Bohémiennes
di
Lucrezia
genere
sentimentali
Entrare o non entrare, ma mica sono Amleto io, entro eccome.
Il locale è oramai vuoto, a quest'ora anche gli abitué della notte sono altrove a smaltirsi la slatentizzatura.
Io no, dopo la discussione di ieri sera, discussione accesissima su se è meglio accettare o non accettare i commenti osceni di estimatori con la morale labile e il cervello bruciato da chissà quale sostanza, ho preso su incazzatissima la bottiglia e sono scappata.
Meglio le rive del fiume che quest'accozzaglia di farneticatori, e sì sono ancora incazzata, post sbornia e con un mal di testa che levati, anzi levati proprio.
"Si può avere un cazzo di caffè qui?" grido appena entrata, e mi butto come un sacco di patate su una sedia a caso nel punto più profondo del bar.
"Sì se hai intenzione di pagare" - "ieri sera, anzi questa notte a dirla tutta, ti sei portata via una bottiglia del migliore, e quei cazzo di amici tuoi, sempre a parlare e parlare, mica pagano, che se si potesse vivere solo di parole sareste tutti ricchi, e invece eccovi qua." - "sì ma me lo fai o no il caffè".
"Eccolo il tuo caffè e ci ho pure sputato dentro" - "bravo, così mi fai pure pagare la correzione".
Ecco questa è la mia vita più o meno, non ho una casa, faccio la scrittrice, ma non avendo un posto fisso non scrivo.
C'è stato un tempo in cui abitavo con un altro scrittore e lì sì che scrivevo, fiumi di parole uscivano dalla mia testa e finivano in romanzi che la gente leggeva e soprattutto comprava.
Poi sapete com'è, le storie terminano, io poi ho un caratteraccio e non mi lego facilmente, litigo per lo più e bevo; ad ognuno la sua droga, così eccomi qui, l'unico luogo che mi ha vista più spesso a parte qualche cella della polizia.
E mica sono sola sapete, come accennavo sopra, qui è pieno di amici, siamo un bel gruppetto di spiantati.
C'è chi come me ha avuto il suo momento di gloria e chi ancora lo cerca, il comune denominatore che ci lega è la libertà, no non la povertà, quella è una conseguenza, ma noi siamo liberi dalle catene. Certo a volte è dura, ma ci si fa l'abitudine.
Siamo e ci sentiamo liberi di esprimere sentimenti e passioni che poi traduciamo su carta, ma è dura affermarci perché nessun editore vuole opere fuor di morale, e i pochi disponibili a correre il rischio, poi non pagano.
E così per far fronte ai debiti dobbiamo arrangiarci.
C'è chi accetta lavori umili, un po' tutti a dire il vero, chi ruba, e sì anche questo, e chi fa marchette come si dice.
L'importante è tenere alta la bandiera, ma è stretta questa bandiera e non ci copre ovunque, e dove non copre fa uscire le diversità di ognuno di noi.
Che mal di testa, straparlo oggi, ma che cazzo di vino era, "oh ma che cazzo c'era in quella bottiglia, merda?".
Mi sa che dovrò pagarla, lo stronzo non accetta solo denaro, e comunque ci guadagna, come tutti gli osti va da sé. Vado nel retrobottega, ci sentiamo, boh.
Il locale è oramai vuoto, a quest'ora anche gli abitué della notte sono altrove a smaltirsi la slatentizzatura.
Io no, dopo la discussione di ieri sera, discussione accesissima su se è meglio accettare o non accettare i commenti osceni di estimatori con la morale labile e il cervello bruciato da chissà quale sostanza, ho preso su incazzatissima la bottiglia e sono scappata.
Meglio le rive del fiume che quest'accozzaglia di farneticatori, e sì sono ancora incazzata, post sbornia e con un mal di testa che levati, anzi levati proprio.
"Si può avere un cazzo di caffè qui?" grido appena entrata, e mi butto come un sacco di patate su una sedia a caso nel punto più profondo del bar.
"Sì se hai intenzione di pagare" - "ieri sera, anzi questa notte a dirla tutta, ti sei portata via una bottiglia del migliore, e quei cazzo di amici tuoi, sempre a parlare e parlare, mica pagano, che se si potesse vivere solo di parole sareste tutti ricchi, e invece eccovi qua." - "sì ma me lo fai o no il caffè".
"Eccolo il tuo caffè e ci ho pure sputato dentro" - "bravo, così mi fai pure pagare la correzione".
Ecco questa è la mia vita più o meno, non ho una casa, faccio la scrittrice, ma non avendo un posto fisso non scrivo.
C'è stato un tempo in cui abitavo con un altro scrittore e lì sì che scrivevo, fiumi di parole uscivano dalla mia testa e finivano in romanzi che la gente leggeva e soprattutto comprava.
Poi sapete com'è, le storie terminano, io poi ho un caratteraccio e non mi lego facilmente, litigo per lo più e bevo; ad ognuno la sua droga, così eccomi qui, l'unico luogo che mi ha vista più spesso a parte qualche cella della polizia.
E mica sono sola sapete, come accennavo sopra, qui è pieno di amici, siamo un bel gruppetto di spiantati.
C'è chi come me ha avuto il suo momento di gloria e chi ancora lo cerca, il comune denominatore che ci lega è la libertà, no non la povertà, quella è una conseguenza, ma noi siamo liberi dalle catene. Certo a volte è dura, ma ci si fa l'abitudine.
Siamo e ci sentiamo liberi di esprimere sentimenti e passioni che poi traduciamo su carta, ma è dura affermarci perché nessun editore vuole opere fuor di morale, e i pochi disponibili a correre il rischio, poi non pagano.
E così per far fronte ai debiti dobbiamo arrangiarci.
C'è chi accetta lavori umili, un po' tutti a dire il vero, chi ruba, e sì anche questo, e chi fa marchette come si dice.
L'importante è tenere alta la bandiera, ma è stretta questa bandiera e non ci copre ovunque, e dove non copre fa uscire le diversità di ognuno di noi.
Che mal di testa, straparlo oggi, ma che cazzo di vino era, "oh ma che cazzo c'era in quella bottiglia, merda?".
Mi sa che dovrò pagarla, lo stronzo non accetta solo denaro, e comunque ci guadagna, come tutti gli osti va da sé. Vado nel retrobottega, ci sentiamo, boh.
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