Giada in Somalia

di
genere
orge

Mi chiamo Giada, sono un medico, beh diciamo laureata in medicina, sto facendo il mio apprendistato, il prossimo mese andrò per due settimane in Somalia come volontaria con una ONG svizzera per una campagna di vaccinazioni contro il morbillo ai bambini con meno di 5 anni e a portare cibo terapeutico perché la malnutrizione sta portando parecchi problemi di salute ai bambini in quel Paese.
Finalmente è arrivato il giorno della partenza, io e Christine, l’altra volontaria, ci imbarchiamo per Mogadiscio, daremo il cambio ad altre due volontarie che sono lì da quasi due settimane, faremo due giorni di affiancamento con loro che poi torneranno in Svizzera, veniamo accolte da un responsabile della ONG che ci viene a prendere in aeroporto e ci porta all’ambulatorio, è ai confini della città, è praticamente un cortile con diverse costruzioni, il dispensario, l’ambulatorio, la cucina e i nostri alloggi, tutto al piano terra, il caldo è opprimente; conosco le altre due volontarie, una francese ed un’altra svizzera come Christine, siamo più o meno della stessa età, circa 24 anni, c’è anche un’infermiera che però è del posto, il responsabile ci dice che quella sarà praticamente la nostra casa per le prossime due settimane ed anche che non è saggio uscire dal cancello del cortile, il Paese non è sicuro, infatti vedo passare davanti al nostro cancello diverse camionette delle forze regolari somale diverse volte durante quel primo giorno, ci spiega anche che ci sono diverse fazioni una contro l’altra e che ci sono anche i terroristi del gruppo di Al-Shaabab, quindi meglio rimanere dentro.
Si fa fatica anche a dormire, la prima notte ho faticato a prendere sonno, il caldo è quello che crea il problema, più che dormire nudi non si può fare, mica ti puoi strappare la pelle di dosso no?
Il primo giorno di lavoro è stato faticoso, non tanto per il lavoro ma per il fatto di dover indossare le tute di protezione, dobbiamo bere molto e la sera la doccia, anche con l’acqua razionata è essenziale. Questa notte sono talmente stanca che riuscirò senz’altro a dormire, vengo svegliata, all’improvviso, da una mano sulla bocca e da un corpo che mi impedisce di muovermi, vengo avvolta nel lenzuolo, legata e imbavagliata, sulla testa un cappuccio di stoffa e poi sollevata di peso e messa, credo, sul pianale di un furgone, intorno a me sento altri corpi, penso siano le mie colleghe e ne ho conferma più tardi, dopo qualche ora il furgone, poi rivelatosi un pick-up si ferma, è stato un viaggio pieno di scossoni e salti, sono tutta dolorante, vengo trascinata giù e buttata a terra prima e fatta alzare in piedi poi e mi tolgono il cappuccio, avevo ragione, eravamo tutte e quattro, intorno una ventina di uomini armati ed alcuni fuochi che illuminavano la notte, eravamo tutte e quattro terrorizzate, infagottate nelle lenzuola che ci coprivano e legate come salami; uno degli uomini di fronte a noi parlò in francese, una delle ragazze mi tradusse quello che aveva detto, avrebbero chiesto un riscatto per noi.
Ci portarono in una tenda con il pavimento ricoperto da tappeti e ci slegarono, finalmente, cercarono di portarci via i lenzuoli ma riuscimmo a trattenerne due che poi facemmo a pezzi cercando di coprirci in qualche modo, ci portarono anche un bidoncino in plastica pieno d’acqua. il pomeriggio ci fecero uscire e ci fotografarono, poi ci rimandarono nella tenda con uomini armati intorno, da mangiare ci dettero le nostre bustine di cibo terapeutico e ci tennero così per una settimana, poi venne il capo che ci disse qualcosa e il tono era molto duro, sembrava arrabbiato, quando poi mi tradussero il Mondo mi crollò addosso, il nostro governo, quello svizzero, non trattava con i terroristi e non avrebbe pagato alcun riscatto, quindi lui ci avrebbe venduto, e poi che fino a quel momento era riuscito a tenere a freno i suoi uomini ma che le cose sarebbero cambiate. Una sera, dopo un paio di giorni, venimmo fatte uscire dalla tenda, rumore assordante, urla, spari in aria, tamburi, nello spiazzo, come fosse un’arena, una ventina di uomini seduti per terra su piccoli tappeti con kalashnikov di fianco, quasi tutti con dei grossi coltelli, disposti in cerchio, in mezzo alcuni tappeti sui quali due uomini stavano lottando incitati dagli altri, il combattimento finì e noi sostituimmo i lottatori in mezzo all’arena, alla luce dei falò il capo si alzò ed allargò le braccia per far cessare il clamore e disse, rivolto a noi
- vous les blancs êtes tous des putes, montre-nous un bon spectacle, avoir des relations sexuelles entre eux
guardai le mie compagne che sembravano interdette, una mi spiegò cosa voleva, che facessimo sesso tra di noi per il loro piacere, rimanemmo ferme impietrite, ma tre uomini si alzarono e ci strapparono di dosso gli stracci che avevamo, ci stringemmo tra di noi per coprirci, poi i tamburi ricominciarono come gli incitamenti degli uomini intorno e il rumore del metallo dei grossi coltelli uno contro l’altro, timidamente cominciammo a baciarci, e, quasi senza accorgercene ci ritrovammo stese sui tappeti a toccarci e leccarci prese da una frenesia dettata dall’adrenalina, dopo mezzora non sentivamo, almeno io, più le urla, solo i tamburi, ogni tanto uno degli uomini intorno si spogliava e ci raggiungeva, me ne accorsi quando mi sentii tirare per i capelli, e alzai la testa dalla figa di una mia compagna e venni costretta a prendere in bocca il cazzo di un uomo, eravamo tutte impegnate, oltre che dalle compagne anche da qualche uomo, dopo poco venni violentata da due uomini contemporaneamente che riempirono la mia vagina ed il mio culetto, non avevo modo di seguire cosa mi succedeva intorno ma il mio corpo reagiva naturalmente orgasmando, non so quanto durò o quanti uomini mi possedettero, ricordo solo la prima violenza in coppia, uno che mi prese da dietro ed entrava e usciva dal mio culetto di continuo,un’altro che mi scopò praticamente in bocca facendomi bere una quantità incredibile di sperma e poi solo di essere stata presa, sollevata, sbattuta in tutte le posizioni, so che l’alba ci sorprese stese sul tappeto incapaci di camminare da sole, sporche e doloranti, io avevo il culetto in fiamme e mal di pancia, praticamente ci portarono di peso ad un torrentello, giusto un rivolo d’acqua, e ci lasciarono dentro, servì a lavarci e riprenderci un po’ e ne uscimmo tremanti ma sempre incapaci di camminare da sole, poi venimmo portate di nuovo nella tenda e lasciate lì stese sul pavimento.
Per quattro giorni non successe nulla, poi vennero due donne anziane e grasse, una per volta ci lavarono, pettinarono, usarono creme ed unguenti e ci diedero dei vestiti, più che altro dei veli da mettere addosso, capimmo che sarebbero arrivati gli acquirenti e saremmo state messe in vendita;
Successe il giorno dopo, la sera, ci misero in mostra come si fa con il bestiame, vidi che erano state montate altre tende nell’accampamento e uomini di colore diverso e con abiti di varia foggia giravano intorno a noi, uno mi fece anche aprire la bocca e guardare i denti, poi, una per volta ci portarono nelle nuove tende , eravamo state comprate.
Nella tenda due uomini, uno alto e di colore, l’altro, l’esatto contrario, basso, più di me che ero alta un metro e settanta, grasso, davvero grasso e mezzo calvo però di pelle olivastra, quasi bianco, non capivo niente di quello che dicevano, però capii quello che volevano, almeno quello grasso, perchè mi strapparono praticamente i quattro veli che indossavo e il vecchio cominciò a palparmi il seno ed il culetto, cercai di protestare ma il nero, quello alto, mi diede una sberla che mi fece cadere per terra e ridere il grassone ; poi si spogliò, di grosso non aveva solo la pancia, seduto, mi prese per i capelli, sdraiandosi, portò praticamente la mia faccia all’altezza del suo cazzo sul quale tenne schiacciata la mia testa, dovetti leccarlo e succhiarlo sentivo sulla lingua il sapore del suo sudore ma mi sforzai di non vomitare, poi, poco per volta, cominciò a gonfiarsi ed indurirsi, si ergeva, un po’ storto, verso l’alto quando due mani, quelle del negro, mi presero ed alzarono e mi misero esattamente sopra quel palo che il grassone si teneva con una mano e poi mi ci calarono sopra, il problema non era tanto la lunghezza quando la grandezza, la mia farfallina venne scardinata senza alcun riguardo, inoltre le mani del grassone strapazzavano i miei seni ed i capezzoli, però ebbi un primo orgasmo dopo poco, anche se leggero, ci era voluto tanto per prepararlo alla penetrazione ma ci volle di più perchè smettesse di pomparmi e con un ultimo affondo mi riempisse di sperma la vagina infiammata. Poi si girò, e si mise a russare con un braccio tra le mie gambe.
Mi svegliarono , al mattino, i rumori dall’esterno, da un buco della tenda vidi che molti partivano, erano rimaste in piedi, solo le quattro tende nuove e, fuori solo un gruppetto di guerriglieri, gli altri erano partiti, ad un certo punto vidi tre dei guerriglieri cadere a terra, il rumore di uno o più motorie poi due uomini armati entrarono nella mia tenda, il grassone si svegliò e cercò di alzarsi ma venne spinto a terra con un calcio, io venni portata fuori dalla tenda, il negro giaceva per terra con il sangue che gli copriva la testa, salimmo su una camionetta e venimmo portate ad un elicottero, da lì in aeroporto dove un aereo militare ci stava aspettando, a bordo venimmo visitate da un medico, ci venne dato da mangiare e da bere e delle tute per vestirci, rimanemmo in ospedale e Ginevra per qualche giorno, io per dieci, poi tornai in Italia a casa mia.
Il moi corpo non aveva subito danni permanenti per fortuna ma non potevo non svegliarmi all’improvviso di notte senza capire dov’ero per diverso tempo.
scritto il
2024-11-02
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