L'antistress

di
genere
corna



In macchina, il verde, accelero, rallento, c'è ancora un pedone che con la sua calma attraversa, suono il clacson, impreco, riparto, è già arancione, ma sgommo via. Non ho tempo, chi se ne frega della multa, corro nel traffico ,"ma dove cazzo va tutta sta gente" penso, ed io sono lì imbottigliata, come loro. Cazzo, il suono di una ambulanza, "ma proprio adesso doveva star male qualcuno", accosto, quello in parte non mi fa spazio, lo guardo, mi guarda, gli faccio il 'medio', lui ride, ha anche il coraggio di ridere sto storn.., non ho tempo per litigare, il fastidio delle sirene. finalmente sfila l'ambulanza, riparto. Arrivo nei garage di casa, una macchina di traverso con le quattro frecce, non riesco ad entrare nel mio box, scendo, cerco di mantenere la calma, ma sto bollendo dentro, dall'ascensore esce un uomo, sono pronta a farmi sentire, sto iniziando a inveire, ma guardo,ci ripenso dietro di lui, sua madre, anziana con il treppiede avanza e mi sorride. Mi calmo subito a quel delicato gesto, tutto il mio stress evapora in una nuvola, in uno sbuffo di mia insofferenza interiore, ci diciamo «buonasera», e quella dolce nonnina bardata, dal figlio, come se fossimo in Siberia: «perché, mamma, così non prendi freddo», aveva detto lui; e lei, scaltra come una faina, aveva risposto: «Non vado a trovare il Dalai Lama in Tibet, vado a fare un prelievo a Policlinico, Gianni è arrivato anche lì il riscaldamento..». Poi riparto, metto via la macchina, chiudo le portiere, le riapro, ho dimenticato il pane, richiudo, abbasso il portellone del box, salgo la rampa che dal sotterraneo porta all'ingresso del palazzo, sono tardi, devo preparare la cena, se non trova pronto chi lo sente Leo. Veloce arrivo all'ascensore, "cazzo è ancora rotto!", imbestialita schizzo sulle otto rampe di scale, il cuore a palla per lo sforzo, apro la porta di casa, la chiudo, scanso Franco il mio gatto nero, non voglio accarezzarlo, non voglio sentire le sue fusa, "cazzo sono tardi, cosa faccio di cena?", mi tolgo le scarpe con il tacco, respiro a fondo, scalza vado in cucina: un biglietto "Vaffanculo, te e la cena, lurido bastardo" penso e mi infogno la testa di perfidi pensieri "Altro che conferenza, mostrerà la 'circonferenza' di quella supposta che tiene in mezzo alle gambe a qualche sprovveduta studentessa del suo corso.", è triste ma è così, sono una 'suora' cornuta. Del resto io mi sono perdutamente innamorata di lui, quando era il mio professore all'università, è da cinque anni che siamo sposati ma i nostri 15 anni di differenza mi iniziano un po' a pesare, oltre ai tradimenti. Lui con i suoi 45 anni, va in giro a 'scopacchiare' le altre, ed io a 30, a guardare serie TV. Se mi va bene facciamo sesso, spesso ancora vestiti, una volta la settimana: veloce, schematico, brutale: nessun carezza, nessun bacio, nulla al di fuori di una «montata» come direbbe mio nonno. Ma nella mia vita ho sempre sofferto della 'sindrome di Stoccolma' prima con mio padre e adesso con Leonardo.
Ho pensato anche troppo, tiro fuori il sugo dal congelatore, peso gli spaghetti, prendo il Grana dal frigo, il cucchiaino, metto un tovaglietta, il piatto, le posate, intanto mi spoglio, rimango in perizoma, mi sciolgo i capelli, metto sul lavandino lo scolapasta, imposto il microonde ma non l'accendo, mi sfilo il perizoma, sono nuda, cammino sul pavimento riscaldato fino in doccia, accendo l'acqua calda, la regolo, entro: mi bagno, shampoo, risciacquo, sapone alle mandorle, risciacquo, esco, prendo l'accappatoio, non lo indosso, respiro, mi siedo sullo sgabellino, lo giro verso lo specchio grande quanto la parete, mi avvicino, mi guardo, osservo lì, apro le gambe, mi piacciono tanto i miei peletti, mi viene voglia, mi immagino un bel cazzo da succhiare, ho troppa voglia... e con una mano inizio a giocare con le mie grandi labbra. Penso a Leo che scopa e mi tradisce, ma non desidero lui, penso a Paolo, il nostro vicino ventenne, sospiro, mi piace, faccio roteare il mio ditino medio intorno al clitoride, ridacchio istericamente, mi eccito, mi bagno tutta, mi metto il mano piena di miei liquidi in bocca, lecco, mi piace quel sapore leggermente acidulo, continuo a giocare, mi apro le labbra vedendo la fessurina rosa, con le dita continuo a giocare con il mio turgido bottoncino rossastro, e con quelle dell'altra mi infilo indice e medio nella la mia fica, è calda, è bagnata, è morbida dentro, mi fa ansimare, allargo ancora un po' le gambe mi schiaccio un capezzolo fino a farmi male e poi.. godo.. sì.. godo. Una cascata di deliziose sensazioni mi inondano, la testa non pensa, vengo ancora e sussulto, il corpo trema di spasmi, i brividi mi corrono rapidi dalla schiena fino sotto 'lì' dove sento ardere, bruciare. Presa dallo spasmo mi tocco il culetto, passo un dito in bocca e lecco, lubrifico lasciando abbondante saliva ed entro nel buchino dietro mettendomi in ginocchio rivolta verso lo specchio, ho un culo bellissimo, mi fa eccitare ancora più forte guardarmi in quella posizione. E penso:"Ho proprio un marito sfigato". Adesso ho in tutti i buchi le mie dita e un urlo liberatorio mi esce, sono tutta bagnata, sono deliziata dall'emozioni che il mio corpo mi da, Leo non mi da neppure lontanamente questo totale stato di appagamento.
Quando il mio cuore rallenta, mi guardo in faccia allo specchio, respiro forte, arrossisco, un po' mi vergogno di quanto sono porca, poi sorrido maliziosa.

Ora sono tranquilla, rilassata, deliziata dai miei orgasmi, sono ancora nuda, mi piace girare per casa così, sentendo i miei seni ballonzolare. Con calma, serafica, vado in cucina mi preparo la pasta e mangio piano. Mi fermo un po' a non pensare a nulla, a nessuno. Metto su la moca e quando sento il rumore e l'aroma del caffè, che lento sale e borbotta, lo verso in un bicchiere. Guardo dalla finestra le macchine lente che passano sotto casa, tutti verso un posto caldo, dove qualcuno amorevole lo aspetta., con la cena pronta. Mi fumo un sigaretta, anche se Leo non vuole, ma a lui non va mai bene niente. Dopo mi guardo un film sul divano nuda con una copertina.

Guardo i DVD, non riesco a decidermi, il cuore riparte, mi innervosisco, vado in cucina, prendo l'acqua, odio mio marito, bevo, cammino su e giù, metto via il film, chiudo la televisione, vado in bagno, non riesco a pisciare, mi rimetto il perizoma, mi viene da piangere, "cornuta a 30 anni, da un vecchio, che neppure gli tira" penso a scatti, vado nel frigo, prendo una tonica, apro il freezer, recupero un bicchiere, metto del giacchio, il gin, mi faccio un gin tonic forte. Un lungo sorso, torno in camera mi metto una tuta, una maglietta, esco dalla porta, vado in quella vicina, suono, apre la nonna di Paolo: «scusi signora, c'è Paolo? Non mi funziona il comput..... » «Paaaooooloooo.... Paaooolooo c'è Matilda, vieni qui!» la vecchina è sorda, il suo gridare mi infastidisce, vorrei tapparmi le orecchie, «Guardi signora Tonina, se è libero lo mandi da me, grazie..»

Dieci minuti dopo, la porta è socchiusa «Scusi, posso?» «Entra caro Paolo», esco dal corridoio nuda, gli vado incontro, lui mi guarda, chiudo la porta e mi bacia, mi lecca, gli abbasso jeans e boxer, tutto insieme, di forza, gli guardo quell'uccello, è grosso, lungo, lo adoro, poi mi scopa davanti, mi scopa dietro, io godo, godo e godo. Io gli faccio di tutto, dopo due ore di intrecci ci addormentiamo nudi sul divano, in dormiveglia socchiudo gli occhi e pigramente, mi metto in bocca il suo cazzo mollo, si ingrossa, lentamente torna turgido e io lecco lenta, mi piace, faccio piano... dolcemente.. tanto piano... sfiorandolo... e mi addormento di nuovo, con la bocca piena, sazia nella mente e nel corpo, ecco: ho scoperto il mio antistress...
scritto il
2024-11-19
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