La piuma dello zio
di
Guglielmo Da Baskerville
genere
incesti
Era il mio hotel preferito. Sembrava avesse lui conformato le montagne ed i boschi intorno a se. Si edificava incastonato su quella surreale valle, circondata da sciarpe di neve sulle alte vette circostanti, che correvano giù, verdi d'estate e ruggine in autunno, per la colorazione degli alberi al cambio di stagione. Quando avevo saputo che mio zio Amleto avrebbe soggiornato lì, due ore dopo ero in treno pronta a raggiungerlo, come ultimo mio confessore, e forse, l'unico, a due settimane dal mio matrimonio avevo bisogno di lui. Quell'uomo incarnava in me tutto quello che, fin dalla mia più tenera età, una figura maschile poteva rappresentare, un compendio di bellezza, stile, classe e sopra ogni altra cosa sregolatezza. Si lui, fratello più piccolo di mio padre, era camaleontico, in questo mai, Amleto, fu nome più azzeccato, la sua vita era un teatro e da attore protagonista ne faceva della sua una commedia o un dramma a seconda del suo estro. Poteva essere, con la sua personalità eccentrica, per settimane al centro dei gossip VIP più stravaganti della città, per poi ritirarsi per mesi in un convento di frati francescani in Abruzzo, dove c'era un suo storico amico d'infanzia, che lui chiamava fra' Purga, che cercava di catechizzarlo, amichevolmente, ad un comportamento più 'consono', ovviamente, con scarsi risultati. Non si era mai sposato, e questa era stata la fortuna di quella possibile donna, che sarebbe potuta diventare sua moglie, soprattutto per la sua salute mentale. Girava il mondo da solo, viveva giocando in Borsa, infischiandosene degli scandalizzati commenti di famiglia. Faceva tutto ciò che voleva, assecondando quello che per altri erano solo irragionevoli desideri, il suo gusto per l'arte, la musica, il teatro.
Con le donne era incontenibile, poteva ciò che voleva, ma da uomo di classe faceva capire subito alle sue corteggiatrici, sempre donne incantevoli, il sottile confine da non superare, era nato come un Mustang nelle praterie del west americano e metterlo al lazo era come ucciderlo. Con chi meglio di lui potevo dare sfogo ai miei più intimi dubbi su quel delicato passo che stavo per fare. Lui, di cui io, giovinetta, e forse anche un po' adesso, ero sempre stata innamorata, vedendolo come una proiezione per un mio futuro sposo. Più che innamorata ero rapita in piccoli e insani pensieri, in dolci tentazioni, il delicato e adolescenziale desiderio di baciare le sue labbra per donare e trarne una sensazione di beatitudine, di acerba passione. Amleto aveva 15 anni più di me, e di esperienze di vita ne aveva vissute molte, poteva di certo aiutarmi a capire se fosse, solo un salto nel buio quella definitiva decisione che avevo programmato. Decisiva perché in una famiglia aristocratica, piena all'apparenza, di trine e merletti, non si poteva sbagliare, se il cammino scelto era quello, quello doveva rimanere. Il mondo snob che circondava casa mia non avrebbe accettato un cambio di rotta, neanche ammettendo in pubblica piazza di aver semplicemente commesso un errore, di aver interpretato male gli eventi. Quando ho proposto, ai miei, di cambiare facoltà da medicina a veterinaria, sebbene quasi tutti gli esami fatti mi sarebbero stati riconosciuti, mi sono scontrata con un muro di silenzio, in casa, neppure la cuoca, che mi ha visto nascere, mi parlava. Ora sono medico. Figuriamoci poter far sentire solo le parole 'separazione' o 'divorzio' a mio padre e a mia madre, sposati da una vita, esemplari in pubblico, tanto quanto sotto le coperte con i loro segretissimi amanti. Mi sposavo solo per loro, praticamente, avevano decretato che a 25 anni fosse il limite massimo per avere figli sani, crescerli ancora in una età giovane. Non serve neppure dire che lui, Giulio, era figlio di ricchi possidenti e che non essendo, inizialmente, nelle grazie dei miei, per puro senso di ostentarli e di infastidirli avevo cominciato una storia con lui. Solo che loro hanno colto l'occasione ed han giocato bene le loro carte. Non posso dire che Giorgio non mi piacesse, era bello , educato ma troppo lineare per me, privo di quel che rende la vita frizzante, che da brio al giorno in divenire. Sessualmente era monotono e pieno di tabù, per lui ogni giochetto un po' più osè, che proponevo, era da film porno ed io finivo sempre per sentirmi una poco di buono, incastrata su falsi moralismi e sciatte questioni di decenza e castità. Ma oramai era tardi, 15, come gli anni di differenza con mio zio, erano i giorni prima di indossare il vestito bianco.
Quando sono scesa dal treno le mani mi sudavano, e una leggera ma persistente tachicardia accompagnava il rumore regolare dei miei tacchi. Mi è venuto incontro e mi ha abbracciata avvolgendomi del suo delizioso odore esotico che sapeva di cannella e lime. Bastava già quello a rapirmi, riportandomi a quelle domeniche, in cui piccina, lo aspettavo per stare un po' con lui rubandolo alla bella donna, del momento, che si portava con se. Il contatto del suo corpo con il mio seno mi ha dato un piccolo senso di spaesamento, come un lieve giramento di testa, al quale ho dato la colpa all'altura e all'aria più rarefatta. La sue eleganza era impareggiabile, il suo stile inglese, i suoi ricci lunghi e neri, lasciati al gioco del vento, facevano risaltare quegli occhi blu oceano sempre attenti e accesi a qualsiasi cosa potessero cogliere. Era da un anno che non lo vedevo e mi sembrava quasi ringiovanire ogni volta che ci incontravamo, i suoi quarant'anni appena compiuti non li dimostrava per niente.. Dopo che sono salita sulla sua macchina una Mercedes 230 SL 'Pagoda' del '64 nera decapottabile, mi sentivo come un'attrice francese, ogni tanto mi volgevo a guardarlo senza farmi notare e rimanevo estasiata da quel suo sorriso, da quel blu degli occhi che sfidavano l'azzurro del cielo. Dio quanto era bello, il mio corpo era pervaso da sottili fremiti, da istantanei brividi che correvano veloci sollevando, al loro passaggio, i miei biondi peletti delle braccia e delle gambe nude. Poi, non senza arrossire, ho colto, quando la mia borsettina è caduta aprendosi sotto il sedile dell'auto, il suo sguardo furtivo insinuarsi tra le mie gambe, leggermente aperte, mentre cercavo di recuperarla. Avevo bisogno di parlare con lui, preoccupata dell'imminente traguardo, vivevo con pericolosi attacchi d'ansia e con una costante voglia di scappare. Non immaginavo però di vivere questo sconvolgente sordido sentimento nel rivederlo, tanto che da lì, con lui al mio fianco, non sarei mai voluta andare via.
Quando siamo arrivati all'hotel alla hall ci hanno detto, tra mille scuse, che quella che sarebbe dovuta essere la mia stanza aveva avuto problemi con le tubature, ed essendo tutto pieno ci potevano sistemare in una suite doppia, al prezzo di una stanza singola, per una notte. L'indomani avrebbero sistemato il guasto. Mio zio mi ha guardata, cercando di capire le mie intenzioni, e si è offerto di portarmi in un altro hotel in paese in caso non mi andasse bene. Ma dentro me, che da quando l'avevo rivisto mi sembrava di vivere in un dorato limbo, credevo che il fato mi fosse propizio. Quindi ho accettato la suite sentendo una lieve trepidazione, una fanciullesca inquietudine per la notte che avrei diviso con lui. Dopo esserci sistemati nella suite, che era curatissima in ogni dettaglio, sono andata a farmi una doccia prima della cena. Il fatto che nel bagno ci fossero: la sua schiuma da barba, il suo rasoio e tutti gli altri effetti personali mi ha donato un senso di strana serenità, non avendo mai vissuto con Giorgio tranne qualche rara vacanza, quegli oggetti mi sembravano far diventare quella lussuosa stanza quasi nostra, mia e di Amleto. Mi sono spogliata e nuda mi sono guardata allo specchio piacevolmente soddisfatta, dei miei seni gonfi e alti, della mia pancia piatta, e del mio culettino sodo. Mi sono, colta da un'eccitazione improvvisa e bruciante, soffermata sul triangolo di peli corti e biondi, ho divaricato un po' le mie gambe e sentivo la mia 'patatina' pulsare e diventare umida al solo immaginarmi con lui, insieme nel letto matrimoniale e lentamente mi sono toccata. Alzando lo sguardo, mentre delicatamente la mia mano si muoveva, ancora lenta, sotto il ciuffetto di peli, mi è parso, dal riflesso dello specchio, di vedere un'ombra osservarmi attraverso la porta che avevo dimenticato socchiusa.
Arrossendo e vergognandomi mortalmente sono scattata verso la doccia, dentro una tana che potesse proteggermi da quei torbidi giochetti. Ho sperato di essermelo solo immaginato, e non che mio zio, magari involontariamente, mi avesse visto con la mia perversa mano tra le mie gambe. A cena, appena seduti al tavolo, ho cercato con lo sguardo i suoi occhi per cercare di comprendere se mi avesse davvero vista, ma lui era sorridente e spigliato come sempre.
― Raccontami delle nozze. Voglio sapere tutto. Com'è il fortunato che ti porterà all'altare?.
― Solo l'idea che fra pochi giorni imboccherò una strada senza ritorno, legata per il resto della vita ad un uomo mi terrorizza un po' e penso che tu questo lo possa capire.
― Questa è la ragione per cui non l'ho mai né fatto né pensato. Ti appassionerai a lui godendo l'atmosfera matrimoniale e quando ti sarai stufata ti consolerai tra le braccia di un amante. Fan tutte così!
― Mamma e papà sono in fibrillazione, non ci speravano più. Ma io.. purtroppo non so cosa voglio, Giorgio fa il violinista, ma è ordinario, mai uno sprint, un cambio di marcia.. zio ho un po' paura.
Stavamo tranquillamente discorrendo ma vedevo lo sguardo di Amleto rivolgersi spesso alla mia sinistra, incuriosita mi sono alzata per andare in bagno per capire. Una donna, sui 35, bellissima, credo col marito che era di spalle, fissava con sguardo audace e provocatorio mio zio. Girandomi verso di lui, però ho notato, che sovrappensiero, mi guardava il culo che vestito con un pantalone grigio chiaro metteva in maniera elegante le sue rotondità in bella vista e un po' emozionata sono andata in bagno. Le occhiate che mi dava mi facevano arrossire ma ne ero lusingata e il mio corpo ribolliva di dolci sensazioni.
― Stasera, non hai la libertà di fare conquiste, te lo vieto. Poi, anche se ti rompe, la tua stanza è occupata da me, ok?.
― Ma perché dici questo?.
― Amle, ho visto la bella donnina dietro di me, i suoi occhi ti hanno già predigerito.
Abbiamo continuato a parlare delle mie paure e io mi sono aperta con lui anche in cose molto intime, il prosecco su questo mi ha davvero aiutata, fino a parlare delle piccole divergenza nelle questioni sessuali con Giorgio. Quando raccontavo, ovvio senza troppi particolari, sentivo tra le cosce un calore che mi faceva imperlare la fronte come un lieve velo di sudore. Certo il mio corpo era in fermento e pensavo che la mia camicetta da notte forse era troppo sexy, nera di raso corta e con davanti una profonda scollatura, ma non era in progetto il fatto di dormire insieme, anche se io in un altro letto messo a disposizione dalla direzione dell'hotel. Quando ci siamo spostati in giardino per bere un gin tonic, prima di andare a dormire, pensavo, che non lo volevo quel letto, che potevamo benissimo condividere il matrimoniale, e dopo cinque secondi ero contenta ci fosse. Vivevo l'attesa di quella notte in un'ansia etilica che mi faceva cambiare idea come un pendolo. Entrando in ascensore, per farmi passare per prima, mi ha toccato la schiena , la maglia che indossavo aveva un'ampia apertura dietro, direttamente sulla pelle e ho sentito i brividi ha contatto col suo calore. Come sarebbe passata la notte? Io ero certa di volerlo, me ne convincevo ogni minuto di più e ogni molecola di gin che si mescolava al mio sangue aumentava quella mia pulsione. Lo desideravo. Oltre alla sua sconfinata carica erotica, il fatto dell'ultima notte prima del sacro vincolo matrimoniale, con Giulio, aggiungeva una folle voglia di trasgredire, di esplorare ancora una volta lidi nuovi, spiagge sconosciute. Arrivati in camera, mi sono rapidamente lavata e ho indossato la mia camicettina da notte, ho tolto il reggiseno e mi vergognavo tantissimo e presa dal panico, mentre era Amleto a farsi la doccia, pensavo che forse era meglio una tuta da ginnastica, ma già dopo pochi secondi non ci pensavo più. 'Succeda quel che succeda' mi son detta. Mi sono sfiorata il seno con le mani e i miei capezzoli sono esplosi, schizzando verso l'esterno. Quando mi sono accorta che la porta del bagno era socchiusa ho avuto, quasi, la certezza e la conferma che l'ombra di prima era quella di mio zio e che aveva visto quel mio vizioso giochetto, forse voleva vedere se anch'io ero curiosa? Non son riuscita a resistere e delicata come un gatto sono arrivata dietro la porta, ho guardato dentro con lussuria,avida di sapere, ma con il cuore a mille, e l'ho visto completamente nudo. Non riuscivo a staccarmi e tornare sui miei passi. Il suo torace, i pettorali ben delineati, i suoi addominali, con una sottile linea di peluria scura che da sotto l'ombelico arrivava fino al suo pene che era lungo, non in erezione, ma ben definito nella sua forma con la sua cappella coperta dal prepuzio. Quella immagine mi ha lasciata lì paralizzata nel corpo e nella mente. Mentre osservavo insistentemente il suo cazzo, le mie ghiandole salivari hanno iniziato a produrre saliva, come se dovessi mangiare qualcosa. Avevo in maniera involontaria l'acquolina in bocca e mi sono sentita perversa e porca, a dirla tutta glielo avrei mangiato. Mi sono messa seduta sul letto e ho percepito che: corpo e mente ormai erano fuori controllo, ma non sapevo come comportarmi. E' uscito dal bagno, dal frigo ha preso due mignon di gin che ha versato in due bicchieri, ha aperto la tonica e l'ha smezzata e mi ha dato in mano il mio gin tonic. Il colpo di grazia ai miei tabù: addio al proibito, addio al vietato, addio all'inavvicinabile. Avrei fatto tutto, e dico tutto, con lui. Anche se era mio zio, sentivo un trasporto, una attrazione, una voglia che non riuscivo a contenere, come un fiume in piena, i miei impuri sentimenti tracimavano gli argini. Lo amavo e lo volevo. Volevo vederlo godere e io godere con lui. Ho aperto leggermente le gambe mettendomi in una posa molto provocante, da dov'era poteva vedere bene il mio perizoma in pizzo e la macchia scura dei miei peletti sotto. Continuavamo a parlare e a scherzare, le mie guance erano rosse dall'euforia e dall'avidità del desiderio. Era ancora in accappatoio e tra le sue gambe ho visto un grosso rigonfiamento, si stava eccitando guardandomi. Allora ho fatto finta di mettere a posto il cuscino dietro di me e ho messo in mostra il mio culetto. A quel punto, quando mi sono girata, mi sono trovata davanti al mio viso il suo accappatoio aperto ed il suo cazzo i tiro davanti agli occhi. Presa dalla bramosia l'ho spogliato tutto e mi sono tolta la camicia da notte restando solo con il perizoma. Mi sono alzata e con le mie labbra ho cercato le sue, poggiandogli le mani sul suo petto. Ci siamo baciati e le nostre lingue si toccavano e si incrociavano senza sosta, la sua pelle era liscia, sentivo sulla mia pancia la forza dalla sua di voglia ed ero glorificata di questo: gli piacevo. Dopo un lungo bacio, mi ha fatto sfilare le mutandine, mentre lui ha tirato fuori dall'armadio un grosso piumone viola e mi a preso per mano portandomi nella cucina, ha steso la grossa coperta sul grande tavolo e senza parlare mi ha fatto capire che mi ci dovevo distendere sopra a pancia in giù. Non capivo cosa volesse fare, ma vedere il suo grosso cazzo del tutto in tiro mi eccitava a tal punto che ero tutta bagnata. Ha preso una ciotola l'ha riempita di ghiaccio con un po' d'acqua, sul tavolo avevo già visto che c'era una lunga penna nera, di un corvo forse, ero del tutto ignara di cosa sarebbe successo. Ha bagnato la piuma nell'acqua freddissima e con mano delicata mi ha pennellato il centro della schiena, da sotto al collo fino al mio culetto. I brividi viaggiavano velocissimi e la mia fica continuava a bagnarsi. Poi appena vedeva che la pelle si increspava mi leccava facendomi sentire una dolce sensazione di calore. Ha continuato quel gioco di temperature, quando ha iniziato a farlo sulla mie chiappe, volevo girarmi e farmi scopare forte, ma lui dirigeva con mano esperta di direttore d'orchestra ogni lembo della mia insaziabile pelle. Con le mani calde ha allargato i miei glutei e sul buchetto, passava la piuma fredda e poi la sua lingua calda, io pensavo di sognare, il mio corpo era governato da leggi a me sconosciute. Con la lingua sondava il mio buchino e mi piaceva troppo. Quando è passato davanti alla mia testa, l'ho preso per i fianchi e ho iniziato a leccarlo io; leccavo lenta tutta la circonferenza della sua cappella, e gustavo quel suo aroma di uomo. Poi me lo sono fatto scivolare in bocca e con la mano gli masturbavo la parte che restava fuori. Mi dedicavo a lui con dedizione, un gioco lento, volevo esasperarlo, portarlo alla massima eccitazione. Non volevo che venisse, adoravo sentirmelo in bocca. Mi ha fatto girare a pancia in su, ha iniziato a giocherellare con l'esterno delle mie grandi labbra, io soffrivo lo volevo dentro, i miei capezzoli erano noccioline dure, la mia patata una palude di miei liquidi. Quando mi ha aperto le grandi labbra mi ha passato più volte la fredda piuma sulla clitoride, che era sodo e ricettivo, e subito dopo la sua bocca lo aspirava e sono venuta, un'esplosione di colori, un arcobaleno estatico che mi lasciato prima senza fiato e dopo un rantolare lungo ed estenuante. Ha proseguito quel dolce gioco fino a che ad ogni suo tocco leggero con la piuma il mio corpo sobbalzava ed io venivo ancora.. e ancora.. e ancora. Ero persa, non riuscivo ad articolare un pensiero. Mi aveva sfinita facendomi godere. Siamo tornati a letto e forse un po' troppo frettolosa, presa da quello che il mio corpo aveva provato, gli ho fato un pompino fino a farlo venire nella mia bocca, il sapore del suo sperma mi piaceva, come tutto di quell'uomo. Poi mi sono addormentata abbracciata a lui, erano passate tre ore, tre ore della più bella 'tortura' mai provata dal mio corpo, la tortura della ricerca dell'essenza del piacere totale. Quando mi sono svegliata lui non c'era, un solo biglietto ad attendermi:
"Sono dovuto andare a Francoforte, è stato bellissimo stanotte, lo so che è tutto sbagliato, so bene chi sono e chi sei, ma non riuscirei mai a resisterti. Hai un corpo stupendo, risponde come un pianoforte, ad ogni tocco una vibrazione sonora, spero di avere altre possibilità per altri giochi per portarti dove le tue sensazioni nemmeno immaginano. Ci vediamo il giorno delle tue nozze. Io sarò in prima fila, se al momento del 'SI' mi guarderai avrò capito.. semplicemente tuo Amleto"
Il giorno delle nozze, mi sono girata cento volte per vedere, prima se c'era, e poi dove era seduto in chiesa e quando il prete mi ha posto la fatidica domanda mi sono volta ho visto il suo sguardo e ho detto: ― SI ― Ho guardato Giulio ― lo voglio ―. ,
Con le donne era incontenibile, poteva ciò che voleva, ma da uomo di classe faceva capire subito alle sue corteggiatrici, sempre donne incantevoli, il sottile confine da non superare, era nato come un Mustang nelle praterie del west americano e metterlo al lazo era come ucciderlo. Con chi meglio di lui potevo dare sfogo ai miei più intimi dubbi su quel delicato passo che stavo per fare. Lui, di cui io, giovinetta, e forse anche un po' adesso, ero sempre stata innamorata, vedendolo come una proiezione per un mio futuro sposo. Più che innamorata ero rapita in piccoli e insani pensieri, in dolci tentazioni, il delicato e adolescenziale desiderio di baciare le sue labbra per donare e trarne una sensazione di beatitudine, di acerba passione. Amleto aveva 15 anni più di me, e di esperienze di vita ne aveva vissute molte, poteva di certo aiutarmi a capire se fosse, solo un salto nel buio quella definitiva decisione che avevo programmato. Decisiva perché in una famiglia aristocratica, piena all'apparenza, di trine e merletti, non si poteva sbagliare, se il cammino scelto era quello, quello doveva rimanere. Il mondo snob che circondava casa mia non avrebbe accettato un cambio di rotta, neanche ammettendo in pubblica piazza di aver semplicemente commesso un errore, di aver interpretato male gli eventi. Quando ho proposto, ai miei, di cambiare facoltà da medicina a veterinaria, sebbene quasi tutti gli esami fatti mi sarebbero stati riconosciuti, mi sono scontrata con un muro di silenzio, in casa, neppure la cuoca, che mi ha visto nascere, mi parlava. Ora sono medico. Figuriamoci poter far sentire solo le parole 'separazione' o 'divorzio' a mio padre e a mia madre, sposati da una vita, esemplari in pubblico, tanto quanto sotto le coperte con i loro segretissimi amanti. Mi sposavo solo per loro, praticamente, avevano decretato che a 25 anni fosse il limite massimo per avere figli sani, crescerli ancora in una età giovane. Non serve neppure dire che lui, Giulio, era figlio di ricchi possidenti e che non essendo, inizialmente, nelle grazie dei miei, per puro senso di ostentarli e di infastidirli avevo cominciato una storia con lui. Solo che loro hanno colto l'occasione ed han giocato bene le loro carte. Non posso dire che Giorgio non mi piacesse, era bello , educato ma troppo lineare per me, privo di quel che rende la vita frizzante, che da brio al giorno in divenire. Sessualmente era monotono e pieno di tabù, per lui ogni giochetto un po' più osè, che proponevo, era da film porno ed io finivo sempre per sentirmi una poco di buono, incastrata su falsi moralismi e sciatte questioni di decenza e castità. Ma oramai era tardi, 15, come gli anni di differenza con mio zio, erano i giorni prima di indossare il vestito bianco.
Quando sono scesa dal treno le mani mi sudavano, e una leggera ma persistente tachicardia accompagnava il rumore regolare dei miei tacchi. Mi è venuto incontro e mi ha abbracciata avvolgendomi del suo delizioso odore esotico che sapeva di cannella e lime. Bastava già quello a rapirmi, riportandomi a quelle domeniche, in cui piccina, lo aspettavo per stare un po' con lui rubandolo alla bella donna, del momento, che si portava con se. Il contatto del suo corpo con il mio seno mi ha dato un piccolo senso di spaesamento, come un lieve giramento di testa, al quale ho dato la colpa all'altura e all'aria più rarefatta. La sue eleganza era impareggiabile, il suo stile inglese, i suoi ricci lunghi e neri, lasciati al gioco del vento, facevano risaltare quegli occhi blu oceano sempre attenti e accesi a qualsiasi cosa potessero cogliere. Era da un anno che non lo vedevo e mi sembrava quasi ringiovanire ogni volta che ci incontravamo, i suoi quarant'anni appena compiuti non li dimostrava per niente.. Dopo che sono salita sulla sua macchina una Mercedes 230 SL 'Pagoda' del '64 nera decapottabile, mi sentivo come un'attrice francese, ogni tanto mi volgevo a guardarlo senza farmi notare e rimanevo estasiata da quel suo sorriso, da quel blu degli occhi che sfidavano l'azzurro del cielo. Dio quanto era bello, il mio corpo era pervaso da sottili fremiti, da istantanei brividi che correvano veloci sollevando, al loro passaggio, i miei biondi peletti delle braccia e delle gambe nude. Poi, non senza arrossire, ho colto, quando la mia borsettina è caduta aprendosi sotto il sedile dell'auto, il suo sguardo furtivo insinuarsi tra le mie gambe, leggermente aperte, mentre cercavo di recuperarla. Avevo bisogno di parlare con lui, preoccupata dell'imminente traguardo, vivevo con pericolosi attacchi d'ansia e con una costante voglia di scappare. Non immaginavo però di vivere questo sconvolgente sordido sentimento nel rivederlo, tanto che da lì, con lui al mio fianco, non sarei mai voluta andare via.
Quando siamo arrivati all'hotel alla hall ci hanno detto, tra mille scuse, che quella che sarebbe dovuta essere la mia stanza aveva avuto problemi con le tubature, ed essendo tutto pieno ci potevano sistemare in una suite doppia, al prezzo di una stanza singola, per una notte. L'indomani avrebbero sistemato il guasto. Mio zio mi ha guardata, cercando di capire le mie intenzioni, e si è offerto di portarmi in un altro hotel in paese in caso non mi andasse bene. Ma dentro me, che da quando l'avevo rivisto mi sembrava di vivere in un dorato limbo, credevo che il fato mi fosse propizio. Quindi ho accettato la suite sentendo una lieve trepidazione, una fanciullesca inquietudine per la notte che avrei diviso con lui. Dopo esserci sistemati nella suite, che era curatissima in ogni dettaglio, sono andata a farmi una doccia prima della cena. Il fatto che nel bagno ci fossero: la sua schiuma da barba, il suo rasoio e tutti gli altri effetti personali mi ha donato un senso di strana serenità, non avendo mai vissuto con Giorgio tranne qualche rara vacanza, quegli oggetti mi sembravano far diventare quella lussuosa stanza quasi nostra, mia e di Amleto. Mi sono spogliata e nuda mi sono guardata allo specchio piacevolmente soddisfatta, dei miei seni gonfi e alti, della mia pancia piatta, e del mio culettino sodo. Mi sono, colta da un'eccitazione improvvisa e bruciante, soffermata sul triangolo di peli corti e biondi, ho divaricato un po' le mie gambe e sentivo la mia 'patatina' pulsare e diventare umida al solo immaginarmi con lui, insieme nel letto matrimoniale e lentamente mi sono toccata. Alzando lo sguardo, mentre delicatamente la mia mano si muoveva, ancora lenta, sotto il ciuffetto di peli, mi è parso, dal riflesso dello specchio, di vedere un'ombra osservarmi attraverso la porta che avevo dimenticato socchiusa.
Arrossendo e vergognandomi mortalmente sono scattata verso la doccia, dentro una tana che potesse proteggermi da quei torbidi giochetti. Ho sperato di essermelo solo immaginato, e non che mio zio, magari involontariamente, mi avesse visto con la mia perversa mano tra le mie gambe. A cena, appena seduti al tavolo, ho cercato con lo sguardo i suoi occhi per cercare di comprendere se mi avesse davvero vista, ma lui era sorridente e spigliato come sempre.
― Raccontami delle nozze. Voglio sapere tutto. Com'è il fortunato che ti porterà all'altare?.
― Solo l'idea che fra pochi giorni imboccherò una strada senza ritorno, legata per il resto della vita ad un uomo mi terrorizza un po' e penso che tu questo lo possa capire.
― Questa è la ragione per cui non l'ho mai né fatto né pensato. Ti appassionerai a lui godendo l'atmosfera matrimoniale e quando ti sarai stufata ti consolerai tra le braccia di un amante. Fan tutte così!
― Mamma e papà sono in fibrillazione, non ci speravano più. Ma io.. purtroppo non so cosa voglio, Giorgio fa il violinista, ma è ordinario, mai uno sprint, un cambio di marcia.. zio ho un po' paura.
Stavamo tranquillamente discorrendo ma vedevo lo sguardo di Amleto rivolgersi spesso alla mia sinistra, incuriosita mi sono alzata per andare in bagno per capire. Una donna, sui 35, bellissima, credo col marito che era di spalle, fissava con sguardo audace e provocatorio mio zio. Girandomi verso di lui, però ho notato, che sovrappensiero, mi guardava il culo che vestito con un pantalone grigio chiaro metteva in maniera elegante le sue rotondità in bella vista e un po' emozionata sono andata in bagno. Le occhiate che mi dava mi facevano arrossire ma ne ero lusingata e il mio corpo ribolliva di dolci sensazioni.
― Stasera, non hai la libertà di fare conquiste, te lo vieto. Poi, anche se ti rompe, la tua stanza è occupata da me, ok?.
― Ma perché dici questo?.
― Amle, ho visto la bella donnina dietro di me, i suoi occhi ti hanno già predigerito.
Abbiamo continuato a parlare delle mie paure e io mi sono aperta con lui anche in cose molto intime, il prosecco su questo mi ha davvero aiutata, fino a parlare delle piccole divergenza nelle questioni sessuali con Giorgio. Quando raccontavo, ovvio senza troppi particolari, sentivo tra le cosce un calore che mi faceva imperlare la fronte come un lieve velo di sudore. Certo il mio corpo era in fermento e pensavo che la mia camicetta da notte forse era troppo sexy, nera di raso corta e con davanti una profonda scollatura, ma non era in progetto il fatto di dormire insieme, anche se io in un altro letto messo a disposizione dalla direzione dell'hotel. Quando ci siamo spostati in giardino per bere un gin tonic, prima di andare a dormire, pensavo, che non lo volevo quel letto, che potevamo benissimo condividere il matrimoniale, e dopo cinque secondi ero contenta ci fosse. Vivevo l'attesa di quella notte in un'ansia etilica che mi faceva cambiare idea come un pendolo. Entrando in ascensore, per farmi passare per prima, mi ha toccato la schiena , la maglia che indossavo aveva un'ampia apertura dietro, direttamente sulla pelle e ho sentito i brividi ha contatto col suo calore. Come sarebbe passata la notte? Io ero certa di volerlo, me ne convincevo ogni minuto di più e ogni molecola di gin che si mescolava al mio sangue aumentava quella mia pulsione. Lo desideravo. Oltre alla sua sconfinata carica erotica, il fatto dell'ultima notte prima del sacro vincolo matrimoniale, con Giulio, aggiungeva una folle voglia di trasgredire, di esplorare ancora una volta lidi nuovi, spiagge sconosciute. Arrivati in camera, mi sono rapidamente lavata e ho indossato la mia camicettina da notte, ho tolto il reggiseno e mi vergognavo tantissimo e presa dal panico, mentre era Amleto a farsi la doccia, pensavo che forse era meglio una tuta da ginnastica, ma già dopo pochi secondi non ci pensavo più. 'Succeda quel che succeda' mi son detta. Mi sono sfiorata il seno con le mani e i miei capezzoli sono esplosi, schizzando verso l'esterno. Quando mi sono accorta che la porta del bagno era socchiusa ho avuto, quasi, la certezza e la conferma che l'ombra di prima era quella di mio zio e che aveva visto quel mio vizioso giochetto, forse voleva vedere se anch'io ero curiosa? Non son riuscita a resistere e delicata come un gatto sono arrivata dietro la porta, ho guardato dentro con lussuria,avida di sapere, ma con il cuore a mille, e l'ho visto completamente nudo. Non riuscivo a staccarmi e tornare sui miei passi. Il suo torace, i pettorali ben delineati, i suoi addominali, con una sottile linea di peluria scura che da sotto l'ombelico arrivava fino al suo pene che era lungo, non in erezione, ma ben definito nella sua forma con la sua cappella coperta dal prepuzio. Quella immagine mi ha lasciata lì paralizzata nel corpo e nella mente. Mentre osservavo insistentemente il suo cazzo, le mie ghiandole salivari hanno iniziato a produrre saliva, come se dovessi mangiare qualcosa. Avevo in maniera involontaria l'acquolina in bocca e mi sono sentita perversa e porca, a dirla tutta glielo avrei mangiato. Mi sono messa seduta sul letto e ho percepito che: corpo e mente ormai erano fuori controllo, ma non sapevo come comportarmi. E' uscito dal bagno, dal frigo ha preso due mignon di gin che ha versato in due bicchieri, ha aperto la tonica e l'ha smezzata e mi ha dato in mano il mio gin tonic. Il colpo di grazia ai miei tabù: addio al proibito, addio al vietato, addio all'inavvicinabile. Avrei fatto tutto, e dico tutto, con lui. Anche se era mio zio, sentivo un trasporto, una attrazione, una voglia che non riuscivo a contenere, come un fiume in piena, i miei impuri sentimenti tracimavano gli argini. Lo amavo e lo volevo. Volevo vederlo godere e io godere con lui. Ho aperto leggermente le gambe mettendomi in una posa molto provocante, da dov'era poteva vedere bene il mio perizoma in pizzo e la macchia scura dei miei peletti sotto. Continuavamo a parlare e a scherzare, le mie guance erano rosse dall'euforia e dall'avidità del desiderio. Era ancora in accappatoio e tra le sue gambe ho visto un grosso rigonfiamento, si stava eccitando guardandomi. Allora ho fatto finta di mettere a posto il cuscino dietro di me e ho messo in mostra il mio culetto. A quel punto, quando mi sono girata, mi sono trovata davanti al mio viso il suo accappatoio aperto ed il suo cazzo i tiro davanti agli occhi. Presa dalla bramosia l'ho spogliato tutto e mi sono tolta la camicia da notte restando solo con il perizoma. Mi sono alzata e con le mie labbra ho cercato le sue, poggiandogli le mani sul suo petto. Ci siamo baciati e le nostre lingue si toccavano e si incrociavano senza sosta, la sua pelle era liscia, sentivo sulla mia pancia la forza dalla sua di voglia ed ero glorificata di questo: gli piacevo. Dopo un lungo bacio, mi ha fatto sfilare le mutandine, mentre lui ha tirato fuori dall'armadio un grosso piumone viola e mi a preso per mano portandomi nella cucina, ha steso la grossa coperta sul grande tavolo e senza parlare mi ha fatto capire che mi ci dovevo distendere sopra a pancia in giù. Non capivo cosa volesse fare, ma vedere il suo grosso cazzo del tutto in tiro mi eccitava a tal punto che ero tutta bagnata. Ha preso una ciotola l'ha riempita di ghiaccio con un po' d'acqua, sul tavolo avevo già visto che c'era una lunga penna nera, di un corvo forse, ero del tutto ignara di cosa sarebbe successo. Ha bagnato la piuma nell'acqua freddissima e con mano delicata mi ha pennellato il centro della schiena, da sotto al collo fino al mio culetto. I brividi viaggiavano velocissimi e la mia fica continuava a bagnarsi. Poi appena vedeva che la pelle si increspava mi leccava facendomi sentire una dolce sensazione di calore. Ha continuato quel gioco di temperature, quando ha iniziato a farlo sulla mie chiappe, volevo girarmi e farmi scopare forte, ma lui dirigeva con mano esperta di direttore d'orchestra ogni lembo della mia insaziabile pelle. Con le mani calde ha allargato i miei glutei e sul buchetto, passava la piuma fredda e poi la sua lingua calda, io pensavo di sognare, il mio corpo era governato da leggi a me sconosciute. Con la lingua sondava il mio buchino e mi piaceva troppo. Quando è passato davanti alla mia testa, l'ho preso per i fianchi e ho iniziato a leccarlo io; leccavo lenta tutta la circonferenza della sua cappella, e gustavo quel suo aroma di uomo. Poi me lo sono fatto scivolare in bocca e con la mano gli masturbavo la parte che restava fuori. Mi dedicavo a lui con dedizione, un gioco lento, volevo esasperarlo, portarlo alla massima eccitazione. Non volevo che venisse, adoravo sentirmelo in bocca. Mi ha fatto girare a pancia in su, ha iniziato a giocherellare con l'esterno delle mie grandi labbra, io soffrivo lo volevo dentro, i miei capezzoli erano noccioline dure, la mia patata una palude di miei liquidi. Quando mi ha aperto le grandi labbra mi ha passato più volte la fredda piuma sulla clitoride, che era sodo e ricettivo, e subito dopo la sua bocca lo aspirava e sono venuta, un'esplosione di colori, un arcobaleno estatico che mi lasciato prima senza fiato e dopo un rantolare lungo ed estenuante. Ha proseguito quel dolce gioco fino a che ad ogni suo tocco leggero con la piuma il mio corpo sobbalzava ed io venivo ancora.. e ancora.. e ancora. Ero persa, non riuscivo ad articolare un pensiero. Mi aveva sfinita facendomi godere. Siamo tornati a letto e forse un po' troppo frettolosa, presa da quello che il mio corpo aveva provato, gli ho fato un pompino fino a farlo venire nella mia bocca, il sapore del suo sperma mi piaceva, come tutto di quell'uomo. Poi mi sono addormentata abbracciata a lui, erano passate tre ore, tre ore della più bella 'tortura' mai provata dal mio corpo, la tortura della ricerca dell'essenza del piacere totale. Quando mi sono svegliata lui non c'era, un solo biglietto ad attendermi:
"Sono dovuto andare a Francoforte, è stato bellissimo stanotte, lo so che è tutto sbagliato, so bene chi sono e chi sei, ma non riuscirei mai a resisterti. Hai un corpo stupendo, risponde come un pianoforte, ad ogni tocco una vibrazione sonora, spero di avere altre possibilità per altri giochi per portarti dove le tue sensazioni nemmeno immaginano. Ci vediamo il giorno delle tue nozze. Io sarò in prima fila, se al momento del 'SI' mi guarderai avrò capito.. semplicemente tuo Amleto"
Il giorno delle nozze, mi sono girata cento volte per vedere, prima se c'era, e poi dove era seduto in chiesa e quando il prete mi ha posto la fatidica domanda mi sono volta ho visto il suo sguardo e ho detto: ― SI ― Ho guardato Giulio ― lo voglio ―. ,
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