Biancaneve, Cenerentola, 9 nani e l'allegra brigata (revisionato)
di
Guglielmo Da Baskerville
genere
orge
C’era una volta una regina che aveva una figlia con i capelli nerissimi, le labbra rosse, la 4a, un culetto da paura e la pelle bianca come la neve: per questo la chiamavano Biancaneve. Un triste giorno la regina morì e dopo una anno il re sposò una 40enne colombiana bellissima, ex prostituta e terribilmente vanitosa. Questa possedeva uno specchio magico ed ogni giorno gli chiedeva: «Specchio, specchio delle mie brame: chi è la più porca del reame?». E lo specchio rispondeva: «O mia regina, al mondo non c’è qualcuna che sia più maiala di te!»
Intanto Biancaneve cresceva e si faceva ogni giorno più bella: era diventata una stupenda fanciulla, e di insane esperienze ne aveva già fatte in abbondanza.
La Regina era gelosa, tanto che la costringeva a vestirsi di stracci e a fare la serva.
Ma la principessina affrontava ogni fatica senza un lamento ed era sempre allegra e sorridente, quando prendeva delle strane 'pastigliette', aveva tanti amici animaletti che le facevano compagnia. Per comprare quelle pastigliette, la prosperosa Biancaneve doveva recarsi in un paese vicino, il paese dei Balocchi, dove Lucignolo, il suo puscher di fiducia, previo qualche giochetto orale la riforniva del necessario.
Un brutto giorno la Regina fece la solita domanda allo specchio, che le rispose: «Tu mia Regina sei sempre 'troissima', ma ora Biancaneve è mille volte più troia di te!». A queste parole s’infuriò e urlò che non doveva esistere qualcuna più vacca di lei!
Subito chiamò il suo fidato guardaboschi, che armato con tanto di porto d'armi: ma non per il fucile, ma per i suoi 24cm, e gli ordinò di trascinare Biancaneve nel bosco, di ucciderla e di portarle il cuore della fanciulla come prova del delitto.
Il dotato guardaboschi prese Biancaneve ma, una volta arrivati nel bosco, la ragazza, quasi divertita, si inginocchiò, gli sfilò il cazzone ed iniziò a suonarlo. Lo 'spifferava' talmente bene che, dopo l'ingoio della fanciulla, non ebbe il coraggio di eseguire l’ordine: la fece scappare ed alla Regina portò, come prova del delitto, il cuore di Bambi, un piccolo e sfigatello cerbiatto. L'omone nerboruto, sfiancato dalla superba performance della bella giovane, le regalò anche un sacchettino con una polvere bianca, che aveva descritto come "tabacco bianco da naso" (ecco il perché, oltre la pelle bianca la chiamavano così), e dopo un sontuoso assaggio, Biancaneve vagò, stralunata ma energica, a lungo tra i montuosi sentieri, fino a quando non giunse in una radura dove sorgeva una minuscola e graziosa casetta. Bussò alla porta ma non rispose nessuno.
Allora entrò e nella stanza c’era una tavola apparecchiata con nove piattini, nove coltellini, nove forchettine, nove cucchiaini, nove bicchierini, ed attorno alla tavola nove piccole sedie. Nella stanza da letto c’era un enorme matrimoniale, grande quasi tutta la camera con nove piccoli cuscini.
Biancaneve mangiò un boccone da ogni piattino, e bevve un sorso di vino rosso da ogni bicchierino, poi si stese fulminata sul lettone e si addormentò.
Gli abitanti della casa erano nove nanetti che lavoravano nella miniera di diamanti, si chiamavano: Dotto, Gongolo, Eolo, Cucciolo, Brontolo, Mammolo e Pisolo. Di solito erano sette i nanetti abitanti, ma per l'estate arrivavano anche Cazzolo e Stronzolo, figli di Dotto, avuti in gioventù dal matrimonio con Ciucciola, attrice porno della Unaniversal Pictures, dove aveva anche lui lavorato.
Quando Biancaneve, ancora con la testa in subbuglio, uscì per cercare i padroni di casa, fu attirata nella stalla da strani rumori. e quello che vide la fece sorridere, ma anche leggermente eccitare.
Sette di loro avevano messo le zampe posteriori di piccole caprette dentro agli stivali, così che non scalciassero, e sopra piccoli scagnetti montavano a grandi spinte le bestiole che belavano dal godimento. In fondo alla festosa fila, c'era un capra che spiccava, perché era molto più grande delle altre, e dietro di lei su un scagno più alto c'era Cazzolo, che tornava notevolmente indietro prima di dare un'ulteriore spinta.
A vedere quel paletto da 25 cm Biancaneve sentì inumidirsi le mutandine, Dotto il padre del ragazzo non aveva di certo sbagliato a dargli quel nome. Quindi sette nanetti si incaprettavano felici le ansimanti bestiole, gli unici che non partecipavano all'animalesca orgia erano: Cucciolo, perché troppo giovane, e Brontolo che si lamentava che quelle caprette avevano le vagine troppo calde, o troppo larghe, troppo bagnate: insomma non gli andava bene mai niente.
Alla vista della ragazza, i lussuriosi e goderecci amichetti parvero non darle nessuna importanza, e imperterriti continuavano con rapidi colpi di bacino a soddisfare le ignare, ma beate bestiole. Intanto la bella fanciulla al vedere tutti quei membri tesi, e di notevole pezzatura, si alzò la gonna e appoggiata ad una balla di fieno fece roteare le sue dita sul suo turgido clitoride. Chiamò Brontolo a se, che con faccia corrucciata avanzò lento verso di lei, e gli chiese: ‒ Potresti aiutare una povera fanciulla? Vorrei solo qualche bacino qui? ‒ indicando con l'altra mano in mezzo alle sue cosce aperte.
Ma Brontolo non parve felice di quella richiesta e rispose quasi stizzito: ‒ Signorina a me non piace quello che esce da la sotto, anche se devo dire che avete un bel corpo, però è troppo magra, mi piacerebbe con qualche chilo in più. ‒
E anche di fronte a quella meravigliosa visione girò la testa, con la faccia scontenta ma pensierosa. Allora un'idea balzò alla mente di quella stupenda ragazza, aprì il sacchettino, regalo del guardiacaccia, e fece assaggiare un po' di polvere magica al recalcitrante nanetto. Dopo alcuni minuti, con le sue corte braccia, divaricò le gambe a Biancaneve ed iniziò a sondarle con la lingua le carnose grandi labbra della sua vulva. Brontolo non si lamentò mai, mai una parola, anzi pareva piacergli la sensazione di caldo umido che profumava di donna. I lamenti della ragazza si unirono ai belati delle caprette in una sinfonia di totale ed erotico godimento. Quando la lingua del nanetto, lunga e ruvida, entrò nelle piccole labbra e toccò il clitoride, le pecorelle si girarono tutte insieme spaventate, dalla bocca rossa della fanciulla uscivano latrati e 'cainava' per l'orgasmo. Qui rumori, propri dei cani, avevano seminato il terrore tre le bestiole che si zittirono in un attimo e si agitarono come forsennate, non permettendo più il divertimento di chi stava dietro. Tutti i nanetti guardarono Biancaneve con odio perché quella guastafeste non aveva permesso di adempiere le loro funzioni fisiologiche, al loro amplesso prima di cena. Quello era come una funzione religiosa, come antipasto sollazzavano e se la godevano per fare appetito , poi la doccia, e infine cenavano molto più rilassati. Inconsapevole del danno fatto Biancaneve continuava a godere come un'ossessa, poi anche Brontolo, vedendo che gli altri lo fissavano e finito l'effetto polverina, si stufò e si staccò da lei. A quel punto, anche se incazzosi, gli educati piccoli uomini si presentarono uno a uno alla ragazza e la invitarono per la cena, e per la notte, se non aveva altro posto dove andare. La ragazza aveva ancora voglia, il riscaldamento era stato buono, ma a lei non bastava mai.
Una volta che i nove tornarono nella dimora, la trovarono nuda sul lettone a gambe oscenamente aperte. A quel punto si spogliarono tutti nudi e con quei cazzoni da grandi uomini, molto più lunghi di quelli che aveva visto in persone normodotate, Biancaneve, sondandosi l'umida fessurina, li aspettava, assaporandosi la tumultuosa oretta di un'orgia che si presagiva 'fantastica'.
Come in una scena di un film ripetuta costantemente Biancaneve aveva davanti a se tra le cosce, un nanetto diverso che la pompava, un altro con il membro nella sua bocca, e due da toccare con le mani. Non riusciva più a capire, aveva anche preso un po' di sostanza per darsi più 'brio', dove cominciava un corpo e dove ne finiva un altro. Era estasiata e godeva ormai a ripetizione, il suo corpo ad ogni spinta era sollecitato e fremeva, ardeva ancora di pura passione. Ad un certo punto però, mollò il pene che stava ciucciando, lasciò che le mani si arpionassero forti alle lenzuola, e sospirò, dentro lei era il turno di Cazzolo. La sensazione totalizzante del suo pisello che riempiva tutto il suo canale vaginale, non le permise più di respirare bene, lo sentiva fino allo stomaco.
Gli altri la leccavano tutta, chi i piedi, chi i capezzoli, chi sul collo, e quando Cazzolo iniziò ad andare avanti e indietro sempre con più ardore Biancaneve, con il battito accelerato, i brividi lungo tutto il corpo, vide le divinità celesti, venne catapultata in cielo e colpi di luce accecante le balenavano davanti agli occhi. Un orgasmo sublime, ultraterreno, maestoso. Poi tutti i nanetti, come in una favola che si rispetti, presero a menarsi a vicenda quei sontuosi e tonici 'paletti', schizzando la povera sfiancata giovinetta in ogni dove.
Soffisfatti si rivestirono e cenarono insieme, in un'allegria che avvolgeva la cucina e la ammantava di una sensazione di tenerezza e serenità.
Dopo cena Biancaneve si ricordò di dover ancora leggere la lettera, ricevuta due giorni prima, dall'amica Cenerentola. Si erano conosciute in un castello dove si disintossicavano per aver abusato di funghi. Il primo solitamente era: l'Amanita muscaria, fungo rosso a puntini bianchi, che spesso si trovava nei boschi. Alcuni valligiani per arrotondare li seccavano e li vendevano per fare decotti. Il secondo era lo Psilocybe, fungo che aveva una piccola escrescenza tonda proprio sopra le cappella, che per alcune tribù di nativi americani, ricordava il capezzolo delle donne, e da qui l'invito a baciarlo.
Entrami allucinogeni e psichedelici, entrambi davano dipendenza. Uscite dalla quella specie di clinica, erano rimaste in contatto scrivendosi lunghe lettere, perché Cenerentola era andata dalla matrigna a vivere, in una città distante.
" Carissima Biancaneve,
qui dalla mia matrigna e impossibile stare. Ha cominciato a produrre filmini pornografici, le mie sorellastre: Genoveffa e Anastasia, racchie come un debito, fanno le attrici principali.
Ti giuro che è uno scempio vedere quei culoni grossi, pieni di cellulite muoversi sotto i corpi di qui bei ragazzi, aitanti di cui avrei un gran bisogno per... lo sai benissimo per cosa.
Due sono le mie consolazione: una è il gatto Lucifero, che sta sempre con me, e l'altra è un piccolo amico che ho trovato nel bosco. Si chiama Pollicino, e lungo appena 12 centimetri, e siccome quando l'ho trovato era quasi congelato dopo una notte al gelo, vuole sempre stare dentro in mio buchetto, al caldo del mio corpo. Ti dirò, se gli dico di muoversi è una sensazione proprio bella, e riesce anche a farmi godere. Te lo farò provare appena ci vediamo. Qui, nessuno ha ancora scoperto il mio segreto, se dovesse succedere credo che verrei cacciata e non saprei dove andare, ma so che tu mi aiuteresti, perché sei la cosa più bella che ho incontrato.
Madame Tremaine, la mia matrigna, inizialmente era gentile con me, ma quando il nuovo marito è morto, ha iniziato a mostrare la sua natura perfida, crudele ed egoista, determinata a favorire sé stessa e le sue figlie a discapito mio, e mi tratta come una schiava.
Che bei ricordi se penso a quando ti prendevo tra le braccia, sei l'unica ragazza che ho amato, e lo sai come la penso.
L'altra sera sono riuscita ad entrare al ballo, avevo preso in prestito un vestito di quando Genoveffa era ragazzina, almeno mi stava giusto, con quelli di adesso potrei farne due di abiti... Insomma, ho conosciuto il principe, e con un po' di seduzione, e qualche atteggiamento un po' provocatorio, l'ho attratto a tal punto che alle 23:00 ero in camera sua. L'ho spogliato tutto, e mentre ci baciavamo ,ho iniziato ad accarezzarlo tra le muscolose gambe. Lui bramoso e frenetico mi baciava il seno, i capezzoli e quella sensazione mi riempiva di una passione inaudita, pensa, ero a letto con il figlio del re.
Era un po' maldestro, e forse per l'ansia il suo membro rimaneva mollo, una salsiccetta floscia. Così l'ho preso in bocca, giuro Bianca, ho fatto del mio meglio, e sai che con la lingua ci so fare... Niente, poca o nulla reazione.
Eravamo nella semioscurità di quella signorile stanza ed io avevo troppa voglia, così senza digli niente, lui era disteso supino, mi sono alzata, e con le gambe aperte davanti al suo viso gli ho infilato il mio cazzo duro e lungo, come fosse di mogano, tutto in bocca. All'inizio ha detto qualche parola che non ho capito, ma poi ho percepito che ci stava prendendo gusto, e con la sua lingua calda ha cominciato a baciarmi e leccarmi neanche fosse un gelato. E' stato fantastico, avevo i miei 22 cm in bocca al principe, pensa che sogno.
Lui capriccioso e voglioso di provare esperienze nuove, mi ha fatto giocare con il suo corpo a mio piacimento, e quando l'ho messo a 90, ho iniziato a baciare il suo culetto per lubrificarlo, e con la mano davanti ho sentito la 'salsiccetta' farsi dura, e dell'eccitazione mi sono buttata sotto le sue gambe, ed ho cominciato a succhiarglielo, mentre con le dita sondavo il suo buchetto dietro. Lui rantolava, spasimava, aveva una voglia assurda che lo toccassi lì, era estasiato da quelle nuove sensazioni. Poi sono tornata sopra la sua schiena, gli ho divaricato i glutei, ho aggiunto un po' di saliva, e gli sono entrata dentro, con tutto il mio pene eretto, non ce la facevo più, volevo scoparmelo. Sono andata avanti per un bel po', prima si lamentava e soffriva dolori, per lui lancinanti, ma appena le nostre membrane si sono saldate e lubrificate insieme, mi gridava: ‒ Continua, non fermarti è stupendo, Cenerentola tu diventerai mia moglie... dai ancora... sì... ‒
Mi sono presa i miei tempi, sai quanto riesco a durare, ma ad un certo punto, sentendolo gridare forte, l'orgasmo mi ha colto e sono venuta dentro di lui. Non contenta, rapida mi sono messa davanti la sua bocca, che teneva aperta e l'ultimo spruzzo di me lo ha preso dentro, tutto dentro, ingoiando il mio nettare. ‒ Ne voglio ancora, è buonissimo, sa di pesche sciroppate. ‒ Ti rendi conto di "pesche sciroppate", è lui che è uno "sciroccato", altro che.
Comunque a mezzanotte dovevo essere a casa, e rivestita in tutta fretta e rimesse le scarpe, solo sulla strada di casa ho capito che qualcosa mi mancava, camminando veloce sentivo i miei testicoli troppo liberi, avevo dimenticato il perizoma di pizzo a casa sua, ti ricordi quello trasparente bianco che mi hai regalato tu. Insomma è stata una serata molto particolare e ne avevo davvero bisogno. Il giorno dopo un araldo leggeva un messaggio in piazza dicendo che il principe cercava un donna, che aveva conosciuto la notte del ballo, e che sarebbe diventata la sua sposa. E che per provare che fosse lei in persona avrebbe dovuto provare un 'abitino' in una camera del palazzo. L'abitino era il mio perizoma, perché tra il vino e la penombra non mi avrebbe riconosciuta in viso, ma sono certa che il suo buchetto assolutamente si ricordava di me.
Ma è stato solo uno sfizio, non potrei mai stare una vita con uno che ha una 'supostina' di 10 cm.
Mi sembrerebbe di aver a che fare con un bambino.
Ora chiudo, scusa se sono stata prolissa, ma per me ci sei solo tu al mondo. L'unica e la più bella vagina che abbia mai toccato e visto.
Ti voglio bene Cenerentola."
Biancaneve ci rimase molto male per il fatto che nelle loro vite avessero avuto entrambe delle matrigne malvagie, e da questo tutto aveva preso una piega completamente diversa da quella che si sarebbero aspettate.
Ma ora adottata dai nanetti che la soddisfacevano e la curavano in tutto, Cazzolo, e la mitica polverina, i suoi problemi sembravano dissolversi in momenti di pura spensieratezza. Anche 'i nove' erano strafelici di avere una fanciulla così fica tutta per loro, le uniche a belare di tristezza erano le povere caprette dimenticate tra il pascolo e la stalla. Solo ogni tanto Cucciolo le passava in rassegna, di nascosto dagli altri, per farsi trovare pronto e allenato quando sarebbe diventato più grande. Un giorno Biancaneve venne informata da Genoveffa, che poi tanto cattiva non doveva essere, che Cenerentola stava esagerando con una polverina marroncina, color cenere (non credo che per questo la chiamassero Cenere-ntola) così determinata partì e portò con se, quasi a forza, l'amica a casa nei nanetti. La ritrovò se stessa, e per fare uno screzio alla vile matrigna aveva rubato una telecamera, di quelle che Madame Tremaine usava per fare i filmini hard.
I laboriosi piccoli uomini costruirono, ed in poco tempo terminarono, una casetta un po' più grande per le due donzelle. Ogni tanto nelle notti di sesso tra loro due sole, compariva la fata Turchina che spiegava quello che potevano fare per guadagnare qualche pecunia extra.
Dopo l'imbeccata, pazzamente felici, si resero conto di avere tutto il necessario per la produzione in proprio di film: attori dotati non ne mancavano, Biancaneve sempre piena di voglie, Cenerentola un trans meraviglioso, e special guest Cazzolo.
All'inaugurazione della nuova Casa Cinematografica, chiamata "Naner Bros", non mancava nessuno del paese e zone limitrofe, e l'ospite d'onore, per il taglio del nastro chiamarono addirittura Giano, il Dio degli inizi. Si presentò con Bacco, ma il dio del vino alle 10 del mattino dormiva ubriaco sotto un albero. Finita la cerimonia, Giano prese Biancaneve e la fece sedere a gambe aperte su un tavolo, e inchinandosi: con la testa anteriore leccava la superba fica della ragazza, e con quella posteriore spompinava Cenerentola, che aveva fatto mettere alle sue spalle. Le due giovincelle godevano come pazze e ridevano a squarciagola nel vedere quella testa con bue volti fare avanti e indietro come un picchio uscito di testa. Due volte al mese Brontolo tra imprecazioni e incazzature, andava in paese da un editor per la produzione e la distribuzione dei video girati, che riscuotevano sempre più successo. Una mattina arrivò Madame Tremaine, accortasi del successo di quelle due e, come la mela della favola, offrì un contratto alle ragazze., rivendicando chissà quale diritto inesistente. Ma le due astute e scaltre come due volpi rifiutarono ogni proposta della vecchia arpia.
Poi si presentò il principe Azzurro, che trovando Biancaneve nuda, dopo una nottata di bagordi, non riuscì a non penetrarla, facendola sua lungamente. Il bel principe non riuscì più ad andar via da quel paese dalle Meraviglie e rimase lì, offrendosi come nuovo attore principale. Era meno dotato del buon Cazzolo, però il nanetto superdotato fu proprio felice di potersi risparmiare un po' di quelle estenuanti fatiche, dividendo il compito. Il nano figlio di Dotto, però ebbe poca tranquillità, anche la vecchia Madame si era innamorata del prode Cazzolo e del suo... E così anche lei decise di trattenersi, e trovando una nuova attrice volontaria, nella sezione mature, che mancava, il cast era davvero al completo: per l'etero Biancaneve, per il trans Cenerentola, per il gay c'era l'imbarazzo della scelta: ed ora con l'attempata, ma sempre bona, Madame c'era tutto il palinsesto.
Mancava un investitore serio e ricco, e così Cenerentola aveva contattato il suo di principe, che pur di ritrovare quelle emozioni della notte del ballo, finanziò nuovi macchinari da presa, ed il piccolo Cucciolo, ancora esentato dai giochi dei grandi, stava diventando veramente un grande regista.
Quando una sera Biancaneve tornò dal paese dove aveva fatto la spesa, trovò tutti i nani messi a quattro zampe e Cenerentola che saltellava da uno all'altro e li incaprettava come loro facevano alle, ormai tristi e dimenticate, caprette.
Tutte le estati passava per qualche settimana anche Midas, dio dell'oro, figlio di Zeus e di Cibele, a darsi alla pazza gioia in quel giardino di lussuria e peccati, altro che Eden: Adamo, Eva, un serpentello e un pomo. Ed una sera, ancora ansante per il godimento, disse a Cenerentola, che aveva il suo biancastro liquido che le sgorgava dalla vulva: «E cara mia, l'oro è l'oro, ma la tua fica è la tua fica, non ha valore, ascolta me.»
E poi a dire: "Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova".
E nella strada nuova, vissero tutti felici e contenti: 'non c'è odio non c'è guerra quando a letto l'amore c'è...', e lì l'amore potevi scegliertelo; a anche Astrea, figlia di Astreo e Eos, sorella di Pudicizia, dea vergine dell'innocenza e della purezza, ogni tanto passava dal paese, e con occhi sempre più disinibiti scrutava il bel bastone di Cazzolo, ma per ora preferiva solo farsela leccare, bendata, così da non sentirsi in colpa, dal prode e bel principe Azzurro. Ma prima o poi anche lei avrebbe morso il pomo, quel serpentello tentatore in mezzo alle gambe, piccole e muscolose, del figlio di Dotto, aveva già fatto breccia nel suo cuore, e presto avrebbe, come A Porta Pia, sfondato le mura di quelle illibate labbra, candide e immacolate. Ogni cosa a suo tempo....
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