Antologia del piacere

di
genere
etero

Non c’è fiore senza stelo. O albero senza tronco.
Ero li. In quelle terre. Anche lui.
La mia mano, chiusa su di esso, ne sentiva la potenza.
Essenza che fluisce.
Brividi di emozioni la scuotono.
Opera della passione, il pulsar delle vene. Sue, mie.
Lo eccitavo. Oltre l’orgoglio, il piacere.
Nelle mie dita, tremori, essi nati da ardori. Lo tenevo, lo sentivo. Lo avevo, lo vivevo.
L’immensità del cielo ha senso solo grazie alle stelle.
Il mio vuoto pare colmato. Pathos, eros, desiderio... insieme riuniti. Io sono. Nelle sensazioni altrui.
Il suo albero é immenso, piantato sulle palle, anch’esse piene di vita, e sfidano la mia lingua, la mia bocca troppo piccola.
Lui, in me, destava i sensi. Risvegliava la puttana che è in me. E la trasformava in donna, in regina.
Era scuro. Io chiara. Era naturale accostarci. Come sulla pelle di un panda.
La mia lingua, rosa, avvolse l’albero.
Lo avevo in bocca. E lo sentivo nella vagina. Ogni mossa, un brivido.
E che brivido. Il suo cazzo, raggiungeva la mia anima. La mia bocca, arrivava al suo cuore.
Cambiammo. E fu come se nulla fosse cambiato.
Guardavo la sua testa, andare su e giù lungo la fessura della mia figa. Ogni goccia raccogliendo, ogni volta facendomi trasalire. Era nelle radici del mio cuore.
Le sue spalle, larghe e definite, nell’incavo delle mie ginocchia, in un contrasto colorato, caloroso. La sua lingua, fautrice dei miei turbini intimi.
C’è poesia in, e nel tutto. Nel sole che batte. L’aria che sferza. Persino nella goccia d’acqua che cade. Nel sesso c’è magia oltre i versi.
Esso racchiude la poesia, aggiunge l’umanità, riunisce la bestia in noi, ci intrappola e ci mette al riparo.
Dura un istante, un momento, un’eternità, ma il tempo del piacere è essenza della vita stessa.
Percorre senza sosta la mia intimità con la bocca, svela ogni mio segreto, alza ogni mio velo intimo.
Lentamente mi spoglia di ogni dolore, di qualunque paura, mi riempie, mi svuota. Sono in bilico.
In piedi, davanti a me, il suo cazzo é testimone del suo stato. Perpendicolare al resto del corpo, fiero come un baobab in mezzo alla savana, puntato verso di me.
L’aria era ferma, immobile, come se rimanesse in osservazione, rapita dalla forza delle sensazioni. Sui nostri corpi, non più pelli. Solo ardori. Né nera, né bianca, solo brividi.
Emozioni veloci che si scontravano tra loro provocando in entrambi numerosi incidenti di piacere.
Solo con la lingua, gli toccai la punta del cazzo, e così, rimanemmo per un po’, seguendo il ritmo dei battiti della nostra anima.
Fummo scacchiera. Il mio re, il suo cazzo. La sua regina, la mia figa. Spostammo le pedine in una sola direzione. Non ci sarebbero stati vincitori, né perdenti, solo piacere.
Come l’ape con il fiore, con la pazienza conferita dalla ragione stessa di vita, ci prendemmo. Lui in me, io in lui.
Carponi, la testa alzata, i miei capelli ricci cosi fradici di sudore da sembrare un ammasso
Il suo cranio rasato sembrava il suo cazzo, lo avrei voluto tutto, interamente, nella mia vagina. Le sue mani, sulle mie natiche mi spingevano in avanti, e mi riportavano verso il piacere.
Godemmo. Una gioia ineluttabile che partiva non dai nostri genitali, ma dai nostri corpi.
Fiumi di avorio colato mi scendevano tra le gambe. I suoi piaceri, ai miei mischiati, avevano un solo colore. Gioia, felicità.
Salii su di lui. E fu come se scalassi una nuvola. Una nuvola dura, impietosa, che si infilò tra le mie carni, si intrufolò in me scostando ogni velo e raschiando ogni emozione.
Vibrava quanto me. Percezioni più che intime condivise. Lui tremava, io tremavo. Io rabbrividivo, lui rabbrividiva.
Addosso a lui, occhi negli occhi, i nostri sguardi, andavano oltre, i nostri ardori, originavano odori, ed i nostri colori creavano contrasto. Ed esso non poneva confini, anzi, fondeva insieme le frontiere dei nostri esseri.
Io in lui, e lui in me. In un viaggio senza destinazione. Avvolti con ogni fibra della nostra anima, fusi dai nostri sessi in un tempo che non finiva mai.
Eravamo due fiori, con un solo stelo.
scritto il
2022-01-23
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