Stanze vicine
di
Margie
genere
scambio di coppia
Cammina lentamente, certo di fare colpo. Si vede da come si atteggia. S'è appena tolto il costume, l'ho notato. Ha attraversato il frutteto indossando dei bermuda arancione; al di qua delle ultime piante s'è chinato e si è liberato della costrizione. Obbiettivamente merita d'esser guardato. Magari poi si scopre che è gay. Chi se ne frega! Non ho certo intenzione di abbordarlo. Non è il mio tipo: biondo, con una barbetta rada, di statura media. Certamente è orgoglioso di sé. Troppo. Forse ci proverà quella ragazza con una criniera leonina nera sdraiata sulla sabbia a una ventina di metri da noi. Quando siamo passati vicino a lei ha osservato famelica l'uccello di mio marito. E che non ce l'aveva duro! Era evidente che ha tentato di far colpo. Io ho scrutato lei: di media statura, di tette abbondanti, curvy dai fianchi abbondanti, ma così com'era, in piedi, ispirava pensieri molto porci, abbronzatissima senza un centimetro più chiaro: non roba da lampade. Nel complesso un bocconcino interessante. Mi sono chiesta se sia maiala come me. Mio marito m'incoraggia dicendomi che è difficile.
Il giovane si dirige verso di lei, che ora è sdraiata e apre le gambe. Sono incuriosita. Scruto. Lei si solleva e si siede. Lui si china. Si baciano. Durante il bacio una mano di lui si posa sulla sua figa. Lei piega la testa all'indietro. Sono curiosa. Continuo a guardare. Però non succede altro. I due si sdraiano, uno accanto all'altra. Sembra discutano, ma la brezza nelle orecchie e la distanza m'impediscono di capire che cosa dicano.
Mio marito ed io ce ne andiamo verso l'acqua, dove le onde si squagliano contro gli scogli. Nuotiamo un po', verso il largo. Ho notato che ci guardavano. Mentre nuotiamo li guardo diverse volte. Ho prima l'impressione poi la convinzione che continuino ad osservarci, anche quando ricevono una telefonata. Che s'aspettino che scopiamo in acqua? Resteranno delusi. La nuotata finisce, usciamo dall'acqua; goccioliamo. Il cazzo di mio marito, barzotto e rilevante sembra un ostacolo allo scorrere del flusso. La mia figa accarezzata dalle gocce che discendono dal tronco, aggiunge il proprio contributo. Sì, sono eccitata come sempre quando nuoto nuda. Per la verità dovrei dire come sempre. Ci asciughiamo col sole che declina all'orizzonte. Raccogliamo le nostre cose. Anche loro si alzano, quasi contemporaneamente. Indossano i costumi: lui i bermuda arancione, lei uno nero, topless. Belle tette, però! Decisamente belle, da concorso. Quando siamo al frutteto indossiamo entrambi una canotta. Solo quella. Dipendesse da me, o da noi, ne faremmo volentieri a meno, ma bisogna anche adattarsi a certe convenzioni. Non tutto il mondo è Cap d'Agde.
Siamo nella nostra camera, in albergo. Fra poco scenderemo per la cena. Nella stanza accanto si sentono voci che esprimono la meraviglia della scopata. La consueta teoria di giaculatorie oscene e mozze che costituisce un fondamentale condimento per ogni buona scopata. O inculata, ovviamente. Coi pompini non riesce bene: almeno una bocca è impegnata in altre piacevoli attività. Se questa processione sillabica corrotta e volgare non dipendesse da un'appassionata tensione amatoria, sarebbe la miglior simulazione in assoluto. Meriterebbe i complimenti, vincerebbe qualsiasi concorso. Noi no, niente concorsi: non ci sarebbero altri concorrenti perché l'esito è scontato. Guardo il cazzo di mio marito. Avvicino la bocca. Ho la passera sul ponte di comando. Propongo un coretto e intanto lecco. Mio marito mi sposta. Ci resto male, sui due piedi. Tendo l'orecchio e sollevo la testa, percossa da noto ma crescente rumore. La passera trova ispirazione. L'uccello di mio marito, invece, l'ha già trovata. Quelli dell'altra stanza esibiscono doti canore? Io proprio no, sono così stonata che riesco a far stonare anche un brano registrato, ma i miei acuti scopaioli sono da premio Oscar.
Ottima cena, piacevole passeggiata, buon gelatone, poi un'oretta a novanta. È l'alba a farci sollevare la testa dal cuscino col sole che entra dalla finestra. È presto. Decidiamo di dare spazio al nostro affetto sotto il sole, sul terrazzino della nostra camera. Manca parecchio alla colazione.
Siamo tranquilli, forse pigri in queste prime carezze, in questi svagati controlli. Li sento all'improvviso, degli occhi su di me. Li percepisco soprattutto sulle mie parti intime: mi piacerebbe muovessero i miei piercing. Comincia presto, oggi, la mia passera a mostrarsi disponibile. Il mio barometro mentale si sposta verso l'indicazione “lussuria”. Apro gli occhi e lo vedo spiarmi dal terrazzino accanto al nostro. Gli miglioro la visione, a quello che riconosco come il tizio di ieri pomeriggio in spiaggia. Bacio mio marito. Ho voglia. Una voce femminile borbotta qualcosa. Lui s'avvicina alla porta della camera. Dà l'impressione di voler evitare che la voce femminea esca. Intanto gli s'è indurito il cazzo. La donna dev'essersene accorta. Lo sposta, anche lei nuda: vedo davanti a me la proprietaria della criniera leonina del precedente pomeriggio. Nel frattempo mio marito ha ben pensato di mettersi in piedi. Gli occhi di lei che stavano vagando su di me concentrano lo sguardo sull'importante erezione di lui. Come immaginavo lui l'abborda. Quello che era uno sguardo simile a un lanciafiamme si scioglie in un sorriso di offerta libidinosa. Mi alzo anch'io e mi frappongo fra di loro. Tenta di evitarmi, ma la bacio in bocca le prendo in mano una tetta mentre passo l'altra fra le sue gambe. Mi dice di lasciarla stare. Mi stacco, ma in questi pochi secondi s'è bagnata e i capezzoli le si sono rizzati. Sogghigno, no, non sono brava come mio marito in questo, ma il mio sogghigno trasmette pur sempre un messaggio chiaro: libidine assoluta e senza confini. Mio marito si presenta. Lei con forte accento meridionale dice di essere Anna. “Pierre!”, chiama lei e ricompare il tizio. Lo considero per la prima volta? Un bell'uomo, indubbiamente. Certamente un interessante antipasto. Nessun dubbio che il piatto forte sia un altro, forse due. Fra loro tre.
N. d. A. L'aspetto sicuro è sempre lo stesso: ci vuole più tempo a scegliere la categoria e a decidere il titolo che a scrivere il racconto. Anche due.
Il giovane si dirige verso di lei, che ora è sdraiata e apre le gambe. Sono incuriosita. Scruto. Lei si solleva e si siede. Lui si china. Si baciano. Durante il bacio una mano di lui si posa sulla sua figa. Lei piega la testa all'indietro. Sono curiosa. Continuo a guardare. Però non succede altro. I due si sdraiano, uno accanto all'altra. Sembra discutano, ma la brezza nelle orecchie e la distanza m'impediscono di capire che cosa dicano.
Mio marito ed io ce ne andiamo verso l'acqua, dove le onde si squagliano contro gli scogli. Nuotiamo un po', verso il largo. Ho notato che ci guardavano. Mentre nuotiamo li guardo diverse volte. Ho prima l'impressione poi la convinzione che continuino ad osservarci, anche quando ricevono una telefonata. Che s'aspettino che scopiamo in acqua? Resteranno delusi. La nuotata finisce, usciamo dall'acqua; goccioliamo. Il cazzo di mio marito, barzotto e rilevante sembra un ostacolo allo scorrere del flusso. La mia figa accarezzata dalle gocce che discendono dal tronco, aggiunge il proprio contributo. Sì, sono eccitata come sempre quando nuoto nuda. Per la verità dovrei dire come sempre. Ci asciughiamo col sole che declina all'orizzonte. Raccogliamo le nostre cose. Anche loro si alzano, quasi contemporaneamente. Indossano i costumi: lui i bermuda arancione, lei uno nero, topless. Belle tette, però! Decisamente belle, da concorso. Quando siamo al frutteto indossiamo entrambi una canotta. Solo quella. Dipendesse da me, o da noi, ne faremmo volentieri a meno, ma bisogna anche adattarsi a certe convenzioni. Non tutto il mondo è Cap d'Agde.
Siamo nella nostra camera, in albergo. Fra poco scenderemo per la cena. Nella stanza accanto si sentono voci che esprimono la meraviglia della scopata. La consueta teoria di giaculatorie oscene e mozze che costituisce un fondamentale condimento per ogni buona scopata. O inculata, ovviamente. Coi pompini non riesce bene: almeno una bocca è impegnata in altre piacevoli attività. Se questa processione sillabica corrotta e volgare non dipendesse da un'appassionata tensione amatoria, sarebbe la miglior simulazione in assoluto. Meriterebbe i complimenti, vincerebbe qualsiasi concorso. Noi no, niente concorsi: non ci sarebbero altri concorrenti perché l'esito è scontato. Guardo il cazzo di mio marito. Avvicino la bocca. Ho la passera sul ponte di comando. Propongo un coretto e intanto lecco. Mio marito mi sposta. Ci resto male, sui due piedi. Tendo l'orecchio e sollevo la testa, percossa da noto ma crescente rumore. La passera trova ispirazione. L'uccello di mio marito, invece, l'ha già trovata. Quelli dell'altra stanza esibiscono doti canore? Io proprio no, sono così stonata che riesco a far stonare anche un brano registrato, ma i miei acuti scopaioli sono da premio Oscar.
Ottima cena, piacevole passeggiata, buon gelatone, poi un'oretta a novanta. È l'alba a farci sollevare la testa dal cuscino col sole che entra dalla finestra. È presto. Decidiamo di dare spazio al nostro affetto sotto il sole, sul terrazzino della nostra camera. Manca parecchio alla colazione.
Siamo tranquilli, forse pigri in queste prime carezze, in questi svagati controlli. Li sento all'improvviso, degli occhi su di me. Li percepisco soprattutto sulle mie parti intime: mi piacerebbe muovessero i miei piercing. Comincia presto, oggi, la mia passera a mostrarsi disponibile. Il mio barometro mentale si sposta verso l'indicazione “lussuria”. Apro gli occhi e lo vedo spiarmi dal terrazzino accanto al nostro. Gli miglioro la visione, a quello che riconosco come il tizio di ieri pomeriggio in spiaggia. Bacio mio marito. Ho voglia. Una voce femminile borbotta qualcosa. Lui s'avvicina alla porta della camera. Dà l'impressione di voler evitare che la voce femminea esca. Intanto gli s'è indurito il cazzo. La donna dev'essersene accorta. Lo sposta, anche lei nuda: vedo davanti a me la proprietaria della criniera leonina del precedente pomeriggio. Nel frattempo mio marito ha ben pensato di mettersi in piedi. Gli occhi di lei che stavano vagando su di me concentrano lo sguardo sull'importante erezione di lui. Come immaginavo lui l'abborda. Quello che era uno sguardo simile a un lanciafiamme si scioglie in un sorriso di offerta libidinosa. Mi alzo anch'io e mi frappongo fra di loro. Tenta di evitarmi, ma la bacio in bocca le prendo in mano una tetta mentre passo l'altra fra le sue gambe. Mi dice di lasciarla stare. Mi stacco, ma in questi pochi secondi s'è bagnata e i capezzoli le si sono rizzati. Sogghigno, no, non sono brava come mio marito in questo, ma il mio sogghigno trasmette pur sempre un messaggio chiaro: libidine assoluta e senza confini. Mio marito si presenta. Lei con forte accento meridionale dice di essere Anna. “Pierre!”, chiama lei e ricompare il tizio. Lo considero per la prima volta? Un bell'uomo, indubbiamente. Certamente un interessante antipasto. Nessun dubbio che il piatto forte sia un altro, forse due. Fra loro tre.
N. d. A. L'aspetto sicuro è sempre lo stesso: ci vuole più tempo a scegliere la categoria e a decidere il titolo che a scrivere il racconto. Anche due.
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Spero di non aver frainteso
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