Una festa di successo
di
Omeros
genere
comici
Una festa di successo.
La villa era un vero schianto, una delle più belle della città, sicuramente. Pur essendo ancora in posizione molto vicina al centro, possedeva un grande e curatissimo giardino, la piscina e il campo da tennis. La palazzina su due piani sfoggiava un raffinato stile liberty, elegante e slanciato.
Al commendator Campanacci la villa era costata un occhio della testa, forse troppo per le sue finanze, ma ormai si era fermamente convinto di aver fatto un solido investimento per il futuro. Una casa così era un biglietto da visita, un palcoscenico degno per il suo affaccio sul mondo, sul mondo degli affari s’intende.
Così, una volta fatti eseguire dei lavori di ristrutturazione, il commendatore aprì la villa a feste esclusive, dove incontrare e sfoggiare, nel contesto di cui era padrone, con l’intento di poter stringere amicizie, accordi e affari. Sfoggiava naturalmente molto: la casa e il giardino, le opere d’arte contemporanea alle pareti del salone, i mobili firmati, e naturalmente l’impeccabile organizzazione stessa della serata. Sfoggiava anche la sua signora, la signora Olga, nata Lambertucci del Pero, di nobile casata toscana: bella ed elegante, forse un po’ altezzosa, ma in grado di essergli d’aiuto con gli ospiti e nella complessa gestione degli eventi.
Quella sera aveva puntato in alto: era arrivato alle fasi finali di un affare veramente importante, consistente in un contratto di forniture di materiali da costruzione per un gruppo tedesco-olandese, con interessi in tutto il mondo. Era forse l’affare più importante mai capitatogli, relativamente all’ammontare delle cifre in gioco. Alla festa aveva invitato i suoi interlocutori principali, ovvero il CEO olandese del gruppo, in quei giorni in visita in Italia, e i capi delle filiali italiane delle aziende più importanti del gruppo stesso. Oltre a questi, il Commendatore aveva invitato qualche alto prelato vestito di porpora -che fa sempre scena- il Prefetto, il Sindaco e anche, molto discretamente, quattro escort di un’agenzia molto quotata, per quei manager scapoli presenti alla festa, in trasferta e senza consorte.
In piedi, sulla scalinata d’ingresso, con lo smoking e la sigaretta in mano, godendosi la vista dello splendido giardino e dei primi eleganti ospiti, si sentiva De Caprio ne “il Grande Gatsby” di Scorsese. A dir la verità poco ricordava un tipo alla “Gatsby”, almeno fisicamente, ma in fondo era più importante per lui sentirsi tale, che esserlo veramente.
Il giardino si stava riempiendo; aveva già stretto mani importanti, fatto qualche chiacchiera divertente, presentato la sua splendente signora, di quarantacinque anni ben portati, a persone a cui teneva. Nel mentre, l’orchestrina suonava una piacevole e discreta musica di sottofondo. Insomma, la festa stava partendo con il piede giusto.
Il Commendatore, muovendosi con elegante circospezione, risale la scalinata dell’entrata -un buon punto d’osservazione- per scrutare verso il cancello d’entrata. I suoi sensi allertati, da qualche minuto, lo avevano avvertito come di un trambusto. Vede due del personale che confabulano con uomo corpulento, da poco entrato con una piccola auto.
Allarmato, ma pur mostrando un’olimpica calma, scese le scale e si incamminò verso l’ingresso. Al suo arrivo, il cancello era ormai chiuso e trovò il tipo corpulento al parcheggio, che scendeva, allegro e vociante, da una vecchia Panda. Il portiere della villa si affrettò a informare Campanacci, andandogli incontro:
“Signor Commendatore, questo signore non vuol sentir ragioni. Ha parcheggiato qui questo rottame, tra la Ferrari del Sindaco e la Flaminia del Vescovo. Ma ha il biglietto d’invito, comunque, ma vedrà lei stesso…”
Il tipo corpulento camminava verso di lui con un cesto di vimini tutto infiocchettato e, appena gli arrivò vicino, gli si rivolse ad alta voce:
“Ue! Caro Commendatore, caro Campanaccio, ti ringrazio vivissimamente che m’hai invitato alla festa, so’ proprio contento sai? Volevo proprio vede’ co’ gli occhi miei ‘sta casetta tua. Ma dimmi, dov’è il fulcro della festa? Dimmi, dov’è il fulcro?” E si incamminò verso la villa, sicuro come se fosse stato di casa.
Campanacci trasecolò. Chi cavolo è questo energumeno, chi diavolo l’ha mandato qui? Si diceva tra sé, agitato e già paonazzo in volto.
Gli corse dietro, ma il tipo camminava veloce su due pertiche di gambe e continuava a parlottare contento:
“Bravo Campanaccio, vedo del movimento! Belle signore anche e vedo un buffet grandioso! Chi te l’ha preparato Fellini? Sembra uscito da un film, bravo, bravo…”
Più l’energumeno si avvicinava a quello che aveva prima definito il fulcro della festa, più a Campanacci stavano venendo le palpitazioni. Gli corricchiava dietro e quello, senza nemmeno voltarsi, continuava a gesticolare, infagottato in un completo grigio chiaro, quasi luccicante sotto le luci del giardino, con il canestro in vimini pieno di bottiglie tenuto stretto in una manona:
“Campanaccio, ma tu mi meravigli! Ci stanno pure delle belle sgallettate giovani, tutte apparecchiate e in odor di zoccolaggio! Sei un furbastro! Bravo!”
Il Commendatore si fermò nel giardino e cambiò direzione, poi, a buona andatura, si precipitò dentro la villa.
“Dov’è la signorina Pinetti, dov’è la mia segretaria? Dov’è?” disse finendo quasi con un acuto.
La Pinetti arrivò di corsa:
“Commendatore, mio dio! C’è stato un grave errore… invece di spedire l’invito all’ingegner Tondi della Calcestruzzi SpA è stato invitato questo signor Carlo Cetruzzi… quello della ditta di manutenzione. Abbiamo fatto il contratto con loro due anni fa. Se lo ricorda; gli ha parlato sicuramente, quando ci fu il problema alla caldaia, a novembre…”
A Campanacci tornò in mente il tipo, con tuta da operaio, che, mentre parlava con lui in un italiano improbabile, guardava le impiegate della segreteria e ogni tanto sbottava in un complimento gratuito.
“Dobbiamo assolutamente fermarlo e cacciarlo. Chiama il custode, il portiere, la sicurezza!”
Urlò l’ordine e uscì di gran carriera nel giardino per andarlo a cercare.
Appena fuori, però, si rese conto che la festa aveva preso un certo brio. Fu fermato dall’Olandese in persona e si dovette intrattenere con lui per un buon quarto d’ora, poi incontrò i capi delle filiali italiane, tutti molto interessati a conoscerlo meglio. Non gli facevano fare un metro e tra questi c’era un anziano signore con pizzetto bianco, l’ingegner Micheletti, ricchissimo proprietario di un’azienda italiana, partner commerciale del gruppo con cui stava tessendo l’accordo. La sua era un’azienda molto ben posizionata e anch’essa rappresentava un’appetibile e possibile grosso cliente. Finalmente mollato anche questo signore, fu bloccato dal Vescovo e poi dal Prefetto. Mille chiacchere e mille complimenti, mentre lui guardava preoccupato l’orologio. Era passata un’ora e dieci minuti dalla scomparsa di quell’improponibile personaggio di Cetruzzi. Dove si era ficcato e cosa stava combinando?
Mentre girava per il giardino e interrogava i dipendenti, si accorse che il numero delle signore presenti alla festa era scemato drasticamente. Dove erano andate a finire tutte quelle donne?
***
Nel momento in cui era stato mollato dal Commendatore, Cetruzzi si sentì libero di mettere il naso dovunque, girando per il buffet e per tutto il giardino, arrivando infine alla limonaia dove la signora Campanacci, come padrona di casa, stava facendo visitare il bell’ambiente vetrato alle signore più in vista della festa. Tutte con un drink in mano, tutte allegre, le signore si trovarono il mastodontico Cetruzzi di fronte, unico vestito in chiaro della festa, con un canestro pieno di bottiglie di spumante, e che fece loro una certa impressione.
Le signore straniere erano le più entusiaste di quella strana apparizione: avevano incontrato un italiano da operetta, riccio, scuro e con i baffoni, che gesticolava e rideva sanguigno, una figura che stonava con tutti quei baccalà pallidi in smoking che avevano incontrato prima. Con gridolini di gioia, avevano accettato i calici di spumante che si erano materializzati tra le manone dell’uomo.
Questo, nel mentre stappava le bottiglie, aveva richiamato l’attenzione di alcuni camerieri filippini, probabilmente ingaggiati per l’occasione, che probabilmente l’avevano scambiato per il padrone della villa. A loro si rivolgeva imperioso e questi si davano da fare portando tartine, vino bianco, caviale, ghiaccio.
Le straniere trasmisero alle altre signore il loro entusiasmo e tutte presero a bere di buona lena e a sghignazzare, tanto che Cetruzzi prese la palla al balzo e, aiutato dai filippini, le portò tutte dentro la limonaia, quasi spingendole in gruppo. Lì cominciò il caos: Cetruzzi si dette da fare con le straniere, ormai brille, poi tentò con quella che più gli sembrava appetitosa, ovvero la moglie del Commendatore. Si mise a fare il cretino con la signora Olga che, brilla e spinta dalle altre, cominciò prima a pomiciare, poi, nel delirio generale eseguì un torrido spogliarello.
Nella limonaia, gli urli di meraviglia e di gioia cominciavano a mischiarsi a sospiri e urla di godimento carnale. Cetruzzi prima si trovò a montare una giovane bionda che parlava inglese, forse la più entusiasta, per poi darci dentro con ancora più gusto con la signora Olga.
La limonaia si popolò di altre figure: oltre ai camerieri filippini, una ragazza addetta al buffet, molto tatuata e molto interessata alla biondina anglofona, un giardiniere sardo, che prese a scoparsi la cameriera personale della signora Olga e spuntò anche un autista, che si era intrufolato dalla porticina del parcheggio. L’ambiente stava degenerando, veramente…
A un certo punto arrivarono le quattro escort, che, probabilmente guidate da intuito “professionale”, annoiate dalla festa in villa, avevano cominciato a perlustrarne i luoghi e gli anfratti.
Con l’arrivo di queste ultime, si scatenò il putiferio: una vera festa orgiastica.
Sul più bello, si apre la porticina ed entra una figura in smoking, fa qualche passo verso il centro dello stanzone e rimane impietrito: il commendator Campanacci sta proprio di fronte alla sua signora che, nuda e a pecora su un divanetto, si sta facendo montare brutalmente da Cetruzzi che continua, imperterrito e con entusiasmo. Cetruzzi, mentre scopa, sbraita in modo ritmato: “e brava Olga, brava Olga!”
La Signora, poi, non risponde al complimento, perché prende in bocca, per intero, il membro di un filippino, che guarda il Commendatore con un’espressione rapita, tra il meravigliato e l’entusiasta.
Il Commendatore fa per emettere un urlo che però gli risulta afono ed esce barcollando. Dalla limonaia, volge le spalle alla vetrata e guarda il nulla, verso il giardino. Quando realizza ciò che ha davanti gli occhi, vede che tutto continua, come se fosse una normale festa, con tanto di vescovo e attempati signori che sorridono e chiacchierano amabilmente.
Mentre lui resta impalato in piedi, comincia ad uscire alla spicciolata il popolo della limonaia. Le prime sono le escort -le prime a spogliarsi, le prime a rivestirsi- che escono tranquille parlando tra loro. Una, con accento marcatamente siciliano, dice alle altre:
“Ma avete visto quella Olga? Minchia! Una zoccola come lei, io mai la vidi, mai, lo giuro…”
A quelle parole, il Commendatore sviene.
Due giorni dopo:
“Signorina Pinetti, che ci fa lei, qui?” sibila mesto il commendator Campanacci da un letto d’ospedale.
“Oh… la signora Olga ed io, ma anche tutti in ditta, eravamo… tutti, ma tutti, preoccupati, sa? Sono qui perché il dottore ha detto che potevo entrare solo per darle buone notizie. Ed io ne ho, di belle notizie… Sa che tutte le aziende, ieri, hanno mandato la conferma per i contratti? Aspettano solo lei per la firma.”
Il Commendatore era confuso, ma, dopo le parole della signorina Pinetti, si confuse ancor di più. Rispose infatti con un: “mmmmpfhh…” per poi riaddormentarsi.
Era successo che la festa era andata benissimo. Tutti erano stati contenti degli incontri, sia i signori, che le signore. Il merito del successo era dovuto soprattutto all’entusiasmo di queste ultime, in particolare di quelle della succursale della festa svoltasi nella limonaia.
La giovane biondina che parlava inglese -e che era poi americana- era la moglie dell’anziano ingegner Micheletti e si diceva che la signora si rigirasse il marito come voleva. Trasmise il suo entusiasmo per la festa e per le iniziative di Campanacci all’attempato marito, che nulla riusciva a negarle, neanche una nuova cameriera tutta tatuata.
Micheletti, a sua volta, trasmise l’entusiasmo all’Olandese, caldamente appoggiato da tutti quegli altri che avevano a casa le mogli ancora in visibilio per la fantastica festa. Tutta quella buona disposizione portò all’accettazione delle proposte di Campanacci e l’affare, anzi, gli affari andarono in porto.
La settimana dopo, siglato l’accordo, la signorina Pinetti, ad insaputa del Commendatore, si sentì in dovere, a nome della ditta, di mandare un cartoncino intestato con i ringraziamenti al “Gent.mo Sig. Cetruzzi”.
La villa era un vero schianto, una delle più belle della città, sicuramente. Pur essendo ancora in posizione molto vicina al centro, possedeva un grande e curatissimo giardino, la piscina e il campo da tennis. La palazzina su due piani sfoggiava un raffinato stile liberty, elegante e slanciato.
Al commendator Campanacci la villa era costata un occhio della testa, forse troppo per le sue finanze, ma ormai si era fermamente convinto di aver fatto un solido investimento per il futuro. Una casa così era un biglietto da visita, un palcoscenico degno per il suo affaccio sul mondo, sul mondo degli affari s’intende.
Così, una volta fatti eseguire dei lavori di ristrutturazione, il commendatore aprì la villa a feste esclusive, dove incontrare e sfoggiare, nel contesto di cui era padrone, con l’intento di poter stringere amicizie, accordi e affari. Sfoggiava naturalmente molto: la casa e il giardino, le opere d’arte contemporanea alle pareti del salone, i mobili firmati, e naturalmente l’impeccabile organizzazione stessa della serata. Sfoggiava anche la sua signora, la signora Olga, nata Lambertucci del Pero, di nobile casata toscana: bella ed elegante, forse un po’ altezzosa, ma in grado di essergli d’aiuto con gli ospiti e nella complessa gestione degli eventi.
Quella sera aveva puntato in alto: era arrivato alle fasi finali di un affare veramente importante, consistente in un contratto di forniture di materiali da costruzione per un gruppo tedesco-olandese, con interessi in tutto il mondo. Era forse l’affare più importante mai capitatogli, relativamente all’ammontare delle cifre in gioco. Alla festa aveva invitato i suoi interlocutori principali, ovvero il CEO olandese del gruppo, in quei giorni in visita in Italia, e i capi delle filiali italiane delle aziende più importanti del gruppo stesso. Oltre a questi, il Commendatore aveva invitato qualche alto prelato vestito di porpora -che fa sempre scena- il Prefetto, il Sindaco e anche, molto discretamente, quattro escort di un’agenzia molto quotata, per quei manager scapoli presenti alla festa, in trasferta e senza consorte.
In piedi, sulla scalinata d’ingresso, con lo smoking e la sigaretta in mano, godendosi la vista dello splendido giardino e dei primi eleganti ospiti, si sentiva De Caprio ne “il Grande Gatsby” di Scorsese. A dir la verità poco ricordava un tipo alla “Gatsby”, almeno fisicamente, ma in fondo era più importante per lui sentirsi tale, che esserlo veramente.
Il giardino si stava riempiendo; aveva già stretto mani importanti, fatto qualche chiacchiera divertente, presentato la sua splendente signora, di quarantacinque anni ben portati, a persone a cui teneva. Nel mentre, l’orchestrina suonava una piacevole e discreta musica di sottofondo. Insomma, la festa stava partendo con il piede giusto.
Il Commendatore, muovendosi con elegante circospezione, risale la scalinata dell’entrata -un buon punto d’osservazione- per scrutare verso il cancello d’entrata. I suoi sensi allertati, da qualche minuto, lo avevano avvertito come di un trambusto. Vede due del personale che confabulano con uomo corpulento, da poco entrato con una piccola auto.
Allarmato, ma pur mostrando un’olimpica calma, scese le scale e si incamminò verso l’ingresso. Al suo arrivo, il cancello era ormai chiuso e trovò il tipo corpulento al parcheggio, che scendeva, allegro e vociante, da una vecchia Panda. Il portiere della villa si affrettò a informare Campanacci, andandogli incontro:
“Signor Commendatore, questo signore non vuol sentir ragioni. Ha parcheggiato qui questo rottame, tra la Ferrari del Sindaco e la Flaminia del Vescovo. Ma ha il biglietto d’invito, comunque, ma vedrà lei stesso…”
Il tipo corpulento camminava verso di lui con un cesto di vimini tutto infiocchettato e, appena gli arrivò vicino, gli si rivolse ad alta voce:
“Ue! Caro Commendatore, caro Campanaccio, ti ringrazio vivissimamente che m’hai invitato alla festa, so’ proprio contento sai? Volevo proprio vede’ co’ gli occhi miei ‘sta casetta tua. Ma dimmi, dov’è il fulcro della festa? Dimmi, dov’è il fulcro?” E si incamminò verso la villa, sicuro come se fosse stato di casa.
Campanacci trasecolò. Chi cavolo è questo energumeno, chi diavolo l’ha mandato qui? Si diceva tra sé, agitato e già paonazzo in volto.
Gli corse dietro, ma il tipo camminava veloce su due pertiche di gambe e continuava a parlottare contento:
“Bravo Campanaccio, vedo del movimento! Belle signore anche e vedo un buffet grandioso! Chi te l’ha preparato Fellini? Sembra uscito da un film, bravo, bravo…”
Più l’energumeno si avvicinava a quello che aveva prima definito il fulcro della festa, più a Campanacci stavano venendo le palpitazioni. Gli corricchiava dietro e quello, senza nemmeno voltarsi, continuava a gesticolare, infagottato in un completo grigio chiaro, quasi luccicante sotto le luci del giardino, con il canestro in vimini pieno di bottiglie tenuto stretto in una manona:
“Campanaccio, ma tu mi meravigli! Ci stanno pure delle belle sgallettate giovani, tutte apparecchiate e in odor di zoccolaggio! Sei un furbastro! Bravo!”
Il Commendatore si fermò nel giardino e cambiò direzione, poi, a buona andatura, si precipitò dentro la villa.
“Dov’è la signorina Pinetti, dov’è la mia segretaria? Dov’è?” disse finendo quasi con un acuto.
La Pinetti arrivò di corsa:
“Commendatore, mio dio! C’è stato un grave errore… invece di spedire l’invito all’ingegner Tondi della Calcestruzzi SpA è stato invitato questo signor Carlo Cetruzzi… quello della ditta di manutenzione. Abbiamo fatto il contratto con loro due anni fa. Se lo ricorda; gli ha parlato sicuramente, quando ci fu il problema alla caldaia, a novembre…”
A Campanacci tornò in mente il tipo, con tuta da operaio, che, mentre parlava con lui in un italiano improbabile, guardava le impiegate della segreteria e ogni tanto sbottava in un complimento gratuito.
“Dobbiamo assolutamente fermarlo e cacciarlo. Chiama il custode, il portiere, la sicurezza!”
Urlò l’ordine e uscì di gran carriera nel giardino per andarlo a cercare.
Appena fuori, però, si rese conto che la festa aveva preso un certo brio. Fu fermato dall’Olandese in persona e si dovette intrattenere con lui per un buon quarto d’ora, poi incontrò i capi delle filiali italiane, tutti molto interessati a conoscerlo meglio. Non gli facevano fare un metro e tra questi c’era un anziano signore con pizzetto bianco, l’ingegner Micheletti, ricchissimo proprietario di un’azienda italiana, partner commerciale del gruppo con cui stava tessendo l’accordo. La sua era un’azienda molto ben posizionata e anch’essa rappresentava un’appetibile e possibile grosso cliente. Finalmente mollato anche questo signore, fu bloccato dal Vescovo e poi dal Prefetto. Mille chiacchere e mille complimenti, mentre lui guardava preoccupato l’orologio. Era passata un’ora e dieci minuti dalla scomparsa di quell’improponibile personaggio di Cetruzzi. Dove si era ficcato e cosa stava combinando?
Mentre girava per il giardino e interrogava i dipendenti, si accorse che il numero delle signore presenti alla festa era scemato drasticamente. Dove erano andate a finire tutte quelle donne?
***
Nel momento in cui era stato mollato dal Commendatore, Cetruzzi si sentì libero di mettere il naso dovunque, girando per il buffet e per tutto il giardino, arrivando infine alla limonaia dove la signora Campanacci, come padrona di casa, stava facendo visitare il bell’ambiente vetrato alle signore più in vista della festa. Tutte con un drink in mano, tutte allegre, le signore si trovarono il mastodontico Cetruzzi di fronte, unico vestito in chiaro della festa, con un canestro pieno di bottiglie di spumante, e che fece loro una certa impressione.
Le signore straniere erano le più entusiaste di quella strana apparizione: avevano incontrato un italiano da operetta, riccio, scuro e con i baffoni, che gesticolava e rideva sanguigno, una figura che stonava con tutti quei baccalà pallidi in smoking che avevano incontrato prima. Con gridolini di gioia, avevano accettato i calici di spumante che si erano materializzati tra le manone dell’uomo.
Questo, nel mentre stappava le bottiglie, aveva richiamato l’attenzione di alcuni camerieri filippini, probabilmente ingaggiati per l’occasione, che probabilmente l’avevano scambiato per il padrone della villa. A loro si rivolgeva imperioso e questi si davano da fare portando tartine, vino bianco, caviale, ghiaccio.
Le straniere trasmisero alle altre signore il loro entusiasmo e tutte presero a bere di buona lena e a sghignazzare, tanto che Cetruzzi prese la palla al balzo e, aiutato dai filippini, le portò tutte dentro la limonaia, quasi spingendole in gruppo. Lì cominciò il caos: Cetruzzi si dette da fare con le straniere, ormai brille, poi tentò con quella che più gli sembrava appetitosa, ovvero la moglie del Commendatore. Si mise a fare il cretino con la signora Olga che, brilla e spinta dalle altre, cominciò prima a pomiciare, poi, nel delirio generale eseguì un torrido spogliarello.
Nella limonaia, gli urli di meraviglia e di gioia cominciavano a mischiarsi a sospiri e urla di godimento carnale. Cetruzzi prima si trovò a montare una giovane bionda che parlava inglese, forse la più entusiasta, per poi darci dentro con ancora più gusto con la signora Olga.
La limonaia si popolò di altre figure: oltre ai camerieri filippini, una ragazza addetta al buffet, molto tatuata e molto interessata alla biondina anglofona, un giardiniere sardo, che prese a scoparsi la cameriera personale della signora Olga e spuntò anche un autista, che si era intrufolato dalla porticina del parcheggio. L’ambiente stava degenerando, veramente…
A un certo punto arrivarono le quattro escort, che, probabilmente guidate da intuito “professionale”, annoiate dalla festa in villa, avevano cominciato a perlustrarne i luoghi e gli anfratti.
Con l’arrivo di queste ultime, si scatenò il putiferio: una vera festa orgiastica.
Sul più bello, si apre la porticina ed entra una figura in smoking, fa qualche passo verso il centro dello stanzone e rimane impietrito: il commendator Campanacci sta proprio di fronte alla sua signora che, nuda e a pecora su un divanetto, si sta facendo montare brutalmente da Cetruzzi che continua, imperterrito e con entusiasmo. Cetruzzi, mentre scopa, sbraita in modo ritmato: “e brava Olga, brava Olga!”
La Signora, poi, non risponde al complimento, perché prende in bocca, per intero, il membro di un filippino, che guarda il Commendatore con un’espressione rapita, tra il meravigliato e l’entusiasta.
Il Commendatore fa per emettere un urlo che però gli risulta afono ed esce barcollando. Dalla limonaia, volge le spalle alla vetrata e guarda il nulla, verso il giardino. Quando realizza ciò che ha davanti gli occhi, vede che tutto continua, come se fosse una normale festa, con tanto di vescovo e attempati signori che sorridono e chiacchierano amabilmente.
Mentre lui resta impalato in piedi, comincia ad uscire alla spicciolata il popolo della limonaia. Le prime sono le escort -le prime a spogliarsi, le prime a rivestirsi- che escono tranquille parlando tra loro. Una, con accento marcatamente siciliano, dice alle altre:
“Ma avete visto quella Olga? Minchia! Una zoccola come lei, io mai la vidi, mai, lo giuro…”
A quelle parole, il Commendatore sviene.
Due giorni dopo:
“Signorina Pinetti, che ci fa lei, qui?” sibila mesto il commendator Campanacci da un letto d’ospedale.
“Oh… la signora Olga ed io, ma anche tutti in ditta, eravamo… tutti, ma tutti, preoccupati, sa? Sono qui perché il dottore ha detto che potevo entrare solo per darle buone notizie. Ed io ne ho, di belle notizie… Sa che tutte le aziende, ieri, hanno mandato la conferma per i contratti? Aspettano solo lei per la firma.”
Il Commendatore era confuso, ma, dopo le parole della signorina Pinetti, si confuse ancor di più. Rispose infatti con un: “mmmmpfhh…” per poi riaddormentarsi.
Era successo che la festa era andata benissimo. Tutti erano stati contenti degli incontri, sia i signori, che le signore. Il merito del successo era dovuto soprattutto all’entusiasmo di queste ultime, in particolare di quelle della succursale della festa svoltasi nella limonaia.
La giovane biondina che parlava inglese -e che era poi americana- era la moglie dell’anziano ingegner Micheletti e si diceva che la signora si rigirasse il marito come voleva. Trasmise il suo entusiasmo per la festa e per le iniziative di Campanacci all’attempato marito, che nulla riusciva a negarle, neanche una nuova cameriera tutta tatuata.
Micheletti, a sua volta, trasmise l’entusiasmo all’Olandese, caldamente appoggiato da tutti quegli altri che avevano a casa le mogli ancora in visibilio per la fantastica festa. Tutta quella buona disposizione portò all’accettazione delle proposte di Campanacci e l’affare, anzi, gli affari andarono in porto.
La settimana dopo, siglato l’accordo, la signorina Pinetti, ad insaputa del Commendatore, si sentì in dovere, a nome della ditta, di mandare un cartoncino intestato con i ringraziamenti al “Gent.mo Sig. Cetruzzi”.
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