La fattoressa
di
MJ90
genere
prime esperienze
Il podere dove ero cresciuto faceva parte di un azienda agricola di proprietà di una ricca ereditiera. La signora viveva al Nord ed il fattore con la moglie si occupavano dell’azienda.
Avevo da poco compiuto 16 anni quando, con i miei amici, ed essendo tempi in cui non era come oggi, fantasticavamo su ciò che avevamo a disposizione. La fattoressa e la colf della padrona erano i nostri chiodi fissi dato che andavano a lavare alle fonti lungo il fiume i panni. In estate, dopo aver lavato, facevano il bagno e noi non resistevamo: i pantaloncini calati, le braghe alle ginocchia, facevamo a gara davanti a quello spettacolo. Dopo molto tempo, l’abitudine ci fece osare e così fummo scoperti: gli altri due se la diedero a gambe, io che ero quello più vicino, fui riconosciuto e quando mi chiamò per nome la padrona, mi bloccai. Quel giorno la colf non c’era; mi voltai e, con un evidente bozzo nei calzoncini, mi avviai verso la riva. Rebecca, capelli castano corto, materna nelle forme e con due seni abbondanti si era distesa su di un lenzuolo sopra l’erba.
-Cosa facevi?!- mi chiese severa e perentoria
-Signora…io…-
-Con quegli altri due delinquenti vi stavate divertendo vero?! Sapete che potrei dirlo alle vostre madri?-
Sudavo copiosamente, per l’ansia, per il caldo e per la vergogna e la malefica si stava divertendo.
Mi spinse rudemente a sedere accanto a lei
-Ti piaccio vero?! facciamo così, per questa volta ci passiamo sopra ma quando vuoi venire avvertimi, non venire con quei due coglioni. Adesso togliti i vestiti, devo punirti-
Rosso per la vergogna, mi sfilai i calzoni, le calze e le braghe-
-Bravo figliolo, siamo già un po’ maschietti- ammiccando verso il cespuglio di pelo nero ed il membro mezzo moscio – Sai, mi stavo radendo la figa...Hai mai visto una figa!?-
Il tono rude e poco femminile mi suscitava un misto di paura e curiosità: “Dove mi stava portando? Cosa voleva da me?”
-No, che non l’hai mai vista altrimenti non staresti nascosto a vedere la tua padrona mentre si rade il pelo dalla sua vero!?-
Non risposi
Mi aprì le cosce e mi cosparse il pube di sapone di Marsiglia, strizzando le sacche dei genitali dall’alto verso il basso. Mano mano che mi radeva, vedevo che mi stava piacendo, E inspiegabilmente quella baldracca si stava divertendo.
Poteva avere l’età di mia zia, una trentacinquina, quaranta al massimo.
-Sei proprio bricconcello ma devo dirtelo, il tuo cazzetto mi piace-
Inorgoglito, gemetti ed ebbi una discreta erezione; la pelle liscia le facilitò la rasatura del pelo, lasciandomi nudo come un verme, la pelle bianca e le palle sode.
Per tutto il tempo non aveva smesso di stringermi i coglioni passando da questi al tronco, al culo.
Mi spinse sul telo mettendosi a cavalcioni su di me. Tenendo le mani a coppa si sputò sui palmi e cominciò con una lentezza esasperante a segarmi.
-Vedi bricconcello, mio marito non mi tromba più, anche prima a dire il vero…- sembrava riflettere più tra di sé che con me -sborrava subito ecco, dopo due spinte mi veniva dentro ma non mi ha mai messa in cinta. Per questo io ho bisogno di qualcuno che mi scopi, sarà il nostro segreto o i tuoi verranno a saperlo!-
-MMHH-
-Come dici piccolo spione? Ohh non starai mica per godere? Nono, non se ne parla!- e mollò la presa sul cazzo lasciandomelo a pulsare.
-Non guardare e non muoverti!-
Con un misto di orrore e ansia la vidi alzarsi, vidi estasiato i suoi seni oscillare mentre camminava verso la cesta dei panni, i fianchi stretti, il culo con un po’ di cellulite ma discretamente tonico, le gambe dritte e poi ebbi una folgorazione: che topa, un fiore rosa e nero fuori, due increspature di carne con un bocciolo in cima.
-Con questo – sospirò – sono sicura che urlerai, puoi farlo tanto siamo soli – e ti garantisco che lo farai. Toh, bevila tutta- mi avvicinò alle labbra una bottiglia d’acqua fresca che dovetti bere fino in fondo mentre riprendeva a segarmi il cazzo e lo legava con un filo di stoffa sottile; be presto mi trovai quel dannato filo che mi segava, è proprio il caso di dire, la base della cappella e strizzava le palline.
-Confessa, piccolo verme, mi stavi spiando?-
-No…AHIAAAA- uno schiaffone investì i coglioni
-Te lo ripeto, forse non hai capito…- altro schiaffo, questa volta sulle palle. Sobbalzai più volte cercando di chiudere le cosce ma lei ci sedeva sopra e non era possibile.
-Voglio sentirti dire che sei uno spione- Avevo i genitali rosso fuoco, stava continuando a segarmi e schiaffeggiarmi
-Io son. AIUT-Ahaiaa- Un ceffone a mano piena investì i coglioni e un altro la cappella.
-Sono uno spione, mi sono sempre segato su di lei- dissi tutto d’un soffio tra le lacrime che mi rigavano le guance
-Oh bravo, che ci voleva a dirlo prima?-
-Adesso mi libera?- singhiozzai stremato
-Vediamo, intanto…-tolse i lacci e, insalivatasi le mani, riprese a segarmi. Il cazzo riprese in breve sensibilità e con un gemito strozzato sborrai l’ira di Dio.
-Pezzo di merda di un ragazzo, sborra dai, sborra per me, dai dai dai- mi incitava continuando a segarmi, rossa in viso.
-Uhh Cristo Santo!- altri schizzi, sborravo di nuovo, venni ancora fino a quando non mi si ammosciò il pisello.
-Torna domani qua, facciamo sul serio-
Mi alzai e con estrema fatica barcollai risalendo il bosco fino ai campi di grano, verso casa, il cazzo mi bruciava e patii le pene dell’inferno.
Avevo da poco compiuto 16 anni quando, con i miei amici, ed essendo tempi in cui non era come oggi, fantasticavamo su ciò che avevamo a disposizione. La fattoressa e la colf della padrona erano i nostri chiodi fissi dato che andavano a lavare alle fonti lungo il fiume i panni. In estate, dopo aver lavato, facevano il bagno e noi non resistevamo: i pantaloncini calati, le braghe alle ginocchia, facevamo a gara davanti a quello spettacolo. Dopo molto tempo, l’abitudine ci fece osare e così fummo scoperti: gli altri due se la diedero a gambe, io che ero quello più vicino, fui riconosciuto e quando mi chiamò per nome la padrona, mi bloccai. Quel giorno la colf non c’era; mi voltai e, con un evidente bozzo nei calzoncini, mi avviai verso la riva. Rebecca, capelli castano corto, materna nelle forme e con due seni abbondanti si era distesa su di un lenzuolo sopra l’erba.
-Cosa facevi?!- mi chiese severa e perentoria
-Signora…io…-
-Con quegli altri due delinquenti vi stavate divertendo vero?! Sapete che potrei dirlo alle vostre madri?-
Sudavo copiosamente, per l’ansia, per il caldo e per la vergogna e la malefica si stava divertendo.
Mi spinse rudemente a sedere accanto a lei
-Ti piaccio vero?! facciamo così, per questa volta ci passiamo sopra ma quando vuoi venire avvertimi, non venire con quei due coglioni. Adesso togliti i vestiti, devo punirti-
Rosso per la vergogna, mi sfilai i calzoni, le calze e le braghe-
-Bravo figliolo, siamo già un po’ maschietti- ammiccando verso il cespuglio di pelo nero ed il membro mezzo moscio – Sai, mi stavo radendo la figa...Hai mai visto una figa!?-
Il tono rude e poco femminile mi suscitava un misto di paura e curiosità: “Dove mi stava portando? Cosa voleva da me?”
-No, che non l’hai mai vista altrimenti non staresti nascosto a vedere la tua padrona mentre si rade il pelo dalla sua vero!?-
Non risposi
Mi aprì le cosce e mi cosparse il pube di sapone di Marsiglia, strizzando le sacche dei genitali dall’alto verso il basso. Mano mano che mi radeva, vedevo che mi stava piacendo, E inspiegabilmente quella baldracca si stava divertendo.
Poteva avere l’età di mia zia, una trentacinquina, quaranta al massimo.
-Sei proprio bricconcello ma devo dirtelo, il tuo cazzetto mi piace-
Inorgoglito, gemetti ed ebbi una discreta erezione; la pelle liscia le facilitò la rasatura del pelo, lasciandomi nudo come un verme, la pelle bianca e le palle sode.
Per tutto il tempo non aveva smesso di stringermi i coglioni passando da questi al tronco, al culo.
Mi spinse sul telo mettendosi a cavalcioni su di me. Tenendo le mani a coppa si sputò sui palmi e cominciò con una lentezza esasperante a segarmi.
-Vedi bricconcello, mio marito non mi tromba più, anche prima a dire il vero…- sembrava riflettere più tra di sé che con me -sborrava subito ecco, dopo due spinte mi veniva dentro ma non mi ha mai messa in cinta. Per questo io ho bisogno di qualcuno che mi scopi, sarà il nostro segreto o i tuoi verranno a saperlo!-
-MMHH-
-Come dici piccolo spione? Ohh non starai mica per godere? Nono, non se ne parla!- e mollò la presa sul cazzo lasciandomelo a pulsare.
-Non guardare e non muoverti!-
Con un misto di orrore e ansia la vidi alzarsi, vidi estasiato i suoi seni oscillare mentre camminava verso la cesta dei panni, i fianchi stretti, il culo con un po’ di cellulite ma discretamente tonico, le gambe dritte e poi ebbi una folgorazione: che topa, un fiore rosa e nero fuori, due increspature di carne con un bocciolo in cima.
-Con questo – sospirò – sono sicura che urlerai, puoi farlo tanto siamo soli – e ti garantisco che lo farai. Toh, bevila tutta- mi avvicinò alle labbra una bottiglia d’acqua fresca che dovetti bere fino in fondo mentre riprendeva a segarmi il cazzo e lo legava con un filo di stoffa sottile; be presto mi trovai quel dannato filo che mi segava, è proprio il caso di dire, la base della cappella e strizzava le palline.
-Confessa, piccolo verme, mi stavi spiando?-
-No…AHIAAAA- uno schiaffone investì i coglioni
-Te lo ripeto, forse non hai capito…- altro schiaffo, questa volta sulle palle. Sobbalzai più volte cercando di chiudere le cosce ma lei ci sedeva sopra e non era possibile.
-Voglio sentirti dire che sei uno spione- Avevo i genitali rosso fuoco, stava continuando a segarmi e schiaffeggiarmi
-Io son. AIUT-Ahaiaa- Un ceffone a mano piena investì i coglioni e un altro la cappella.
-Sono uno spione, mi sono sempre segato su di lei- dissi tutto d’un soffio tra le lacrime che mi rigavano le guance
-Oh bravo, che ci voleva a dirlo prima?-
-Adesso mi libera?- singhiozzai stremato
-Vediamo, intanto…-tolse i lacci e, insalivatasi le mani, riprese a segarmi. Il cazzo riprese in breve sensibilità e con un gemito strozzato sborrai l’ira di Dio.
-Pezzo di merda di un ragazzo, sborra dai, sborra per me, dai dai dai- mi incitava continuando a segarmi, rossa in viso.
-Uhh Cristo Santo!- altri schizzi, sborravo di nuovo, venni ancora fino a quando non mi si ammosciò il pisello.
-Torna domani qua, facciamo sul serio-
Mi alzai e con estrema fatica barcollai risalendo il bosco fino ai campi di grano, verso casa, il cazzo mi bruciava e patii le pene dell’inferno.
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