Proprio una gran botta

di
genere
etero



Il pranzo di nozze languiva un po’, forse per via del troppo cibo e del troppo vino.
Per essere allegro, il matrimonio era sì allegro, perché stava venendo fuori proprio una gran bella festa, con tanta gente per lo più alzata a ballare, con le mani per aria, a cantare. Sì, proprio quasi tutti belli allegri; eppure, per qualche partecipante a quel pranzo di nozze, era arrivato il momento di stanca, di quelli che obbligano a stare un attimo in silenzio per conto proprio, come per prender fiato.
Uno di questi tizi, imbambolati e seduti, doveva sicuramente essere Aldo, che però era in piedi a girare per la sala, silenzioso e con le mani in tasca, come fosse in giro per la campagna. La giacca l’aveva lasciata sulla sedia e portava la camicia con le maniche arrotolate.
Avendo trovato la sposa da sola seduta al tavolo, anche lei probabilmente nell'attimo di stanca, le si avvicinò e le sedette accanto.
Loro due si conoscevano da una vita, fin da piccoli, perché vicini di casa, mentre al liceo erano stati in classe insieme, spesso da compagni di banco.
“Allora Aldo! Ti stai divertendo, o no?”
“Certo Rita, ma sai, tutto quel vino… io non ci sono mica tanto abituato, sai?”
“E lo so” rispose lei sorridendo “sei sempre stato uno sportivo… mai stravizzi…” gli disse ridendo, dandogli una manata sulla spalla. “Anche qui, al ristorante di mio padre, ci sarai venuto due volte in vita tua. Eh sì, la dieta ferrea! Altrimenti, non correvi più, in pista…”
Aldo sembrò quasi che non avesse sentito la battuta, perché guardava la ragazza con occhi acquosi e sognanti.
“Ma sai Ritina, che non mi sembra vero… Sei già così grande che ti sposi… con questo tizio poi…” si riprese un po’, per mettersi a ridere e continuare: “scusa Rita, è che sono brillo e m’è venuta una tristezza alcolica. Proprio uno scemo…” e rise di nuovo.
“Ma come? sei triste! Ma dai... e poi per me... perché mi sposo? Ma sai che sei proprio scemo. Io... io son contenta!” E rideva, con i suoi dentini bianchi, anche se gli occhi scuri sembravano trasmettere altro.
“Senti Ritina, te lo dico perché tanto son brillo: ma, ora, mi rendo conto che ti sto vedendo sposa di uno e mi do del citrullo. Io… io… ecco… un pensierino su di te, io… insomma, anche più d’uno, io l’avevo fatto e non da ora…”
“Oh, bella questa, ma anche se fosse… e ti svegli al mi' matrimonio?”
“Eh, dici bene. S’è cresciuti insieme, s’è fatta la scuola insieme… "troppo amici!" mi dicevo... Ma mi sei sempre garbata, sai… sempre.” Lo disse un po’ con un’aria da triglia, se ne accorse lui stesso, e cambiò subito tono.
“Insomma, Ritina” si riprese ridendo, “occhio scuro, e capello biondo, è la cosa più bella del mondo! Sai come si dice… Lo so, buffo dirtelo ora, ma anche te, via! 'Un te ne sei mai accorta, ma… possibile che tutti se n’accorgevano a parte te? Ora arriva questo tizio da fuori, da Firenze, e… e ti prende lui.” Aveva iniziato la frase gioviale e l’aveva finito intristito, di nuovo con lo sguardo da triglia.

La Ritina spalancò gli occhioni scuri: “Aldo ma… e lo dici ora? Maremma… che testa che sei! Che voi che ti dica, è che lui c’ha una posizione, è distinto, gentile, bravo… anche bellino…”
Aldo la guarda e la trova un po’ imbarazzata e anche più bella del solito. Prima poi, faceva un po’ la sostenuta parlando italiano, mentre ora era scivolata nel vernacolo.
“Ritina, Ritina! Son qui che mi mangio le mani, a vederti con quest’occhioni belli spalancati, che mi fissi, vestita di trine bianche che mi pari una fatina delle fiabe!”

Rita si alza e gli dice:
“Vieni, che si va a parlare in un posto un po’ meglio… che mi sei anche diventato rosso e un voglio fa’ figure, proprio oggi…”

Aldo la segue, un po’ ciondoloni, come contro voglia. Come un ragazzino che si aspetta una ramanzina. Non visti da altri, i due, in fila, vanno verso le cucine del locale. Poi, la ragazza entra in un magazzinetto con una scaffalatura vuota in metallo.
“Qui è tranquillo, 'un ci viene mai nessuno. C’era un magazzinetto, ma ora l’hanno spostato.”
Chiude la frase e resta in silenzio, puntando il viso di Aldo con i suoi occhi neri. Sembra arrabbiata ora, protesa un po’ in avanti, con i pugni stretti e le braccia stese sui fianchi.
Aldo è quasi intimorito, ma la mangerebbe tanto è bellina! Vede quel visino... e gli occhi gli cadono poi sul seno che spunta tondo e sodo dalla scollatura del vestito e… mugola lamentoso: “Dio bono, come sei bella Ritina!”

Lei gli rifila uno schiaffone sulla guancia e lui non fa in tempo a meravigliarsi della sberla ricevuta, che si ritrova la ragazza attaccata al suo petto, dritta sulla punta dei piedi e con le labbra attaccate alle sue. Allora l’abbraccia e la bacia, furiosamente.
“Ritina, Ritina” mugola.
Si baciano, si toccano, si spogliano. Lui la palpa e la bacia dovunque, le sfila le mutandine e fa per alzarla per le gambe, portandola con la schiena contro la parete.
“No Aldo, lì no, son vergine. Io e… l’altro… non abbiamo consumato…”
“Ritina mi fai impazzire, io 'un mi posso ferma’ ora! Il tu' profumo, la tu' pelle!”
“Prendimi dietro, Aldo…”
“Cosa? Dietro? Sei sicura?”
“Ti voglio anch’io, da morire, maledetto te! E in qualche modo si deve fa’, ora. Fosse anche l'ultima cosa al mondo… anche se mi facesse soffrire, maledetto te!”

Aldo ha un membro grosso come un tronco e duro come il marmo, che lei guarda anche un po’ spaventata.
Ritina si gira di spalle, si china e si tiene con le mani al metallo dello scaffale.
Il ragazzo è in estasi. Sputa sul buchetto offerto di lei, sputa sopra il suo uccello, fino a che non gli finisce la saliva e poi… piano, piano.
Lei dice di bagnare -ohi!-, poi di spingere -ohi!-, poi di aspettare -ohi!-.
Alla fine, il membro entra per un pezzo, e riescono a prendere un ritmo; i lamenti di lei diventano pian piano gemiti di piacere. Lei inarca la schiena e gira la testa, cercando le labbra di lui, che continua a montarla tentando di frenare la foga che ha in corpo. Aldo ha le mani sui fianchi di lei, la tiene e comanda il movimento.
“Spingo di più?”
“Sì… sì” fa lei con un sospiro.
Spinge ancora e il ritmo diventa più intenso; dopo un dieci minuti di quello stantuffio, lei gode, facendo un bel baccano e, poco dopo di lei, Aldo le viene dentro. “Siii, Amore mio. Accidenti a te, Aldo! Ché t'ho sempre amato! Vieni dentro… vienimi, dentrooo” mugola la Ritina, “dentrooo!”

“Chi è lì dentro? Maremma maiala! Chi c’è lì dentrooo?”
“Dio mio, il mi’ babbo…” fa lei. Escimi da lì…”
“Non posso Rita… ce l’ho duro come il ferro e te mi stringi…”
“O che si fa, allora… Oddio, oddio! Io non riesco, esci, esci!”

Fuori della porta ci sono altre persone, oltre al padre di Rita: c’è lo sposo con la faccia da citrullo, la madre di lui e il prete che ha officiato il matrimonio. E, quando la porta si apre di schianto, tutti vedono la Ritina che sembra una statua del Canova, nuda, liscia, morbida e piegata, con dietro Aldo nudo e tanto attaccato al culo di lei che pare imbullonato.


Per staccarli, alla fine, dovettero usare le secchiate d’acqua fredda.

E così, fu che successe un quarantotto, in paese. La Ritina non sposò il citrullo che veniva da fuori, ovvero da Firenze, e dovettero scomodare la Sacra Rota per annullare il matrimonio. Ma Aldo fu contento, perché l’ebbe lui, la bella Ritina.

Qualche mese dopo, quando tra loro scherzavano, da soli, lei gli diceva:
“Certo che ora, che noi due si stia insieme, e si viva nell'amore, direi che è stata una botta di culo…”
Lui rispondeva, dandole una amorevole quanto sonora pacca sul sedere:
“Puoi ben dirlo, bellina, è stata proprio una gran botta di culo!”
di
scritto il
2022-10-04
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