare. Andrea camminava tranquillo un passo avanti a lei, mentre continuava ad illustrarle tutte le caratteristiche salienti del luogo e qualche pettegolezzo sui suoi colleghi. D’istinto la sfilò, la estrasse dal dito spingendola con forza nella tasca portamonete dei jeans. Si sentì subito meglio, quel gesto irrazionale le aveva ridato il controllo razionale delle sue azioni. Analizzò i suoi sentimenti alla ricerca di eventuali sensi di colpa, ma non ne trovò traccia. Sentendosi più tranquilla e anche un po’ spregiudicata lo affiancò, dimostrandosi molto interessata alle sue parole.
Seguirono le presentazioni ai colleghi, la visita ai locali del laboratorio, alla biblioteca e un giro veloce per tutto il complesso… e finalmente giunse in quella che sarebbe stata la sua camera. La esplorò divertita dalle battute di Andrea, studiò la capienza dell’armadio, la pulizia del bagno, mentre lui, seduto sul letto, l’aggiornava sui fatti che gli erano accaduti nell’ultimo anno. Monica apprese con malcelata gioia che era libero da ogni legame sentimentale in quel momento, e che iniziava a sentire il bisogno di una donna. Questa notizia, lanciata nel discorso ad arte da Andrea, la colpì nel profondo del suo animo. Si era sempre chiesta come sarebbe stata la sua vita se avesse compiuto un passo verso di lui, semplicemente incoraggiando il suo interesse. All’epoca si era tirata indietro, ma oggi le si ripresentava una possibilità. Non ascoltava più le sue parole, lo fissava e basta.
Quattro soli anni di matrimonio le erano bastatati per capire i limiti della loro convivenza. Suo marito, sempre impegnato in una moltitudine di attività esterne alla coppia, se non si può affermare che la trascurasse, quanto meno non la considerava come durante gli anni del fidanzamento. Alle sue lamentele rispondeva che in una coppia era salutare mantenere i propri spazi e che anche lei avrebbe dovuto trovare i suoi. Monica li aveva trovati, e questo, per qualche mese, aveva funzionato: il matrimonio era arricchito dalle loro esperienze singole, ma alla fine si erano ritrovati con troppo poco tempo a disposizione per loro due. La quotidianità aveva fatto il resto, l’eccitante novità della convivenza era finita come la passione. Sì, la passione che provavano a vicenda aveva ricevuto un fortissimo impulso dal matrimonio, ma questa rinnovata intensità era durata troppo poco, uccisa dall’abitudine e dal poco tempo che dedicavano a coltivarla.
Ora si ritrovava davanti all’uomo che aveva sognato negli ultimi tempi: aveva visto in lui un compagno ideale; o quantomeno aveva gli stessi suoi interessi!
La mente di Monica iniziava ad analizzare la situazione da un punto di vista puramente razionale. Messa al bando l’emozione iniziale, stava proiettando con la fantasia i possibili sviluppi di una sua relazione con Andrea. Di certo non desiderava mettere in gioco il matrimonio; al di là dei difetti, suo marito restava sempre un ottimo compagno per lei. In ogni caso anche l’uomo seduto sul letto in quella camera aveva i suoi, e non era detto che fossero minori o meno fastidiosi di quelli che già sopportava. Non cercava quindi un nuovo compagno, ma uno sfogo. Sentiva il bisogno di ritrovare la passione che aveva perso per suo marito, ascoltare il cuore palpitare per un bacio, provare eccitazione solo al pensiero di una carezza particolare, desiderare fortemente qualcuno. Tutto quello che le era mancato negli ultimi anni.
Era ancora troppo presto per tentare un approccio diretto, non poteva immaginare le sue reazioni.
Lo ringraziò per l’aiuto accompagnandolo alla porta; poi, una volta sola, si dedicò alla valigia, esaminandone il contenuto. Non aveva previsto quell’incontro, per la verità non aveva pensato a nessun incontro interessante dal punto di vita emotivo, e si notava dalla scelta dei capi d’abbigliamento: niente di sexy o seducente, nemmeno la biancheria! Solo capi comodi da indossare e lavare: jeans e maglioni per le giornate più fresche e qualche abito leggero per quelle più calde. Occorreva porvi rimedio.
Uscì e raggiunse la sua automobile; mentre si avviava verso il paese incrociò Andrea, che si offri di accompagnarla. Rispose con un cortese rifiuto, non voleva che vedesse quello che stava per acquistare.
Passeggiando per l’unica via commerciale di quel piccolo comune, fu sedotta dalla vetrina di un negozio. Entrò e, nel varcare la soglia, al solo pensiero di quello che stava per comprare e per quale motivo, iniziò ad eccitarsi. Non poteva disporre di una notevole somma, ma trovò di ché soddisfare il suo bisogno di sentirsi più desiderabile. Acquisto due completini molto sexy e un abito corto ideale per le cene a due. Ora si sentiva meglio, aveva affilato un minimo le sue armi… peccato solo che avrebbe dovuto disfarsi di questi capi prima di tornare a casa: suo marito conosceva il suo guardaroba, e sarebbe stato difficile spiegare quelle nuove presenze al suo ritorno!
I giorni seguenti li videro impegnati in lunghe manovre d’avvicinamento: nessuno dei due voleva compiere il primo passo, ma si capiva che erano seriamente intenzionati a compierlo alla prima occasione buona. Questa venne la sera in cui Andrea la invitò a cena fuori. Lei si preparò con cura, il vestito nuovo poteva ora adempiere al compito per il quale era stato acquistato, e così pure la biancheria, o almeno questo sperava Monica. La cena si svolse in modo quasi normale: tante allusioni, doppi sensi, velate proposte e così via. Lei se lo ritrovò in camera senza ricordare come e quando lo avesse invitato ad entrare, evidentemente aveva seguito l’istinto.
“Sai, Monica, che quest’ala del castello era utilizzata per gli incontri erotici dei proprietari?! Qui sia lui che la sua sposa incontravano i loro amanti. L’ho scoperto analizzando dei documenti…” ruppe il ghiaccio lui.
“Non mi dire! E chi è che ha scelto di dare a me la camera in questa parte del castello?”.
“Io…” ammise Andrea.
“Tu?” domandò divertita lei. “E perché?”. Intanto gli si faceva incontro.
“Per scoprire se è vera la leggenda che circola da queste parti!”.
“Quale leggenda? Dai, racconta!” lo incitò Monica.
“Niente di particolare… si dice che chi ha la fortuna di pernottare qua ha… diciamo… un’intensa attività erotica! La forte carica passionale lasciata in queste stanze, e non ancora esaurita, funzionerebbe da potentissimo afrodisiaco…” raccontò lui, un minimo imbarazzato.
“Interessante! E tu dove dormi?”.
“La stanza di fronte alla tua…” ammise lui.
“E… con te ha funzionato sino ad ora?” lo incalzò lei.
“Sarebbe stato difficile. Siamo soli su questo piano!” ammise ancora Andrea, messo alle strette dagli occhi di Monica.
“Quando hai scoperto che sarei venuta qua a completare la mia preparazione?”.
“Prima di decidere se venire anche io qui o andare in Spagna!”.
“Quindi ha predisposto tutto, vero?” domandò lei mentre si avvicinava sorniona a lui.
“In un certo senso…” ammise, intanto che indietreggiava.
“Perché?”. La voce di Monica era diventata all’improvviso calda e sensuale.
“Perché sono due anni che ti penso!”.
“E tutte le altre donne che hai avuto nel frattempo?”.
“Pensavo sempre e solo a te. Le altre servivano solo a lenire la solitudine, tremenda senza di te!”.
“Che bugiardo! Non penserai che ti creda… vero??!”, disse lei, sorridendo.
“Fallo solo per questa sera! Non ti chiedo di più!”.
Monica ormai quasi aderiva a lui, arroccato con le spalle al muro. Lo fissava diritto negli occhi mentre pensava che, in realtà, lui le stava chiedendo molto di più di un semplice atto di fede, la stava spingendo ad essere infedele!
Le vennero in mente, chissà perché, le parole di San Girolamo, una delle massime autorità della Chiesa medioevale, che aveva letto giusto quel pomeriggio: «…l’uomo saggio deve amare la propria moglie con giudizio e non con passione. Deve controllare lo stimolo della voluttà e non lasciarsi trascinare nell’accoppiamento. Non vi è cosa più infame che amare la propria sposa come un’amante…». E lei proprio quello stava facendo, amava il suo amante con la passione e suo marito con la tenerezza e la razionalità. Ora era tempo di cedere alla passione!
Si era avvicinata troppo per tirarsi indietro, il profumo, il calore emanato dal suo corpo la stavano attirando come una potentissima calamita. Si appoggiò a lui e avvicinò il viso sfiorandogli le labbra con il naso, poi con gli occhi chiusi portò la bocca all’altezza della sua, toccandola appena. Il contatto generò una forte scossa e una valanga di pensieri nella mente di Monica. «Lo sto per fare! Oddìo, lo sto per fare…» rifletteva mentre dischiudeva leggermente le labbra. Sentì aprirsi anche le sue e perse il controllo. Le lingue si trovarono a mezza strada avvinghiandosi tra loro, finalmente Andrea l’abbracciò e lei si abbandonò completamente a quella stretta. Si lasciò prendere dal bacio al punto di non accorgersi delle sue mani che scivolavano lentamente verso le natiche, sino a quando si sentì sollevare da terra. Piacevolmente stupita ed eccitata dalla sua forza, intensificò la passione riversata nel bacio… si sentiva presa e questo la mandava in estasi.
Lui la portò verso il letto senza mai staccare le labbra dalle sue, l’adagiò seduta sul bordo e s’inginocchiò tra le sue gambe; accarezzandole le fece schiudere per poterne sfiorare con le mani l’interno. Un tocco leggero, delicato, al punto che Monica sentiva solo il calore emanato dai palmi, ma sufficiente a portare il suo desiderio oltre il lecito.
“Sali più su… ti prego!” sussurrò, poiché Andrea si ostinava a fermarsi sul limite dettato dalle autoreggenti.
Finalmente percepì le sue mani sfiorare il pube attraverso gli slip, si appoggiò all’indietro sui gomiti e spinse leggermente in alto il bacino, invitandolo silenziosamente a sollevarle il vestito sino in vita. Si gustò la rude forza delle sue mani, che, distolte dal compito di accarezzarla, spingevano verso l’alto il tessuto con una veemenza tale da testimoniare la sua voglia. Monica respirava piano, controllata, con gli occhi chiusi in attesa degli eventi, e ansimò quando lui le mordicchiò delicatamente gli slip sul pube, prendendone tra i denti il bordo superiore e tirandoli verso il basso. Andrea ringhiava, imitando il piccolo bastardino adottato come mascotte dai suoi colleghi, mentre riusciva nel suo intento di spogliarla. Trascinò gli slip sino a scoprire i primi peli, quindi si fermò. Monica sollevò il sedere unendo le gambe, invitandolo a terminare l’opera, non resisteva più a quei lunghi preliminari. Una volta sconfitte del tutto le ultime remore, superati i blocchi dovuti al suo stato civile e abbattuti i sensi di colpa con l’eccitazione, voleva concludere al più presto il suo primo tradimento in modo da non avere il tempo di ripensarci. Doveva abbandonarsi al piacere, perdere la testa, consumare l’adulterio, darsi a lui prima che la parte razionale del cervello riprendesse il controllo delle sue azioni.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dalla lingua di Andrea che s’insinuava tra le labbra della vagina. Si sentiva presa dalle sue mani che le stringevano con forza le natiche, sollevandole all’indirizzo della bocca. Iniziò a godere lentamente, più per l’eccitazione che per il reale stimolo, mentre un vago languore bloccava del tutto la sua razionalità.
Muoveva il pube contraendo forte gli addominali in una danza erotica di forte effetto. Andrea faticava a seguirla e stringeva sempre di più le mani sulle natiche nel tentativo di bloccarla; questo, però, eccitava sempre di più Monica stimolandola a compiere movimenti sempre più ampi.
Innescarono in questo modo un pericoloso effetto d’azione e reazione, difficile da controllare, che stava portando Monica troppo vicino all’orgasmo. Lei lo bloccò, imperativamente, spingendo lontano da sé la testa di Andrea, poi rimase immobile a godersi il lento scemare del piacere. A questo punto, lui, la prese per le spalle sollevandole la schiena, una volta seduta cercò la chiusura lampo del vestito per terminare di spogliarla. La sensazione dell’abito che si apriva, il rumore delicato della zip che scendeva e le labbra di Andrea che, subito, si tuffarono sui capezzoli, generarono un ulteriore incremento dell’eccitazione. Monica non riusciva a coordinare i movimenti delle sue mani mentre tentava invano di spogliare l’uomo che aveva davanti; maldestramente si affannava sui bottoni della camicia per poi abbandonarli e passare alla cintura dei pantaloni. Le venne in soccorso Andrea, il quale, appena ebbe sfilato via l’abito di lei, si alzò in piedi e, ammirando il suo corpo nudo steso sul letto, si spogliò.
Lei si era portata al centro del letto e adagiata su di un fianco lo aspettava con gli occhi semichiusi; lo sentì salire dal fondo, passare una mano sulle sue caviglie e quindi prenderle per divaricarle le gambe. Monica ruotò fino a stendersi davanti a lui, aprì leggermente le gambe quel tanto che bastava a consentire alla testa di Andrea di scivolare nel loro mezzo partendo dai polpacci. Percepì la sua lingua scorrere sulla pelle e salire sempre di più verso il pube. Lei accompagnava e guidava questo percorso aprendosi poco per volta, dosando con malizia i centimetri conquistati da lui, anche perché le piaceva in modo particolare la sensazione che riceveva dal contatto di quella bocca con sue calze. Allorché lui si trovò quasi contro il pube, trattenuto solo più dalla pressione che lei esercitava sulla sua testa con le cosce, si aprì di colpo facendolo precipitare proprio dove lei voleva; ansimò nel ricevere il colpo e si aprì ancora di più, sperando in una nuova lunga leccata sulla parte più sensibile.
Andrea, però, risalì ancora il suo corpo. Passando dall’ombelico puntava verso il seno. Si soffermò sui capezzoli, regalando ad ognuno un’equa dose di delicate succhiate intervallate da piccoli morsi che mandavano in estasi la donna sotto di lui. Salì ancora, sino alla sua bocca, per baciarla.
Monica sentiva il corpo di Andrea aderente al suo, ne recepiva il respiro, i guizzi dei muscoli; ma quello che più la faceva sognare era il pene appoggiato sulla sua leggera peluria del pube. Le sarebbe bastato inclinare verso l’alto la vagina per accoglierlo finalmente dentro di sé, per sentirlo entrare e farsi spazio nel suo ventre, ma voleva ancora godersi quel bacio così intenso da togliere il fiato prima di lasciarsi prendere. Quando sentì di non resistere più alla tentazione iniziò a cercarlo con il pube, lo sentì puntare deciso tra le labbra e sfiorare l’ingresso del suo corpo.
«Adesso, spingi! Prendimi ora… dai!» pensò Monica mentre si muoveva sempre più invitante.
Andrea, invece, le baciò la fronte mentre si portava, con attenzione, col membro all’altezza della bocca di Monica. Strofinò il membro su di un capezzolo, poi lo portò sulla sua bocca. Lei lo baciò sul prepuzio aspettando che lui lo tirasse indietro; quando il glande scoperto fu a sua disposizione iniziò a leccarlo dolcemente, esplorandolo con la lingua. Monica alzò lo sguardo verso di lui, e notando i suoi occhi chiusi e l’espressione concentrata pensò che fosse giunto il momento di fargli capire cosa era in grado di fargli provare: aprì la bocca e lo ingoiò aspirando. Andrea lasciò uscire un rantolo di piacere mentre quasi perdeva l’equilibrio; spinse in avanti verso l’interno della sua bocca, penetrandola a fondo sino in gola. Lei, per nulla sconvolta da quella presenza, incominciò a stuzzicare con la lingua, per quanto riuscisse, il glande. Continuò in quel modo anche quando lui si ritrasse, lo seguì sin fuori dalle sue labbra e quindi lo riprese dentro. Andrea non riusciva a contenere il forte piacere che Monica gli stava dando in quel modo e scappò da lei. Il suono gutturale di disapprovazione effuso dalle labbra invitanti di Monica lo fece, però, ritornare verso di lei. Temendo di non poter resistere a lungo, si limitò a sfiorare la sua bocca, godendo delle sporadiche leccate che lei riusciva a dargli.
Giocarono in quel modo a lungo: lei che tentava d’ingoiarlo e lui che le sfuggiva, come in un rituale inverso di pesca lui guidava con la mano il membro in modo da dare delle lievi e fugaci toccate alle sue labbra, mentre lei tentava di abboccare a quell’esca.
Lui era molto abile nel calcolare i tempi del gioco; quando capì che il divertimento iniziale si stava trasformando in una spasmodica attesa di qualcosa di più concreto scivolò via da lei portandosi, in ginocchio, tra le sue gambe. Le cinse la vita e la invitò, guidandola, a girarsi in modo da volgergli la schiena, poi la prese per le anche e le sollevò mettendola in ginocchio. Si avvicinò ai suoi glutei sistemandoli, al contempo, all’altezza giusta. Monica capì le sue intenzioni e sentì un forte calore espandersi nel ventre… questo la portò ad aprire ancora di più le gambe sollevando il sedere. A lei piaceva essere presa in quel modo, si sentiva pienamente posseduta, preda degli istinti del suo partner e femmina, sottomessa nella volontà, costretta a subire le fantasie e il ritmo che lui preferiva. Era fortemente eccitata quando percepì il suo membro puntare sulla sua femminilità. Lei si adattò meglio che poteva movendo il pube in modo da favorirlo e lui spinse.
Finalmente Monica lo sentì entrare. Emise un sospiro di sollievo seguito da un rantolo di piacere quando lui arrivò al fondo e si trovò completamente dentro di lei. Lasciò cadere la testa verso il basso mentre lui iniziava a muoversi regolarmente; guardò, attraverso il suo seno, la zona dove i loro organi genitali si stavano accoppiando. Vedeva i suoi testicoli allontanarsi per poi tornare contro di lei, e questo spettacolo, unito agli stimoli che riceveva, era un mix micidiale per lei. Si sentiva piena di lui e le piaceva come si muoveva in lei. Impostò un movimento favorevole al suo, in modo da accompagnare le spinte di Andrea per accentuare il loro piacere, dando il via anche ad una serie di ritmiche contrazioni dei muscoli pelvici.
Monica godeva, e la sua eccitazione era esplicita: Andrea la sentiva divenire sempre più calda e umida mentre si apriva a lui in un modo meraviglioso, ma poco stimolante dal punto di vista puramente meccanico. Lei sentì i primi sintomi dell’orgasmo arrivare nell’attimo in cui lui intensificò il suo ritmo, alzò la testa volgendo lo sguardo al soffitto mentre sul viso si dipingeva un’espressione di estrema concentrazione, come se fosse sottoposta ad uno sforzo immenso. Emise un sospiro tanto intenso da apparire come un grido nell’attimo che il piacere esplose nel suo ventre per iniziare la corsa verso il cervello. Monica sentiva le ondate arrivare regolari guidate dalle spinte di Andrea, perse il controllo del suo corpo lasciando all’istinto il compito di cercare la massima sensazione del membro di lui. Lentamente l’orgasmo andò scemando, consentendole di riprendere il controllo di sé. Monica tornò a muoversi lentamente, spinse il sedere contro il bacino di Andrea e si mise a ondeggiare i fianchi in modo estremamente efficace. Quei movimenti che si ripercuotevano su tutta la schiena di Monica e i suoi sospiri molto eccitati portarono Andrea verso l’apice del piacere. Lui tentò di resistere il più a lungo possibile, gli piaceva lo spettacolo dato dal corpo della donna che aveva davanti, voleva durasse il più a lungo possibile, ma era impossibile resisterle!
All’improvviso Andrea uscì da lei, estraendo il pene con una violenza tale da lasciar intendere che era ormai arrivato. Monica si voltò e, rapidamente, si portò verso il membro che lui brandiva con la mano destra, vedeva i suoi occhi chiusi e l’espressione di piacere che iniziava a dipingersi sul suo volto, capì che stava per esplodere e si tuffò con la bocca aperta in tempo per raccogliere il primo fiotto di seme, quindi ingoiò quel membro che tanto piacere le aveva dato. Raccolse tutto il suo succo in gola, succhiandolo in modo da svuotarlo. Quando lui rilassò i muscoli del bacino e dei glutei, Monica continuò a leccarlo dolcemente per mantenere vivo il piacere che era appena esploso.
Andrea si ritrasse da lei crollando sul letto al suo fianco e la invitò con un gesto ad avvicinarsi. Lei si accoccolò appoggiando la testa sulla sua spalla e mentre sovrapponeva una gamba alle sue, con la mano accarezzava dolcemente il membro in via di rilassamento.
Il mattino li colse ancora vicini. Lei faticò a spiegare la presenza di quell’uomo nel suo letto… poi ricordò tutto. Una consapevolezza che mentre si realizzava la sconvolgeva. È vero che aveva sempre desiderato Andrea, sin dalla prima volta che l’aveva conosciuto, ma da qui a trovarselo nel letto era un altro discorso. Ora che ricordava i dettagli della serata appena trascorsa non riusciva a capire cosa avesse vinto la sua volontà d’essere assolutamente fedele al marito. Non aveva bevuto più del solito, anche perché il vino su di lei aveva un effetto soporifero; lui non aveva insistito più di tanto, e lei si ricordava benissimo i suoi pensieri mentre lo baciava per la prima volta!
Inspiegabile! Era tutto incomprensibile: i pensieri, il comportamento, il fatto che aveva ceduto così facilmente e come si era data a lui. Negli anni i corteggiatori non le erano mancati, alcuni dei quali anche più seducenti di Andrea, e questo la gratificava al punto che non li aveva mai allontanati con sgarbo, senza però mai neanche incoraggiarli più di tanto. Il suo comportamento di quella sera non era spiegabile con il fatto che si trovasse da sola e a parecchi chilometri da suo marito, non era la prima volta che succedeva!
Meditava su queste cose mentre eseguiva, meccanicamente, le operazioni preliminari del restauro di un tomo del XII° secolo. Andrea era in biblioteca e questo le consentiva d’essere più lucida, sosteneva i discorsi con le sue colleghe e, intanto, meditava su quello che le era capitato. Si era sdoppiata: la sua mente da una parte e il resto del corpo lì, in quel laboratorio. Ricordò le parole di Andrea sulla leggenda che si ambientava nell’ala del castello dove loro dormivano, e sul presunto effetto erotizzante di quelle stanze. La logica e la razionalità, qualità che le avevano consentito di raggiungere dei brillanti risultati nel suo campo, si opponevano, però, a questa teoria. Monica classificò il suo cedimento alle grazie di Andrea come un momentaneo atto irrazionale, e come tale destinato ad esaurirsi in una sola notte.
Tranquillizzata dalle sue conclusioni telefonò al marito raccontandogli tutto sul suo nuovo lavoro e sui nuovi colleghi, ovviamente tacendo sugli avvenimenti di quella notte. Gli disse che gli mancava e che pensava sempre a lui, che non vedeva l’ora di tornare a casa ma quel lavoro era molto importante per la sua carriera, e così via. Rasserenata da quella telefonata, come se avesse ricevuto il suo perdono per la colpa che non gli aveva confessato, si dedicò con gioia al suo lavoro, ritornando ad essere una persona sola, con la mente unita al corpo.
Per tutto il giorno non aveva visto Andrea, impegnato nelle sue ricerche. Subito dopo cena, quindi, si recò in camera con l’intenzione di recuperare il riposo perso la notte precedente.
Mentre si spogliava davanti al misero specchio, recuperato chissà dove, osservava il suo corpo con occhio critico: ne valutava le curve nel loro insieme, la piattezza del ventre, la pienezza del seno e ruotando valutò la forma del sedere… sì, era soddisfatta da quello che vedeva e da sé stessa… le ore passate in palestra, le rinunce alle tentazioni della tavola, avevano dato i loro frutti.
Terminò di spogliarsi del tutto e s’infilò sotto la doccia. Regolò con cura la temperatura dell’acqua controllandola con il palmo di una mano, amava essere investita da un getto molto caldo quindi era in attesa che la temperatura salisse. Il vapore che si levava la investiva in pieno petto, donandole una piacevole sensazione umida su tutta la parte frontale del suo corpo; al contempo il calore faceva svolazzare la tendina cerata portandola, a tratti, a contatto con le natiche. Monica si godeva quell’insieme di piacevoli sensazioni ad occhi chiusi e lasciava la mente libera di vagare. L’umidità che iniziava a condensarsi sul seno le ricordava il leggero strato di sudore che imperlava il suo corpo e quello di Andrea la sera prima verso la fine del loro incontro, anzi, proprio verso l’apice del loro rapporto. I delicati colpi della tenda contro di lei si stavano trasformando, nella sua fantasia, in altrettante dolci carezze, come quelle di cui l’aveva ricoperta lui.
Si stava eccitando senza averne coscienza, e mentre riviveva, con la mente, l’attimo in cui lui l’aveva penetrata, si lanciò all’improvviso sotto il getto d’acqua… quasi che volesse invertire i ruoli, questa volta, ed essere lei dirigere il gioco. Si lasciò investire da quello scroscio caldo, godendo della sensazione che le dava sentirlo colare sul corpo, del calore che piano, piano, si diffondeva in lei. Alzò il viso portandolo al centro esatto della piccola cascata, e rimase ferma a lungo in quella posizione. Prese il docciaschiuma e lo versò in una mano per insaponarsi… immediatamente associò il bianco e lattiginoso liquido detergente ad un altro molto simile per colore e consistenza; non riuscì ad impedire alla sua fantasia d’immaginare che, in realtà, si stesse insaponando con quello.
L’eccitazione continuava a crescere indisturbata, poiché inizialmente non riconosciuta come tale da Monica ma scambiata per il languore che una doccia calda, dopo una lunga giornata, le lasciava indosso. Era così presa da queste sensazioni che non avvertì il rumore della porta che si apriva, e terminò la doccia con calma. Al termine indossò l’accappatoio portandosi di fronte allo specchio del bagno.
“Ciao… scusa se non mi sono fatto vivo prima, ma… eri uno spettacolo troppo entusiasmante, eccitante e… insomma, non ho parole per descriverlo…”.
Monica riconobbe subito la voce di Andrea dietro di lei e, senza darlo a notare, cerco di identificare la sua immagine nello specchio appannato. Vide, però solo una sagoma indistinta che le si avvicinava da dietro; quindi sentì le sue mani sui fianchi che la serravano con forza e passione. Monica si lasciò invadere dai brividi di piacere che ogni volta le sue mani le regalavano, abbandonò la testa all’indietro, appoggiandola su di una spalla di lui, e ansimò. Andrea la accarezzava con sempre maggiore insistenza, salendo verso il seno e scendendo sino ai glutei. Poco alla volta le aprì l’accappatoio raggiungendo, finalmente, la pelle ancora umida di Monica; fece scorrere le mani premendole forte il ventre mentre la baciava sul collo e sulle orecchie; si spinse sino ai primi peli del pube, ma non sconfinò mai al di là di essi se non quando Monica, regolandosi sulle sue carezze, spinse in alto il bacino portandolo all’altezza della sua mano. Andrea la richiuse sulla vulva e rimase lì, movendo solo le dita, in contemplazione dei suoi gemiti.
Non era questo il programma previsto da Monica per quella serata; una parte del suo cervello si rifiutava di accettare le carezze di Andrea, mentre l’altra, quella irrazionale ed istintiva, sperava che le sue mani si facessero sempre più audaci. Fu proprio l’istinto che le fece accettare senza alcun riserbo il gioco che lui le stava proponendo. Andrea estrasse da chissà dove una lunga sciarpa di seta blu, la sollevò sopra la testa di Monica tenendola tesa con entrambe le mani e, dopo essersi sincerato che lei lo vedesse nello specchio e accettasse il gioco, la bendò sugli occhi.
Appena perso l’uso della vista, Monica iniziò a percepire l’ambiente che la circondava con sensi che non credeva di avere così sviluppati. Ogni tocco, anche il più leggero, diventava una fonte di grandissimo piacere; ogni rumore, come il respiro di Andrea, diveniva una sinfonia nelle sue orecchie. Era tesa, allerta, impegnata ad ascoltare con attenzione tutto quello che lui le stava facendo, nel tentativo di capire, immaginare, cosa sarebbe seguito.
Andrea l’accarezzò a lungo sulla schiena nuda, seguì con il pollice la colonna vertebrale soffermandosi su ogni vertebra; quando giunse al fondo aprì le mani e le cinse la vita, con forza, poi passò sul ventre massaggiandolo a lungo prima di trarla verso di sé. Con lei aderente al suo corpo, fece scorrere le mani dal pube sino al seno, afferrando le mammelle, poi ridiscendendo sino al limite del pelo pubico per sfiorare le sue grandi labbra. Monica si stava appoggiando di peso contro di lui, e questo abbandono fisico corrispondeva a quello mentale: non sentiva più la volontà di resistergli, e aveva dimenticato completamente il suo stato civile. Non si sentì nemmeno sdoppiata, due personalità in un solo corpo… era lei, unicamente lei, che si stava godendo come non mai le attenzioni di Andrea, ed era pienamente consapevole di questo. Un pensiero le sfiorò la mente, per un istante: quello di essere infedele a suo marito che certo non meritava questo, tanto l’amava; ma quel pensiero sfuggì con la velocità di un’apparizione mistica dalla sua mente, lasciandola con un leggero sapore amaro in bocca e niente di più.
Poco alla volta Andrea la stava trascinando molto dolcemente verso il letto. Quando lo raggiunse si sedette sul bordo e la fece accomodare sulle sue ginocchia. In quella posizione continuò ad accarezzarla scendendo, ora, sin sulle cosce. Le fece aprire le gambe per dedicarsi ad un’accurata esplorazione del pube: ne separò le labbra dividendo con cura i peli, poi strofinò il suo dito sull’ingresso di quel pozzo umido e caldo che era la vagina. Giocò a lungo in quel modo, tenendosi sempre a rispettosa distanza dal clitoride nonostante tutti i tentativi di lei di portarglielo davanti alla mano. All’improvviso la penetrò con un dito strappandole un forte gemito di piacere, poi la prese in vita per farla alzare, quindi la sistemò sdraiata sul letto.
Monica percepiva gli inequivocabili rumori dei vestiti che venivano tolti, e la sua mente andava nei ricordi della sera precedente in modo da immaginare il corpo di Andrea. Dopo un attimo di silenzio intuì la sua presenza in fondo al letto, davanti ai suoi piedi. Ne ebbe conferma quando sentì qualcosa di umido e morbido sulle dita, un brivido percorse il suo corpo: partendo dai piedi si allargò nel ventre per terminare nella sua bocca che gemeva. Con calma Andrea risalì lungo le sue gambe, oltrepassò le cosce e raggiunse, finalmente, il pube. Il tanto atteso incontro della lingua con il clitoride fece contrarre tutti i muscoli a Monica che, inarcando la schiena, spinse il pube contro la faccia di lui. Andrea ne approfittò per infilare le mani sotto i glutei e, stringendoli forte tanto da farle male, la trattenne in posizione mentre con la lingua si inventava sempre nuove evoluzioni.
Monica aveva perso il controllo del suo corpo; la forte eccitazione, generata da quella situazione insolita, non le consentiva di gestire in modo ottimale il piacere che provava: rischiava di godere di un orgasmo inaspettato quanto intenso. La testa sembrava vuota, e in realtà lo era, da ogni pensiero, mentre un diffuso formicolìo le solleticava la pelle. Aveva anche perso l’esatta cognizione del mondo esterno; sentiva le mani di Andrea che scorrevano sul suo corpo, ma non riusciva a capire quante e dove fossero. Era impossibile, pensava felicemente stupita, che fossero così mobili, le percepiva tutte e due sul seno e, quasi contemporaneamente, sulla vulva o sul ventre. Questi problemi di dislocazione spazio-temporale la facevano impazzire di eccitazione, involontariamente il gioco proposto da Andrea stava realizzando un surrogato perfettamente credibile delle sue più segrete fantasie: avere le attenzioni di due uomini, questo lei sognava da tempo. Non lo aveva mai confidato a nessuno, né al suo nuovo amante né tantomeno a suo marito; eppure lui, l’amante, in quel momento era tanto abile da farle credere di avere più di due mani addosso.
Monica allargò le braccia a croce, poi le portò sopra la testa e si concentrò su quello che le stava facendo Andrea: la sua lingua si era calmata sino a fermarsi del tutto, quindi lui si alzò dal letto. Dal rumore dei suoi passi, lei capì che si stava dirigendo verso la porta della camera, senti chiaramente il fruscio prodotto da una busta di materiale plastico e quindi nuovamente i passi, questa volta percorsi verso di lei.
“Ti ho preso un regalo!” disse Andrea, con la voce che testimoniava un’emozione smisurata alla situazione.
“Dammelo, ti prego…!” rispose lei.
Monica sentì qualcosa di duro, ma dalla superficie morbida, appoggiarsi al suo stomaco, lo prese in mano e percorrendone la superficie cercava d’indovinarne la forma e di identificarlo. Era un oggetto tubolare dalla superficie irregolare e leggermente curvo. Le dimensioni la misero subito sulla buona strada, ma continuò a tastare quell’oggetto proprio perché aveva già capito di cosa si trattava, sicura che Andrea la stesse osservando con gli occhi sbarrati. Lo percorse in tutta la lunghezza più volte, poi lo portò alle labbra come per testare nel dettaglio la ruvidezza della superficie; d’istinto aprì la bocca e lo ingoiò per buona parte. Il rantolo emesso dal suo amante la stimolò a continuare quel gioco. Le dispiaceva solo di non poter vedere la sua espressione mentre faceva scorrere quell’oggetto lungo il solco tra i seni per raggiungere il pube. Aprì e rannicchiò le gambe, quindi portò il fallo sintetico davanti alla vagina e, con consumata abilità, si penetrò.
Ansimò forte sottolineando ogni centimetro che l’oggetto conquistava nel suo ventre, e rantolò per indicare di essere arrivata al fondo, inarcò la schiena contraendo forte i muscoli del pube contro quello che teneva dentro, poi lo estrasse di poco. Stava per spingerselo nuovamente dentro quando sentì due mani che allontanavano le sue dal simulacro fallico, allora si abbandonò ai voleri di lui. Si lasciò penetrare da quell’estensione mentale del membro reale di lui, ma sostanziale dentro di lei, secondo il ritmo e le modalità decise da quello che ora era diventato la sua guida. Questo totale senso di abbandono, il sentirsi completamente nelle sue mani, la eccitarono ulteriormente portandola ad un passo dall’orgasmo. Monica ansimava, gemeva e urlava, non capiva più cosa le stesse facendo: sentiva chiaramente la mano che spingeva il fallo sintetico dentro di lei ma, al contempo, percepiva anche una, due, tre mani sul suo corpo. Intuiva la loro presenza sul seno, sui fianchi, sul bacino, sulla gola e sulle labbra; sulla vulva, intente a separarne le labbra e poi tra i glutei alla ricerca del punto sensibile dell’ano.
«Impossibile…», si diceva nei rari sprazzi di lucidità, «…Andrea è solo, ed ha due mani come tutti!» Eppure il fenomeno della moltiplicazione delle mani continuava su di lei!
Lui non parlava, restava in assoluto silenzio senza rispondere agli incitamenti o alle richieste di Monica, si limitava a manovrare, con sempre maggiore perizia, il finto membro. Quando capì che lei era al limite si fermò, lasciandolo dentro, e prendendola per i fianchi tentò di farla ruotare in modo da poterla prendere da dietro come la notte precedente. Monica lo assecondò nonostante l’ingombro che sentiva nel ventre. Si posizionò come lui voleva e aspettò le sue mosse.
Lui la costrinse, allora, a sollevare ancora di più il sedere e dopo essersi posizionato dietro di lei ritornò a manovrare il fallo di gomma, questa volta più lentamente di prima. Monica intuì la sua carne a contatto dei glutei, capì che doveva essersi spogliato mentre lei si esibiva nello studio del suo regalo. Il membro di Andrea, quello vero, puntava su di una natica con forza mentre lui la penetrava con quello finto e le spingeva la faccia sul cuscino con la mano libera. Continuò in quel modo sino a portarla nuovamente sul limite dell’orgasmo, e solo quando i gemiti di lei divennero troppo frequenti e intensi fermò la penetrazione; quindi lasciò anche la presa sulle sue spalle per divaricarle le natiche. Monica capì cosa voleva e provò un attimo di smarrimento.
Andrea le stuzzicò l’ano con un dito inumidito dai suoi umori vaginali; quando sentì che le sue carezze lo stavano rilassando da un lato ed eccitando dall’altro, provò a spingere piano un dito dentro di lei. Monica prima urlò una negazione secca, bloccandolo all’istante; poi, pentita, lo pregò di continuare, ma con più calma e dolcezza. Andrea ritornò ad interessarsi a lei con tutte le precauzioni del caso, e riuscì a preparare l’ano di Monica alla sua prima penetrazione.
Quando fu certo della sua disponibilità, puntò il membro al posto del dito e spinse piano. Monica si aprì a lui facilmente all’inizio… poi una forte fitta di dolore la fece urlare e contrarre l’ingresso delle sue viscere; lui aspettò che si calmasse e poi tornò a spingere. Monica si sentiva squartare, le pareva che le stesse spingendo dentro una cosa enorme… fu anche tentata di chiedergli se per caso non fosse in procinto di sodomizzarla con un altro simulacro ma più grosso di quello che aveva già avuto il piacere di provare per la via ordinaria. Per fortuna la forte eccitazione la stava predisponendo al meglio, poco alla volta il dolore lasciò il posto al piacere. Una sensazione strana ma gradevolissima, un piacere che partiva sempre dal ventre ma allocato in una zona del tutto nuova, che mai lei avrebbe pensato poter esserne fonte.
Andrea si stava spingendo sempre di più in lei, con una serie di spinte regolari ed inesorabili, mentre la tratteneva per i fianchi. Spingeva tanto che lei, allungando una mano da sotto il pube, raggiunse la zona anale per tastare il membro di Andrea in modo da capire quanto le fosse realmente dentro. La scoperta che solo una manciata di centimetri le rimanevano fuori la stupì, e la consapevolezza di quello che stava facendo la fece sentire più spregiudicata e «porca» che mai. Fu proprio questo ad eccitarla, tanto da spingerla ad incrementare questa sensazione stimolandosi da sola il clitoride. Non si era mai comportata così, non si era mai toccata mentre era impegnata in un rapporto sessuale, il solo pensiero la disturbava; ma ora, violato anche l’ultimo tabù corporale, si sentiva in grado di violare anche quello mentale, e si toccò con una intensità tale da procurarsi immediatamente un orgasmo.
Monica urlò alzando la testa verso il soffitto, tentò anche di inarcare la schiena, ma la presenza di lui nel suo intestino lo impedì. Godette di un orgasmo veloce ma intenso, incompleto però, visto che mancava la componente più interna, quella vaginale. Il piacere la lasciò con un senso di vuoto… aveva goduto ma non completamente, e il membro di Andrea, ancora dentro di lei, riusciva solo a farle venire ancora più voglia di esplodere in un orgasmo degno di questo nome. Lui intuì il suo stato e prese nuovamente il fallo di gomma per puntarglielo al pube, e mentre la sodomizzava iniziò a spingere dentro la vagina anche quello. All’inizio lei non capì la sue intenzioni, credeva volesse solo stimolarla, eccitarla, masturbarla in quel modo; poi quando lo sentì entrare si sconvolse di lui e di lei, della propria disponibilità ai suoi giochi. Se quel tipo di accoppiamento lo avesse proposto suo marito, lei si sarebbe dichiarata turbata e sconvolta dalle sue fantasie… ma in quel momento provava solo e esclusivamente il desiderio di andare avanti, di esagerare, di spingersi dove non avrebbe mai immaginato.
Andrea la penetrò a fondo anche con il suo doppione sintetico, arrivò il momento in cui sia lui che l’altro, quello di gomma, si trovavano completamente dentro il corpo di Monica. Lei non riusciva più a distinguere quale dei due fosse la fonte di piacere più intenso, il membro di Andrea premeva contro quello sintetico, separato da una sottile barriera di carne. All’interno del suo corpo le due presenze si univano, divenendo una sola ed enorme, mentre all’ingresso stimolavano due punti distinti ma ugualmente fonti di grande piacere per lei.
Monica non riusciva a muoversi, temeva di fare qualcosa di sbagliato e perdere anche un solo istante di quella stupenda situazione, lasciò fare a lui e si predispose al nuovo e dirompente orgasmo che sentiva arrivare. Lo sentì nascere nel profondo del ventre come al solito, ma questa volta con un carattere in più: qualcosa che le accendeva un piacere supplementare.
L’orgasmo esplose violento come si aspettava e desiderava, si allargò nella zona pubica e anale per poi percorrere il suo corpo sino al cervello. Le sue urla coprivano gli ansimi di Andrea che ora si stava movendo sempre più veloce dentro di lei.
Monica si contorceva dal piacere, incurante della doppia presenza in lei; ora non sentiva più nessun dolore o fastidio, sperava solo che lui si muovesse sempre più veloce. Le contrazioni involontarie del pube dettate dal ritmo delle ondate di piacere incontravano un ostacolo più solido e massiccio del solito e questo incrementava il suo godimento. Stava per crollare sul materasso, sfinita dallo sforzo appena esercitato, quando percepì Andrea irrigidirsi e spingere il membro sino in fondo nelle sue viscere; quindi fu il suo turno di urlare. Monica scoprì la nuova ed esaltante sensazione di sentire pulsare un pene in un altro punto del suo corpo. Mentre veniva lui estrasse il suo aiuto dalla vagina e spinse con le reni costringendo Monica a stendersi sul materasso. Rimase però dentro di lei sino alla fine.
Quando uscì da lei, Andrea si lasciò cadere al suo fianco e le accarezzò la schiena dolcemente; quindi, dopo qualche istante, slegò la benda che ancora le ricopriva gli occhi. Monica non sollevo e non ruotò il viso; rimase ferma e immobile nella posizione nella quale era stata spinta da lui nell’attimo estremo. Respirava regolarmente e sempre più lentamente, come a voler riprendere il controllo del proprio corpo. Quando si sentì meglio, Monica voltò lo sguardo verso di lui e gli lanciò un’occhiata riconoscente. Andrea sorrise, continuando ad accarezzarle la schiena sino a quando lei si addormentò.
Al risveglio lui non c’era, e questa scoperta produsse un forte senso di vuoto nello stomaco di Monica. Lo chiamò, pensando che fosse in bagno, ma non ottenne risposta; quindi si alzò e si diresse verso la doccia. Il corpo le doleva: tutti i muscoli delle gambe e del ventre testimoniavano la notte che aveva appena passato.
Curiosamente, notava, non provava alcun dolore nella zona anale, piuttosto erano le labbra grandi e piccole della vagina ad essere leggermente irritate. Si lavò con cura, poi si vestì in fretta ma con attenzione ai particolari, e corse verso la stanza di Andrea dove bussò a lungo senza ottenere risposta. Scese quindi verso la zona dove gli altri stavano già consumando la colazione e lo cercò tra di loro. Niente, non c’era. Allora domandò informazioni alla sua collega addetta alla gestione dei volontari ricercatori, e apprese che lui era partito di buon ora per Girona.
L’espressione di Monica tradì solo per un istante i suoi sentimenti, poi si ricompose e uscì dal locale senza nemmeno aver preso un caffè.
Camminò verso il parco del castello, doveva trovare un luogo tranquillo nel quale riflettere. Perché lui se ne era andato così, e perché non le aveva accennato niente la sera prima, mentre facevano l’amore? Le occasioni non erano mancate!
Monica controllò il suo telefono cellulare, era acceso e riceveva benissimo, se voleva Andrea poteva chiamarla. Stava per farlo lei, aveva già selezionato il suo nome nell’agenda, ma si era bloccata sull’invio. Non sapeva cosa fare né cosa dire!
Il telefono squillò facendola sobbalzare, era indecisa se rispondere o meno, aveva lo sguardo fisso sul visore ma non leggeva l’identità di chi la stava chiamando. Meccanicamente portò l’apparecchio all’orecchio mentre premeva il tasto di ricezione.
“Ciao, amore! Dormito bene?” disse una voce nota.
“Si! Grazie…” rispose lei, ancora incosciente dell’identità dell’interlocutore.
“Volevo darti il buongiorno come tutte le mattine… sai, mi manchi tanto!”.
“Anche tu caro, ma qui ho quasi terminato il mio lavoro. Si è dimostrato più breve del previsto e la gente non manca!”.
“Mmm… ti sento strana, sicura che tutto vada bene?”.
“Sì, sì… stai tranquillo, è solo che non riesco ad abituarmi alla mancanza del cuscino, e qui pare che sia un oggetto sconosciuto”.
“Per il resto… tutto okay?” domandò lui, incuriosito dallo stato d’animo avverso che traspariva dalla sua voce.
“Sì, diciamo di sì… il fatto è che mi aspettavo di più da questa esperienza… ed ora mi accorgo di quanto deludente sia stata in realtà…”.
“Cosa è successo?”.
“Niente di particolare, il solito o quasi. Solo che qui, dopo che inizi ad appassionarti ad un lavoro, ad un bel tomo… te lo tolgono all’improvviso senza nemmeno spiegarti il perché e tu non riesci più a capire se hai lavorato bene o se hai fatto qualche errore! Sono… delusa, ecco tutto!”.
Per tutto il resto della telefonata Monica parlò d’Andrea e del suo rapporto con lui utilizzando delle metafore inerenti il suo lavoro, che il marito non capì e prese per buone. In pratica lei gli stava confessando il tradimento e le modalità dello stesso utilizzando dei simboli che solo lei era in grado di capire. Questo, però, le servì per ritrovare la lucidità necessaria a terminare in breve il suo corso di specializzazione.
Dopo pochi giorni era sulla strada di casa. Il lungo viaggio verso l’Italia le consentì di meditare ancora sull’esperienza di quei giorni. Non aveva più risentito Andrea, lui non aveva chiamato, e lei si era guardata dal farlo. Restava il ricordo del forte e inconsueto piacere che quelle due notti di trasgressione le avevano dato; ora si sentiva completa, forse più femmina o solamente più spregiudicata. Però se scavava in fondo al suo cuore sentiva un senso di vuoto.
Le lunghe distanze percorse in autostrada ad una velocità non troppo elevata sono l’ideale per meditare. Sola nell’abitacolo, con l’autoradio che continuava a suonare lo stesso CD ad un volume appena percettibile, Monica tentava di capire a cosa era dovuto il vuoto che sentiva dentro. Si poneva delle domande cui lei sola non poteva rispondere ma in quello stato emotivo in cui si trovava questo passava in secondo piano. Perché Andrea era sparito così all’improvviso? Perché non l’aveva più cercata? Per quale motivo l’aveva sedotta? Sì, poiché Monica era sicura d’essere stata sedotta; era stata portata al tradimento contro ogni sua aspettativa, mai lei aveva immaginato di poter avere una storia con un altro uomo che non fosse suo marito. Andrea l’aveva sedotta approfittando di un suo momento di debolezza, di un periodo in cui nella sua coppia c’erano parecchie tensioni, spingendola a vivere un’esperienza che l’aveva turbata nel profondo … e poi era sparito senza nemmeno un saluto.
Lei era «pulita»; era stato un aspetto sconosciuto della sua personalità a cedere, sobillato da Andrea. Una parte di lei non aveva mai ceduto alle sue grazie, un’altra sì, ma era la parte meno nobile e razionale quella che l’aveva spinta a letto con lui. Questo Andrea l’aveva capito… per quello era sparito, si sentiva in colpa per essersi approfittato di lei.
Questi erano i pensieri di Monica. Man mano che riusciva a scaricare su di lui le colpe, o i meriti, di quello che era successo i dubbi sul suo comportamento finale passavano in secondo piano. Però il senso di vuoto restava, e lei non trovava ancora alcuna giustificazione.
Pensò, a questo punto, si trattasse dei sensi di colpa nei confronti del marito. Anche lui, però, aveva le sue colpe: era distratto, non la considerava più come un tempo, forse non la desiderava nemmeno più. I problemi di lavoro, dietro ai quali si trincerava per giustificare il suo calo d’interesse, non reggevano come scusa. Suo marito, con il suo comportamento, l’aveva spinta tra le braccia di Andrea o di qualunque altro uomo fosse stato in grado di darle la dolcezza e gli stimoli che tanto anelava, quindi non doveva provare alcun senso di colpa nei suoi confronti.
Era giunta a pochi chilometri dal confine italiano e ancora non aveva trovato giustificazione al senso di perdita che sentiva, però era riuscita perfettamente nel compito di giustificare sé stessa. Aveva chiuso con Andrea, almeno questo era quello che pensava, sarebbe tornata a casa perfettamente libera da ogni sua influenza e la storia che aveva vissuto con lui sarebbe stata solo una bellissima parentesi, un momento magico da ricordare e niente di più.
Il telefono diede segni di esistere richiamando la sua attenzione, Monica rispose tranquilla, pensando che fosse il marito o un’amica che voleva sincerarsi sulla sua collocazione geografica. Purtroppo per lei era Andrea che chiamava. Improvvisamente tutto il suo castello di giustificazioni crollava di fronte alla sua voce, senza che lui dicesse niente di più che un semplice saluto. Monica dimenticò all’istante il modo in cui lui era uscito dalla sua stanza e l’aveva abbandonata. Lui si giustificò sostenendo che doveva scappare da lei per non correre il rischio di cadere in un amore impossibile, sapeva che non poteva strapparla a suo marito al quale lei era legata da un doppio filo d’amore e d’interesse. Sapeva anche di rappresentare solo una piccola ed insignificante avventura per lei… per questo era scappato via, quel mattino.
Monica cadde nella trappola e si sciolse alle sue parole. Il loro lungo discorso dovette essere interrotto dall’approssimarsi del tunnel del Frejus; le loro parole di saluto rimandavano il resto del discorso ad un incontro che presto avrebbero avuto.
Monica cessò di sentire il vuoto che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio; senza rendersene conto era nuovamente caduta tra le braccia di Andrea… e questa volta difficilmente sarebbe riuscita a legittimare a sé stessa il suo comportamento, e a limitare i danni.
Ferma sul bordo della Départmentale 81, che puntava diritta al castello seguendo quella che era stata una delle rotte di caccia, Monica scrutava la costruzione che sarebbe stata il suo alloggio e luogo di lavoro per le prossime settimane.
Era partita di buon’ora da Blois, dove aveva fatto sosta per la notte; era troppo ansiosa di vedere, annusare, sentire quel castello. In quel luogo si sarebbe giocata il suo futuro di restauratrice di antichi documenti, un lavoro per il quale si era preparata a lungo: prima la laurea, poi i corsi specializzati, infine questo master qui in Francia. Incrociò le braccia sotto il seno come per proteggersi dai brividi che sentiva, ma non era freddo, solo semplice emozione. Si specchiò nel finestrino posteriore dell’auto; forse quei jeans troppo fascianti non erano molto professionali, così pure il maglione largo e sformato che l’aveva accompagnata in tutto il suo corso di studi come portafortuna e a cui era molto affezionata. L’appuntamento con il direttore dei lavori era previsto di lì a venti minuti, non c’era tempo per cambiarsi. Risalì in macchina avviandosi verso il paese.
Nel tragitto il castello scompariva dietro la collina e le case, e questo le permise di regolarizzare il suo battito cardiaco e di iniziare a contenere l’emozione. Quando varcò il cancello della tenuta era apparentemente tranquilla. Domandò informazioni ad un giardiniere nel suo francese stentato, ma riuscì a farsi indirizzare verso l’ala dove erano accampati i suoi futuri colleghi. Posteggiò in mezzo alle altre vetture, una più scassata dell’altra, e scese guardandosi intorno.
Mentre abbassava gli occhiali da sole sugli occhi, sentì una voce che la chiamava.
“Monica! Finalmente ti rivedo! Com’è andato il viaggio?”.
Voltandosi verso la voce rimase abbagliata dal sole senza riuscire a scorgere i tratti del viso dell’uomo che l’aveva chiamata. Quella voce, però, le era ben nota! Sentì una forte stretta allo stomaco mentre collegava il suono delle parole al proprietario.
“Andrea!?”.
“Sì, sono io. Ma come? Non mi riconosci più??”.
“Certo che… ma che ci fai qui?” domandò lei con la voce che tradiva una forte emozione.
“Ci lavoro, come te! Sai, ci sono un’infinità di tomi di origine italiana nella biblioteca. È uno spettacolo fantastico, pensa che hanno delle edizioni che non speravo di vedere mai nella mia carriera. Hanno…”.
“Mi dai una mano a scaricare i bagagli?” lo bloccò Monica.
Sapeva quanto era appassionato del suo lavoro, se lo lasciava parlare poteva andare avanti per ore, mentre lei rimaneva lì ad ascoltarlo estasiata. In quel momento, però, era troppo eccitata dall’idea di vedere con i suoi occhi i libri su cui avrebbe dovuto lavorare, e di conoscere i futuri colleghi che arrivavano da tutta Europa.
Aveva conosciuto Andrea circa due anni prima ad un corso di specializzazione, e subito era nata una particolare intesa… lui incarnava il modello di uomo che aveva spesso sognato: tenero ma deciso, razionale ma incredibilmente sensuale, forse non bellissimo ma con un grandissimo carisma. Non temeva di mostrare le sue emozioni, di confessare i suoi limiti e le paure, ma non mollava mai di fronte agli ostacoli. Sapeva infondere forza e sicurezza in chi gli stava vicino. Monica si era quasi innamorata di lui; solo il pensiero che quel corso sarebbe durato troppo poco, e la consapevolezza che, subito dopo, lui sarebbe partito per un’ulteriore specializzazione a Parigi, l’avevano fermata. In quella quindicina di giorni si era scordata del marito e del loro recente matrimonio.
Ora se lo ritrovava davanti, all’improvviso. Si sentiva la testa leggera e svuotata da ogni pensiero o volontà mentre lo seguiva verso l’ala del castello adibita a biblioteca. Dopo aver rivisto i singoli fotogrammi del loro precedente incontro si era dimenticata chi era, cosa faceva lì, del suo matrimonio e che suo marito l’aveva lasciata partire per nulla contento di quel suo nuovo impegno. In un lampo di lucidità si ricordò della fede: tenerla o toglierla? Lul l’aveva notata oppure no? Nel loro precedente incontro la portava? Poteva, l’anello, precludere una possibile esplosione dei sensi?
Non sapeva cosa fare. Andrea camminava tranquillo un passo avanti a lei, mentre continuava ad illustrarle tutte le caratteristiche salienti del luogo e qualche pettegolezzo sui suoi colleghi. D’istinto la sfilò, la estrasse dal dito spingendola con forza nella tasca portamonete dei jeans. Si sentì subito meglio, quel gesto irrazionale le aveva ridato il controllo razionale delle sue azioni. Analizzò i suoi sentimenti alla ricerca di eventuali sensi di colpa, ma non ne trovò traccia. Sentendosi più tranquilla e anche un po’ spregiudicata lo affiancò, dimostrandosi molto interessata alle sue parole.
Seguirono le presentazioni ai colleghi, la visita ai locali del laboratorio, alla biblioteca e un giro veloce per tutto il complesso… e finalmente giunse in quella che sarebbe stata la sua camera. La esplorò divertita dalle battute di Andrea, studiò la capienza dell’armadio, la pulizia del bagno, mentre lui, seduto sul letto, l’aggiornava sui fatti che gli erano accaduti nell’ultimo anno. Monica apprese con malcelata gioia che era libero da ogni legame sentimentale in quel momento, e che iniziava a sentire il bisogno di una donna. Questa notizia, lanciata nel discorso ad arte da Andrea, la colpì nel profondo del suo animo. Si era sempre chiesta come sarebbe stata la sua vita se avesse compiuto un passo verso di lui, semplicemente incoraggiando il suo interesse. All’epoca si era tirata indietro, ma oggi le si ripresentava una possibilità. Non ascoltava più le sue parole, lo fissava e basta.
Quattro soli anni di matrimonio le erano bastatati per capire i limiti della loro convivenza. Suo marito, sempre impegnato in una moltitudine di attività esterne alla coppia, se non si può affermare che la trascurasse, quanto meno non la considerava come durante gli anni del fidanzamento. Alle sue lamentele rispondeva che in una coppia era salutare mantenere i propri spazi e che anche lei avrebbe dovuto trovare i suoi. Monica li aveva trovati, e questo, per qualche mese, aveva funzionato: il matrimonio era arricchito dalle loro esperienze singole, ma alla fine si erano ritrovati con troppo poco tempo a disposizione per loro due. La quotidianità aveva fatto il resto, l’eccitante novità della convivenza era finita come la passione. Sì, la passione che provavano a vicenda aveva ricevuto un fortissimo impulso dal matrimonio, ma questa rinnovata intensità era durata troppo poco, uccisa dall’abitudine e dal poco tempo che dedicavano a coltivarla.
Ora si ritrovava davanti all’uomo che aveva sognato negli ultimi tempi: aveva visto in lui un compagno ideale; o quantomeno aveva gli stessi suoi interessi!
La mente di Monica iniziava ad analizzare la situazione da un punto di vista puramente razionale. Messa al bando l’emozione iniziale, stava proiettando con la fantasia i possibili sviluppi di una sua relazione con Andrea. Di certo non desiderava mettere in gioco il matrimonio; al di là dei difetti, suo marito restava sempre un ottimo compagno per lei. In ogni caso anche l’uomo seduto sul letto in quella camera aveva i suoi, e non era detto che fossero minori o meno fastidiosi di quelli che già sopportava. Non cercava quindi un nuovo compagno, ma uno sfogo. Sentiva il bisogno di ritrovare la passione che aveva perso per suo marito, ascoltare il cuore palpitare per un bacio, provare eccitazione solo al pensiero di una carezza particolare, desiderare fortemente qualcuno. Tutto quello che le era mancato negli ultimi anni.
Era ancora troppo presto per tentare un approccio diretto, non poteva immaginare le sue reazioni.
Lo ringraziò per l’aiuto accompagnandolo alla porta; poi, una volta sola, si dedicò alla valigia, esaminandone il contenuto. Non aveva previsto quell’incontro, per la verità non aveva pensato a nessun incontro interessante dal punto di vita emotivo, e si notava dalla scelta dei capi d’abbigliamento: niente di sexy o seducente, nemmeno la biancheria! Solo capi comodi da indossare e lavare: jeans e maglioni per le giornate più fresche e qualche abito leggero per quelle più calde. Occorreva porvi rimedio.
Uscì e raggiunse la sua automobile; mentre si avviava verso il paese incrociò Andrea, che si offri di accompagnarla. Rispose con un cortese rifiuto, non voleva che vedesse quello che stava per acquistare.
Passeggiando per l’unica via commerciale di quel piccolo comune, fu sedotta dalla vetrina di un negozio. Entrò e, nel varcare la soglia, al solo pensiero di quello che stava per comprare e per quale motivo, iniziò ad eccitarsi. Non poteva disporre di una notevole somma, ma trovò di ché soddisfare il suo bisogno di sentirsi più desiderabile. Acquisto due completini molto sexy e un abito corto ideale per le cene a due. Ora si sentiva meglio, aveva affilato un minimo le sue armi… peccato solo che avrebbe dovuto disfarsi di questi capi prima di tornare a casa: suo marito conosceva il suo guardaroba, e sarebbe stato difficile spiegare quelle nuove presenze al suo ritorno!
I giorni seguenti li videro impegnati in lunghe manovre d’avvicinamento: nessuno dei due voleva compiere il primo passo, ma si capiva che erano seriamente intenzionati a compierlo alla prima occasione buona. Questa venne la sera in cui Andrea la invitò a cena fuori. Lei si preparò con cura, il vestito nuovo poteva ora adempiere al compito per il quale era stato acquistato, e così pure la biancheria, o almeno questo sperava Monica. La cena si svolse in modo quasi normale: tante allusioni, doppi sensi, velate proposte e così via. Lei se lo ritrovò in camera senza ricordare come e quando lo avesse invitato ad entrare, evidentemente aveva seguito l’istinto.
“Sai, Monica, che quest’ala del castello era utilizzata per gli incontri erotici dei proprietari?! Qui sia lui che la sua sposa incontravano i loro amanti. L’ho scoperto analizzando dei documenti…” ruppe il ghiaccio lui.
“Non mi dire! E chi è che ha scelto di dare a me la camera in questa parte del castello?”.
“Io…” ammise Andrea.
“Tu?” domandò divertita lei. “E perché?”. Intanto gli si faceva incontro.
“Per scoprire se è vera la leggenda che circola da queste parti!”.
“Quale leggenda? Dai, racconta!” lo incitò Monica.
“Niente di particolare… si dice che chi ha la fortuna di pernottare qua ha… diciamo… un’intensa attività erotica! La forte carica passionale lasciata in queste stanze, e non ancora esaurita, funzionerebbe da potentissimo afrodisiaco…” raccontò lui, un minimo imbarazzato.
“Interessante! E tu dove dormi?”.
“La stanza di fronte alla tua…” ammise lui.
“E… con te ha funzionato sino ad ora?” lo incalzò lei.
“Sarebbe stato difficile. Siamo soli su questo piano!” ammise ancora Andrea, messo alle strette dagli occhi di Monica.
“Quando hai scoperto che sarei venuta qua a completare la mia preparazione?”.
“Prima di decidere se venire anche io qui o andare in Spagna!”.
“Quindi ha predisposto tutto, vero?” domandò lei mentre si avvicinava sorniona a lui.
“In un certo senso…” ammise, intanto che indietreggiava.
“Perché?”. La voce di Monica era diventata all’improvviso calda e sensuale.
“Perché sono due anni che ti penso!”.
“E tutte le altre donne che hai avuto nel frattempo?”.
“Pensavo sempre e solo a te. Le altre servivano solo a lenire la solitudine, tremenda senza di te!”.
“Che bugiardo! Non penserai che ti creda… vero??!”, disse lei, sorridendo.
“Fallo solo per questa sera! Non ti chiedo di più!”.
Monica ormai quasi aderiva a lui, arroccato con le spalle al muro. Lo fissava diritto negli occhi mentre pensava che, in realtà, lui le stava chiedendo molto di più di un semplice atto di fede, la stava spingendo ad essere infedele!
Le vennero in mente, chissà perché, le parole di San Girolamo, una delle massime autorità della Chiesa medioevale, che aveva letto giusto quel pomeriggio: «…l’uomo saggio deve amare la propria moglie con giudizio e non con passione. Deve controllare lo stimolo della voluttà e non lasciarsi trascinare nell’accoppiamento. Non vi è cosa più infame che amare la propria sposa come un’amante…». E lei proprio quello stava facendo, amava il suo amante con la passione e suo marito con la tenerezza e la razionalità. Ora era tempo di cedere alla passione!
Si era avvicinata troppo per tirarsi indietro, il profumo, il calore emanato dal suo corpo la stavano attirando come una potentissima calamita. Si appoggiò a lui e avvicinò il viso sfiorandogli le labbra con il naso, poi con gli occhi chiusi portò la bocca all’altezza della sua, toccandola appena. Il contatto generò una forte scossa e una valanga di pensieri nella mente di Monica. «Lo sto per fare! Oddìo, lo sto per fare…» rifletteva mentre dischiudeva leggermente le labbra. Sentì aprirsi anche le sue e perse il controllo. Le lingue si trovarono a mezza strada avvinghiandosi tra loro, finalmente Andrea l’abbracciò e lei si abbandonò completamente a quella stretta. Si lasciò prendere dal bacio al punto di non accorgersi delle sue mani che scivolavano lentamente verso le natiche, sino a quando si sentì sollevare da terra. Piacevolmente stupita ed eccitata dalla sua forza, intensificò la passione riversata nel bacio… si sentiva presa e questo la mandava in estasi.
Lui la portò verso il letto senza mai staccare le labbra dalle sue, l’adagiò seduta sul bordo e s’inginocchiò tra le sue gambe; accarezzandole le fece schiudere per poterne sfiorare con le mani l’interno. Un tocco leggero, delicato, al punto che Monica sentiva solo il calore emanato dai palmi, ma sufficiente a portare il suo desiderio oltre il lecito.
“Sali più su… ti prego!” sussurrò, poiché Andrea si ostinava a fermarsi sul limite dettato dalle autoreggenti.
Finalmente percepì le sue mani sfiorare il pube attraverso gli slip, si appoggiò all’indietro sui gomiti e spinse leggermente in alto il bacino, invitandolo silenziosamente a sollevarle il vestito sino in vita. Si gustò la rude forza delle sue mani, che, distolte dal compito di accarezzarla, spingevano verso l’alto il tessuto con una veemenza tale da testimoniare la sua voglia. Monica respirava piano, controllata, con gli occhi chiusi in attesa degli eventi, e ansimò quando lui le mordicchiò delicatamente gli slip sul pube, prendendone tra i denti il bordo superiore e tirandoli verso il basso. Andrea ringhiava, imitando il piccolo bastardino adottato come mascotte dai suoi colleghi, mentre riusciva nel suo intento di spogliarla. Trascinò gli slip sino a scoprire i primi peli, quindi si fermò. Monica sollevò il sedere unendo le gambe, invitandolo a terminare l’opera, non resisteva più a quei lunghi preliminari. Una volta sconfitte del tutto le ultime remore, superati i blocchi dovuti al suo stato civile e abbattuti i sensi di colpa con l’eccitazione, voleva concludere al più presto il suo primo tradimento in modo da non avere il tempo di ripensarci. Doveva abbandonarsi al piacere, perdere la testa, consumare l’adulterio, darsi a lui prima che la parte razionale del cervello riprendesse il controllo delle sue azioni.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dalla lingua di Andrea che s’insinuava tra le labbra della vagina. Si sentiva presa dalle sue mani che le stringevano con forza le natiche, sollevandole all’indirizzo della bocca. Iniziò a godere lentamente, più per l’eccitazione che per il reale stimolo, mentre un vago languore bloccava del tutto la sua razionalità.
Muoveva il pube contraendo forte gli addominali in una danza erotica di forte effetto. Andrea faticava a seguirla e stringeva sempre di più le mani sulle natiche nel tentativo di bloccarla; questo, però, eccitava sempre di più Monica stimolandola a compiere movimenti sempre più ampi.
Innescarono in questo modo un pericoloso effetto d’azione e reazione, difficile da controllare, che stava portando Monica troppo vicino all’orgasmo. Lei lo bloccò, imperativamente, spingendo lontano da sé la testa di Andrea, poi rimase immobile a godersi il lento scemare del piacere. A questo punto, lui, la prese per le spalle sollevandole la schiena, una volta seduta cercò la chiusura lampo del vestito per terminare di spogliarla. La sensazione dell’abito che si apriva, il rumore delicato della zip che scendeva e le labbra di Andrea che, subito, si tuffarono sui capezzoli, generarono un ulteriore incremento dell’eccitazione. Monica non riusciva a coordinare i movimenti delle sue mani mentre tentava invano di spogliare l’uomo che aveva davanti; maldestramente si affannava sui bottoni della camicia per poi abbandonarli e passare alla cintura dei pantaloni. Le venne in soccorso Andrea, il quale, appena ebbe sfilato via l’abito di lei, si alzò in piedi e, ammirando il suo corpo nudo steso sul letto, si spogliò.
Lei si era portata al centro del letto e adagiata su di un fianco lo aspettava con gli occhi semichiusi; lo sentì salire dal fondo, passare una mano sulle sue caviglie e quindi prenderle per divaricarle le gambe. Monica ruotò fino a stendersi davanti a lui, aprì leggermente le gambe quel tanto che bastava a consentire alla testa di Andrea di scivolare nel loro mezzo partendo dai polpacci. Percepì la sua lingua scorrere sulla pelle e salire sempre di più verso il pube. Lei accompagnava e guidava questo percorso aprendosi poco per volta, dosando con malizia i centimetri conquistati da lui, anche perché le piaceva in modo particolare la sensazione che riceveva dal contatto di quella bocca con sue calze. Allorché lui si trovò quasi contro il pube, trattenuto solo più dalla pressione che lei esercitava sulla sua testa con le cosce, si aprì di colpo facendolo precipitare proprio dove lei voleva; ansimò nel ricevere il colpo e si aprì ancora di più, sperando in una nuova lunga leccata sulla parte più sensibile.
Andrea, però, risalì ancora il suo corpo. Passando dall’ombelico puntava verso il seno. Si soffermò sui capezzoli, regalando ad ognuno un’equa dose di delicate succhiate intervallate da piccoli morsi che mandavano in estasi la donna sotto di lui. Salì ancora, sino alla sua bocca, per baciarla.
Monica sentiva il corpo di Andrea aderente al suo, ne recepiva il respiro, i guizzi dei muscoli; ma quello che più la faceva sognare era il pene appoggiato sulla sua leggera peluria del pube. Le sarebbe bastato inclinare verso l’alto la vagina per accoglierlo finalmente dentro di sé, per sentirlo entrare e farsi spazio nel suo ventre, ma voleva ancora godersi quel bacio così intenso da togliere il fiato prima di lasciarsi prendere. Quando sentì di non resistere più alla tentazione iniziò a cercarlo con il pube, lo sentì puntare deciso tra le labbra e sfiorare l’ingresso del suo corpo.
«Adesso, spingi! Prendimi ora… dai!» pensò Monica mentre si muoveva sempre più invitante.
Andrea, invece, le baciò la fronte mentre si portava, con attenzione, col membro all’altezza della bocca di Monica. Strofinò il membro su di un capezzolo, poi lo portò sulla sua bocca. Lei lo baciò sul prepuzio aspettando che lui lo tirasse indietro; quando il glande scoperto fu a sua disposizione iniziò a leccarlo dolcemente, esplorandolo con la lingua. Monica alzò lo sguardo verso di lui, e notando i suoi occhi chiusi e l’espressione concentrata pensò che fosse giunto il momento di fargli capire cosa era in grado di fargli provare: aprì la bocca e lo ingoiò aspirando. Andrea lasciò uscire un rantolo di piacere mentre quasi perdeva l’equilibrio; spinse in avanti verso l’interno della sua bocca, penetrandola a fondo sino in gola. Lei, per nulla sconvolta da quella presenza, incominciò a stuzzicare con la lingua, per quanto riuscisse, il glande. Continuò in quel modo anche quando lui si ritrasse, lo seguì sin fuori dalle sue labbra e quindi lo riprese dentro. Andrea non riusciva a contenere il forte piacere che Monica gli stava dando in quel modo e scappò da lei. Il suono gutturale di disapprovazione effuso dalle labbra invitanti di Monica lo fece, però, ritornare verso di lei. Temendo di non poter resistere a lungo, si limitò a sfiorare la sua bocca, godendo delle sporadiche leccate che lei riusciva a dargli.
Giocarono in quel modo a lungo: lei che tentava d’ingoiarlo e lui che le sfuggiva, come in un rituale inverso di pesca lui guidava con la mano il membro in modo da dare delle lievi e fugaci toccate alle sue labbra, mentre lei tentava di abboccare a quell’esca.
Lui era molto abile nel calcolare i tempi del gioco; quando capì che il divertimento iniziale si stava trasformando in una spasmodica attesa di qualcosa di più concreto scivolò via da lei portandosi, in ginocchio, tra le sue gambe. Le cinse la vita e la invitò, guidandola, a girarsi in modo da volgergli la schiena, poi la prese per le anche e le sollevò mettendola in ginocchio. Si avvicinò ai suoi glutei sistemandoli, al contempo, all’altezza giusta. Monica capì le sue intenzioni e sentì un forte calore espandersi nel ventre… questo la portò ad aprire ancora di più le gambe sollevando il sedere. A lei piaceva essere presa in quel modo, si sentiva pienamente posseduta, preda degli istinti del suo partner e femmina, sottomessa nella volontà, costretta a subire le fantasie e il ritmo che lui preferiva. Era fortemente eccitata quando percepì il suo membro puntare sulla sua femminilità. Lei si adattò meglio che poteva movendo il pube in modo da favorirlo e lui spinse.
Finalmente Monica lo sentì entrare. Emise un sospiro di sollievo seguito da un rantolo di piacere quando lui arrivò al fondo e si trovò completamente dentro di lei. Lasciò cadere la testa verso il basso mentre lui iniziava a muoversi regolarmente; guardò, attraverso il suo seno, la zona dove i loro organi genitali si stavano accoppiando. Vedeva i suoi testicoli allontanarsi per poi tornare contro di lei, e questo spettacolo, unito agli stimoli che riceveva, era un mix micidiale per lei. Si sentiva piena di lui e le piaceva come si muoveva in lei. Impostò un movimento favorevole al suo, in modo da accompagnare le spinte di Andrea per accentuare il loro piacere, dando il via anche ad una serie di ritmiche contrazioni dei muscoli pelvici.
Monica godeva, e la sua eccitazione era esplicita: Andrea la sentiva divenire sempre più calda e umida mentre si apriva a lui in un modo meraviglioso, ma poco stimolante dal punto di vista puramente meccanico. Lei sentì i primi sintomi dell’orgasmo arrivare nell’attimo in cui lui intensificò il suo ritmo, alzò la testa volgendo lo sguardo al soffitto mentre sul viso si dipingeva un’espressione di estrema concentrazione, come se fosse sottoposta ad uno sforzo immenso. Emise un sospiro tanto intenso da apparire come un grido nell’attimo che il piacere esplose nel suo ventre per iniziare la corsa verso il cervello. Monica sentiva le ondate arrivare regolari guidate dalle spinte di Andrea, perse il controllo del suo corpo lasciando all’istinto il compito di cercare la massima sensazione del membro di lui. Lentamente l’orgasmo andò scemando, consentendole di riprendere il controllo di sé. Monica tornò a muoversi lentamente, spinse il sedere contro il bacino di Andrea e si mise a ondeggiare i fianchi in modo estremamente efficace. Quei movimenti che si ripercuotevano su tutta la schiena di Monica e i suoi sospiri molto eccitati portarono Andrea verso l’apice del piacere. Lui tentò di resistere il più a lungo possibile, gli piaceva lo spettacolo dato dal corpo della donna che aveva davanti, voleva durasse il più a lungo possibile, ma era impossibile resisterle!
All’improvviso Andrea uscì da lei, estraendo il pene con una violenza tale da lasciar intendere che era ormai arrivato. Monica si voltò e, rapidamente, si portò verso il membro che lui brandiva con la mano destra, vedeva i suoi occhi chiusi e l’espressione di piacere che iniziava a dipingersi sul suo volto, capì che stava per esplodere e si tuffò con la bocca aperta in tempo per raccogliere il primo fiotto di seme, quindi ingoiò quel membro che tanto piacere le aveva dato. Raccolse tutto il suo succo in gola, succhiandolo in modo da svuotarlo. Quando lui rilassò i muscoli del bacino e dei glutei, Monica continuò a leccarlo dolcemente per mantenere vivo il piacere che era appena esploso.
Andrea si ritrasse da lei crollando sul letto al suo fianco e la invitò con un gesto ad avvicinarsi. Lei si accoccolò appoggiando la testa sulla sua spalla e mentre sovrapponeva una gamba alle sue, con la mano accarezzava dolcemente il membro in via di rilassamento.
Il mattino li colse ancora vicini. Lei faticò a spiegare la presenza di quell’uomo nel suo letto… poi ricordò tutto. Una consapevolezza che mentre si realizzava la sconvolgeva. È vero che aveva sempre desiderato Andrea, sin dalla prima volta che l’aveva conosciuto, ma da qui a trovarselo nel letto era un altro discorso. Ora che ricordava i dettagli della serata appena trascorsa non riusciva a capire cosa avesse vinto la sua volontà d’essere assolutamente fedele al marito. Non aveva bevuto più del solito, anche perché il vino su di lei aveva un effetto soporifero; lui non aveva insistito più di tanto, e lei si ricordava benissimo i suoi pensieri mentre lo baciava per la prima volta!
Inspiegabile! Era tutto incomprensibile: i pensieri, il comportamento, il fatto che aveva ceduto così facilmente e come si era data a lui. Negli anni i corteggiatori non le erano mancati, alcuni dei quali anche più seducenti di Andrea, e questo la gratificava al punto che non li aveva mai allontanati con sgarbo, senza però mai neanche incoraggiarli più di tanto. Il suo comportamento di quella sera non era spiegabile con il fatto che si trovasse da sola e a parecchi chilometri da suo marito, non era la prima volta che succedeva!
Meditava su queste cose mentre eseguiva, meccanicamente, le operazioni preliminari del restauro di un tomo del XII° secolo. Andrea era in biblioteca e questo le consentiva d’essere più lucida, sosteneva i discorsi con le sue colleghe e, intanto, meditava su quello che le era capitato. Si era sdoppiata: la sua mente da una parte e il resto del corpo lì, in quel laboratorio. Ricordò le parole di Andrea sulla leggenda che si ambientava nell’ala del castello dove loro dormivano, e sul presunto effetto erotizzante di quelle stanze. La logica e la razionalità, qualità che le avevano consentito di raggiungere dei brillanti risultati nel suo campo, si opponevano, però, a questa teoria. Monica classificò il suo cedimento alle grazie di Andrea come un momentaneo atto irrazionale, e come tale destinato ad esaurirsi in una sola notte.
Tranquillizzata dalle sue conclusioni telefonò al marito raccontandogli tutto sul suo nuovo lavoro e sui nuovi colleghi, ovviamente tacendo sugli avvenimenti di quella notte. Gli disse che gli mancava e che pensava sempre a lui, che non vedeva l’ora di tornare a casa ma quel lavoro era molto importante per la sua carriera, e così via. Rasserenata da quella telefonata, come se avesse ricevuto il suo perdono per la colpa che non gli aveva confessato, si dedicò con gioia al suo lavoro, ritornando ad essere una persona sola, con la mente unita al corpo.
Per tutto il giorno non aveva visto Andrea, impegnato nelle sue ricerche. Subito dopo cena, quindi, si recò in camera con l’intenzione di recuperare il riposo perso la notte precedente.
Mentre si spogliava davanti al misero specchio, recuperato chissà dove, osservava il suo corpo con occhio critico: ne valutava le curve nel loro insieme, la piattezza del ventre, la pienezza del seno e ruotando valutò la forma del sedere… sì, era soddisfatta da quello che vedeva e da sé stessa… le ore passate in palestra, le rinunce alle tentazioni della tavola, avevano dato i loro frutti.
Terminò di spogliarsi del tutto e s’infilò sotto la doccia. Regolò con cura la temperatura dell’acqua controllandola con il palmo di una mano, amava essere investita da un getto molto caldo quindi era in attesa che la temperatura salisse. Il vapore che si levava la investiva in pieno petto, donandole una piacevole sensazione umida su tutta la parte frontale del suo corpo; al contempo il calore faceva svolazzare la tendina cerata portandola, a tratti, a contatto con le natiche. Monica si godeva quell’insieme di piacevoli sensazioni ad occhi chiusi e lasciava la mente libera di vagare. L’umidità che iniziava a condensarsi sul seno le ricordava il leggero strato di sudore che imperlava il suo corpo e quello di Andrea la sera prima verso la fine del loro incontro, anzi, proprio verso l’apice del loro rapporto. I delicati colpi della tenda contro di lei si stavano trasformando, nella sua fantasia, in altrettante dolci carezze, come quelle di cui l’aveva ricoperta lui.
Si stava eccitando senza averne coscienza, e mentre riviveva, con la mente, l’attimo in cui lui l’aveva penetrata, si lanciò all’improvviso sotto il getto d’acqua… quasi che volesse invertire i ruoli, questa volta, ed essere lei dirigere il gioco. Si lasciò investire da quello scroscio caldo, godendo della sensazione che le dava sentirlo colare sul corpo, del calore che piano, piano, si diffondeva in lei. Alzò il viso portandolo al centro esatto della piccola cascata, e rimase ferma a lungo in quella posizione. Prese il docciaschiuma e lo versò in una mano per insaponarsi… immediatamente associò il bianco e lattiginoso liquido detergente ad un altro molto simile per colore e consistenza; non riuscì ad impedire alla sua fantasia d’immaginare che, in realtà, si stesse insaponando con quello.
L’eccitazione continuava a crescere indisturbata, poiché inizialmente non riconosciuta come tale da Monica ma scambiata per il languore che una doccia calda, dopo una lunga giornata, le lasciava indosso. Era così presa da queste sensazioni che non avvertì il rumore della porta che si apriva, e terminò la doccia con calma. Al termine indossò l’accappatoio portandosi di fronte allo specchio del bagno.
“Ciao… scusa se non mi sono fatto vivo prima, ma… eri uno spettacolo troppo entusiasmante, eccitante e… insomma, non ho parole per descriverlo…”.
Monica riconobbe subito la voce di Andrea dietro di lei e, senza darlo a notare, cerco di identificare la sua immagine nello specchio appannato. Vide, però solo una sagoma indistinta che le si avvicinava da dietro; quindi sentì le sue mani sui fianchi che la serravano con forza e passione. Monica si lasciò invadere dai brividi di piacere che ogni volta le sue mani le regalavano, abbandonò la testa all’indietro, appoggiandola su di una spalla di lui, e ansimò. Andrea la accarezzava con sempre maggiore insistenza, salendo verso il seno e scendendo sino ai glutei. Poco alla volta le aprì l’accappatoio raggiungendo, finalmente, la pelle ancora umida di Monica; fece scorrere le mani premendole forte il ventre mentre la baciava sul collo e sulle orecchie; si spinse sino ai primi peli del pube, ma non sconfinò mai al di là di essi se non quando Monica, regolandosi sulle sue carezze, spinse in alto il bacino portandolo all’altezza della sua mano. Andrea la richiuse sulla vulva e rimase lì, movendo solo le dita, in contemplazione dei suoi gemiti.
Non era questo il programma previsto da Monica per quella serata; una parte del suo cervello si rifiutava di accettare le carezze di Andrea, mentre l’altra, quella irrazionale ed istintiva, sperava che le sue mani si facessero sempre più audaci. Fu proprio l’istinto che le fece accettare senza alcun riserbo il gioco che lui le stava proponendo. Andrea estrasse da chissà dove una lunga sciarpa di seta blu, la sollevò sopra la testa di Monica tenendola tesa con entrambe le mani e, dopo essersi sincerato che lei lo vedesse nello specchio e accettasse il gioco, la bendò sugli occhi.
Appena perso l’uso della vista, Monica iniziò a percepire l’ambiente che la circondava con sensi che non credeva di avere così sviluppati. Ogni tocco, anche il più leggero, diventava una fonte di grandissimo piacere; ogni rumore, come il respiro di Andrea, diveniva una sinfonia nelle sue orecchie. Era tesa, allerta, impegnata ad ascoltare con attenzione tutto quello che lui le stava facendo, nel tentativo di capire, immaginare, cosa sarebbe seguito.
Andrea l’accarezzò a lungo sulla schiena nuda, seguì con il pollice la colonna vertebrale soffermandosi su ogni vertebra; quando giunse al fondo aprì le mani e le cinse la vita, con forza, poi passò sul ventre massaggiandolo a lungo prima di trarla verso di sé. Con lei aderente al suo corpo, fece scorrere le mani dal pube sino al seno, afferrando le mammelle, poi ridiscendendo sino al limite del pelo pubico per sfiorare le sue grandi labbra. Monica si stava appoggiando di peso contro di lui, e questo abbandono fisico corrispondeva a quello mentale: non sentiva più la volontà di resistergli, e aveva dimenticato completamente il suo stato civile. Non si sentì nemmeno sdoppiata, due personalità in un solo corpo… era lei, unicamente lei, che si stava godendo come non mai le attenzioni di Andrea, ed era pienamente consapevole di questo. Un pensiero le sfiorò la mente, per un istante: quello di essere infedele a suo marito che certo non meritava questo, tanto l’amava; ma quel pensiero sfuggì con la velocità di un’apparizione mistica dalla sua mente, lasciandola con un leggero sapore amaro in bocca e niente di più.
Poco alla volta Andrea la stava trascinando molto dolcemente verso il letto. Quando lo raggiunse si sedette sul bordo e la fece accomodare sulle sue ginocchia. In quella posizione continuò ad accarezzarla scendendo, ora, sin sulle cosce. Le fece aprire le gambe per dedicarsi ad un’accurata esplorazione del pube: ne separò le labbra dividendo con cura i peli, poi strofinò il suo dito sull’ingresso di quel pozzo umido e caldo che era la vagina. Giocò a lungo in quel modo, tenendosi sempre a rispettosa distanza dal clitoride nonostante tutti i tentativi di lei di portarglielo davanti alla mano. All’improvviso la penetrò con un dito strappandole un forte gemito di piacere, poi la prese in vita per farla alzare, quindi la sistemò sdraiata sul letto.
Monica percepiva gli inequivocabili rumori dei vestiti che venivano tolti, e la sua mente andava nei ricordi della sera precedente in modo da immaginare il corpo di Andrea. Dopo un attimo di silenzio intuì la sua presenza in fondo al letto, davanti ai suoi piedi. Ne ebbe conferma quando sentì qualcosa di umido e morbido sulle dita, un brivido percorse il suo corpo: partendo dai piedi si allargò nel ventre per terminare nella sua bocca che gemeva. Con calma Andrea risalì lungo le sue gambe, oltrepassò le cosce e raggiunse, finalmente, il pube. Il tanto atteso incontro della lingua con il clitoride fece contrarre tutti i muscoli a Monica che, inarcando la schiena, spinse il pube contro la faccia di lui. Andrea ne approfittò per infilare le mani sotto i glutei e, stringendoli forte tanto da farle male, la trattenne in posizione mentre con la lingua si inventava sempre nuove evoluzioni.
Monica aveva perso il controllo del suo corpo; la forte eccitazione, generata da quella situazione insolita, non le consentiva di gestire in modo ottimale il piacere che provava: rischiava di godere di un orgasmo inaspettato quanto intenso. La testa sembrava vuota, e in realtà lo era, da ogni pensiero, mentre un diffuso formicolìo le solleticava la pelle. Aveva anche perso l’esatta cognizione del mondo esterno; sentiva le mani di Andrea che scorrevano sul suo corpo, ma non riusciva a capire quante e dove fossero. Era impossibile, pensava felicemente stupita, che fossero così mobili, le percepiva tutte e due sul seno e, quasi contemporaneamente, sulla vulva o sul ventre. Questi problemi di dislocazione spazio-temporale la facevano impazzire di eccitazione, involontariamente il gioco proposto da Andrea stava realizzando un surrogato perfettamente credibile delle sue più segrete fantasie: avere le attenzioni di due uomini, questo lei sognava da tempo. Non lo aveva mai confidato a nessuno, né al suo nuovo amante né tantomeno a suo marito; eppure lui, l’amante, in quel momento era tanto abile da farle credere di avere più di due mani addosso.
Monica allargò le braccia a croce, poi le portò sopra la testa e si concentrò su quello che le stava facendo Andrea: la sua lingua si era calmata sino a fermarsi del tutto, quindi lui si alzò dal letto. Dal rumore dei suoi passi, lei capì che si stava dirigendo verso la porta della camera, senti chiaramente il fruscio prodotto da una busta di materiale plastico e quindi nuovamente i passi, questa volta percorsi verso di lei.
“Ti ho preso un regalo!” disse Andrea, con la voce che testimoniava un’emozione smisurata alla situazione.
“Dammelo, ti prego…!” rispose lei.
Monica sentì qualcosa di duro, ma dalla superficie morbida, appoggiarsi al suo stomaco, lo prese in mano e percorrendone la superficie cercava d’indovinarne la forma e di identificarlo. Era un oggetto tubolare dalla superficie irregolare e leggermente curvo. Le dimensioni la misero subito sulla buona strada, ma continuò a tastare quell’oggetto proprio perché aveva già capito di cosa si trattava, sicura che Andrea la stesse osservando con gli occhi sbarrati. Lo percorse in tutta la lunghezza più volte, poi lo portò alle labbra come per testare nel dettaglio la ruvidezza della superficie; d’istinto aprì la bocca e lo ingoiò per buona parte. Il rantolo emesso dal suo amante la stimolò a continuare quel gioco. Le dispiaceva solo di non poter vedere la sua espressione mentre faceva scorrere quell’oggetto lungo il solco tra i seni per raggiungere il pube. Aprì e rannicchiò le gambe, quindi portò il fallo sintetico davanti alla vagina e, con consumata abilità, si penetrò.
Ansimò forte sottolineando ogni centimetro che l’oggetto conquistava nel suo ventre, e rantolò per indicare di essere arrivata al fondo, inarcò la schiena contraendo forte i muscoli del pube contro quello che teneva dentro, poi lo estrasse di poco. Stava per spingerselo nuovamente dentro quando sentì due mani che allontanavano le sue dal simulacro fallico, allora si abbandonò ai voleri di lui. Si lasciò penetrare da quell’estensione mentale del membro reale di lui, ma sostanziale dentro di lei, secondo il ritmo e le modalità decise da quello che ora era diventato la sua guida. Questo totale senso di abbandono, il sentirsi completamente nelle sue mani, la eccitarono ulteriormente portandola ad un passo dall’orgasmo. Monica ansimava, gemeva e urlava, non capiva più cosa le stesse facendo: sentiva chiaramente la mano che spingeva il fallo sintetico dentro di lei ma, al contempo, percepiva anche una, due, tre mani sul suo corpo. Intuiva la loro presenza sul seno, sui fianchi, sul bacino, sulla gola e sulle labbra; sulla vulva, intente a separarne le labbra e poi tra i glutei alla ricerca del punto sensibile dell’ano.
«Impossibile…», si diceva nei rari sprazzi di lucidità, «…Andrea è solo, ed ha due mani come tutti!» Eppure il fenomeno della moltiplicazione delle mani continuava su di lei!
Lui non parlava, restava in assoluto silenzio senza rispondere agli incitamenti o alle richieste di Monica, si limitava a manovrare, con sempre maggiore perizia, il finto membro. Quando capì che lei era al limite si fermò, lasciandolo dentro, e prendendola per i fianchi tentò di farla ruotare in modo da poterla prendere da dietro come la notte precedente. Monica lo assecondò nonostante l’ingombro che sentiva nel ventre. Si posizionò come lui voleva e aspettò le sue mosse.
Lui la costrinse, allora, a sollevare ancora di più il sedere e dopo essersi posizionato dietro di lei ritornò a manovrare il fallo di gomma, questa volta più lentamente di prima. Monica intuì la sua carne a contatto dei glutei, capì che doveva essersi spogliato mentre lei si esibiva nello studio del suo regalo. Il membro di Andrea, quello vero, puntava su di una natica con forza mentre lui la penetrava con quello finto e le spingeva la faccia sul cuscino con la mano libera. Continuò in quel modo sino a portarla nuovamente sul limite dell’orgasmo, e solo quando i gemiti di lei divennero troppo frequenti e intensi fermò la penetrazione; quindi lasciò anche la presa sulle sue spalle per divaricarle le natiche. Monica capì cosa voleva e provò un attimo di smarrimento.
Andrea le stuzzicò l’ano con un dito inumidito dai suoi umori vaginali; quando sentì che le sue carezze lo stavano rilassando da un lato ed eccitando dall’altro, provò a spingere piano un dito dentro di lei. Monica prima urlò una negazione secca, bloccandolo all’istante; poi, pentita, lo pregò di continuare, ma con più calma e dolcezza. Andrea ritornò ad interessarsi a lei con tutte le precauzioni del caso, e riuscì a preparare l’ano di Monica alla sua prima penetrazione.
Quando fu certo della sua disponibilità, puntò il membro al posto del dito e spinse piano. Monica si aprì a lui facilmente all’inizio… poi una forte fitta di dolore la fece urlare e contrarre l’ingresso delle sue viscere; lui aspettò che si calmasse e poi tornò a spingere. Monica si sentiva squartare, le pareva che le stesse spingendo dentro una cosa enorme… fu anche tentata di chiedergli se per caso non fosse in procinto di sodomizzarla con un altro simulacro ma più grosso di quello che aveva già avuto il piacere di provare per la via ordinaria. Per fortuna la forte eccitazione la stava predisponendo al meglio, poco alla volta il dolore lasciò il posto al piacere. Una sensazione strana ma gradevolissima, un piacere che partiva sempre dal ventre ma allocato in una zona del tutto nuova, che mai lei avrebbe pensato poter esserne fonte.
Andrea si stava spingendo sempre di più in lei, con una serie di spinte regolari ed inesorabili, mentre la tratteneva per i fianchi. Spingeva tanto che lei, allungando una mano da sotto il pube, raggiunse la zona anale per tastare il membro di Andrea in modo da capire quanto le fosse realmente dentro. La scoperta che solo una manciata di centimetri le rimanevano fuori la stupì, e la consapevolezza di quello che stava facendo la fece sentire più spregiudicata e «porca» che mai. Fu proprio questo ad eccitarla, tanto da spingerla ad incrementare questa sensazione stimolandosi da sola il clitoride. Non si era mai comportata così, non si era mai toccata mentre era impegnata in un rapporto sessuale, il solo pensiero la disturbava; ma ora, violato anche l’ultimo tabù corporale, si sentiva in grado di violare anche quello mentale, e si toccò con una intensità tale da procurarsi immediatamente un orgasmo.
Monica urlò alzando la testa verso il soffitto, tentò anche di inarcare la schiena, ma la presenza di lui nel suo intestino lo impedì. Godette di un orgasmo veloce ma intenso, incompleto però, visto che mancava la componente più interna, quella vaginale. Il piacere la lasciò con un senso di vuoto… aveva goduto ma non completamente, e il membro di Andrea, ancora dentro di lei, riusciva solo a farle venire ancora più voglia di esplodere in un orgasmo degno di questo nome. Lui intuì il suo stato e prese nuovamente il fallo di gomma per puntarglielo al pube, e mentre la sodomizzava iniziò a spingere dentro la vagina anche quello. All’inizio lei non capì la sue intenzioni, credeva volesse solo stimolarla, eccitarla, masturbarla in quel modo; poi quando lo sentì entrare si sconvolse di lui e di lei, della propria disponibilità ai suoi giochi. Se quel tipo di accoppiamento lo avesse proposto suo marito, lei si sarebbe dichiarata turbata e sconvolta dalle sue fantasie… ma in quel momento provava solo e esclusivamente il desiderio di andare avanti, di esagerare, di spingersi dove non avrebbe mai immaginato.
Andrea la penetrò a fondo anche con il suo doppione sintetico, arrivò il momento in cui sia lui che l’altro, quello di gomma, si trovavano completamente dentro il corpo di Monica. Lei non riusciva più a distinguere quale dei due fosse la fonte di piacere più intenso, il membro di Andrea premeva contro quello sintetico, separato da una sottile barriera di carne. All’interno del suo corpo le due presenze si univano, divenendo una sola ed enorme, mentre all’ingresso stimolavano due punti distinti ma ugualmente fonti di grande piacere per lei.
Monica non riusciva a muoversi, temeva di fare qualcosa di sbagliato e perdere anche un solo istante di quella stupenda situazione, lasciò fare a lui e si predispose al nuovo e dirompente orgasmo che sentiva arrivare. Lo sentì nascere nel profondo del ventre come al solito, ma questa volta con un carattere in più: qualcosa che le accendeva un piacere supplementare.
L’orgasmo esplose violento come si aspettava e desiderava, si allargò nella zona pubica e anale per poi percorrere il suo corpo sino al cervello. Le sue urla coprivano gli ansimi di Andrea che ora si stava movendo sempre più veloce dentro di lei.
Monica si contorceva dal piacere, incurante della doppia presenza in lei; ora non sentiva più nessun dolore o fastidio, sperava solo che lui si muovesse sempre più veloce. Le contrazioni involontarie del pube dettate dal ritmo delle ondate di piacere incontravano un ostacolo più solido e massiccio del solito e questo incrementava il suo godimento. Stava per crollare sul materasso, sfinita dallo sforzo appena esercitato, quando percepì Andrea irrigidirsi e spingere il membro sino in fondo nelle sue viscere; quindi fu il suo turno di urlare. Monica scoprì la nuova ed esaltante sensazione di sentire pulsare un pene in un altro punto del suo corpo. Mentre veniva lui estrasse il suo aiuto dalla vagina e spinse con le reni costringendo Monica a stendersi sul materasso. Rimase però dentro di lei sino alla fine.
Quando uscì da lei, Andrea si lasciò cadere al suo fianco e le accarezzò la schiena dolcemente; quindi, dopo qualche istante, slegò la benda che ancora le ricopriva gli occhi. Monica non sollevo e non ruotò il viso; rimase ferma e immobile nella posizione nella quale era stata spinta da lui nell’attimo estremo. Respirava regolarmente e sempre più lentamente, come a voler riprendere il controllo del proprio corpo. Quando si sentì meglio, Monica voltò lo sguardo verso di lui e gli lanciò un’occhiata riconoscente. Andrea sorrise, continuando ad accarezzarle la schiena sino a quando lei si addormentò.
Al risveglio lui non c’era, e questa scoperta produsse un forte senso di vuoto nello stomaco di Monica. Lo chiamò, pensando che fosse in bagno, ma non ottenne risposta; quindi si alzò e si diresse verso la doccia. Il corpo le doleva: tutti i muscoli delle gambe e del ventre testimoniavano la notte che aveva appena passato.
Curiosamente, notava, non provava alcun dolore nella zona anale, piuttosto erano le labbra grandi e piccole della vagina ad essere leggermente irritate. Si lavò con cura, poi si vestì in fretta ma con attenzione ai particolari, e corse verso la stanza di Andrea dove bussò a lungo senza ottenere risposta. Scese quindi verso la zona dove gli altri stavano già consumando la colazione e lo cercò tra di loro. Niente, non c’era. Allora domandò informazioni alla sua collega addetta alla gestione dei volontari ricercatori, e apprese che lui era partito di buon ora per Girona.
L’espressione di Monica tradì solo per un istante i suoi sentimenti, poi si ricompose e uscì dal locale senza nemmeno aver preso un caffè.
Camminò verso il parco del castello, doveva trovare un luogo tranquillo nel quale riflettere. Perché lui se ne era andato così, e perché non le aveva accennato niente la sera prima, mentre facevano l’amore? Le occasioni non erano mancate!
Monica controllò il suo telefono cellulare, era acceso e riceveva benissimo, se voleva Andrea poteva chiamarla. Stava per farlo lei, aveva già selezionato il suo nome nell’agenda, ma si era bloccata sull’invio. Non sapeva cosa fare né cosa dire!
Il telefono squillò facendola sobbalzare, era indecisa se rispondere o meno, aveva lo sguardo fisso sul visore ma non leggeva l’identità di chi la stava chiamando. Meccanicamente portò l’apparecchio all’orecchio mentre premeva il tasto di ricezione.
“Ciao, amore! Dormito bene?” disse una voce nota.
“Si! Grazie…” rispose lei, ancora incosciente dell’identità dell’interlocutore.
“Volevo darti il buongiorno come tutte le mattine… sai, mi manchi tanto!”.
“Anche tu caro, ma qui ho quasi terminato il mio lavoro. Si è dimostrato più breve del previsto e la gente non manca!”.
“Mmm… ti sento strana, sicura che tutto vada bene?”.
“Sì, sì… stai tranquillo, è solo che non riesco ad abituarmi alla mancanza del cuscino, e qui pare che sia un oggetto sconosciuto”.
“Per il resto… tutto okay?” domandò lui, incuriosito dallo stato d’animo avverso che traspariva dalla sua voce.
“Sì, diciamo di sì… il fatto è che mi aspettavo di più da questa esperienza… ed ora mi accorgo di quanto deludente sia stata in realtà…”.
“Cosa è successo?”.
“Niente di particolare, il solito o quasi. Solo che qui, dopo che inizi ad appassionarti ad un lavoro, ad un bel tomo… te lo tolgono all’improvviso senza nemmeno spiegarti il perché e tu non riesci più a capire se hai lavorato bene o se hai fatto qualche errore! Sono… delusa, ecco tutto!”.
Per tutto il resto della telefonata Monica parlò d’Andrea e del suo rapporto con lui utilizzando delle metafore inerenti il suo lavoro, che il marito non capì e prese per buone. In pratica lei gli stava confessando il tradimento e le modalità dello stesso utilizzando dei simboli che solo lei era in grado di capire. Questo, però, le servì per ritrovare la lucidità necessaria a terminare in breve il suo corso di specializzazione.
Dopo pochi giorni era sulla strada di casa. Il lungo viaggio verso l’Italia le consentì di meditare ancora sull’esperienza di quei giorni. Non aveva più risentito Andrea, lui non aveva chiamato, e lei si era guardata dal farlo. Restava il ricordo del forte e inconsueto piacere che quelle due notti di trasgressione le avevano dato; ora si sentiva completa, forse più femmina o solamente più spregiudicata. Però se scavava in fondo al suo cuore sentiva un senso di vuoto.
Le lunghe distanze percorse in autostrada ad una velocità non troppo elevata sono l’ideale per meditare. Sola nell’abitacolo, con l’autoradio che continuava a suonare lo stesso CD ad un volume appena percettibile, Monica tentava di capire a cosa era dovuto il vuoto che sentiva dentro. Si poneva delle domande cui lei sola non poteva rispondere ma in quello stato emotivo in cui si trovava questo passava in secondo piano. Perché Andrea era sparito così all’improvviso? Perché non l’aveva più cercata? Per quale motivo l’aveva sedotta? Sì, poiché Monica era sicura d’essere stata sedotta; era stata portata al tradimento contro ogni sua aspettativa, mai lei aveva immaginato di poter avere una storia con un altro uomo che non fosse suo marito. Andrea l’aveva sedotta approfittando di un suo momento di debolezza, di un periodo in cui nella sua coppia c’erano parecchie tensioni, spingendola a vivere un’esperienza che l’aveva turbata nel profondo … e poi era sparito senza nemmeno un saluto.
Lei era «pulita»; era stato un aspetto sconosciuto della sua personalità a cedere, sobillato da Andrea. Una parte di lei non aveva mai ceduto alle sue grazie, un’altra sì, ma era la parte meno nobile e razionale quella che l’aveva spinta a letto con lui. Questo Andrea l’aveva capito… per quello era sparito, si sentiva in colpa per essersi approfittato di lei.
Questi erano i pensieri di Monica. Man mano che riusciva a scaricare su di lui le colpe, o i meriti, di quello che era successo i dubbi sul suo comportamento finale passavano in secondo piano. Però il senso di vuoto restava, e lei non trovava ancora alcuna giustificazione.
Pensò, a questo punto, si trattasse dei sensi di colpa nei confronti del marito. Anche lui, però, aveva le sue colpe: era distratto, non la considerava più come un tempo, forse non la desiderava nemmeno più. I problemi di lavoro, dietro ai quali si trincerava per giustificare il suo calo d’interesse, non reggevano come scusa. Suo marito, con il suo comportamento, l’aveva spinta tra le braccia di Andrea o di qualunque altro uomo fosse stato in grado di darle la dolcezza e gli stimoli che tanto anelava, quindi non doveva provare alcun senso di colpa nei suoi confronti.
Era giunta a pochi chilometri dal confine italiano e ancora non aveva trovato giustificazione al senso di perdita che sentiva, però era riuscita perfettamente nel compito di giustificare sé stessa. Aveva chiuso con Andrea, almeno questo era quello che pensava, sarebbe tornata a casa perfettamente libera da ogni sua influenza e la storia che aveva vissuto con lui sarebbe stata solo una bellissima parentesi, un momento magico da ricordare e niente di più.
Il telefono diede segni di esistere richiamando la sua attenzione, Monica rispose tranquilla, pensando che fosse il marito o un’amica che voleva sincerarsi sulla sua collocazione geografica. Purtroppo per lei era Andrea che chiamava. Improvvisamente tutto il suo castello di giustificazioni crollava di fronte alla sua voce, senza che lui dicesse niente di più che un semplice saluto. Monica dimenticò all’istante il modo in cui lui era uscito dalla sua stanza e l’aveva abbandonata. Lui si giustificò sostenendo che doveva scappare da lei per non correre il rischio di cadere in un amore impossibile, sapeva che non poteva strapparla a suo marito al quale lei era legata da un doppio filo d’amore e d’interesse. Sapeva anche di rappresentare solo una piccola ed insignificante avventura per lei… per questo era scappato via, quel mattino.
Monica cadde nella trappola e si sciolse alle sue parole. Il loro lungo discorso dovette essere interrotto dall’approssimarsi del tunnel del Frejus; le loro parole di saluto rimandavano il resto del discorso ad un incontro che presto avrebbero avuto.
Monica cessò di sentire il vuoto che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio; senza rendersene conto era nuovamente caduta tra le braccia di Andrea… e questa volta difficilmente sarebbe riuscita a legittimare a sé stessa il suo comportamento, e a limitare i danni.
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