La SPA della lussuriosa perversione (2a di 3)

di
genere
incesti

Da fuori si intravedevano poche macchine parcheggiate nella piazzola in giardino, davanti agli archi che precedevano un grande portone nero, una sola piccola insegna luminosa, in stile Japan, avvertiva della presenza del ristorante con scritto, appena sopra una carpa koi ed una geisha in kimono: "I 108 rintocchi".
La presenza all'ingresso di un uomo orientale, alto e prestante, vestito in abito nero, con cravatta grigia, faceva pensare ad un club esclusivo, ma la sobrietà della struttura, esternamente, dava l'impressione di essere in una grande casa colonica o una masseria di qualche agriturismo.
All'entrata c'erano un po' di persone, 5 erano vestite con abiti settecenteschi, 2 normali e se la ridevano parlando tra loro. I due in 'borghese' avevano dato i propri nominativi, credo avessero prenotato, gli altri mascherati, salutando il colosso del Sol Levante, erano sgusciati dentro, clienti fissi probabilmente.
«Ciao Kim, quanti ne hai stesi stasera?» «Dottor Luca, buonasera ed auguri in ritardo, è un po' che non si fa vedere da queste parti, qui serata tranquilla, lei come sta?»... e dopo un po' di convenevoli siamo entrati, ero troppo curioso. «Leo, ti spiego un po' di cose. L'ingresso è di 100euro, poi se vai nel salone e combini paghi solo la stanza altri 50 euro, ma se vuoi prestazioni extra con le ragazze che lavorano qui, il prezzo viene fatto in base a cosa vuoi fare... per un rapporto base, circa 200euro.
Chi viene in questo posto è ricco, e paga per non avere nessun tipo di problema di privacy o altro. Sei un vizioso e non vuoi farti scoprire dalla moglie? Paghi; sei un politico e nessuno deve sapere che frequenti certi posti? Paghi: qui funziona così.»
Varcare l'ingresso, voleva poter dire, a livello visivo, ad un salto di migliaia di chilometri.
Dal boschetto vicino al lago si entrava direttamente a Tokio, a Osaka o a Yokohama; in soli tre passi eri nell'isola dei terremoti e del secondo paese in suicidi, dopo l'Alaska.
L'estetica giapponese era perfetta, curata in ogni dettaglio. Dai quadri alle pareti, ai tappeti, ai mobili tutto faceva percepire quel posto lontano e da me amato fin da bambino, e le donne orientali vestite da geishe ra il tocco in più, mi sembrava di essere sul set di "Memorie di un geisha". Luca mi ha portato nel salone, dove la musica faceva da padrona e per parlare si doveva gridare.
Erano le 22:00 ed era pieno di gente, la maggior parte era irriconoscibile, indossando vestiti carnevaleschi di ogni sorta, pochi erano vestiti con i propri abiti. Le donne, tutte semi-vestite, o meglio praticamente nude, mostravano la mercanzia senza nessun pudore, protette dal fatto che difficilmente sarebbero state riconosciute.
Ci siamo seduti al bancone del bar, ed abbiamo ordinato da bere, i variopinti colori, quel corpi sensuali delle donne che giravano, la musica, la coreografia tutta asiatica, mi trasportava in un mondo fiabesco, in una sorta di magia che stimolava in me pensieri i più peccaminosi.

Sul bancone del bar c'erano poggiati dei cesti di vimini dorati, con dentro dei braccialetti di seta di vari colori in tinta unita. Quando Luca ha visto il mio sguardo incuriosito, mi ha detto: «Qui le cose sono organizzate alla perfezione, i braccialetti servono per non creare equivoci o malintesi. Al base al colore del braccialetto che indossi tutti gli altri sanno cosa cerchi, e cosa ti andrebbe di fare. Ti faccio un esempio: il celeste vuol dire che vorresti avere un rapporto etero, il verde gay, il giallo bisex. Non so quanti colori ci sono, ma tutte le spiegazioni sono sul foglio che vedi davanti ai cestini. Se vuoi solo bere e non essere disturbato, ho hai appena trovato quello che cercavi, non metti nulla. Semplice come l'eliminacode dei supermercati.»

Luca ha ordinato un altro giro ed è andato a salutare la padrona di quel mondo sommerso, ed io mi sono avvicinato ai braccialetti. Il blu scuro voleva dire che cercavo che mi venisse fatto un rapporto orale etero, e sovrappensiero, quasi non credendo a quello che mi aveva detto l'ex di mia madre, l'ho messo al polso. Dopo dieci minuti, si è avvicinata una coppia sulla 50ina e la signora mascherata da dama di corte, irriconoscibile in viso mi ha detto: «Se ti va, sarò la tua dama di corte e esaudirò il tuo desiderio, ok?» La sua voce calda... ero po' spiazzato, ma vedendo le sue enormi tette, che la camicetta tratteneva a stento, ho fatto un cenno di assenso con la testa, poi guardando l'uomo che ci stava a qualche metro ho detto: «E lui?» «A lui piace guardarmi, non ci disturberà, andiamo, sei proprio bello, ti farò divertire...» Mi ha preso per mano, e seguiti dall'uomo vestito da paggio, siamo saliti al primo piano, e voltando a destra, ho visto la donna che mi precedeva di qualche passo parlare con un dipendente seduto ad un tavolo in corridoio, dopo pochi attimi, lei aveva le chiavi di una camera e lui i 50 euro.
La stanza era dipinta di un blu elettrico che brillava lucido alla luce di faretti chiari, era spartana ma accogliente: un matrimoniale, due sedie ed un tavolino. Oltre al blu dei muri tutto era di un bianco candido. L'uomo si è seduto, ma la sua presenza comunque mi infastidiva. La 'dama' deve averlo percepito: «A mio marito piace tanto, non ci darà nessun fastidio, io mi tolgo questo vestito che è troppo scomodo, spogliati anche tu.»
Anche se imbarazzato, ho abbassato jeans e boxer ed ho notato che la situazione, senza neppure accorgermene mi stimolava parecchio, infatti ero già eccitato. Al momento che lei è rimasta in perizoma, ho visto le tette più belle della mia vita, grandi, gonfie, i capezzoli più scuri troneggiavano in mezzo a quelle mezzelune rosa, erano incantevoli. Mi ha fatto sedere nel letto, si è inginocchiata tra le mie gambe con le ginocchia sopra un cuscino e mi ha guardato, e toccandomi il cazzo che marmoreo svettava: «Sei proprio messo bene, è bellissimo... se ti piaccio anch'io, puoi fare quello che vuoi con me, oppure vuoi solo che... intanto toccami il seno, ho visto come lo fissi» La pelle sembrava caldo raso, liscia, tesa, sebbene l'età, e vedere i suoi occhi azzurri farsi luminosi dalla passione, mi ha fatto desiderare tutto il suo corpo. Il resto del viso era nascosto, vedevo solo le labbra rosse di rossetto e l'azzurro chiarissimo dei suoi occhi, il mistero rendeva tutto più elettrizzante.
Con la mano destra mi muoveva la base dell'asta, con l'altra mi spingeva il mio culetto verso la sua bocca, e con la lingua giocava con la mia cappella, ero estasiato.
Intanto l'uomo, si era tirato fuori un microscopico uccello che si menava osservando la moglie divertirsi con me. Quell'immagine mi ha fatto sprofondare in una tristezza enorme, -come ci si può ridurre così, capisco cornuto, ma perché guardare? Preferisco spararmi che finire come lui- i miei pensieri mi stavano per far diminuire l'erezione, poi l'ho fatta alzare e baciandola sulle labbra mi sono spogliato nudo anch'io. «Posso fare tutto tutto?» «Basta che non sei violento, a me piace farlo con calma, e poi ti dico io quando aumentare, ti va bene?» «Certo, sai che hai un corpo delizioso, sei davvero bella»
Ho fatto di tutto, mi sono perso in quel seno, nei suoi glutei, in Quel corpo polposo, burroso, dove le mia mani sentivano il calore della carne morbida e liscia, e non come spesso mi capitava con le mie scappatelle universitarie, ossa e secchezza.
Anche la sua bocca quando me lo prendeva tra le guance, sembrava vellutata e immerso in quel lussurioso mare calmo di delicate carezze e lente penetrazioni mi vedevo, non so perché, l'immagine di una pesca impressa nella mente, al tal punto che quando ho leccato la sua fica bagnata anche i suoi liquidi sapevano, la gusto, di quel dolce frutto.
Davanti al marito c'era un fazzoletto per terra, stropicciato, doveva essere venuto, e la pena per lui è diventata ancora più forte. -Che mente malata può volere una cosa del genere, vattene al bar, faglielo fare ma non guardare.- Poi lei si è messa a quattro zampe sulla parte bassa del letto, rivolta verso la sedia del marito, e fissandolo mi ha invitato a penetrarla a 'pecora'. Sentivo le sue membrane vaginali dilatarsi, in quella posizione potevo andare più in profondità e lei godeva ed ansimava con lo sguardo a quel 'becco' che le sorrideva inerte come un ectoplasma.
«Ora spingi, forte, più forte che puoi, sei bravissimo... sìì», guardavo in maniera alternata: il piccolo tatuaggio che aveva sulla schiena sotto il collo muoversi ai miei colpi, i suoi glutei che ballavano per me e la faccia del cornuto. La rabbia che mi dava, mi ha fatto pompare la donna al massimo, e lei esausta dopo vari orgasmi mi ha detto: «Ora mettilo nel culetto, ti prego, fammi male.» Ho lubrificato il suo orifizio con i suoi abbondanti liquidi, e sono entrato dentro lei, sentendo un po' di dolore perché era tanto stretto, ma piano piano, con lei che ansimava e mi diceva di non fermarmi, sono riuscito a penetrarla fino a farlo entrare quasi tutto. Mi sono fermato aspettando che la dilatazione dei suoi muscoli anali prendesse forma del mio pene, e quando le membrane si sono unite come fossero una sola, ho ricominciato a cavalcarla, prima delicatamente, poi senza sosta sempre più veloce, finché tra le sue grida di godimento, sono venuto anch'io, un orgasmo potente, rabbioso, quasi animalesco. Sono uscito e lei sfinita si è lasciata andare sul materasso respirando forte.

Dopo una rapida doccia, sono tornato al bar credendo di trovare Luca incazzato, era trascorsa un'ora e mezza, ma il barman mi ha detto che Luca avrebbe tardato ancora un po'. Così, si era fatta l'1:00, sono uscito nel giardino, a prendere un po' d'aria; Kim era sulla porta, Mi gustavo ancora le immagini di quella donna dal sapore di 'pesca', e quanto mi era piaciuto farlo con lei. Appena mi sono acceso una sigaretta, ho notato che una ragazza in kimono azzurro, salutando il gigante asiatico, si è diretta sotto gli archi, ed è entrata in un altro porta ad una decina di metri da me.
La voce cavernosa di Kim, con un suo tono molto gentile: «Signorino, vada lì, ed entri in quella porta verde, c'è qualcuno che vuole parlarle.»
Convinto che fosse la 'dama' di prima, mi sono incamminato ed ho bussato.
Due occhi allungati verso le tempie, il visetto ovale, la pelle liscia, chiara da sembrare bianca latte, mi sono compari davanti. Una mano mi ha tirato dentro, e da quelle labbra sottili: «Ho visto che avevi il braccialetto blu, prima...» il tono delicato ma deciso, poi la presa delle sue mani sulla mia cintura, slacciata quella, l'abbassare quasi con prepotenza i jeans ed i boxer, e la sua bocca si è trovata davanti un piccolo pene molle. Il suo sguardo penetrante, il suo sorriso ironico, il mio orgoglio, ed il mio cazzo è tornato a prender vita tra le sue labbra, ed ha cominciato a succhiare e ciucciare con una maestria che mi hanno stupito.
Con le mani le carezzavo i capelli, ma lei non mollando del tutto il mio membro dalla sua presa: «Non ti ho detto di toccarmi...», le ho spostate, e lei ha ripreso il suo gioco.
Era bravissima, faceva roteare la lingua sulla cappella, mi leccava il frenulo e tutta l'asta, poi se lo infilava tutto fino all'epiglottide, e poi ricominciava. Con la mano destra andava su e giù sulla base del mio cazzo, coordinando i movimenti della testa, poi si è bagnata di saliva il dito medio della mano sinistra, sentiva che stavo per venire dalla turgidità del mio pene, che marmoreo a tanta sollecitazione bruciava dal desiderio.
Ha stretto con più forza la mano, mi ha tirato verso di lei, ed io mi sono piegato in avanti, e lei mi ha infilato dito medio lubrificato nel culo, accelerando il suo movimento di bocca, e sono esploso in un orgasmo paradisiaco, la pressione del dito infilato, mi faceva sentire gli schizzi di sperma partire da lontano e percorrere in tutta la lunghezza il mio cazzo, che sussultava ad ogni getto. Quando rapidamente ha sfilato il dito da dietro me, mi è sembrato di vivere un altro orgasmo, più rilassante, liberatorio.
I suoi occhi a mandorla, quando mi ha sorriso, inghiottendo il mio 'latte', sono diventati due lunghe fessure nere che spiccavano nella ceramica perfetta di quel volto. Si è alzata ed è uscita da quella stanza.
Sono tornato dentro a cercare Luca che avevo: le gambe stanche e la mente che ancora non credeva a quanto era successo in poche ore. Mi sono appollaiato di nuovo sullo sgabello del bar, ed ho ordinato una vodka tonic, per farmi cullare al pensiero di quella meravigliosa ragazza che avevo appena visto. Dopo un quarto d'ora si sono presentati Luca ed una bella donna giapponese, sulla 40ina, vestita con un kimono sgargiante nei colori viola e azzurro. L'obi e le rifiniture erano dorate, e Luca me l'ha presentata: «Leo questa è la regina di questo reame: Yukiko, questo è Leo» La sua eleganza traspariva limpida dai suoi movimenti sicuri e precisi, ed aumentava la sua bellezza esotica ed il suo fascino. Per un po' lei e Luca hanno parlato a bassa voce, poi sempre con maestria da leader, ha fatto un cenno a qualcuno che doveva essere alle mie spalle. «Luca, questa è mia figlia Akira, lui e Leo, Leonardo credo...» mi sono girato ed un fulmine sembrava avermi colpito, una rapida scossa elettrica ha attraversato il mio corpo, ed ingoiando la saliva ho bofonchiato «Piacere Leo» e lei fissandomi negli occhi: «Piacere mio, Akira, in Giappone si usa sia al maschile che al femminile, so che hai pensato ad Akira Kurosawa, significa "brillante", "luminoso"» mi ha detto sorridendomi la ragazza che meno di 20 minuti prima aveva ricevuto il mio sperma in bocca ed io il suo dito nel culo. Poi Yukiko, che aveva smesso di parlare con Luca, mi ha chiesto: «Ti sei annoiato? Una ragazza si è tagliata e il nostro medico di fiducia l'ha cucita, mi scuso di avertelo rubato.» ma la figlia non mi ha dato il tempo di rispondere: «Non si è annoiato affatto, la direttrice di banca ha fatto vedere di sicuro, a lui e a suo marito, cosa le piace nell'intimità». Non ho risposto a quella domanda perché alle sue parole mi è tornato in mente il tatuaggio sulla schiena della signora, tattoo che avevo già visto, ed ora avevo collocato anche dove. Mi ero scopato il culetto delizioso della direttrice di banca, che sul lavoro sembrava la più casta, pura e innocente delle donne che frequentavano la parrocchia tutte le sante domeniche. E a dirmelo era stata la bocca, che ancora sapeva di me, della figlia della capa di tutto. "Ecco com'è che va il mondo" ha scritto Battiato in una sua canzone.

Ho aperto la porta di casa, che ero cotto, stanco ed anche l'ebrezza alcolica era sfumata, lasciandomi solo la voglia di dormire. Sono entrato in camera ed al buio mi sono spogliato ed infilandomi sotto il piumone ho sentito le mani di mia madre che mi cercavano, «Mamma, stasera non ci riesco, domani, ti prego» «Hai fatto il porcellino in giro? Ricordati che la mamma viene prima di tutto, almeno danni un bacino ho sempre voglia di te, mi capisci spero. » Mi sono incuneato senza neppure la forza di risponderle, ed ho iniziato a leccarle la fica, fino a farla venire, sentendo il suo sapore familiare, nelle mie papille gustative.
Poi Camilla voleva contraccambiare, ma mi sono addormentato con lei che cercava di farmi venire ma non ci riusciva, o meglio ero io che ero 'alla frutta'. E mi sono addormentato con un puzzle di sapori, odori e sensazioni che mi hanno cullato fino al mattino

Tre giorni dopo, rincasato dall'università, mia madre si è presentata in camera con una lettera in mano, l'intestazione riportava: "I 108 rintocchi" la via, il civico ed un numero di telefono cellulare.
Dentro una lettera con poche parole scritte con un grafia allungata, elegante e precisa:

盚Luca ti ha regalato quattro 'esperienze sensoriali', due le ho scelte io per te, vedrai che ti piaceranno, le altre, quando verrai qui le concordiamo insieme. Io parto per un po' di tempo, se non ci dovesse essere Akira, telefona per prenotare le date che ti vanno meglio. Presentati, loro sanno già tutto. Le cose che sperimenterai, che ho scelto per te, sono : "Il buio tattile" e "Il sonno ispiratore", poi parla con mia figlia che ti spiega il resto. Vedrai che ti cambieranno il modo di interpretare il corpo femminile ed anche il tuo, ciao Yukiko. さようなら Sayȱnara 盚

-Luca, esperienze sensoriali, il sonno ispiratore, il buio tattile, Akira, la direttrice di Banca, mia madre, Veronica, lo studio, gli esami- avevo la testa ed il corpo invaso, traboccante di pensieri e pulsante di desideri che riuscivo a gestire a stento, come un tomo di 1000 pagine da leggere in poco tempo.

Era il giorno del "Buio tattile", davanti alla porta fumavo un sigaretta, ero, come spesso mi capita, in netto anticipo. Il nome comunque mi ispirava....

(continua nella 3a e ultima parte, dovevano essere 2 in tutto, ma sono stato un po' prolisso evidentemente, comunque manca il meglio)
scritto il
2025-01-28
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