Io e Giovanni, capitolo uno
di
Trozzai Gotusva
genere
gay
Io e Giovanni, capitolo uno
Quella leva del cambio fu galeotta
Avevo conosciuto Giovanni esattamente il fine settimana successivo a quello che incontrai sua cugina. Lei mi piacque subito, era la fighetta che sognavo da sempre e che fino a quel momento mancava alla mia collezione di ragazze. La mia bisessualità vissuta coscientemente da sempre, mi teneva costantemente in allerta e la mia attività sessuale era sempre molto vivace, ma senza riferimenti fissi. Saltavo da una compagna all’altra senza trovare nessuna che soddisfasse i miei canoni estetici. Anche quei pochissimi contatti maschili, erano più che altro orientati a colmare una carenza solo momentanea, quasi un riempitivo in attesa di capire cosa potesse realmente aggiungere in termini di qualità di vita, quel tipo di rapporto.
La propensione al rapporto con la donna mi attraeva per la sicurezza di costruire una famiglia nel senso convenzionale, con dei figli miei, la soddisfazione dei bisogni sessuali quotidiani vissuti con serenità e gioia nell’ambiente domestico dove tutto si realizza capitalizzando energie positive per crescere come singoli e come famiglia. Dal rapporto con un uomo mi aspettavo complicità e soddisfazione senza freni inibitori e quella forma di piacere che, come ho appreso fin da bambino, solo un uomo ti può offrire, senza secondi fini, senza ricatti e obblighi legali come nel rapporto matrimoniale, pur nel sacro vincolo dell’amicizia.
Angelica rappresentava la ragazzina che mi avrebbe accompagnato nella vita di coppia, lo avevo capito subito, quando la incontrai e le proposi di frequentarci; ma non è di lei che parlerò qui. La domenica successiva, durante la visita di un parco a tema nella vicina città, incontrammo Giovanni. Fu un fulmine a ciel sereno. Lo stavo guardando da dieci minuti ed il tumulto che la vista del giovane mi procurò, fu imbarazzante per la difficoltà a mascherarlo agli occhi di Angelica e dell’altra coppia che stava con noi. Più basso di me di una decina di cm, magro, con i capelli corti, completamente privo di barba e peli nelle parti scoperte (la bellezza del volto tipica di un androgino), rappresentava lo stereotipo di maschietto che mi attizzava.
Quando Angelica, lo chiamò per nome chiedendogli di unirsi a noi, ebbi un sussulto. Una volta nel gruppo, (era solo), lo presentò (a me per primo), come suo cugino Giovanni. Ci trovammo subito a discutere di cose che solitamente, vengono intese come “da uomini”! Parlammo di auto, ed ebbi l’occasione di discutere del progetto di acquistare la mia nuova automobile. Condividemmo le nostre esperienze e lo misi al corrente dei miei progetti, ci saremmo rivisti sicuramente in settimana per continuare il discorso. Era fatta, ci eravamo già dati l’appuntamento per la sera del martedì in un bar vicino a casa mia e poi da li avremmo deciso il da farsi per il resto della serata.
Quei due giorni trascorsero lentissimi, continuava ad affacciarsi alla mente la figura del ragazzo, mi accendeva qualcosa che non avevo mai sperimentato, finalmente arrivò il martedì e scesi dieci minuti prima, impaziente, al bar ad aspettarlo come previsto. Giovanni (scoprii poi essere un eterno ritardatario), arrivò venti minuti dopo, scusandosi, non ricordo con quale motivazione. Quando lo ebbi di fronte, ogni titubanza e nervosismo per il ritardo era svanita. Aveva modi gentili di esprimersi, ma molto maschili. Nei suoi discorsi c’erano sempre ragazze conosciute e da frequentare, ma non aveva un’amica fissa. Condividevamo la passione per le auto e le moto. Lui possedeva un’automobile (utilitaria) ed una moto di media cilindrata.
Io all’epoca avevo solo una vecchia utilitaria che si muoveva quando voleva e mi lasciava spesso a piedi. Continuammo frequentarci con regolarità e gli feci conoscere anche alcune mie amiche, alcune delle quali molto disponibili. Così ebbi la possibilità di introdurre l’argomento degli argomenti, quello che costituiva da sempre, l’orizzonte del mio mondo affettivo: il sesso e le sue espressioni iniziando da tematiche generiche. Scoprii cosi che il bellissimo Giovanni era poco più che un disorientato adolescente al proposito, e che le sue esperienze, nonostante avesse appena un paio d’anni meno di me, erano alla linea di partenza con le prime rare confuse pratiche masturbatorie.
Ci sin dette l’appuntamento per il giorno dopo a casa sua, abitava a dieci minuti fuori città in una casa di campagna vicino l’argine di un fiume dalle acque cristalline che scorreva in mezzo al verde, un posto simile a dieci minuti di macchina non l’avevo mai nemmeno immaginato, ma era li davanti ai miei occhi e Giovanni, seduto di fronte a me sull’erba, con i pantaloncini corti e la canotta, mi faceva sentire in pace con il mondo. Mi ero cambiato anch’io indossando una canotta ed un paio di jeans corti. Oggetto dell’interesse per quel pomeriggio, il tiro a segno con le sue carabine aria compressa, che sparavano piccoli proiettili di piombo. Due sagome di legno ed una lunga fila di lattine vuote erano i nostri bersagli.
Mi sorprendevo nel considerare come mi sentissi coinvolto ed appagato standogli vicino, ne ero attratto come mai mi era accaduto prima nei confronti di un maschio, ma non capivo dove avrei potuto andare a parare. Mi lasciavo scorrere addosso il tempo che vivevo con lui, quel pomeriggio continuammo a sparare gareggiando amichevolmente contro le sagome ed i bussolotti, prendendoci in giro sui fallimenti e congratulandoci a vicenda sui tiri andati a segno. Non parlammo d’altro se non che di come potevamo fare per trascorrere assieme più tempo. Io mi sarei pure organizzato, ma lui stava preparando la maturità e non si azzardava ad abbassare la guardia.
Mi offrii per qualche ripasso per le materie letterarie nei giorni a venire. Fu una bella esperienza offrirgli la mia visione sulla letteratura del 900 ed in maniera particolare sull’estetismo dannunziano, sua scelta di elezione per la tesina da portare all’esame. Prendeva appunti e pendeva quasi dalle mie labbra, ed arrivai a fornirgli una decina di cartelle disponibili in word per le dovute integrazioni nel suo elaborato- mi era grato di ogni cosa riuscissi a dargli e sembrava veramente a digiuno delle cose che a me risultavano talvolta banali. Andò a finire che nel giro di un paio di mesi aveva addirittura acquistato delle maglie ed altri capi d’abbigliamento uguali ai miei.
Così trascorse il mese che lo separava dall’esame di maturità, ed una volta superato con notevole successo, iniziò la ricerca di un posto di lavoro e mi sentii coinvolto nell’accompagnarlo alle selezioni più impegnative per fornirgli supporto morale. Mi appagava stare con lui, e mi riferiva lo stesso sentimento. Era un’esperienza completamente nuova. Iniziammo a frequentare la piscina per nuotare almeno una volta la settimana e quando i miei impegni erano talmente pressanti da non lasciarmi il tempo per trovarci, mi portava al lavoro e passava a prendermi per riportarmi a casa, così da chiacchierare durante il tragitto. La cosa stava veramente diventando intrigante, la mia vicina di casa dallo sguardo lungo decise di mettermi in guardia diagnosticando un assedio a sfondo sicuramente sessuale da parte di Giovanni ed a nulla servirono tutte le mie rassicurazioni per dimostrale l’infondatezza del suo punto di vista
Andavamo assieme anche a rimorchiare compagnia femminile, e purtroppo li non aveva lo stesso successo che mi contraddistingueva, rimaneva sempre al tavolino con la sua lei, e quando con la mia amica di turno tornavamo al locale, erano ancora li a chiacchierare con un nulla di fatto alle spalle. Solo una volta aveva raggiunto un risultato e la ragazza gli aveva regalato un formidabile pompino chiusi nel bagno dei maschi. Un paio di sere dopo questa sua esperienza, rimembrandone il piacere, mi chiese un parere sul motivo del mio successo. Domanda priva di una risposta. Secondo il mio punto di vista aveva tutto quello che poteva piacere ad una donna. Le mie amiche lo trovavano attraente, anche se molto riservato.
Durante il tragitto di ritorno dal locale tra un argomento e l’altro, la discussione scivolò sulle dimensioni del membro e l’esempio che portò fu la leva del cambio della sua auto, un totem di legno lucido, tornito appositamente da un falegname su sua indicazione. Un’opera che ho sempre trovato discutibile, ma a lui piaceva. Secondo me la leva era enorme e se avesse avuto un cazzo del genere sarebbe stato sproporzionato sul suo corpo snello, inoltre, quando andavamo in piscina lo avevo visto nudo e mi sembrava strano da quello che ricordavo, che potesse arrivare a tanto. Giovanni insisteva pretendendo la somiglianza tra le dimensioni della leva e del suo membro.
Lasciai cadere la cosa ed a casa sua, trovammo la madre onnipresente a qualsiasi ora del giorno e della notte, che ci preparò la cena raccomandandoci di mangiare. Una volta servite le pietanze, la pia donna ci lascia soli e dopo pochi minuti, Giovanni torna sull’argomento chiedendomi se credessi o meno alla dimensione del suo membro paragonato alla leva del cambio. La mia risposta di quasi indifferenza lo indispettì e mi chiese come fosse il mio. Era più o meno così risposi, dipende molto dal livello di eccitazione. Ti va se ci confrontiamo chiese titubante. La cosa mi intrigava, quasi la temevo, lui mi piaceva e se il rapporto avesse preso una piega diversa non sarei stato tranquillo.
Oramai ero in ballo, l’ora era tarda ed avrei dovuto alzarmi presto ma non potevo tirarmi indietro. Si alzò da tavola posizionandosi a fianco della mia sedia, si massaggiò macchinalmente la patta senza che si notasse alcunché all’esterno attraverso i larghi pantaloni, e fissandomi disse: devi tirarlo fuori anche tu però, dai, alzati. In piedi accanto a lui mi massaggiai a mia volta e il rigonfiamento fu ben presto evidente dalla patta dei miei pantaloni gessato grigio. Lui osservando la patta ritenne che fosse il momento di estrarlo al suo comando e mi trovai veramente di fronte al grosso tronchetto che troneggiava nel tunnel della sua auto.
Grosso uguale, perfettamente diritto, sovrastato da una cappella tesissima per l’eccitazione dai bordi esposti di un buon paio di millimetri dall’asta. Turgido e pulsante da fare impressione. Io non ero eccitato e il mio membro di ugual dimensione in piena eccitazione, in quel momento non reggeva il confronto. Giovanni si preoccupò immediatamente che non volessi eccitarmi e fargli vedere com’ero. Lo rassicurai ed iniziai a masturbarmi concentrandomi per raggiungere un buon turgore. Anche lui continuava a masturbarsi e mi esortava a farlo fino ad arrivare all’orgasmo. Vediamo quanto sborriamo diceva io sono prossimo a venire, ma poi vieni anche tu però. Temeva che non sostenessi il gioco, era evidente l’altissimo livello di eccitazione che la situazione gli procurava.
Scoprii che trovavo piacevole sentirlo così vicino anche in quella situazione tutto sommato grottesca. Non potevo fare a meno di considerare quanto fosse enorme quel cazzo per un soggetto così minuto, quasi ossuto, magro e di bassa statura. Giovanni era concentratissimo e accostandosi, (massima effusione dimostrata), con un paio di sospiri, esplose in un orgasmo che allagò la metà tavolo lasciata libera dalla tovaglia stesa per la nostra cena. Sollevò gli occhi e si giustificò dicendo che non sborrava da tanto tempo. Era imbarazzatissimo, subito chiese che venissi anch’io che non mi tirassi indietro.
Mi avvicinai e prendendo in mano il cazzone ancora durissimo lo masturbai lentamente rassicurandolo. A me piaci molto gli dissi; per me non è una novità quello che stiamo facendo, lo faccio raramente e solo con chi mi piace e con te l’ho desiderato forse dal primo momento che ti ho visto. Tu non hai mai giocato con un uomo? Usai a proposito il termine giocare per non creare imbarazzi. Giovanni inizialmente arrossì ed abbassò lo sguardo, poi guardandomi dritto negli occhi mi disse che non aveva mai fatto nessun gioco mai, e che dal primo momento che mi ha visto avrebbe voluto essere come me ed avere la mia sicurezza, il mio eloquio ecc. ecc. poi mi prese il cazzo in mano e iniziò a smenazzarlo con foga.
La sensazione che provai a quel gesto fu dirompente; Giovanni lo guardava ingrossarsi e mi chiedeva se mi piacesse. Lo rassicurai unendo qualche sottolineatura verbale, vieni mi incitava vieni dai! Dopo pochi minuti di quel trattamento, osservando come a testa china sotto il mio mento, con una mano sul tavolo e l’altra a smanettare il mio uccello, quel corpo che avevo creduto fragile e magari con un cazzetto immaturo ed invece avevo scoperto potente ed oltremodo eccitante, aspirando il profumo dei capelli che mi scuoteva in faccia, esplose il mio orgasmo, che andò a confondersi con il laghetto che aveva fatto lui sul tavolo.
Mi fece ancora qualche colpo di sega per togliere le ultime gocce e poi mi dette l’impressione che mancasse qualcosa per concludere. Eravamo li, sbracati con i cazzi che avevano ancora un buon turgore pur avendo appena sborrato, ma nessuno dei due aveva fatto una mossa in più; io aspettavo lui e lui chiaramente oramai attendeva le mie mosse. Azzardai una domanda, guardandolo negli occhi: come ti è sembrato? Bello rispose Giovanni, ma tu, continuò, hai detto che (sospensione del discorso)! Si può godere molto di più conclusi e abbracciandolo cercai la sua bocca. Il bacio fu feroce, sembrava assatanato, quasi mi morse dalla foga, mi allontanai per tornare ad un bacio che capii voleva profondo, ma più pacato.
Ci salutammo dandoci appuntamento all’indomani, come facevamo praticamente tutti i giorni. Dovevamo preparare la domanda per un concorso pubblico, non aveva mai fatto un curriculum e l mio supporto era fondamentale. Mi domandavo come avremmo potuto vederci serenamente dopo quello che era appena successo. Lui mi guardava con uno sguardo che mi sembrava carico di qualcosa che non avevo mai visto prima, magari era solo curiosità, anzi, sicuramente era quella e basta, Giovanni non poteva essere pure bisessuale vissuto sotto le gonne della madre, probabilmente era solo curiosità, come quella di un adolescente. Azzardai un: domani potremmo fare un gioco più eccitante! Mi regalò un sorriso a trentadue denti accompagnato dalla frase: magari, perché no! A domani allora, buona notte!
Quella leva del cambio fu galeotta
Avevo conosciuto Giovanni esattamente il fine settimana successivo a quello che incontrai sua cugina. Lei mi piacque subito, era la fighetta che sognavo da sempre e che fino a quel momento mancava alla mia collezione di ragazze. La mia bisessualità vissuta coscientemente da sempre, mi teneva costantemente in allerta e la mia attività sessuale era sempre molto vivace, ma senza riferimenti fissi. Saltavo da una compagna all’altra senza trovare nessuna che soddisfasse i miei canoni estetici. Anche quei pochissimi contatti maschili, erano più che altro orientati a colmare una carenza solo momentanea, quasi un riempitivo in attesa di capire cosa potesse realmente aggiungere in termini di qualità di vita, quel tipo di rapporto.
La propensione al rapporto con la donna mi attraeva per la sicurezza di costruire una famiglia nel senso convenzionale, con dei figli miei, la soddisfazione dei bisogni sessuali quotidiani vissuti con serenità e gioia nell’ambiente domestico dove tutto si realizza capitalizzando energie positive per crescere come singoli e come famiglia. Dal rapporto con un uomo mi aspettavo complicità e soddisfazione senza freni inibitori e quella forma di piacere che, come ho appreso fin da bambino, solo un uomo ti può offrire, senza secondi fini, senza ricatti e obblighi legali come nel rapporto matrimoniale, pur nel sacro vincolo dell’amicizia.
Angelica rappresentava la ragazzina che mi avrebbe accompagnato nella vita di coppia, lo avevo capito subito, quando la incontrai e le proposi di frequentarci; ma non è di lei che parlerò qui. La domenica successiva, durante la visita di un parco a tema nella vicina città, incontrammo Giovanni. Fu un fulmine a ciel sereno. Lo stavo guardando da dieci minuti ed il tumulto che la vista del giovane mi procurò, fu imbarazzante per la difficoltà a mascherarlo agli occhi di Angelica e dell’altra coppia che stava con noi. Più basso di me di una decina di cm, magro, con i capelli corti, completamente privo di barba e peli nelle parti scoperte (la bellezza del volto tipica di un androgino), rappresentava lo stereotipo di maschietto che mi attizzava.
Quando Angelica, lo chiamò per nome chiedendogli di unirsi a noi, ebbi un sussulto. Una volta nel gruppo, (era solo), lo presentò (a me per primo), come suo cugino Giovanni. Ci trovammo subito a discutere di cose che solitamente, vengono intese come “da uomini”! Parlammo di auto, ed ebbi l’occasione di discutere del progetto di acquistare la mia nuova automobile. Condividemmo le nostre esperienze e lo misi al corrente dei miei progetti, ci saremmo rivisti sicuramente in settimana per continuare il discorso. Era fatta, ci eravamo già dati l’appuntamento per la sera del martedì in un bar vicino a casa mia e poi da li avremmo deciso il da farsi per il resto della serata.
Quei due giorni trascorsero lentissimi, continuava ad affacciarsi alla mente la figura del ragazzo, mi accendeva qualcosa che non avevo mai sperimentato, finalmente arrivò il martedì e scesi dieci minuti prima, impaziente, al bar ad aspettarlo come previsto. Giovanni (scoprii poi essere un eterno ritardatario), arrivò venti minuti dopo, scusandosi, non ricordo con quale motivazione. Quando lo ebbi di fronte, ogni titubanza e nervosismo per il ritardo era svanita. Aveva modi gentili di esprimersi, ma molto maschili. Nei suoi discorsi c’erano sempre ragazze conosciute e da frequentare, ma non aveva un’amica fissa. Condividevamo la passione per le auto e le moto. Lui possedeva un’automobile (utilitaria) ed una moto di media cilindrata.
Io all’epoca avevo solo una vecchia utilitaria che si muoveva quando voleva e mi lasciava spesso a piedi. Continuammo frequentarci con regolarità e gli feci conoscere anche alcune mie amiche, alcune delle quali molto disponibili. Così ebbi la possibilità di introdurre l’argomento degli argomenti, quello che costituiva da sempre, l’orizzonte del mio mondo affettivo: il sesso e le sue espressioni iniziando da tematiche generiche. Scoprii cosi che il bellissimo Giovanni era poco più che un disorientato adolescente al proposito, e che le sue esperienze, nonostante avesse appena un paio d’anni meno di me, erano alla linea di partenza con le prime rare confuse pratiche masturbatorie.
Ci sin dette l’appuntamento per il giorno dopo a casa sua, abitava a dieci minuti fuori città in una casa di campagna vicino l’argine di un fiume dalle acque cristalline che scorreva in mezzo al verde, un posto simile a dieci minuti di macchina non l’avevo mai nemmeno immaginato, ma era li davanti ai miei occhi e Giovanni, seduto di fronte a me sull’erba, con i pantaloncini corti e la canotta, mi faceva sentire in pace con il mondo. Mi ero cambiato anch’io indossando una canotta ed un paio di jeans corti. Oggetto dell’interesse per quel pomeriggio, il tiro a segno con le sue carabine aria compressa, che sparavano piccoli proiettili di piombo. Due sagome di legno ed una lunga fila di lattine vuote erano i nostri bersagli.
Mi sorprendevo nel considerare come mi sentissi coinvolto ed appagato standogli vicino, ne ero attratto come mai mi era accaduto prima nei confronti di un maschio, ma non capivo dove avrei potuto andare a parare. Mi lasciavo scorrere addosso il tempo che vivevo con lui, quel pomeriggio continuammo a sparare gareggiando amichevolmente contro le sagome ed i bussolotti, prendendoci in giro sui fallimenti e congratulandoci a vicenda sui tiri andati a segno. Non parlammo d’altro se non che di come potevamo fare per trascorrere assieme più tempo. Io mi sarei pure organizzato, ma lui stava preparando la maturità e non si azzardava ad abbassare la guardia.
Mi offrii per qualche ripasso per le materie letterarie nei giorni a venire. Fu una bella esperienza offrirgli la mia visione sulla letteratura del 900 ed in maniera particolare sull’estetismo dannunziano, sua scelta di elezione per la tesina da portare all’esame. Prendeva appunti e pendeva quasi dalle mie labbra, ed arrivai a fornirgli una decina di cartelle disponibili in word per le dovute integrazioni nel suo elaborato- mi era grato di ogni cosa riuscissi a dargli e sembrava veramente a digiuno delle cose che a me risultavano talvolta banali. Andò a finire che nel giro di un paio di mesi aveva addirittura acquistato delle maglie ed altri capi d’abbigliamento uguali ai miei.
Così trascorse il mese che lo separava dall’esame di maturità, ed una volta superato con notevole successo, iniziò la ricerca di un posto di lavoro e mi sentii coinvolto nell’accompagnarlo alle selezioni più impegnative per fornirgli supporto morale. Mi appagava stare con lui, e mi riferiva lo stesso sentimento. Era un’esperienza completamente nuova. Iniziammo a frequentare la piscina per nuotare almeno una volta la settimana e quando i miei impegni erano talmente pressanti da non lasciarmi il tempo per trovarci, mi portava al lavoro e passava a prendermi per riportarmi a casa, così da chiacchierare durante il tragitto. La cosa stava veramente diventando intrigante, la mia vicina di casa dallo sguardo lungo decise di mettermi in guardia diagnosticando un assedio a sfondo sicuramente sessuale da parte di Giovanni ed a nulla servirono tutte le mie rassicurazioni per dimostrale l’infondatezza del suo punto di vista
Andavamo assieme anche a rimorchiare compagnia femminile, e purtroppo li non aveva lo stesso successo che mi contraddistingueva, rimaneva sempre al tavolino con la sua lei, e quando con la mia amica di turno tornavamo al locale, erano ancora li a chiacchierare con un nulla di fatto alle spalle. Solo una volta aveva raggiunto un risultato e la ragazza gli aveva regalato un formidabile pompino chiusi nel bagno dei maschi. Un paio di sere dopo questa sua esperienza, rimembrandone il piacere, mi chiese un parere sul motivo del mio successo. Domanda priva di una risposta. Secondo il mio punto di vista aveva tutto quello che poteva piacere ad una donna. Le mie amiche lo trovavano attraente, anche se molto riservato.
Durante il tragitto di ritorno dal locale tra un argomento e l’altro, la discussione scivolò sulle dimensioni del membro e l’esempio che portò fu la leva del cambio della sua auto, un totem di legno lucido, tornito appositamente da un falegname su sua indicazione. Un’opera che ho sempre trovato discutibile, ma a lui piaceva. Secondo me la leva era enorme e se avesse avuto un cazzo del genere sarebbe stato sproporzionato sul suo corpo snello, inoltre, quando andavamo in piscina lo avevo visto nudo e mi sembrava strano da quello che ricordavo, che potesse arrivare a tanto. Giovanni insisteva pretendendo la somiglianza tra le dimensioni della leva e del suo membro.
Lasciai cadere la cosa ed a casa sua, trovammo la madre onnipresente a qualsiasi ora del giorno e della notte, che ci preparò la cena raccomandandoci di mangiare. Una volta servite le pietanze, la pia donna ci lascia soli e dopo pochi minuti, Giovanni torna sull’argomento chiedendomi se credessi o meno alla dimensione del suo membro paragonato alla leva del cambio. La mia risposta di quasi indifferenza lo indispettì e mi chiese come fosse il mio. Era più o meno così risposi, dipende molto dal livello di eccitazione. Ti va se ci confrontiamo chiese titubante. La cosa mi intrigava, quasi la temevo, lui mi piaceva e se il rapporto avesse preso una piega diversa non sarei stato tranquillo.
Oramai ero in ballo, l’ora era tarda ed avrei dovuto alzarmi presto ma non potevo tirarmi indietro. Si alzò da tavola posizionandosi a fianco della mia sedia, si massaggiò macchinalmente la patta senza che si notasse alcunché all’esterno attraverso i larghi pantaloni, e fissandomi disse: devi tirarlo fuori anche tu però, dai, alzati. In piedi accanto a lui mi massaggiai a mia volta e il rigonfiamento fu ben presto evidente dalla patta dei miei pantaloni gessato grigio. Lui osservando la patta ritenne che fosse il momento di estrarlo al suo comando e mi trovai veramente di fronte al grosso tronchetto che troneggiava nel tunnel della sua auto.
Grosso uguale, perfettamente diritto, sovrastato da una cappella tesissima per l’eccitazione dai bordi esposti di un buon paio di millimetri dall’asta. Turgido e pulsante da fare impressione. Io non ero eccitato e il mio membro di ugual dimensione in piena eccitazione, in quel momento non reggeva il confronto. Giovanni si preoccupò immediatamente che non volessi eccitarmi e fargli vedere com’ero. Lo rassicurai ed iniziai a masturbarmi concentrandomi per raggiungere un buon turgore. Anche lui continuava a masturbarsi e mi esortava a farlo fino ad arrivare all’orgasmo. Vediamo quanto sborriamo diceva io sono prossimo a venire, ma poi vieni anche tu però. Temeva che non sostenessi il gioco, era evidente l’altissimo livello di eccitazione che la situazione gli procurava.
Scoprii che trovavo piacevole sentirlo così vicino anche in quella situazione tutto sommato grottesca. Non potevo fare a meno di considerare quanto fosse enorme quel cazzo per un soggetto così minuto, quasi ossuto, magro e di bassa statura. Giovanni era concentratissimo e accostandosi, (massima effusione dimostrata), con un paio di sospiri, esplose in un orgasmo che allagò la metà tavolo lasciata libera dalla tovaglia stesa per la nostra cena. Sollevò gli occhi e si giustificò dicendo che non sborrava da tanto tempo. Era imbarazzatissimo, subito chiese che venissi anch’io che non mi tirassi indietro.
Mi avvicinai e prendendo in mano il cazzone ancora durissimo lo masturbai lentamente rassicurandolo. A me piaci molto gli dissi; per me non è una novità quello che stiamo facendo, lo faccio raramente e solo con chi mi piace e con te l’ho desiderato forse dal primo momento che ti ho visto. Tu non hai mai giocato con un uomo? Usai a proposito il termine giocare per non creare imbarazzi. Giovanni inizialmente arrossì ed abbassò lo sguardo, poi guardandomi dritto negli occhi mi disse che non aveva mai fatto nessun gioco mai, e che dal primo momento che mi ha visto avrebbe voluto essere come me ed avere la mia sicurezza, il mio eloquio ecc. ecc. poi mi prese il cazzo in mano e iniziò a smenazzarlo con foga.
La sensazione che provai a quel gesto fu dirompente; Giovanni lo guardava ingrossarsi e mi chiedeva se mi piacesse. Lo rassicurai unendo qualche sottolineatura verbale, vieni mi incitava vieni dai! Dopo pochi minuti di quel trattamento, osservando come a testa china sotto il mio mento, con una mano sul tavolo e l’altra a smanettare il mio uccello, quel corpo che avevo creduto fragile e magari con un cazzetto immaturo ed invece avevo scoperto potente ed oltremodo eccitante, aspirando il profumo dei capelli che mi scuoteva in faccia, esplose il mio orgasmo, che andò a confondersi con il laghetto che aveva fatto lui sul tavolo.
Mi fece ancora qualche colpo di sega per togliere le ultime gocce e poi mi dette l’impressione che mancasse qualcosa per concludere. Eravamo li, sbracati con i cazzi che avevano ancora un buon turgore pur avendo appena sborrato, ma nessuno dei due aveva fatto una mossa in più; io aspettavo lui e lui chiaramente oramai attendeva le mie mosse. Azzardai una domanda, guardandolo negli occhi: come ti è sembrato? Bello rispose Giovanni, ma tu, continuò, hai detto che (sospensione del discorso)! Si può godere molto di più conclusi e abbracciandolo cercai la sua bocca. Il bacio fu feroce, sembrava assatanato, quasi mi morse dalla foga, mi allontanai per tornare ad un bacio che capii voleva profondo, ma più pacato.
Ci salutammo dandoci appuntamento all’indomani, come facevamo praticamente tutti i giorni. Dovevamo preparare la domanda per un concorso pubblico, non aveva mai fatto un curriculum e l mio supporto era fondamentale. Mi domandavo come avremmo potuto vederci serenamente dopo quello che era appena successo. Lui mi guardava con uno sguardo che mi sembrava carico di qualcosa che non avevo mai visto prima, magari era solo curiosità, anzi, sicuramente era quella e basta, Giovanni non poteva essere pure bisessuale vissuto sotto le gonne della madre, probabilmente era solo curiosità, come quella di un adolescente. Azzardai un: domani potremmo fare un gioco più eccitante! Mi regalò un sorriso a trentadue denti accompagnato dalla frase: magari, perché no! A domani allora, buona notte!
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