Al tramonto, tutto diventa una messa in scena

di
genere
dominazione

Al tramonto, tutto diventa una messa in scena. Mi prepara. O meglio, prepara il mio corpo. La vasca è un fottuto teatro. Ginocchia nell’acqua bollente, lavanda dappertutto, come se potesse purificare qualcosa. Lui mi guarda dall’alto, regista di un film perverso. Le sue mani scivolano sul sapone, scivolano su di me, ovunque. Dentro, fuori. Ogni curva. Ogni cavità. La mia pelle si illumina.

"Stenditi."
Lo faccio. La crema da barba è bianca, mi copre la fica come se mi dovesse cancellare. Un cuscino sotto il culo, solleva i miei fianchi come se fossi una bambola da aggiustare. Mi rade lentamente, e io lo guardo. Il mio grilletto lo sente, si gonfia, vuole di più, ma non è ancora il momento. Non lo tocca. Lo sa. Mi tortura.
Scivolo con le mani sulle gambe, liscissime. Setose.
"Girati."
Mi metto a quattro zampe, ginocchia sul cuscino. Mi rade le pieghe posteriori, su fino al buchetto grinzoso. Nessuna parola, solo il rasoio che canta.

Sto lì, a contorcermi, gemiti che scivolano fuori senza controllo. Lui lo sente, lo sa. Gli piace. Si passa il gel alla lavanda sulle mani, lentamente, come se tutto fosse una recita, e poi me lo spalma in mezzo alle natiche, pittore ossessionato dalla sua tela. Poi il pollice – ricoperto di schiuma – penetra piano, dritto nel mio ano. Ansimo, non per il dolore, ma per la tensione, l’attesa. Muove il pollice dentro e fuori, come se stesse aprendo una serratura arrugginita. Mi pulisce, mi apre, mi sta riscrivendo. Io? Mi arrendo.

Il bagno finisce, ma non la sua presa su di me. Seduta sul bordo del letto, nuda, docile, lo guardo mentre prende la spazzola. La conoscevo già, la spazzola. Legno liscio, pesante. Mi ha sculacciato con quella, mi ha lasciato segni. Ora la usa sui miei capelli, lunghi e lenti colpi che fanno brillare le ciocche, sta preparando la vittima perfetta. I capelli scivolano morbidi sulle spalle nude. Perfetto. Fin troppo perfetto.

Appoggia la mano sul mio corpo caldo, lo spruzza di Coco Mademoiselle. L’essenza vaporosa si posa su di me, sulla pelle dei seni, delle cosce. Mi sento un oggetto sacro, preparato per il sacrificio.
“Alzati.”
Mi alzo, senza pensare. Aspetto. Aspetto che mi prenda, che faccia ciò che deve. Sono persa. Persa dentro il suo controllo, dentro la mia voglia disperata che mi tocchi dove brucio per lui.

Mi prende e mi sposta al centro della stanza, marionetta senza volontà. Nessuna parola. Solo il silenzio che si rompe quando prende il mio reggiseno nero trasparente, quello con la punta aperta che lascia le mie tette esposte. Me lo infila, alzando i seni, spingendoli in avanti, i capezzoli già lì, duri, pronti. Mi guarda, ma non dice niente. Si china, lentamente, come se avesse tutto il tempo del mondo, e afferra i miei capezzoli tra i denti, li tira, li succhia. Ogni morso è un’onda. Ogni succhiata un richiamo. Sento il sangue che pulsa tra le mie cosce, gonfiandomi, distendendomi, e poi arriva il tocco freddo del metallo. Le pinze argentate si attaccano ai capezzoli, una per una. Scatta un sussulto dentro di me, piacere misto a dolore, ma nessuno dei due ha il controllo. Solo lui.

Una catena argentata le unisce, si distende tra i miei seni come un filo d’elettricità. Non mi fa male. No, mi risveglia. Mi inarco. I miei seni sembrano vivi, come se fossero diventati un’installazione, un’opera d’arte. Capezzoli come gioielli, luccicanti, preziosi, solo per lui.

Sorridendo, tira la catena. Uno, due strattoni, secchi, decisi. La mia bocca si spalanca, ma non esce niente. Dolore. Ma anche desiderio, che mi devasta, che mi consuma.
"Sei mia," dice, la voce bassa come un comando. "Obbedirai, stanotte?"
"Sì, signore," rispondo senza pensarci. Non c’è nient’altro che la sua volontà.

Mi infila la maglietta nera, quella trasparente, con quelle cuciture scarlatte che sembrano una ferita aperta sul mio corpo. La tira sopra la mia testa e si stringe su di me come una seconda pelle, troppo stretta. I miei seni spingono contro il tessuto, quasi a volerne uscire, i capezzoli gonfi e sensibili sotto le pinze, sembrano pronti a bucare tutto. Ogni movimento fa oscillare i miei seni, pesanti, vivi. La catena argentata brilla sotto la maglia, segreto per chi sa dove guardare.

Poi si muove verso il perizoma a farfalla. Sono già inzuppata, lo sa. Prima di tirare su quelle splendide mutandine nere e turchesi, si ferma. Mi guarda, sorride appena, poi prende una sciarpa di seta nera. Tampona la mia fica bagnata, lentamente, goccia dopo goccia. Il tessuto è fresco, morbido, fa contrasto con il calore che sento dentro. Passa la seta tra le mie gambe, poi la porta alla mia bocca.
"Respira," sembra dirmi senza parole.
Respiro il mio odore, gelsomino, vaniglia, un tocco di vetiver. Il mio sapore è dolce, ma con un’amarezza nascosta. Lecco la seta, la sento sulla lingua, è come assaporare me stessa.

Senza fretta, mi avvolge la sciarpa intorno al collo, un nastro di possesso. Mi tira su le mutandine, lente, sopra il sedere, sui fianchi. Si prende tutto il tempo per sistemare ogni singolo dettaglio. Un filo orizzontale, teso sulla parte bassa della schiena, un altro, stretto, che affonda nella fessura tra le mie natiche come un marchio. Ogni cosa deve essere perfetta. Poi, per testare il suo lavoro, apre il cavallo tagliato delle mutandine, scoprendo le mie labbra, rosa e brillanti, come petali di un fiore bagnato di pioggia.

La gonna è nera, naturalmente. Stretta, elastica, così aderente. mi sembra disegnata addosso, modellata sul mio corpo come una seconda pelle. Sfiora appena la parte superiore delle mie cosce, lasciando scoperto quel tanto che basta per far immaginare il resto. È così stretta che i fili del perizoma sporgono, visibili sotto il tessuto, segni che lui ha voluto lasciare in bella vista, come una firma.

Mi infila le So Kate di Louboutin: tacchi alti, neri, affilati. Le gambe sembrano più lunghe, mi sento più forte. C'è qualcosa di primitivo nell’inarcarsi sui tacchi, schiena curvata, il fondoschiena che spinge fuori come a bilanciare i seni. Un’armonia di corpi e desiderio.

Poi il tocco finale. La sciarpa di seta. Ma non intorno al collo, no. La prende, impregnata ancora del mio odore, del mio calore, e me la lega sugli occhi. Tutto diventa buio, ma non ho paura.
“Andiamo in un posto dove non sei mai stata,” dice, la voce bassa, controllata. “Non essere nervosa. Tutto è pronto. C’è qualcuno che ti aspetta. Qualcuno scelto apposta per te.” Non chiede, afferma. “Ti fidi di me?”
Annuisco. Cos’altro potrei fare? Lui sorride, lo sento anche se non lo vedo, e mi bacia, le labbra sue contro le mie, calde e ferme.

Usciamo. La notte è mite, ma sento il calore del suo braccio intorno alla mia vita. Sono bendata, ma non ho paura. Sento il terreno sotto i tacchi, i suoi movimenti sicuri che mi guidano. Lo sento aprire la portiera della macchina. Mi aspetto il sedile anteriore, ma invece, no. Apre la portiera dietro, mi guida dentro, lentamente, ogni gesto calcolato.

Con le sue mani forti, mi costringe in ginocchio sul sedile, girata, col viso rivolto verso il retro dell'auto. Il mio stomaco preme contro lo schienale del sedile, i seni appoggiati, ma i fianchi piegati all’indietro, separati dalla fica e dallo schienale dei sedili davanti. Mi ordina di allungare le braccia per afferrare quello dalla parte del passeggero, di non lasciarli andare, non fino a quando non me lo dirà. Obbedisco, silenziosa, sottomessa. Allargo un po’ le cosce, cerco stabilità, ma la gonna stringe il mio culo come un cappio.

Mi aspetto che esca dall’auto, che si sieda davanti, la portiera posteriore è ancora aperta, la luce del lampione illumina l’interno. Ma invece, mi sorprende. Solleva la gonna, il tessuto che si alza e scopre le curve nude e lisce del mio culo. L’aria fresca colpisce la pelle calda, e poi – schiaffi! Forti, decisi. Tre, quattro. Ogni colpo un’esplosione, il dolore è scioccante, intenso. Si diffonde dal punto di contatto, risuona in tutto il mio corpo. Il calore si espande, e so che sta diventando rosa, poi rosso, un colore vivido, brillante. Trattengo il respiro, l’aspettativa pesa nell’aria. Aspetto, come un animale in gabbia, so che la punizione è solo all’inizio.

Proprio quando inizio a rilassarmi, arriva un altro schiaffo, forte, più e più volte, una serie interminabile che mi fa perdere il conto. Sento il suono della carne colpita, le palme delle sue mani che si abbattono su di me, colpisce la parte inferiore dei glutei, la carne tenera delle mie cosce interne, e ogni tanto la fica. Il dolore si accumula, diventa un'onda che mi riempie gli occhi di lacrime. Vorrei implorargli di smettere, ma rimango in silenzio.
“Così non dimenticherai a chi appartieni,” sussurra, la voce carica di un’autorità che non posso ignorare.

Resta immobile per un minuto, ascoltando il mio respiro affannoso e i singhiozzi soffocati, mentre il silenzio si fa denso. Quando è convinto che mi sia sottomessa completamente, sento un fruscio. Sta aprendo qualcosa, un astuccio chiuso con fermagli metallici.
Poi, con una mano, mi allarga le natiche, esponendo il piccolo bocciolo rosa del mio orifizio anale. Chinandosi, fa schioccare la lingua sulla piccola apertura, infilandola solo per un attimo. Un assaggio di possesso. Poi, con le dita che mi tengono aperta, fa scivolare qualcosa dentro. È liscio, metallico, più lungo e spesso. Mi riempie, il suo peso si stabilizza dentro di me. Un cordone penzola dal mio buco del culo come una piccola coda, un peso che attira attenzione, una manifestazione del controllo che ha su di me.

Premendo un pulsante, il plug nel mio ano inizia a vibrare, penetrando in profondità dentro di me, inizialmente delicato ma poi sempre più forte e veloce, come se volesse svelare ogni angolo di piacere. Le mie cosce tremano, un impulso primordiale mi spinge a strofinare la fica contro lo schienale del sedile, ma lui lo sa. Mi afferra i fianchi, trattienendomi con forza.
“Non lasciare che la tua figa si avvicini allo schienale di quel sedile, o quando avrò finito con te, non potrai sederti per una settimana. Ti avverto.”
La sua voce è un comando, ferma e dura.
“Sii una brava ragazza per me. Aspetta solo che arriviamo lì.”
Faccio del mio meglio per controllarmi, inarcando la schiena, cercando di tenere il sedere lontano dal sedile, ma la mia crema scivola lungo le cosce. Mi schiaffeggia il sedere, forte, come un avvertimento, e poi mi bacia dolcemente, un contrasto che fa impazzire i miei sensi. Scende dal sedile posteriore, chiudendo la portiera, poi si sistema davanti e inizia a guidare.

L’auto scivola nella notte. Mette la playlist fatto per il nostro matrimonio, le note familiari riempiono l’aria, ma il vibratore continua a frullare nel mio sfintere, facendomi tremare. Le cosce bruciano per lo sforzo di rimanere ferma. I miei seni gonfi, si appoggiano allo schienale, rimbalzando con ogni sobbalzo dell’auto.
Sotto la benda, apro gli occhi, ma vedo solo un nero morbido e vellutato. Le mie ciglia sfiorano la seta, mentre chiudo gli occhi di nuovo. La seta mi bacia le palpebre, un tocco delicato amplifica l’anticipazione.

Eccola qui, in questa situazione che brucia di umiliazione e desiderio, a fare ciò che quest'uomo comanda, e incredibilmente a godere di ogni momento. La prima volta che ho assaporato l'eccitazione della sottomissione? Un ricordo agrodolce. Il ragazzo della porta accanto legò in una tenda nel suo cortile. Avevo dodici o tredici anni, ma già il mio corpo tradiva segreti: seni che iniziavano a gonfiarsi, una leggera peluria che si affacciava timidamente.
"Giochiamo a pirata e prigioniero," aveva detto, con un sorriso malizioso. Lui il pirata, io la preda.
Esaminò, ogni centimetro, come se fossi un tesoro da svelare. Quando cercai di resistere, mi abbassò i pantaloni e ha iniziò a sculacciarmi, trasformando la mia riluttanza in un'accettazione bruciante. Fu una resa, sì, ma anche un risveglio. Ogni piacere che ne è derivato fu un veleno dolce, un'illuminazione. Il mio amante attuale è solo l'ultimo di una lunga serie, uomini che hanno visto nel mio abisso i bisogni più profondi e mi hanno guidato, marionetta inconsapevole, verso la mia vera essenza.

Sento l'auto risalire un sentiero ripido, l'attrito dei pneumatici che si aggrappano alla terra. Poi, un arresto. Una porta automatica del garage si apre, e la nostra auto avanza, lenta. La porta si richiude con lo stesso rimore di quando si era aperta.

Lui esce dall'auto, il rumore della portiera che si chiude è un colpo di tamburo. Parla con qualcuno, una donna, la sua voce profonda, roca, avvolta nel fumo e nei segreti. Non riesco a decifrare le parole.
La portiera accanto a me si apre. Un corpo femminile, caldo e morbido, scivola accanto a me, invade il mio spazio. La sua presenza è un magnete; è così vicina che percepisco il suo respiro, il calore della sua pelle che vibra contro la mia. Profuma di orchidee, Black Orchid di Tom Ford, forse, un'essenza che si mescola con il desiderio.
Percepisco che lui è in piedi, proprio dietro la portiera aperta, ci osserva, una regina in attesa. Rimango immobile, oggetto inanimato, le braccia tese sullo schienale del sedile, il sedere incurvato verso l'esterno. Una brava ragazza, obbediente, pronta per il gioco.

La sua voce, dura, quasi gutturale, mi avvolge.
"Perfetto," dice. Poi, "Rebecca, puoi iniziare."
È un comando, un invito.
Lei si muove, un cenno impercettibile che lancia onde nel mio cuore. All'improvviso, è dietro di me, seduta sul sedile, cavalcando le mie gambe, le sue cosce morbide che afferrano le mie come un serpente affamato. La consapevolezza che è completamente nuda, tranne per un tessuto leggero che si apre sul davanti, crea un vortice di sensazioni, un caos di desiderio e attesa.

È una donna grande, alta e voluttuosa, ma la sua carne è una roccia, solida e vibrante. Le sue tette, enormi e dure, premono contro la mia schiena con un’energia audace. Con entrambe le mani, solleva i miei capelli, un gesto che si trasforma in un bacio ardente sulla nuca. La sua lingua, ruvida e sensuale, lecca la mia pelle e un brivido scorre lungo la mia schiena, un segnale elettrico che vibra nel profondo.
Si avvicina, le sue mani affondano nei miei seni, impastando la carne morbida con una forza che mi fa gemere. Pizzica i miei capezzoli, trasformando il dolore in piacere, costringendomi a gridare, la sua risata danza nell’aria come un’eco di trionfo.
Sfruttando la mia impotenza, lei strofina i fianchi lussureggianti contro il mio sedere. La calda presenza della sua fica, avvolta in peli umidi e morbidi, si pressa contro le mie natiche. Mi spingo indietro, desiderosa di abbandonarmi al suo controllo, ma determinata a non disobbedirgli, a mantenere la mia fica distante dal contatto con il sedile.

Con un movimento deciso, alza la mia gonna e afferra il mio perizoma e lo tira verso l’alto, mandando il filo in profondità, aprendomi la passera in due. Un atto di possesso. Con l'altra mano, accende l'interruttore del plug anale, le vibrazioni si amplificano e i miei fianchi iniziano a tremare in modo incontrollabile.
Gemo, e mentre mi sbatto contro lo schienale del sedile, un orgasmo intenso, a spirale, esplode dentro di me, un’onda dopo l’altra, un ciclo apparentemente infinito di estasi.
"Brava ragazza," dice il mio uomo.

Mentre gli spasmi dell’orgasmo cominciano a calmarsi, lei mi afferra per i capelli, tirandomi indietro la testa per un bacio profondo, la sua lingua morbida esplora la mia bocca in un viaggio di desiderio. Con delicatezza, mi toglie la benda, le sue labbra si premono saldamente contro le mie, i suoi occhi, un marrone scuro profondo, sono orlati da ciglia nere e folte. Noto il suo sopracciglio sinistro, trafitto da un piccolo perno d'argento che brilla nella luce fioca, un gioiello che racconta storie di ribellione.

Finalmente si allontana e, insieme, mi aiutano a uscire dalla macchina. Nonostante l'orgasmo intenso che ho appena vissuto, la mia eccitazione è ancora accesa mentre mi trovo in piedi tra di loro nel garage. Lui sorride, la sua voce un sussurro di approvazione mentre mi dice che sono una brava ragazza.

Lei si è tirata la vestaglia nera sul corpo, ma è così sottile che le sue curve rigogliose e i capezzoli sodi si intravedono attraverso il tessuto, una visione che solletica la mia immaginazione. I suoi occhi mi valutano, muovendosi senza pietà su e giù per il mio corpo, come un fruttivendolo che seleziona la merce migliore in un mercato, la sua forza e la sua fame sono un’energia che vibra tra di noi.

"Stai dritta," dice il mio uomo, la sua voce una sentenza. "Voglio che apprezzi la tua bellezza. Stasera sarai sua."
Raddrizzo la schiena, i tacchi alti mi costringono a curvare il corpo, il bacino spinto in avanti, una posa che parla di vulnerabilità e potere.
"Spalle indietro."
Lei mi sorride e si mette dietro di me, le sue mani afferrano la parte superiore delle braccia, tirandole indietro in un gesto di possesso. I miei seni si sforzano contro il reggiseno succinto e la maglia a rete, una tensione che la fa sorridere ancora di più, le labbra leccate in modo suggestivo sono un invito e una promessa.

Fa un passo avanti, sfiora il mio corpo con un contatto carico di elettricità. È più alta, e mi costringe a sollevare la testa per incontrare il suo sguardo, il suo dominio. La sua mano si alza sotto il mio mento, costringendomi a mantenerlo in posizione, a guardarla profondamente negli occhi. Inspiro, l'aria calda che riempie i polmoni, ora è lui a tenermi le braccia.
"Portiamola in soggiorno," dice.

Apre una porticina e lo scenario cambia: attraversiamo un corridoio, i tacchi delle mie Loubies echeggiano, e arriviamo in una stanza ampia e confortevole. Il pavimento è avvolto da una moquette color crema, pulita e soffice, un abbraccio morbido sotto i piedi. Sei o più sedie imbottite e divani si ergono come sentinelle, tutti rivolti verso un’area aperta che contiene solo un robusto tavolino da caffè in legno. Un set perfetto per un gruppo di lettura, penso. Ma non siamo qui per leggere: considerando la sessualità di questa donna, realizzo che è un palcoscenico ideale per un tipo di spettacolo diverso. Mi chiedo cosa dovrò recitare.

Mi conduce al centro dell'area aperta e poi si ritira per sedersi su una delle grandi sedie. Un'atmosfera di possesso che riempie l'aria. Si avvicina a un tavolino e inizia ad accendere bastoncini di incenso. Un odore intenso e gradevole si diffonde nella stanza, avvolgendo tutto in un velo di sensualità. Accanto al tavolo ci sono vari interruttori della luce; ne regola uno, illuminando l'area aperta con una luce dall'alto, mentre le sedie e il resto della stanza restano immerse nell'ombra. Un altro interruttore viene girato, e una musica ritmica inizia a suonare dolcemente, un sottofondo che trasmette calma e anticipazione.

Lui si avvicina a me e un brivido mi percorre, tremo leggermente, incerta su cosa aspettarmi. All’improvviso, divento nuovamente consapevole del vibratore nel mio culo. L'aveva spento dopo il mio orgasmo in macchina, ma so che è lì, una presenza costante che aspetta, un segreto carico di elettricità.

Le sue dita giocano sulla mia maglietta, accarezzando la catena che tiene i miei capezzoli, e sento la tensione crescere. Un piccolo sussulto esce dalle mie labbra.
"Sono da un bel po' che le indossi," dice, con una voce che è un mix di dolcezza e autorità. "Devono farti male. Vuoi che te le tolga?"
Sono in fiamme, ogni fibra del mio essere vibrante di desiderio. Qualunque cosa desideri, per me va bene. Annuisco, la mia acquiescenza è un atto di resa.

“Rebecca, prenditi cura di lei,” dice.
Lei sal alza e viene verso di me. La maglia a rete viene tirata fuori dalla mia gonna, lentamente risalendo sui miei seni. La stoffa è stretta e lei si prende il suo tempo, un gesto che carica l'aria di tensione.
"Alza le braccia sopra la testa," ordina, "e lasciale lì."
Obbedisco, e la maglietta si stacca da me. Con le mani sollevate, i miei seni, ancora modellati dal reggiseno, vengono offerti per la sua ispezione. Ma invece di toccarli, mi afferra la testa tra le mani e guida le mie labbra verso le sue.

Allo stesso tempo, mi tira contro di sé, i miei seni si schiantano contro i suoi, una collisione di carne e desiderio. La sua lingua esplora la mia bocca mentre si contorce contro di me, la catena dei miei morsetti che tintinna. È, come dicono i poeti, "un'agonia squisita", un piacere che taglia in profondità.

Alla fine, si allontana e rimuove finalmente le pinze dai miei capezzoli. Il sangue riempie rapidamente i tessuti, un bruciore intenso che mi fa gridare. Ride, il suono un trionfo, e si dirige verso la sedia dove lui è seduto, a guardare, osservatore compiaciuto della scena.

Lei si siede sulle sue ginocchia, il loro legame palpabile.
"Che bel regalo mi hai portato," dice, mentre lui infila una mano sotto la sua vestaglia, stringendole il seno. Io, in piedi sui miei tacchi altissimi nella zona illuminata, nuda dalla vita in su, con le mani ancora sopra la testa, mi sento umiliata e vulnerabile.
"Ummm," dice, il suo tono giocoso. "Dille di fare un piccolo balletto per noi mentre si toglie il reggiseno e la gonna."
La richiesta vibra nell'aria, un comando che risuona nel profondo, trasformando il mio stato d'animo in un miscuglio di imbarazzo e desiderio, una danza di sottomissione e piacere.

Lui dice semplicemente: "Fai come dice lei. Fai tutto quello che dice lei."
Inizio a ondeggiare con la musica, desiderosa di stuzzicarli come loro hanno stuzzicato me. I miei fianchi ruotano, un movimento ipnotico mentre ballo lentamente verso di loro. Lui mi tiene d'occhio, il suo sguardo un caldo abbraccio, mentre continua a accarezzarla sotto la vestaglia. Lei geme piano, un suono che incita la mia audacia.
Quando sono proprio di fronte a loro, allungo la mano dietro di me e slaccio il reggiseno. Sembra saltare via dai miei seni gonfi, scivolando lungo le braccia come un ricordo che svanisce. Poi apro la gonna e la lascio cadere a terra, un gesto di totale resa. Ora, tutto ciò che mi copre è il perizoma sexy con le alette invitanti, un velo sottile tra me e la loro avidità.

Lei si allunga in avanti, afferrando il perizoma mi tira più vicino, un richiamo irresistibile.
"Vediamo cosa abbiamo qui," dice, aprendo le alette con la punta di un dito.
Sono molto bagnata, il desiderio che arde, e bramo che mi tocchi. Ma invece, si china e soffia un flusso di aria calda e umida sulla mia fica, il suo respiro un tocco di fuoco. Quando mi spingo verso la sua bocca, ride, un suono che risuona nel mio desiderio, e si ritrae, mantenendo il gioco vivo.

Il movimento le ha aperto completamente la vestaglia, e sia lui che io possiamo vedere tutto il suo corpo rigoglioso, una visione che incanta e provoca. Mi guarda mentre abbassa una mano, toccandosi la fica in un gesto di sfida e desiderio.
“Balla ancora un po' per noi," dice.

Sono in mostra, un’esibizione vivente, mentre lei si gode il fatto che il mio uomo la tocchi, un circolo vizioso di desiderio. Ma faccio come dice e ballo per loro, i movimenti fluidi e seducenti che danzano al ritmo della musica perfetta. Quando mi avvicino di nuovo, lei si siede e mi mette le mani sui fianchi, tirandomi tra le sue gambe divaricate, un gesto che mi ancora a loro, un pezzo della loro sfida.
Mentre sto lì, ondeggiando lentamente, lei infila due dita tra i lembi del mio perizoma, toccando la mia figc calda con un’abilità che manda brividi lungo la schiena. Con l’altra mano, mi allunga una mano dietro e accende il vibratore che è ancora nel mio culo, una sferzata di elettricità che si diffonde in ogni cellula del mio corpo.

Ansimo, completamente sopraffatta. Davanti e dietro, vengo stimolata oltre ogni limite, ogni tocco, un appello di piacere. Lei sente che sono sul punto di venire di nuovo e mi incoraggia, accarezzandomi leggermente la clitoride con il suo dito bagnato, in un contatto che brucia come il sole. L’orgasmo mi scuote fino al midollo, il mio corpo che esplode in onde di piacere mentre grido il mio godimento, il peso che si sposta da un piede all’altro, riuscendo a malapena a stare in piedi.

"Arrenditi," mi incita, la sua voce un canto di seduzione e comando. Alla fine, crollo sul pavimento davanti a loro, giocattolo nelle loro mani, pronta a fare tutto ciò che vorranno, una volontà piegata al desiderio.
"Prendiamo le corde," dice, e le parole risuonano nella stanza come un incantesimo, promettendo una nuova dimensione di sottomissione e piacere.
scritto il
2024-10-22
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