Il degrado della perversione III

di
genere
incesti

Mi discosto con delicatezza da lui e dal peso del suo corpo nudo e vado a darmi una ripulita in bagno, sono piena di liquido e sgocciolo per la casa, mi ripulisco svelta e poi torno in salotto, lui è ancora sul divano nudo con gli occhi chiusi che riposa, lo guardo in tutta la sua bellezza, steso supino con la sua larga e muscolosa schiena eretta in alto e che poggia su un bacino scolpito, mi avvicino senza fare rumore e lo osservo in tutte le sue parti, poi raccatto le mie mutandine fradice e vado in cucina a recuperare la mia veste da notte ancora accanto alla porta, mi copro. Guardo l’orologio che segna le 9 : 30, lui dormirà fino a tardi e oggi non ho molto da fare, mi preparo un altro caffè e mi siedo al tavolo in attesa. Riesco a intravedere la sua sagoma, le sue braccia cadono ai lati del divano e i suoi capelli castano chiari si poggiano sulle sue grandi spalle, mentre lo osservo mi sale il solito brivido che mi investe quando con lui va a finire in questo modo. Devo ammettere che da qualche tempo non ci penso più intensamente me lo lascio scivolare addosso, ma a volte il tarlo nella mia mente si fa sentire e mi fa sentire sporca e inadatta al mio ruolo. La caffettiera fischia e mi distrae momentaneamente dal pensiero, spengo il gas e verso il caffè nella mia tazzina. Accendo una paglia per accompagnare il tutto, ma niente oggi non ce la faccio a resistere ai miei interrogativi e con la tazza ancora fumante davanti penso tra me e me e ricostruisco tutta la storia, una storia da cui vorrei liberarmi, scacciare e trasformare in una normale vicenda familiare, ma è difficile mutarla allo stato delle cose, anzi impossibile ormai io e Roberto siamo compromessi e non so cosa potrà ancora succedere. Mi sarei dovuta dimostrare più forte e inflessibile, ma ho pagato lo scotto di una menzogna, una bugia inventata e alla lunga portata avanti, certo a fin di bene o almeno così credevo, ma spesso anche ciò che architettiamo, anche se ha fin di bene, ha delle conseguenze e in casi come il mio, il suo, il nostro una volta scoperchiato, il vaso travolge tutto e tutti e in un attimo distrugge la realtà, o meglio ciò che credevi e volevi fosse divenuto reale. Quando ciò accade non puoi fare altro che sobbarcarti ogni logica del caso, ma se non ce la fai e sei debole e non riesci a far prevalere la tua personalità, non ci vuole nulla a rimanere una vittima consenziente degli eventi. Tutto ebbe inizio qualche decennio fa, quando ero ancora giovane e nel fiore della mia età. Vivevo un’intensa vita sociale e di conseguenza anche una buona attività sessuale, non avevo un partner fisso però mi capitavano spesso diverse occasioni per divertirmi, poi il mio faccino carino e il mio corpo ben fatto riscuotevano discreto successo tra i miei coetanei. Ero una ragazzina felice e appagata della vita, ma tutto cambiò durante quella vacanza in Grecia. Un giorno di metà settembre ero su una spiaggia con una delle mie amiche, ci godevamo il panorama in pieno relax ascoltando musica e facendo innumerevoli bagni. Durante la tarda mattinata coscienti che quella sarebbe stata la nostra ultima giornata sull'isola di Heraklia, decidemmo di divertirci un po’ sbevacchiando qualche drink, l’unico bar nelle vicinanze era il chiosco presente sulla spiaggia distante da noi circa 500 metri, iniziammo così a farci delle passeggiate dal lettino al bar, qui consumavamo il drink e poi facevamo il bagno. Tra un’ordinazione e l’altra conoscemmo un turista seduto al tavolo del chiosco che ogni volta che tornavamo a prendere un drink non perdeva tempo per attaccare bottone, forse più con la mia amica che con me, lo trovavo carino ma il suo interesse verso Krizia, la mia amica, mi indisponeva non poco nei suoi confronti. Nel pomeriggio tardi si alzò un vento anomalo e presto le nuvole parcheggiate all'orizzonte si avvicinarono sulla nostra isola felice, come un presagio di qualcosa, un po’ annebbiate dall'alcol non porgemmo il giusto peso alla situazione climatica e continuammo a starcene in spiaggia, era una bella sensazione lontane da casa a quell'età a sparare cazzate con il paradiso davanti ai nostri occhi rappresentato da un mare luccicante e azzurro che ancora vive nella mia memoria. Ricordo che Krizia era abbastanza stanca e forse leggermente un po’ più brilla di me, quindi ad un certo punto mi propose di rientrare nell'appartamento a due passi dalla nostra spiaggia dove a breve sarebbero rientrate le altre due nostre amiche da un’escursione organizzata all'interno dell’isola. Le proposi un ultimo drink, ma lei abbastanza rintontita declinò l’offerta e iniziò a raccogliere gli oggetti intorno alle nostre sdraio. Non volevo rientrare e nonostante la minaccia della pioggia decisi di andarmi a fare un ultimo drink, dissi alla mia amica che l’avrei raggiunta a casa a breve. Così raccolti tutti gli oggetti personali lei si incamminò verso l’appartamento, mentre io rimasi ancora sul mio lettino per qualche minuto a farmi accarezzare dal vento. L’intensità però crebbe e la sabbia volava ovunque, così decisi di rientrare, ma non prima di essermi fatta l’ultimo drink, tornai al bar e ordinai l’ennesimo cocktail. Mentre sorseggiavo il mio intruglio, mi si avvicinò il corteggiatore, che si in fendo mi incuriosiva, non vedendo Krizia si avvicinò e si mise a parlarmi attaccando bottone con una scusa qualunque. Era un turista dai modi affabili e gentili, credo fosse maltese, ma conosceva bene l’italiano mi pare che la nonna glielo avesse insegnato da piccino, e chiacchierando con lui mi sentì subito a mio agio. Finito il drink mi accompagnò al mio ombrellone e mi aiutò a raccogliere le mie cose, mi accompagnò per un pezzo di strada e poi ci salutammo con due baci sulla guancia. Ricordo che tornai a casa molto soddisfatta della breve ma interessante chiacchierata, ma non dissi nulla alle altre ragazze. A sera dopo una cena in un ristorante vicino l’appartamento, raggiungemmo l’auto per spingersi in un locale sulla costa dell’isola che distava pochi chilometri dalla baia dove alloggiavamo. Passammo la serata a bere in un covo per turisti sul mare, ricordo che ci divertimmo molto e conoscemmo altri stranieri, a tarda sera ricordo che ero abbastanza ubriaca. Mentre Krizia e Antonella scambiavano effusioni d’amore, al nostro tavolo con due ragazzi inglesi, io e Simona ordinavamo altri cocktail, mentre continuava a fare la casca morta con il cameriere. Fu in quel momento di felicità che il mio sguardo incrociò nuovamente quello di un volto noto, l’alcool forse non mi aiutò subito a riconoscerlo, ma dopo qualche secondo di “messa a fuoco” alzai la mano in segno di saluto. Lui rispose sorridendo, ma non si mosse dal tavolo in fondo dove era seduto, perciò con una scusa banale mi alzai dal tavolo e lo raggiunsi per salutarlo. Sembrava più carino di come lo ricordassi oppure ero io un po’ andata non lo so, ma sicuramente il suo fisico fece un certo effetto su di me, la camicia bianca mezza sbottonata metteva in risalto i suoi pettorali e la sua pelle appariva molto abbronzata, era molto più grande di me di almeno vent'anni, ma sapeva farci con le ragazzine, evidentemente aveva famiglia e la fede al dito sicuramente ne era una testimonianza. Parlammo per un po’ e ordinò da bere, anche se io era già quasi andata, ma non rifiutai il suo invito e rimasi al tavolo con lui, tanto dalle mie parti la situazione si stava mettendo bene per le mie amiche: i due inglesi continuavano a tenere testa a Krizia e Antonella, mentre alla fine anche Simona aveva acchiappato un bel fusto mi pare italiano. Quindi a conti fatti ero l’unica sfigata a non aver acciuffato nessuno. Il tempo trascorse veloce e dopo un po’ l’alcool iniziò a palesare i suoi effetti su di me , mi alzai per andare a prendere un po’ d’aria sul lungomare e lui si offrì galantemente di accompagnarmi, mi pare si chiamasse Gan, era molto gentile e ci sapeva fare, facemmo una passeggiata sulla spiaggia, allontanandoci un bel po’ dal locale, mi sentivo rintontita, ma la passeggiata mi servì per riprendere una condizione più o meno cosciente, lo ringraziai per la premura, ma evidentemente non era quello che lui si aspettava. Iniziò ad allargarsi un po’ prima con dei complimenti circa la mia bellezza e poi avvicinandosi a me in maniera ambigua, nel mio piccolo delirio cercai di fargli capire che stavo meglio e che avrei gradito rientrare nel locale, ma lui mi convinse a sedermi sulla spiaggia e di aspettare un attimo prima di rientrare respirando l’aria di mare che mi avrebbe fatto bene. Scioccamente mi lasciai convincere e lo assecondai, prendemmo posto al centro della spiaggia deserta. Continuava a ripetermi quanto fossi bella e audacemente iniziò a sfiorarmi i capelli, mi piacevano le sue attenzioni, ma sicuramente non era la serata adatta per le smancerie, non lo so ricordo che quei modi mi infastidivano e forse una parte di me avrebbe anche preferito che lui passasse all'azione senza tanti convenevoli, non so cosa dire, sta di fatto che ne ebbi abbastanza e con educazione mi alzai di scatto ripetendo che era stato molto carino, ma che avrei preferito tornare dalle mie amiche. Evidentemente la mia disponibilità era stata fraintesa ed era arrivato il momento di continuare la serata in un altro posto. Una volta in piedi però davanti a lui assistetti ad una trasformazione repentina: mi fissò per qualche secondo quasi con disprezzo, osservai i suoi occhi dolci che si trasformarono, e ne ebbi paura, mi voltai e lo lascia seduto sulla sabbia mentre presi la via del ritorno. Ci eravamo allontanati un bel po’ dal locale e il buio intorno non mi regalava una bella percezione della situazione, allungai il passo per cercare un pezzo di spiaggia più illuminata, ma non ne ebbi il tempo, Gan mi rincorse silenzioso e da dietro mi afferrò per il braccio, ovviamente il mio equilibrio precario non mi consentì di resistere al suo strattone e caddi sull'arenile. Lo guardai sgomenta, i suoi occhi erano dei fanali e le sue pupille erano dilatate. Me lo ritrovai addosso in un lampo, mi immobilizzo le mani tra la sabbia e iniziò a baciarmi ovunque, provai ad urlare ma la musica del locale soffocava la mia voce nella buia notte. Lui era molto muscoloso e quindi immobilizzarmi fu un giochetto da ragazzi, con una mano mi bloccò le braccia, mentre l’altra mi tirava su la lunga gonna, fatto ciò fu molto semplice fare il resto, mi strappò via le mutande con violenza e liberato il suo cazzo me lo spinse dentro con veemenza. Mi resi conto che mentre abusava di me la mia voce si spense in gola, non riuscivo ad urlare e dire nulla, sentivo il suo alito di alcool misto al suo sudore penetrarmi nel naso e la sua faccia soddisfatta ad ogni affondo. Sottostavo a quello che è la cosa peggiore per una donna da tollerare e tutto ciò avveniva con durezza, senza alcun ritegno, non contento della passera mi slacciò anche la mia camicetta e tirò fuori dal reggiseno i miei seni che leccò con avidità, mordicchiando e leccando i capezzoli. La sua violenza durò per un bel po’ e si concluse lasciandomi un suo ricordo colorato tra le gambe, dopo si alzò e si rivestì tranquillamente. Accese una sigaretta affianco a me, ancora mezza nuda sulla spiaggia, e mi disse che era stato bellissimo e che lui aveva capito sin dall'inizio quello che io avrei voluto da lui quella sera. Addusse anche che io ero speciale e che non tutte le donne sono così porche come me, in cerca di situazioni particolari e perverse, come il brivido di fare sesso con uno sconosciuto in modo così selvaggio e perverso. Le sue parole mi confusero parecchio, sotto shock non capivo se l’avessi incitato davvero io oppure se mi avesse violentata, verso di lui inizialmente ero anche ben disposta e avrei voluto consumare consensualmente un rapporto, ma non i quel modo barbaro. Il suo atteggiamento cambiò e tornò ad essere docile come un agnellino, mi baciò e mi aiutò a rivestirmi confondendomi ancora di più e lasciandomi nel dubbio che quanto avvenuto fosse successo per mio volere aiutata magari dai fumi dell’alcool o ancora per qualcosa di strano o ancestrale, che covavo dentro di me sin dall'inizio e che lui aveva carpito, ma che io in quel momento però facevo fatica a individuare. Una volta vestita mi accompagnò di nuovo al locale, mi salutò sulla porta con un bacio e poi andò via, ancora incredula tornai al tavolo dove le mie amiche tutte sbronze non colsero la mia perplessità e il mio turbamento. Non mi confidai con loro, non so perché, ma di sicuro feci un grave errore, ma a me stessa ripetevo che questo dubbio non aveva ragione di esistere, se io fossi stata più vigile e meno alterata dall'alcool e quindi non in bilico tra l’errore e la volontà del gesto, avrei saputo subito cosa fare, ma non fu così. Pensai che questa storia doveva rimanere dentro di me, nessuno l’avrebbe mai saputo e sicuramente l’avrei gestita perfettamente una volta fatta una disamina completa e se nel caso essa stessa fosse stata negativa l’avrei scaraventata nell'oblio della mia coscienza . Mi rassicurava poi pensare che quella sera non mi aveva vista nessuno/a quindi non potevano esserci testimoni, niente testimoni, quindi il fatto non sussiste, rimane tra me e me. Quella fu la più grande cazzata che potessi fare e decisi di farla…il giorno dopo prendemmo l’aereo per l’Italia e tornammo in città, nessuno seppe mai nulla di quella sera…
di
scritto il
2020-02-24
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