La Tana
di
Lucrezia
genere
orge
Il racconto sfocia nel sureeale per la situazione al limite dell'incredibile, ma è un racconto di fantasia e quindi l'unico limite è la nostra mente.
La mia nell'immaginare la storia e la vostra che nel leggerla vi domanderete se certe situazioni siano davvero possibili.
§ (io)
Sono per la strada, una strada poco trafficata e male illuminata, sono qui che vago nella notte.
Sono qui nel fresco della sera a passeggiare per una strada periferica di nulla vestita e con quel poco che indosso che sicuramente non mi ripara ne dal fresco e ne dalla impudicizia che suscito in chi mi guarda.
Ho delle decollete rosse di strass con tacco 12, dovrebbero essere bellissime e lo sono, ma sono una tortura per le mie gambe stanche, i muscoli delle gambe mi fanno male e i tacchi mi fanno sentire il dolore ai tendini esaltando però le mie gambe e il mio sedere.
Eppure quando abbasso lo sguardo impazzisco di goduria guardando le punte delle mie scarpe lanciare lampi nella notte illuminate dai fari delle auto di passaggio.
Le mie gambe slanciate non sono depilate da un po' e il contrasto con le scarpe è stridente, vedermi così non perfetta con questi abiti che sembrano non appartenermi mi fa sentire male, sono imbarazzata più per il senso di sporco che per la situazione.
La situazione invece mi intriga, tante volte me ne stavo per la strada nuda ed eccomi ancora qui.
Ecco ora sono qui, apparentemente esaudita nel mio desiderio, ma punita per il mio affronto e quindi puttana ma incompleta nell'animo, proprio quell'animo che più voleva essere appagato dalla situazione.
Tiro calci in aria mentre mi muovo, guardo le mie gambe, il mio pube esposto, sono nuda, a parte le scarpe le mie gambe sono completamente nude ho la mia figa esposta agli sguardi altrui, non posso nasconderla, non indosso nemmeno una di quelle gonnelline che di solito indossano le puttane, io no sono nuda con peli che ho voluto colorare di nero, io bionda con il pelo nero, così ora risaltano di più ai fari della notte.
Sul ventre esposto ho solo una catenina da schiava, quale io sono dei miei desideri allacciata all'anello del piercing ombellicale.
I seni hanno i capezzoli turgidi non solo per l'aria gelida della note ma anche e soprattutto dalla voglia, me li sono colorati con un rossetto gloss per farli risaltare di più sul pallore della mia pelle ed ora anch'essi risaltano alla luce dei fari delle auto di passaggio.
Indosso solo un corto giacchetto con collo di finta pelliccia e tessuto riempito di strass rossi, mi rendo conto che più di una puttana da strada assomiglio ad un essere a metà strada tra un clown ed un giocoliere da circo che non ha fatto in tempo a finire di vestirsi, personaggi che comunque mi appartengono.
Niente borsa perché non ne ho più da quando me l'hanno rubata.
Sì sono ferita nell'orgoglio di non poter essere La Puttana, di non poter fare questo mestiere questa notte perché priva dei miei soliti accessori di lavoro, sono eccitata, torno verso la panchina, mi siedo, allargo le gambe e mi infilo tre dita nella figa fradicia gettando indietro la testa mentre un'auto si ferma a sento distante la classica domanda di rito: "quanto prendi?" e ne godo.
§ (la cliente)
Nel vederla così, sulla panchina a gambe larghe, blocco l'auto, scendo quasi di corsa, il suo viso è stravolto dal piacere che si stà donando con le dita, mi inginocchio davanti a lei, tolgo con forza la sua mano dalla figa e affondo il mio capo, la figa è fradicia di umori, è dolce aperta alla mia voglia, la mia lingua la penetra sin dove è possibile mentre le mie dita la allargano con forza, scivola sulla zona perianale e solleticano lo sfintere che sento pulsare e mentre stringo fra le labbra il clito eccitato le mie dita la penetarno nelle viscere, prima uno poi due, li ruoto e divarico il buchino, lei si agita sotto di me gemendo, ogni tanto i fari di un'auto ci illuminano ma a nessuna delle due interessa prese come siamo dal piacere l'una dell'altra. la sento vibrare sotto di me, tende il ventre verso la mia bocca mentre le mani premono sul capo, dalla figa un rivolo dolce mi scivola sulle labbra, e con un gemito lunghissmo sento il suo orgasmo arrivare...
§ (noi)
Godo! Strillo il mio orgasmo che tanto non mi sente nessuno e se anche fosse che odano pure il mio piacere.
Il mio corpo è squassato dai tremori di un lungo orgasmo che non può terminare, piano piano i muscoli si afflosciano, termina il tremolio degli arti, e il corpo si abbassa piano rilassandosi sulla panchina, ti guardo e sorrido, sento le tue dita ancora infilate nel mio ano, non mi importa sono abituata ad altro ma anche se non lo fossi non mi importerebbe lo stesso. Ti sorrido ancora e poi ti dico: "dai, ora tocca a te".
Tu sfili piano le dita dal mio corpo e ti alzi in piedi sorridente e mi guardi, i tuoi occhi dardeggiano all'idea del piacere che potresti ricevere da me, mi guardi e solo ora ti rendi conto di ciò che è successo.
Davanti a te c'è una giovane donna vestita solo di un paio di vistose scarpe rosse, una giacca pure rossa e null'altro, seduta così discinta su una panchina pubblica a lato strada che ti sorride mentre una sua mano stancamente si accarezza il corpo.
Tu giovane avvocato rampante che tornava a casa dopo una lunga e faticosa giornata di studio ti sei drogata di quella vista, non hai pensato alle conseguenze dell'azione, non hai pensato che avresti potuto essere riconosciuta, ti sei gettata su quel corpo così oscenamente esposto ed ora guardi l'oggetto del tuo desiderio, la preda della tua voglia repressa da una giornata persa in codici e scartoffie.
Mi alzo, prendo una tua mano ma solo per girati e spingerti su quella panchina; tu cadi pesantemente con un leggero lamento, ti guardo dritta negli occhi, i miei occhi sono fuoco ora e non ti permettono di lamentarti, sono abituata ad essere comandata ed ora so con uno sguardo trasmettere quell'apprensione che mi prende sempre quando mi danno un ordine da eseguire.
Ora tocca a te ed è quasi un pensiero di sfida, allargo le tue gambe ma la minigonna che indossi e troppo stretta; allora tento di girartela in su ma sono goffa e maldestra, mi sta riprenendo la frenesia della voglia di sesso, quindi prendo i due lembi di stoffa ai lati dello spacchetto e li allargo con forza, tu mi guardi inorridita nel sentire il rumore della costosa stoffa che si lacera, ma io alzo i miei occhi su di te e tu annichilisci nella mente ogni tentativo di ribellarti.
Ora ci arrivo, come una bestia sento il calore della tua figa, l'odore dei tuoi umori copiosi, ma c'è ancora qualcosa tra la mia brama e l'oggetto del mio sfrenato desiderio, il tallone del tuo collant.
Dolcemente infilo le mani sotto il tuo sedere, beandomi dello sfregamento che mi da sui palmi delle mani il nylon e del calore che emana la tua carne eccitata, prendo così il bordo dei collant e tiro via quel tanto che mi permette di allentare il tallone dal tuo corpo voglioso, quel tanto che mi permette di prenderlo con i denti e come una bestia avida tirare e tirare per levare e portar via quel lembo di plastica, quell'inutile lembo di plastica.
E via finalmente, ti ho sfilati i collant fino alle ginocchia che ora tieni sollevate, io sono sotto le tue ginocchia, sotto il tuo collant rovesciato sul mio collo, in mezzo alla brace ardente delle tue cosce calde e mi arrivano effluvi del tuo miele, con la lingua lecco l'aria, grugnisco come bestia assetata e mi spingo sempre più giù nel profondo di questa caverna.
Tu ora sei rovesciata quasi sulla schiena su quella laida panchina, io con le ginocchia nell'erba i seni penduli nell'aria fresca tra te e le mie gambe piegate ad angolo retto, il culo in aria.
Non penso a nulla, sono una donna dell'età delle caverne ora, fatta di puro istinto; un istinto sessuale che mi porta a leccare la tua figa fradicia, una fontana inesauribile di pipì e liquidi dolci in contrasto continuo tra loro per odori e sapori.
Avverto un'auto che si ferma, non ci faccio caso, sento dei passi dietro di me, uno che parla e chiede se può unirsi all'amplesso, ti sento contrattare sul prezzo e penso: "poi sarei io la troia", ma non mi importa anzi mi eccito ancora di più alzo le gambe non sono più in ginocchio ma le gambe sono dritte un po' all'indietro che offrono a chi guarda lo splendido spettacolo del mio culo, del mio sfintere anale esposto e della mia figa grondante con le labbra spalancate all'aria fresca della sera, che facciano pure!
E lui fa, mi prende per i fianchi e poi mi usa la violenza che si usa con le puttane, perché sono oggetti a pagamento e quando tu paghi è giusto che usi secondo il tuo piacere ciò che hai comprato, ciò che è tuo.
Fai pure, entra col tuo arnese nel mio caldo culo, io ho altro da fare, io devo dare il mio animalesco piacere alla donna seduta qui sulla panchina, e ci do dentro di lingua e di dita, due dita entrano ed escono dalla tua figa fradicia, ora sono tre, scivolano dentro e fuori umide e attaccaticce dei tuoi umori e con le dita scivolose pizzico il tuo clitoride esposto come la tua voglia di sesso e poi di nuovo dentro in un colpo solo che nemmeno te ne accorgi per quanto sei aperta.
Sento l'uomo dietro di me finire con un grugnito, sento che viene fuori sul mio culo e sulla mia giacchetta, nemmeno il preservativo ha usato lo stronzo; getta qualcosa di leggero sulla mia schiena, immagino che siano i soldi pattuiti, ma no quelli te li mette in una mano, lo stronzo si è ripulito e quello che mi ha gettato addosso è un fazzolettino di carta.
Punisco te per questo affronto, infilo le dita fradice nel tuo culo, fino in fondo in un solo colpo, e tu gridi e alzi il culo, e ti agiti dondolandoti e io capisco che ti piace, troia, non ti fa male più di tanto, ti fa godere hai trovato anche tu il tuo essere da puttana questa notte.
Questa notte sarà lunga, non so quanti clienti mi useranno, non mi importa, so solo che domani mi offrirai la colazione quando aprirà il baretto all'angolo e fino a quell'ora il tuo culo e la tua figa saranno miei.
Lù
Note finali:
Non avete idea di quanto mi è piaciuto scrivere questa storia, la parte nel mezzo non è mia ma di un'amica di email che quando ha letto la prima parte si è eccitata al punto che me l'ha mandata ed io, ho scritto questa ultima.
Non so che mi è preso ma questa storia è parte della mia mente.
Se avete una mente perversa come la mia, scrivetemi, ma vi prego non per insultarmi o per complimentarvi, anche questo va bene certo, ma soprattutto per dirmi se nella vostra mente ci sono storie come la mia..
La mia nell'immaginare la storia e la vostra che nel leggerla vi domanderete se certe situazioni siano davvero possibili.
§ (io)
Sono per la strada, una strada poco trafficata e male illuminata, sono qui che vago nella notte.
Sono qui nel fresco della sera a passeggiare per una strada periferica di nulla vestita e con quel poco che indosso che sicuramente non mi ripara ne dal fresco e ne dalla impudicizia che suscito in chi mi guarda.
Ho delle decollete rosse di strass con tacco 12, dovrebbero essere bellissime e lo sono, ma sono una tortura per le mie gambe stanche, i muscoli delle gambe mi fanno male e i tacchi mi fanno sentire il dolore ai tendini esaltando però le mie gambe e il mio sedere.
Eppure quando abbasso lo sguardo impazzisco di goduria guardando le punte delle mie scarpe lanciare lampi nella notte illuminate dai fari delle auto di passaggio.
Le mie gambe slanciate non sono depilate da un po' e il contrasto con le scarpe è stridente, vedermi così non perfetta con questi abiti che sembrano non appartenermi mi fa sentire male, sono imbarazzata più per il senso di sporco che per la situazione.
La situazione invece mi intriga, tante volte me ne stavo per la strada nuda ed eccomi ancora qui.
Ecco ora sono qui, apparentemente esaudita nel mio desiderio, ma punita per il mio affronto e quindi puttana ma incompleta nell'animo, proprio quell'animo che più voleva essere appagato dalla situazione.
Tiro calci in aria mentre mi muovo, guardo le mie gambe, il mio pube esposto, sono nuda, a parte le scarpe le mie gambe sono completamente nude ho la mia figa esposta agli sguardi altrui, non posso nasconderla, non indosso nemmeno una di quelle gonnelline che di solito indossano le puttane, io no sono nuda con peli che ho voluto colorare di nero, io bionda con il pelo nero, così ora risaltano di più ai fari della notte.
Sul ventre esposto ho solo una catenina da schiava, quale io sono dei miei desideri allacciata all'anello del piercing ombellicale.
I seni hanno i capezzoli turgidi non solo per l'aria gelida della note ma anche e soprattutto dalla voglia, me li sono colorati con un rossetto gloss per farli risaltare di più sul pallore della mia pelle ed ora anch'essi risaltano alla luce dei fari delle auto di passaggio.
Indosso solo un corto giacchetto con collo di finta pelliccia e tessuto riempito di strass rossi, mi rendo conto che più di una puttana da strada assomiglio ad un essere a metà strada tra un clown ed un giocoliere da circo che non ha fatto in tempo a finire di vestirsi, personaggi che comunque mi appartengono.
Niente borsa perché non ne ho più da quando me l'hanno rubata.
Sì sono ferita nell'orgoglio di non poter essere La Puttana, di non poter fare questo mestiere questa notte perché priva dei miei soliti accessori di lavoro, sono eccitata, torno verso la panchina, mi siedo, allargo le gambe e mi infilo tre dita nella figa fradicia gettando indietro la testa mentre un'auto si ferma a sento distante la classica domanda di rito: "quanto prendi?" e ne godo.
§ (la cliente)
Nel vederla così, sulla panchina a gambe larghe, blocco l'auto, scendo quasi di corsa, il suo viso è stravolto dal piacere che si stà donando con le dita, mi inginocchio davanti a lei, tolgo con forza la sua mano dalla figa e affondo il mio capo, la figa è fradicia di umori, è dolce aperta alla mia voglia, la mia lingua la penetra sin dove è possibile mentre le mie dita la allargano con forza, scivola sulla zona perianale e solleticano lo sfintere che sento pulsare e mentre stringo fra le labbra il clito eccitato le mie dita la penetarno nelle viscere, prima uno poi due, li ruoto e divarico il buchino, lei si agita sotto di me gemendo, ogni tanto i fari di un'auto ci illuminano ma a nessuna delle due interessa prese come siamo dal piacere l'una dell'altra. la sento vibrare sotto di me, tende il ventre verso la mia bocca mentre le mani premono sul capo, dalla figa un rivolo dolce mi scivola sulle labbra, e con un gemito lunghissmo sento il suo orgasmo arrivare...
§ (noi)
Godo! Strillo il mio orgasmo che tanto non mi sente nessuno e se anche fosse che odano pure il mio piacere.
Il mio corpo è squassato dai tremori di un lungo orgasmo che non può terminare, piano piano i muscoli si afflosciano, termina il tremolio degli arti, e il corpo si abbassa piano rilassandosi sulla panchina, ti guardo e sorrido, sento le tue dita ancora infilate nel mio ano, non mi importa sono abituata ad altro ma anche se non lo fossi non mi importerebbe lo stesso. Ti sorrido ancora e poi ti dico: "dai, ora tocca a te".
Tu sfili piano le dita dal mio corpo e ti alzi in piedi sorridente e mi guardi, i tuoi occhi dardeggiano all'idea del piacere che potresti ricevere da me, mi guardi e solo ora ti rendi conto di ciò che è successo.
Davanti a te c'è una giovane donna vestita solo di un paio di vistose scarpe rosse, una giacca pure rossa e null'altro, seduta così discinta su una panchina pubblica a lato strada che ti sorride mentre una sua mano stancamente si accarezza il corpo.
Tu giovane avvocato rampante che tornava a casa dopo una lunga e faticosa giornata di studio ti sei drogata di quella vista, non hai pensato alle conseguenze dell'azione, non hai pensato che avresti potuto essere riconosciuta, ti sei gettata su quel corpo così oscenamente esposto ed ora guardi l'oggetto del tuo desiderio, la preda della tua voglia repressa da una giornata persa in codici e scartoffie.
Mi alzo, prendo una tua mano ma solo per girati e spingerti su quella panchina; tu cadi pesantemente con un leggero lamento, ti guardo dritta negli occhi, i miei occhi sono fuoco ora e non ti permettono di lamentarti, sono abituata ad essere comandata ed ora so con uno sguardo trasmettere quell'apprensione che mi prende sempre quando mi danno un ordine da eseguire.
Ora tocca a te ed è quasi un pensiero di sfida, allargo le tue gambe ma la minigonna che indossi e troppo stretta; allora tento di girartela in su ma sono goffa e maldestra, mi sta riprenendo la frenesia della voglia di sesso, quindi prendo i due lembi di stoffa ai lati dello spacchetto e li allargo con forza, tu mi guardi inorridita nel sentire il rumore della costosa stoffa che si lacera, ma io alzo i miei occhi su di te e tu annichilisci nella mente ogni tentativo di ribellarti.
Ora ci arrivo, come una bestia sento il calore della tua figa, l'odore dei tuoi umori copiosi, ma c'è ancora qualcosa tra la mia brama e l'oggetto del mio sfrenato desiderio, il tallone del tuo collant.
Dolcemente infilo le mani sotto il tuo sedere, beandomi dello sfregamento che mi da sui palmi delle mani il nylon e del calore che emana la tua carne eccitata, prendo così il bordo dei collant e tiro via quel tanto che mi permette di allentare il tallone dal tuo corpo voglioso, quel tanto che mi permette di prenderlo con i denti e come una bestia avida tirare e tirare per levare e portar via quel lembo di plastica, quell'inutile lembo di plastica.
E via finalmente, ti ho sfilati i collant fino alle ginocchia che ora tieni sollevate, io sono sotto le tue ginocchia, sotto il tuo collant rovesciato sul mio collo, in mezzo alla brace ardente delle tue cosce calde e mi arrivano effluvi del tuo miele, con la lingua lecco l'aria, grugnisco come bestia assetata e mi spingo sempre più giù nel profondo di questa caverna.
Tu ora sei rovesciata quasi sulla schiena su quella laida panchina, io con le ginocchia nell'erba i seni penduli nell'aria fresca tra te e le mie gambe piegate ad angolo retto, il culo in aria.
Non penso a nulla, sono una donna dell'età delle caverne ora, fatta di puro istinto; un istinto sessuale che mi porta a leccare la tua figa fradicia, una fontana inesauribile di pipì e liquidi dolci in contrasto continuo tra loro per odori e sapori.
Avverto un'auto che si ferma, non ci faccio caso, sento dei passi dietro di me, uno che parla e chiede se può unirsi all'amplesso, ti sento contrattare sul prezzo e penso: "poi sarei io la troia", ma non mi importa anzi mi eccito ancora di più alzo le gambe non sono più in ginocchio ma le gambe sono dritte un po' all'indietro che offrono a chi guarda lo splendido spettacolo del mio culo, del mio sfintere anale esposto e della mia figa grondante con le labbra spalancate all'aria fresca della sera, che facciano pure!
E lui fa, mi prende per i fianchi e poi mi usa la violenza che si usa con le puttane, perché sono oggetti a pagamento e quando tu paghi è giusto che usi secondo il tuo piacere ciò che hai comprato, ciò che è tuo.
Fai pure, entra col tuo arnese nel mio caldo culo, io ho altro da fare, io devo dare il mio animalesco piacere alla donna seduta qui sulla panchina, e ci do dentro di lingua e di dita, due dita entrano ed escono dalla tua figa fradicia, ora sono tre, scivolano dentro e fuori umide e attaccaticce dei tuoi umori e con le dita scivolose pizzico il tuo clitoride esposto come la tua voglia di sesso e poi di nuovo dentro in un colpo solo che nemmeno te ne accorgi per quanto sei aperta.
Sento l'uomo dietro di me finire con un grugnito, sento che viene fuori sul mio culo e sulla mia giacchetta, nemmeno il preservativo ha usato lo stronzo; getta qualcosa di leggero sulla mia schiena, immagino che siano i soldi pattuiti, ma no quelli te li mette in una mano, lo stronzo si è ripulito e quello che mi ha gettato addosso è un fazzolettino di carta.
Punisco te per questo affronto, infilo le dita fradice nel tuo culo, fino in fondo in un solo colpo, e tu gridi e alzi il culo, e ti agiti dondolandoti e io capisco che ti piace, troia, non ti fa male più di tanto, ti fa godere hai trovato anche tu il tuo essere da puttana questa notte.
Questa notte sarà lunga, non so quanti clienti mi useranno, non mi importa, so solo che domani mi offrirai la colazione quando aprirà il baretto all'angolo e fino a quell'ora il tuo culo e la tua figa saranno miei.
Lù
Note finali:
Non avete idea di quanto mi è piaciuto scrivere questa storia, la parte nel mezzo non è mia ma di un'amica di email che quando ha letto la prima parte si è eccitata al punto che me l'ha mandata ed io, ho scritto questa ultima.
Non so che mi è preso ma questa storia è parte della mia mente.
Se avete una mente perversa come la mia, scrivetemi, ma vi prego non per insultarmi o per complimentarvi, anche questo va bene certo, ma soprattutto per dirmi se nella vostra mente ci sono storie come la mia..
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