9 - La vita di Anna - Sogno Magreb

di
genere
orge

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Questo racconto per la prima metà è di fantasia.


Da qualche giorno stavo consumando le mie piccole ferie nella casa di campagna di una mia amica.
Era una piccola cascina nella periferia di un paesello di pianura, un po’ fuori mano, e quindi quasi totalmente immersa nella tranquillità.
Dico quasi totalmente, perché in una vecchia stalla a poco più di centocinquanta metri, tre magrebini stabilirono la loro dimora per quelle poche settimane che dovevano restare nella zona.
Non disturbavano molto, anche perché quando uscivo al mattino, loro erano già in giro e quando tornavano alla sera erano impegnati a dividere cibo e incasso della giornata.
Qualche notte invece li sentivo fare baldoria fino a tardi.
Visto che non li incontravo, la mattina mi stendevo dietro la casa a prendere il sole nuda e nel pomeriggio mi stendevo su un’amaca tesa sotto due alberi a leggere un buon libro.
La sera, li vedevo tornare dai loro giri ed anche loro mi notavano alzando un braccio per salutare e per poi parlottare tra di loro, mentre a turno si lavavano con l’acqua della pompa.
Ricambiavo il saluto e dopo qualche attimo rientravo in casa per cenare.
Sfruttando quel po’ di confidenza che gli avevo concesso, due di loro bussarono alla mia porta.
Avevo un po’ di timore, dopotutto ero sola in un posto isolato, ma visto che se avevano brutte intenzioni non avrei potuto fermarli in ogni caso, mi feci coraggio ed aprii.
Erano un bel paio di ragazzoni, uno parlava abbastanza bene l’italiano, e mi chiese se avevo delle spezie da prestargli.
Andando avanti con la conversazione, mi spiegò che per loro quella sera era festa, e come avrebbero fatto al loro paese dovevano festeggiare.
Avevano così comperato un po’ di cose da fare sul fuoco, ma erano senza sale e sapori vari cosi essendo l’unica nella zona decisero di chiederli a me.
Comprendendo la situazione feci mente locale ed iniziai a scegliere alcune spezie dando loro tutta la bottiglietta, che poi mi avrebbero restituito.
Mentre mi alzavo sulle punte dei piedi per prendere le bottigliette più alte, loro mi guardavano attentamente da dietro parlando apertamente nella loro lingua, tanto non avrei capito niente.
Spiegando la faccenda, mi invitarono a partecipare alla loro festa, garantendomi che mi sarei divertita e poi avrei potuto portare a casa le bottigliette da sola.
Ci pensai su un bel po’, rifiutando gentilmente un paio di volte, ma la loro insistenza e la faccia simpatica, alla fine mi convinsero, in fondo in fondo speravo di movimentare quella tranquilla settimana di riposo, con un intermezzo divertente.
Chiusi la porta di casa e li seguii verso la loro stalla, mentre loro parlavano nella loro lingua incomprensibile e ridevano guardandomi.
Intravedevo il fuoco acceso fuori dal portico ed il loro compagno trafficare con legni e bastoni.
Appena arrivammo, i miei accompagnatori mi presentarono al loro amico che mi accolse con calore e sorrisi.
Avrei voluto sapere cosa gli aveva detto, ma non riuscii a soddisfare la mia curiosità.
Di sicuro, dato che da molto tempo erano lontano dalle loro donne, non avrebbero avuto bisogno di stimoli particolari, ma decisi in ogni caso di provocarli dolcemente.
Quei tre magrebini, non mi toglievano gli occhi di dosso, qualsiasi cosa facessero.
Finito di arrostire il cibo, ci sedemmo su un grande covone di paglia sotto il grande portico.
Notai che la carne era di maiale, e che spuntarono bottiglie di alcolici, così chiesi spiegazione all’unico che sapeva parlare bene.
Mi disse che non era una festa religiosa, ma al contrario una loro festa pagana dove si abusava delle cose proibite solitamente dalla loro cultura, come cibo, bevande e sesso, e questa volta sarebbe stata migliore delle ultime feste che avevano fatto.
Capii il perché e visto che non erano molti, decisi di dar loro una mano, o meglio, tutta me stessa per far si che la loro festa avesse successo.
Appena sistemata sulla paglia, tolsi la camicetta, restando con un reggiseno striminzito ed alzai la gonna fino oltre la metà coscia.
Prima che cominciassimo a mangiare, sentii altri passi avvicinarsi, dal buio spuntarono altri tre loro compaesani, che vennero accolti con abbracci.
Le cose cominciavano a peggiorare, abbassai la gonna, vedendomi in una situazione leggermente più complicata di quello che pensavo.
Tutti si accomodarono sulla paglia ed iniziammo a mangiare, e a bere di conseguenza.
In poco tempo, anche se non capivo niente, ridevo anch’io ai loro discorsi e mi lasciavo lentamente andare.
Ero leggermente euforica, ed un giro di fumo mi sciolse completamente.
Lo spinello passava da uno all’altro per una veloce tirata, al mio turno mi incitarono a tirare più volte, finché non rimasi estasiata dalla situazione e completamente svincolata dalle preoccupazioni che mi avevano assalito a mezza serata.
Ero cosciente, ma mi andava bene qualsiasi cosa mi chiedessero.
Al ritmo di un tamburello mi fecero alzare, incitandomi a ballare per loro.
Guardandomi, si spogliarono completamente dei loro abiti risiedendosi a gambe incrociate per osservarmi nella mia interpretazione.
Erano tutti dei bei ragazzoni, con il cazzo pendente sulla paglia, mentre mi muovevo davanti a loro guardavo le reazioni del loro pacco che si muoveva appena.
Per rinvigorirli un po’, tolsi la gonna e subito dopo slacciai il reggiseno.
Il solo tanga che mi ricopriva appena, doveva aver fatto effetto: vedevo le nerchie dei marocchini alzarsi una dopo l’altra e puntare verso di me.
Erano tutti ben dotati, anche se un paio mostravano un cazzo fuori norma.
Allungai le mani verso uno di loro per invitarlo ad alzarsi, e quando eseguì lo feci ballare con me.
Le sue mani mi sfioravano sedere e seni ed io le passavo sui suoi fianchi, tastando i glutei sodi e pieni, per poi farle scivolare davanti ad afferrare quel salamotto che mi sbatteva sulle cosce.
Subito dopo fui io ad inginocchiarmi ai suoi piedi per avere la sua nerchia a disposizione: senza mollarla un attimo, di colpo me la fiondai in gola iniziando a menare e succhiare.
Aveva un sapore lievemente muschiato che mi spingeva ad approfittarne sempre di più.
Tutti si alzarono e si avvicinarono a me per porgermi i tarelli pulsanti.
Riuscivo ad afferrarne uno per poterlo menare mentre continuavo a lavorarmi quello che avevo davanti.
La fame di sesso che avevano li faceva venire in poco tempo: il moro mi sborrò in gola ed io mi ritrassi appena in tempo per ricevere il secondo copioso fiotto di sperma sulle labbra.
Passai al successivo, quasi sempre ad occhi chiusi, tanto non mi serviva guardarli, era sufficiente sentirli scivolare tra le labbra e schizzarmi la sborra in viso e sulle tette.
Finito di accontentarli tutti, mi rovesciai di schiena sulla paglia, spalmandomi di sperma le tette.
Uno di loro mi si avvicinò scivolandomi sopra e mi infilzò il cazzo tra le gambe iniziando una scopata selvaggia.
Si davano il turno l’uno con l’altro, fui girata a pancia in giù e sollevandomi per i fianchi cercarono di incularmi.
La nerchia era grossa ed il secondo canale non abbastanza umido, ma il mio sodomizzatore non si arrese, con due dita spalmò sul mio buchino qualche goccia di sperma che mi colava dal collo e poi riprovò nel suo intento.
Stavolta ci riuscì con poca fatica.
Sentivo la cappella farsi largo tra le natiche e soffermarsi un attimo per godersi la calda guaina che la avvolgeva.
La spinta che ricevetti subito dopo mi fece sussultare dal dolore.
Non ero mai stata infilzata da un palo così grosso ed i primi attimi il sedere mi bruciava, ma con il susseguirsi dei colpi, il dolore si trasformò in piacere.
Resistevano molto di più dopo la prima sborrata, adesso mi stavano scopando con impegno e maggiore foga.
La soddisfazione dello stallone si notò dai gemiti di piacere crescenti che emetteva, ma soprattutto dai potenti getti di sperma che mi colpirono le viscere.
Uno dopo l’altro approfittarono di me, chi affondando la loro spada nel mio culo e chi nella fica.
Ad ogni penetrazione sentivo le nerchie scivolare sempre di più, agevolate dalla sborra lasciata dal precedente
Alla fine della piacevole tortura rimasi sdraiata sulla paglia a riposarmi della cavalcata, mentre loro tornarono a bere ed a ridere.
Sentii tirarmi su di peso, e dopo avermi legato i polsi con una corda la passarono sopra una trave in modo da farmi stare in piedi.
Loro continuarono a bere ed a fumare, guardandomi e sorridendo.
Sentii ancora una volta alzarmi una gamba e da sotto un palo di carne infilzare la mia fica grondante.
Capii che non era ancora finita, specialmente quando un altro mi afferrò ai fianchi per poter centrare il mio secondo canale.
In un attimo due nerchie mi furono dentro e mi scoparono contemporaneamente, susseguendo attimi di totale riempimento.
Non si preoccuparono certo di trattarmi bene, in quel momento ero solo un oggetto per il loro sfogo animale.
Tutti parteciparono in quell’ulteriore tortura prendendomi in piedi e finendomi con lo sborrarmi sul ventre o tra le natiche.
Alla fine del loro piacere fui slegata e lasciata a terra, sfinita.
Il mattino seguente mi svegliai sulla mia amaca, nuda e con la paglia appiccicata a tutto il corpo.
Non vidi più i marocchini che dovevano essersene andai il mattino stesso, ma ebbi un intenso e piacevole ricordo di loro.


Questo è quello che avrei voluto fosse successo, ma in realtà le cose sono state un po’ diverse.


Stavo passando un fine settimana lungo alla casa al mare dei miei genitori, ero sola solo per riposarmi un po’.
Nella via di fronte, c’era una palazzina di nuova costruzione ancora da terminare, che era stata occupata da alcuni venditori ambulanti come base per la notte.
Erano al primo piano e da li si vedeva un po’ del mio cortile, invisibile dalla strada.
Per questo giravo spesso per casa e prendevo il sole nuda, tanto di giorno loro erano in spiaggia a vendere.
Un pomeriggio però, mentre ero sul lettino a prendere il sole come mamma mi ha fatta, apro gli occhi per guardare che ore sono, e vedo due di loro sul balcone che mi fissano interessati.
Li guardo per un attimo, mi fanno un cenno di saluto e io ricambio continuando il mio bagno di sole.
Con gli occhiali da sole che mi coprivano, continuavo a guardare quei ragazzi così interessati.
Attirarono la mia attenzione facendomi segno di raggiungerli e visto che presi l’accappatoio e mi alzai, anche loro scesero per incontrarci in strada.
Chiesi come andava, cosa facevano e anche la sera per avere un po’ di informazioni, capii che l’arrivo della Polizia in spiaggia gli aveva rovinato la giornata e dovevano starne lontano per un po’.
Pensai per un attimo, cosa si potesse fare e soprattutto se fosse una buona idea, ma uno di loro mi anticipò.
- “Tu sola, noi solo, mangiare casa noi, non facciamo male giuro.”
Erano amichevoli e dopo aver valutato in fretta risposi:
- “Va bene però porto un po’ di pizze, offro io, ok? Verso le 20 va bene? Cosi ordino alla pizzeria. ”
Tutto confermato.
Torno a casa e con calma chiamo la pizzeria, poi sistemo un po’ in giardino, mi faccio una doccia, metto nel marsupio fazzolettini umidi, fazzolettini normali, soldi e una scatola di preservativi alla pesca piena per metà, non si sa mai.
Mi vesto sportiva ed aderente, solo calzoncini corti e canottiera, e li vedo sul balcone che hanno asciugamani in vita, probabilmente si stavano lavando nel giardino sotto per l’occasione.
Mi sono sorpresa da sola! Ero in anticipo e dovetti attendere il ragazzo della pizzeria per diversi minuti.
All’arrivo di pizze e bevande, pagai e feci segno ad uno di loro di venire a darmi una mano.
Vennero entrambi, meglio per me, così ho potuto portarmi un mio cuscino, entrammo nello stabile e poi nell’appartamento.
Forse perché li fanno sloggiare spesso, dovevano essere li da un paio di giorni dato che era tutto abbastanza pulito e in ordine.
Un tavolino basso e cuscini a terra, sapevo di aver fatto bene a portarmi il mio.
Accendo il telefono per un po’ di musica e spartiamo le pizze e le bibite.
Per entrare in confidenza, chiedevo informazioni sul loro paese, sul viaggio, sulla famiglia, a parte tutto è sempre piacevole imparare cose nuove dal mondo.
Chiesero anche loro su di me, raccontai un po’ di cose della mia vita e vista l’atmosfera cordiale che si era creata, buttai lì una domanda.
- “Ma è vero che gli africani hanno il pisello più grosso? Io non ne ho mai visto uno da vicino.”
Rimasero un attimo in silenzio, e poi ridendo uno disse: - “Vero vero, anche noi, grande! Tu vuole vedere?”
Mi si illuminarono gli occhi, e con la testa feci cenno di si.
Si alzò in piedi e si abbassò i pantaloncini.
Non era come nei film porno, ma: - “Beh niente male, posso toccare?”
Si avvicinò e con una mano soppesai il salamotto che cominciava a svegliarsi.
- “Anche tu così?”
Altri sorrisi, si alzò e tolse i pantaloncini.
Uno alla volta diedi una toccatina e vidi che rimanevano li in piedi davanti a me.
- “Puoi tocca tanto tanto? Ti piace? A io piace se tocca tanto tanto.”
- “A me piace tanto tanto qui.” E appoggiai due dita sulle labbra.
Altri sorrisi, presi i preservativi dal marsupio e uno alla volta li infilai ai miei nuovi amici.
Mi inginocchiai sul mio cuscino e ne presi in bocca uno maneggiando l’altro.
Li sentivo veramente più dotati della media dei miei ragazzi.
Visto che di sicuro per loro era il primo piacere dopo tanto tempo, cercai di lavorare lentamente, alternando uno e l’altro finché li sentii schizzare nel palloncino.
Tolsi i preservativi e li buttai nel sacchetto dell’immondizia, il passaggio di un’auto con lampeggianti, li fece tornare sull’attenti e per me era meglio tornare a casa.
Quasi non mi hanno salutata, ma di sicuro parleranno bene dell’Italia.


Potreste scrivermi qualche riga su un'ipotetica situazione insolita, da creare o da far creare ai miei ragazzi a scarti@libero.it
scritto il
2024-09-21
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