Il cerchio
di
Kugher
genere
sentimentali
Senza mutandine, gonna corta sopra il ginocchio e scollatura non eccessiva.
Era arrivata 30 minuti prima rispetto all’orario.
Come da ordini, la sera prima si era lavata in ogni dove, pronta per essere usata in ogni dove, per dare piacere senza chiederne, per servire.
Il Padrone arrivò.
Lei era già scesa dall’auto e la vide da lontano.
Era bella, bionda, capelli lunghi, lisci.
Sarebbe diventata sua.
Le si avvicinò.
Lei non alzò lo sguardo.
La vedeva tesa.
Lei era tesa.
Le si mise davanti, vicino, vicinissimo, sempre più.
Contatto.
La mano le prese i capelli e le tirò indietro la testa.
Lo sguardo rimase basso.
Entrarono in albergo.
I loro cuori raccontavano la passione che avevano dentro anticipando il ritmo dell’incontro.
Appena la porta si chiuse alle loro spalle, ancor prima che lei si spogliasse, le prese nuovamente i bei capelli lunghi, per spingerla ai suoi piedi.
Ore dopo, mentre la stringeva, le chiese qual era stato il momento più difficile.
Fu forte il suo turbamento quando venne costretta ad abbassare le ginocchia a terra ma che, una volta giù, non avrebbe più voluto alzarle.
Lei gli chiese quale fu il suo momento più bello.
L’attimo coincise con quello di suo maggior turbamento, perché in quell’attimo il suo cuore si era fermato per consentire il cambio del suo battito, quando il desiderio di lei si era concretizzato ed era finalmente sua.
Sua come da un anno la desiderava.
Sua come per un anno il suo cuore l’aveva aspettata.
Sua come da un anno gli era entrata nell’anima della quale ormai faceva parte.
Pioveva.
Il buio della stanza ed il calore delle coperte assorbivano i sussurri.
L’abbraccio che li univa, era identico alla frustata.
Il bacio sulle sue labbra era identico al piede sulla testa.
La carezza ai suoi capelli era identica alla presa per spingerle la testa a terra.
Erano gli opposti che si fondevano.
Erano opposti che opposti non erano ma solo due colori per raccontarne uno solo.
Erano due aspetti dei loro cuori che formavano lo stesso disegno.
Lui aveva bisogno di starle sopra tanto quanto lei aveva bisogno di stargli sotto.
Lui aveva bisogno di stringerla tra le braccia tanto quanto lei aveva bisogno di esserne stretta.
Si erano entrati nell’anima molto prima di quel momento.
Quel primo incontro rappresentò un cerchio che si chiudeva per avvolgerli e dar loro modo di espanderne il diametro, col tempo che avrebbero avuto.
Era arrivata 30 minuti prima rispetto all’orario.
Come da ordini, la sera prima si era lavata in ogni dove, pronta per essere usata in ogni dove, per dare piacere senza chiederne, per servire.
Il Padrone arrivò.
Lei era già scesa dall’auto e la vide da lontano.
Era bella, bionda, capelli lunghi, lisci.
Sarebbe diventata sua.
Le si avvicinò.
Lei non alzò lo sguardo.
La vedeva tesa.
Lei era tesa.
Le si mise davanti, vicino, vicinissimo, sempre più.
Contatto.
La mano le prese i capelli e le tirò indietro la testa.
Lo sguardo rimase basso.
Entrarono in albergo.
I loro cuori raccontavano la passione che avevano dentro anticipando il ritmo dell’incontro.
Appena la porta si chiuse alle loro spalle, ancor prima che lei si spogliasse, le prese nuovamente i bei capelli lunghi, per spingerla ai suoi piedi.
Ore dopo, mentre la stringeva, le chiese qual era stato il momento più difficile.
Fu forte il suo turbamento quando venne costretta ad abbassare le ginocchia a terra ma che, una volta giù, non avrebbe più voluto alzarle.
Lei gli chiese quale fu il suo momento più bello.
L’attimo coincise con quello di suo maggior turbamento, perché in quell’attimo il suo cuore si era fermato per consentire il cambio del suo battito, quando il desiderio di lei si era concretizzato ed era finalmente sua.
Sua come da un anno la desiderava.
Sua come per un anno il suo cuore l’aveva aspettata.
Sua come da un anno gli era entrata nell’anima della quale ormai faceva parte.
Pioveva.
Il buio della stanza ed il calore delle coperte assorbivano i sussurri.
L’abbraccio che li univa, era identico alla frustata.
Il bacio sulle sue labbra era identico al piede sulla testa.
La carezza ai suoi capelli era identica alla presa per spingerle la testa a terra.
Erano gli opposti che si fondevano.
Erano opposti che opposti non erano ma solo due colori per raccontarne uno solo.
Erano due aspetti dei loro cuori che formavano lo stesso disegno.
Lui aveva bisogno di starle sopra tanto quanto lei aveva bisogno di stargli sotto.
Lui aveva bisogno di stringerla tra le braccia tanto quanto lei aveva bisogno di esserne stretta.
Si erano entrati nell’anima molto prima di quel momento.
Quel primo incontro rappresentò un cerchio che si chiudeva per avvolgerli e dar loro modo di espanderne il diametro, col tempo che avrebbero avuto.
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