La puttananella degli ultimi. 3° capitolo (Razor)
di
Boomer 3000
genere
zoofilia
«Vi prego, mettetegli almeno la museruola» piagnucolo preoccupato. Ho sempre avuto paura dei cani, specialmente di quelli grossi ed aggressivi.«Ma che cazzo volisse chiste?» risponde Gunnar lo zingaro «Chisto nun tene muserola, chisto è come fosse frate a me! Nun ti preoccupare!». Razor mi annusa, avvicinandosi col suo passo pesante, viene e va, gira su se stesso come una trottola. E’ bellissimo ma fa paura anche solo per la sua mole e, quando arriva la prima ruvida leccata in mezzo alle chiappe, comincio a tremare. Ma l’ho promesso ad Osvaldo.
«Ce lo sai che me serveno li sordi» mi disse tempo fa Osvaldo «e questa è un occasione che nun me posso perde» «Ma già mi fai scopare con quei tuoi amici là, lo so che ti pagano, che credi?». A quella mia risposta seguì uno schiaffone «tu devi da statte solo zitto, e fatte li cazzi tua! Quei sordi siccome nun li voi pija da casa tua te li devi da guadagnà cor culo! Chiaro?». «Sì, ma, insomma, un cane, è pericoloso» «Ma falla finita?» e di nuovo un altro schiaffo «C’ha un cazzo come un cristiano, qual’è er problema? E mo sbrigate a famme ‘na pompa che dopo c’è uno pe’ te»
La seconda leccata è ancora più intensa e profonda. «Metteteve più ar centro, che nun ve vedo bene così» «Mi raccomando…» mi lamento «Nun te preoccupà er viso nun se vedrà, te l’ho già detto, famme lavorà no? mica stamo a giocà!». «Ma queste cassette poi girano dappertutto, le doppiano e vanno dove non devono andare, ho paura» avevo detto giorni prima e loro mi avevano assicurato che nel montaggio avrebbero tolto il mio viso. Razor è nervoso, gira ancora un po’, poi la punta rossa del sul uccello comincia ad uscire fuori dalle palle. «Vedi come ci piaci?» ridacchia Gunnar.
Gunnar è uno zingaro che ogni tanto viene a scoparmi, col permesso di Osvaldo. Alleva cani da combattimento, dei grossi e feroci molossoidi. E’ stato lui a proporre l’affare a Osvaldo. “Quisti vule 'ffà 'na cassetta porno cu 'e femmene e li cani. Paghene bbène, assaje bbène» aveva iniziato «ma femmene nun ne trovai» aveva proseguito «Manco le puttane che paghi. Ma forse 'sto frocetto potrebbe jì bine. Che dichi?». Li sentivo parlare da dietro la parete in cartongesso, senza poter fare o dire nulla. C’erano con me due uomini di Gunnar a cui stavo facendo un pompino e nessuno dei due era ancora venuto. «Ma certo che va bene» disse subito Osvaldo che aveva fiutato l’affare «nun c’ha un pelo, lo vestimo da femmina!» «Ma tiene ‘o pesce!» «Sì ma è piccolo, con un pezzettino de nastro isolante je coprimo cazzo e palle, che ce vo, dai, contatteli che ce parlamo!»
Razor finalmente mi sale sopra, mi graffia i fianchi con le zampe, muove a scatti il bacino ma il cazzo non entra, mi spruzza un po’ di sperma sull’ano poi riscende. «Alt» dice l’operatore «gli ha strappato una calza, bisogna sostituirla!» «Sì» risponde Gunnar «Così faccio riposare Razor, poi ricominciamo». Mi alzo in piedi e mi sgranchisco un attimo poi vado verso la sedia di lato, per cambiarmi le autoreggenti. Ce ne sono parecchie paia, tutte uguali per ragioni di scena, sapendo che fine fanno ogni volta. Mi hanno fatto indossare delle autoreggenti, una guepiere rosa con le coppe imbottite e mi hanno truccato come una puttana, con del rossetto rosso fuoco. Sul pube mi hanno applicato un triangolo di pelo che contiene perfettamente i miei piccoli attributi. Mi guardo allo specchio; con quel rossetto intenso sembro proprio una ragazza e le scarpe con tacco dodici completano il quadro.
Si sono accordati da Osvaldo, giù alla baracca insomma, seduti intorno al tavolo lurido dove spesso mi scopano i clienti. «Sì, manco se vede che è un ragazzo, va bene, basta che lo vole fa’ però, nun c’avemo tempo da perde» ha detto l’organizzatore «Nun ve dovete preoccupà, lui fa quello che dico io!» «Daje, davero?» «Sì, certo! Vero Paolè» «Si signore, è vero» «Ma l’hai capito che te devi fa montà da un bestione de ottanta kili che se je fai rode er culo te se magna in trenta secondi?» continuò ridendo. «Va sotto ar tavolo!» mi ordinò Osvaldo. Immediatamente scesi sotto al tavolo e mi misi tra le gambe dell’organizzatore; gli tirai fuori il cazzo e presi a succhiarglielo. «E mo parlamo de sordi» disse Osvaldo «Me dovete da armeno dieci vorte de quer zingaro de merda che ce mette solo li cani»
Gunnar mi si avvicina, fa un cenno agli operatori e loro fanno “sì” con la testa, allontanandosi dalla macchina da presa ed accendendo le sigarette. «Famo prima noi va! Così lui capisce» mi porta nel camerino sul retro, si abbassa i pantaloni e «succhia dai, tanto è già duro, facimme 'n attimo, veloce!». Non è un tipo con cui si può discutere apro la bocca ed ubbidisco. Puzza di sudore e di cane ma è un grande scopatore. E’ dotato e può rimanerti dentro mezzora come cinque minuti, decide lui quando deve venire. Appena è perfettamente duro si siede sulla sedia e mi fa un segno con le mani che conosco bene, vuole che gli salgo sopra. Mi impala in un attimo, vado su e giù, a ritmo costante, traballando sui tacchi alti. D’un tratto mi accorgo che fa dei segni con gli occhi, dietro di me, ridendo divertito; allora giro la testa, quel tanto che basta per vedere che ci stanno riprendendo. Allibito dalla mancanza di ripetto cerco di liberarmi, ma lui «statte fermo e non rompe er cazzo proprio adesso» e comincia a sborrarmi nel culo. So che non si deve mai rovinare l’orgasmo ad un maschio violento che ti sta inculando quindi mi calmo, lascio fare a lui che, con decisione, mi alza ed abbassa tenendomi per la chiappe sul suo pene al ritmo più consono. Le merde riprendono tutto, si avvicinano al massimo per filmare il suo grosso cazzo che esce dal mio culo e la sborra che cola tra le mie chiappe.
«Vojo armeno cinque mijoni» ha chiesto Osvaldo alla riunione, ma quello non ha risposto. «Aspetta» ha detto con l’uccello ancora nella mia bocca. Con calma ha sborrato e si è chiuso i pantaloni, e mentre si risistemava «Queste so cinquecento mila lire!» ed ha buttato sul tavolo le banconote «dopo le riprese te ne do arte cinquecento, ma ‘sto ragazzetto fa tutto quello che dimo noi, si no ce ridai tutto er mijone. Ok?». Quando se ne fu andato mi misi a piangere, dicendo ad Osvaldo che non mi andava di farlo. Lui non disse nulla. Mi fece spogliare e mi portò a letto, sotto le coperte. Mi scopò per un paio d’ore, in bocca e nel culo, come fossi una donna, la sua donna. Era stato bellissimo, ora avrei fatto tutto per lui e mi addormentai col suo grosso uccello ormai moscio e bagnato appoggiato alle mie natiche, pronto a farmi scopare da un mastino per soldi.
Razor avverte l’odore di maschio tra le mie chiappe. E’ come urtato, mi sale impaziente sopra, muove veloce il bacino senza però riuscire ancora a penetrarmi, schizza un po’ di seme tra le mie chiappe e scende. Poi risale, ma questa volta è più preciso ed il suo pene mi entra dentro. E’ lungo ma non molto grosso; entra ed esce convulsamente è eccitante. All’improvviso rallenta, ed il suo cazzo comincia a crescere dentro di me senza fermarsi, vengo preso dal panico ma Gunnar mi dice di stare fermo, che non succede nulla. Siamo culo a culo con Razor, mi ha legato e con calma mi sta riempiendo. Provo un fastidioso bruciore nell’intestino ed uno stimolo incontrollabile di defecare, cerco di muovermi di nuovo. «Se resti fermo, nun t’ò succede gnente. Se te muovi, t’ strappa tuttu» mi sussurra Gunnar. Si toccano tutti il cazzo eccitati per la scena, anche il cineoperatore, mentre io soffro visibilmente per i crampi alla pancia che non ne posso più. «Posso?» dice un uomo pakistano che fa da aiutante; «si dai che viene bene» dice l’operatore. Allora il Paki si avvicina con l’uccello in mano, pronto a mettermelo in bocca.
Razor lo vede avvicinarsi verso di me. Ormai sono suo, sono la sua femmina, non accetta altri maschi. Libera il cazzo di scatto e salta addosso al Paki, poi comincia a mordere tutti quelli che cercano di salvarlo, è una furia. Lo vedo combattere come un gladiatore, mentre finalmente libero l’intestino dal suo seme, ma rimango giù accucciato. Ce l’ha con tutti eccetto che con me. Finalmente la stanza si svuota, tutti sono in salvo, rimaniamo solo io e Razor. Lui mi guarda, scodinzola come fosse un barboncino; mi lecca la faccia con passione e gratitudine. «Si lo so cosa vuoi» gli dico come se mi capisse e lui mi si mette dietro, mi lecca il culo e mi risale sopra per finire quello che ha solo cominciato.
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