Vacanza sullo yacht (parte 9)

di
genere
sadomaso

Il rapporto dei giovani coniugi con quei due Padroni aveva fatto uscire tutto ciò che per anni avevano tenuto inespresso.
Si vedevano ogni tanto, a chiamata dai Padroni, ma Enrico e Lia, dopo anni di dominio, volevano qualcosa di più stabile.
Se quella vacanza avesse confermato il loro animo fortemente sottomesso e la appartenenza a loro, li avrebbero marchiati, per consolidare il loro stato di sottomissione e per rendere definitiva la proprietà.
Sarebbe stato un passaggio importante, per tutti.
I Padroni stessi ne coglievano appieno tutte le implicazioni, sentendo sempre più forte il desiderio di possesso di quei due giovani.
La vacanza, a differenza del week end che solitamente li vedeva asserviti, consente un miglior approfondimento della conoscenza anche di sé stessi, atteso il lungo periodo da passare assieme e la schiavitù protratta per un tempo considerevole.
Quindici giorni di totale schivitù sono abbastanza per far uscire eventuali incomprensioni o per far prostrare ulteriormente l’anima degli schiavi.
A quel punto avrebbero standardizzato anche i loro incontri, pretendendo la loro presenza dal venerdì sera fino al lunedì mattina, a totale loro disposizione.
Un rapporto di dominio sempre più forte ed esclusivo che, a differenza di prima, entrava sempre più in maniera invasiva nella vita di tutti, Padroni e schiavi.
“Ora chi dorme più con il sangue che gira così”.
Lia sorrise e gli si strofinò addosso.
Enrico la baciò sulla testa mentre lei accarezzava il petto con le labbra. Due effusioni d’amore e non con intento sessuale.
“Vado a fumare l’ultima sigaretta”.
Lia restò sdraiata sul fianco mentre il marito si alzò e si mise la vestaglia.
“Ti aspetto qui”.
Enrico svegliò con un piede la schiava e si sedette sulla poltroncina, ordinando a Marta di mettersi in funzione posacenere.
Anche Andrea si svegliò, ma rimase accucciato ad osservare la moglie chiamata a servire.
Gli piaceva molto assistere quando i Padroni usavano Marta.
La ragazza si mise inginocchiata, seduta sui talloni, testa reclinata indietro e bocca aperta, ferma, mentre suo marito restava fermo a terra, a guardarla, sapendo che avrebbe provato piacere nel vederla in quella funzione.
Enrico fumò ammirando ancora le stelle. Gli piaceva moltissimo, una cosa che in città non era più possibile fare.
La luna non c’era più ed il buio, complice la limpidezza dell’aria, rivelava un panorama mozzafiato.
Ignorava gli schiavi e, meccanicamente, scrollava la sigaretta nel posacenere umano, senza dedicarle attenzione, considerandola solo un oggetto per non sporcare il pavimento, senza alcun piacere sessuale.
Gettò il mozzicone fuori bordo e tornò a dormire senza destinare nemmeno uno sguardo ai due ragazzi incatenati.
Marta ingoiò la cenere e si accucciò a terra.
“Amore, eri bellissima da vedere. Ti ha trattata come un oggetto, senza considerazione alcuna”.
“Vero, ed è proprio questo che mi ha eccitata. I nostri Padroni riescono a tirare fuori tutto il nostro animo sottomesso, facendolo respirare e appagandolo, pur pensando solo a loro stessi”.
“Marta, mi sarebbe tanto piaciuto leccargli i piedi mentre ti scrollava la cenere in bocca”.
“Mi sarei maggiormente eccitata, ma il suo intento era solo quello di usare un oggetto, senza pensare a noi come persone”.
“Questo, di per sé solo, me lo ha fatto indurire”.
Si accucciarono per dormire, alla catena come cani.
Enrico, tornando in cabina, trovò Lia che nel frattempo si era addormentata.
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2021-11-09
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