11 - La vita di Anna - Il proposito
di
Anna S.
genere
orge
Una cosa che non ho ancora fatto, ma che è in programma non appena coincideranno le situazioni giuste, è quella di accogliere una squadra di lavoro della nostra ditta edile.
Abbiamo cantieri aperti in tutta Italia ed alcuni anche in Germania, e quando serve, ospitiamo qualche squadra da noi per impiegarla nei nostri cantieri.
Alloggiano in alberghi vicino al cantiere e non appena una di queste squadre, di circa 5-6 elementi verrà a lavorare ad un nostro progetto, sarò pronta ad accoglierli.
Senza nessuna spiegazione da dare, ho già allertato l’impiegata che organizza queste dislocazioni, di avvertirmi non appena ci sia un trasferimento imminente.
Tengo monitorati i piani di lavoro, ma a volte sono troppo lontani, oppure sono già pratici del luogo, finché prima o poi arriverà una squadra per la prima volta in un comune non lontanissimo da noi.
Mi farei dare tutte le informazioni del caso, luogo del cantiere, albergo, posti di rifornimento e contatti dei tecnici e ingegneri, e soprattutto ora e data di arrivo.
Sarei pronta così, ad accoglierli al loro alloggio per dare loro tutte le informazioni del caso e sentire le loro richieste.
Normalmente il capo squadra conosce abbastanza l’italiano, e anche con gli altri si riesce a spiaccicare qualche parola.
Tanto per caricare l’atmosfera, farei fare una chiamata da uno dei miei ragazzi al caposquadra, con il messaggio che ad accoglierli ci sarebbe stata la signorina Anna S. con tutte le informazioni del caso.
Magari scambiare qualche parola sul fatto se già mi conoscessero e dopo qualche battuta amichevole, avvertirlo che se volevano finire la serata in bellezza, dovevano farmi restare per la cena e farmi bere un po’.
Arrivati all’albergo li manderei in camera per farsi una doccia e dopo aver sistemato le formalità li aspetterei giù al ristorante per i saluti.
Come da copione, tutti informati dal caposquadra, insisterebbero molto sul farmi restare a cena e dopo qualche finta scusa accetto di restare a cena con loro.
Tutti molto allegri, mi raccontano simpatici aneddoti in un italiano stentato, senza mai dimenticare di riempirmi il bicchiere di birra.
Prima di diventare troppo brilla e non capire più niente, mi limito a far finta di essere sbronza.
A fine cena, con un movimento inconsulto mi rovescerei il bicchiere di birra addosso, bagnandomi il più possibile camicetta e gonna.
Fingendo che fosse un grosso problema, mi dimostro disperata chiedendo se posso ripulirmi in camera.
Sempre più allegri, mi accompagnano all’ascensore per raggiungere il piano dove hanno le camere, entro nella stanza con un paio di loro e vado in bagno per ripulirmi.
Mi tolgo gonna, camicetta e slip e cercando di sciacquarli meglio che posso per togliere le macchie di birra, ma soprattutto perché siano belli bagnati.
Mi copro con un asciugamano annodato sopra il seno per mettere gli abiti ad asciugare sul balcone.
Tornando in camera potrei accorgermi che anche loro si erano messi comodi, rimanendo in maglietta e mutande e mentre andavano anche loro in bagno, mi butto sul letto quasi per addormentarmi.
La caduta, o io, scioglie l’asciugamano scoprendomi tutto il lato sinistro, dall’ascella al ginocchio.
Immagino che abbassino le luci, anche se mezza assonnata, sento tirare piano un lembo dell’asciugamano fino a scoprirmi del tutto.
Socchiudo gli occhi e vedo i due, completamente nudi che mi offrono un’altra bottiglia di birra.
Con un leggero sorriso faccio capire che non mi sento ne a disagio, ne in pericolo, scivolo verso il bordo sedendomi sul letto davanti a loro, prendo la birra e mentre bevo, con l’altra mano soppeso i loro salamotti.
Finita la prima metà bottiglia, prenderei il primo tra le labbra cominciando a succhiarlo, mentre meno l’altro.
Forse è un po’ in astinenza, perché mi schizza il suo succo quasi subito in gola.
Ingoio tutto e finisco la mia birra, mentre dalla camera comunicante entrano gli altri tre della squadra.
Un altro sorriso nel vedere i rinforzi e mi inginocchio davanti a loro, prendendone in bocca uno alla volta.
Ripassando ed insistendo, riesco a farli venire tutti tra le mie labbra e ogni volta ad ingoiare tutto.
Penso di averli soddisfatti, passando una mezz’oretta a menarli e svuotarli, ma si vede che hanno qualche arretrato, anche il primo si è ripreso tornando a puntarmi.
Dolcemente mi aiutano ad alzarmi, a coricarmi sul lettone e uno alla volta mi salgono sopra penetrandomi a turno come se fossi li solo per essere usata.
Fatto il giro a tutti, ora voglio essere io a cavalcare.
Ne faccio sdraiare uno, impalandomici sopra e dopo qualche cavalcata di assestamento, mi bagno con un po’ di saliva il mio culetto ed invito un altro ad usarlo.
Non entra con tanta fatica, e via con le danze, da li non si esce se non alla fine.
Li faccio sfogare incitandoli a darsi da fare, ma ne voglio uno anche in bocca e facendo segno di salire sul letto, me lo tiro tra le labbra.
Adesso si che va bene, qualche minuto di massimo impegno e uno alla volta sento schizzi caldi nei relativi buchi.
Altro giro, altra corsa, cambio dei lavoratori e di nuovo a cavalcare.
Ora, con i buchi lubrificati ci si muove meglio, in bocca invece sempre tutto bene.
Alla fine, un’altra razione di sperma in gola e poco dopo anche tra le gambe.
Ingoio ancora una volta e poi mi giro un attimo sul letto sufficientemente soddisfatta.
Quando esco dal bagno nuda, ma ripulita e vado sul balcone a prendermi i vestiti, il capo squadra, con il suo mezzo italiano, mi ringrazia e mi chiede se passerò ancora a trovarli prima della fine del cantiere.
Il lavoro è abbastanza lungo e probabilmente gli affiancheranno un’altra squadra, quindi si, è quasi certo che almeno un altro giro passi a farlo.
https://www.eroticiracconti.it/racconto/95886-presentazione
Mi farebbe piacere se mi scriveste qualche riga su un'ipotetica situazione insolita, da creare o da far creare ai miei ragazzi a scarti@libero.it
Abbiamo cantieri aperti in tutta Italia ed alcuni anche in Germania, e quando serve, ospitiamo qualche squadra da noi per impiegarla nei nostri cantieri.
Alloggiano in alberghi vicino al cantiere e non appena una di queste squadre, di circa 5-6 elementi verrà a lavorare ad un nostro progetto, sarò pronta ad accoglierli.
Senza nessuna spiegazione da dare, ho già allertato l’impiegata che organizza queste dislocazioni, di avvertirmi non appena ci sia un trasferimento imminente.
Tengo monitorati i piani di lavoro, ma a volte sono troppo lontani, oppure sono già pratici del luogo, finché prima o poi arriverà una squadra per la prima volta in un comune non lontanissimo da noi.
Mi farei dare tutte le informazioni del caso, luogo del cantiere, albergo, posti di rifornimento e contatti dei tecnici e ingegneri, e soprattutto ora e data di arrivo.
Sarei pronta così, ad accoglierli al loro alloggio per dare loro tutte le informazioni del caso e sentire le loro richieste.
Normalmente il capo squadra conosce abbastanza l’italiano, e anche con gli altri si riesce a spiaccicare qualche parola.
Tanto per caricare l’atmosfera, farei fare una chiamata da uno dei miei ragazzi al caposquadra, con il messaggio che ad accoglierli ci sarebbe stata la signorina Anna S. con tutte le informazioni del caso.
Magari scambiare qualche parola sul fatto se già mi conoscessero e dopo qualche battuta amichevole, avvertirlo che se volevano finire la serata in bellezza, dovevano farmi restare per la cena e farmi bere un po’.
Arrivati all’albergo li manderei in camera per farsi una doccia e dopo aver sistemato le formalità li aspetterei giù al ristorante per i saluti.
Come da copione, tutti informati dal caposquadra, insisterebbero molto sul farmi restare a cena e dopo qualche finta scusa accetto di restare a cena con loro.
Tutti molto allegri, mi raccontano simpatici aneddoti in un italiano stentato, senza mai dimenticare di riempirmi il bicchiere di birra.
Prima di diventare troppo brilla e non capire più niente, mi limito a far finta di essere sbronza.
A fine cena, con un movimento inconsulto mi rovescerei il bicchiere di birra addosso, bagnandomi il più possibile camicetta e gonna.
Fingendo che fosse un grosso problema, mi dimostro disperata chiedendo se posso ripulirmi in camera.
Sempre più allegri, mi accompagnano all’ascensore per raggiungere il piano dove hanno le camere, entro nella stanza con un paio di loro e vado in bagno per ripulirmi.
Mi tolgo gonna, camicetta e slip e cercando di sciacquarli meglio che posso per togliere le macchie di birra, ma soprattutto perché siano belli bagnati.
Mi copro con un asciugamano annodato sopra il seno per mettere gli abiti ad asciugare sul balcone.
Tornando in camera potrei accorgermi che anche loro si erano messi comodi, rimanendo in maglietta e mutande e mentre andavano anche loro in bagno, mi butto sul letto quasi per addormentarmi.
La caduta, o io, scioglie l’asciugamano scoprendomi tutto il lato sinistro, dall’ascella al ginocchio.
Immagino che abbassino le luci, anche se mezza assonnata, sento tirare piano un lembo dell’asciugamano fino a scoprirmi del tutto.
Socchiudo gli occhi e vedo i due, completamente nudi che mi offrono un’altra bottiglia di birra.
Con un leggero sorriso faccio capire che non mi sento ne a disagio, ne in pericolo, scivolo verso il bordo sedendomi sul letto davanti a loro, prendo la birra e mentre bevo, con l’altra mano soppeso i loro salamotti.
Finita la prima metà bottiglia, prenderei il primo tra le labbra cominciando a succhiarlo, mentre meno l’altro.
Forse è un po’ in astinenza, perché mi schizza il suo succo quasi subito in gola.
Ingoio tutto e finisco la mia birra, mentre dalla camera comunicante entrano gli altri tre della squadra.
Un altro sorriso nel vedere i rinforzi e mi inginocchio davanti a loro, prendendone in bocca uno alla volta.
Ripassando ed insistendo, riesco a farli venire tutti tra le mie labbra e ogni volta ad ingoiare tutto.
Penso di averli soddisfatti, passando una mezz’oretta a menarli e svuotarli, ma si vede che hanno qualche arretrato, anche il primo si è ripreso tornando a puntarmi.
Dolcemente mi aiutano ad alzarmi, a coricarmi sul lettone e uno alla volta mi salgono sopra penetrandomi a turno come se fossi li solo per essere usata.
Fatto il giro a tutti, ora voglio essere io a cavalcare.
Ne faccio sdraiare uno, impalandomici sopra e dopo qualche cavalcata di assestamento, mi bagno con un po’ di saliva il mio culetto ed invito un altro ad usarlo.
Non entra con tanta fatica, e via con le danze, da li non si esce se non alla fine.
Li faccio sfogare incitandoli a darsi da fare, ma ne voglio uno anche in bocca e facendo segno di salire sul letto, me lo tiro tra le labbra.
Adesso si che va bene, qualche minuto di massimo impegno e uno alla volta sento schizzi caldi nei relativi buchi.
Altro giro, altra corsa, cambio dei lavoratori e di nuovo a cavalcare.
Ora, con i buchi lubrificati ci si muove meglio, in bocca invece sempre tutto bene.
Alla fine, un’altra razione di sperma in gola e poco dopo anche tra le gambe.
Ingoio ancora una volta e poi mi giro un attimo sul letto sufficientemente soddisfatta.
Quando esco dal bagno nuda, ma ripulita e vado sul balcone a prendermi i vestiti, il capo squadra, con il suo mezzo italiano, mi ringrazia e mi chiede se passerò ancora a trovarli prima della fine del cantiere.
Il lavoro è abbastanza lungo e probabilmente gli affiancheranno un’altra squadra, quindi si, è quasi certo che almeno un altro giro passi a farlo.
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