La pazza
di
MJ90
genere
dominazione
Terzo giorno, stessa situazione: sveglia, colazione, compiti ma quella mattina fui bloccato da mio padre che voleva lo aiutassi in campagna. Il trattore andava sistemato e trascorsi tutta la mattina nell’officina.
Dopo pranzo, corsi al fiume ma la fattoressa non c’era, così camminai fino in azienda, quantomeno per provare a scusarmi.
La trovai nell’aia che con un lungo e polveroso grembiule andava verso le stalle: aveva un secchio pieno di granaglie per i cavalli in ogni mano.
-Signora buonasera io…-
-Sai quanto ti ho aspettato? Seguimi, abbiamo poco tempo e non devi farti vedere con me. Il nostro appuntamento quotidiano è in ritardo-
La seguii attaccato alla sua gonna come un bimbo ubbidiente fino alle stalle dove entrammo nel box di Moresco, il cavallo preferito dalla padrona, un purosangue arabo.
-Oggi-sbuffava come un mantice per la fatica-faremo un piccolo fuori programma e avrò bisogno di Moresco- accarezzandogli la fronte si slacciò la veste, rimanendo nuda.
-Cosa aspetti, coglione?!-
Appallottolai i vestiti sulla paglia pulita del box e, appoggiato alla ringhiera, fui nuovamente legato. Il cavallo ebbe dei sussulti e con orrore vidi il membro, un pisello nero e rosa che sembrava una piccola proboscide fare su e giù.
-La fattoressa mi si mise accanto, incitando l’animale che le salì in groppa…”Non è possibile” pensai
Una smorfia di dolore comparve sul suo volto mentre con la mano libera si strizzava le mammelle: Moresco le era entrato nel culo.
La vidi trasfigurarsi, si pisciò addosso mentre l’animale vibrava e un liquido bianchiccio, molto appiccicoso le rigava le cosce e colava fino ai polpacci.
-Vedi ragazzino? Lavo il pisello di Moresco tutti i giorni è sicuramente più pulito di quello di mio marito-
Fu in quel momento che vidi mia madre entrare nell’aia; lei certamente non poteva farlo, ero dentro un box di un cavallo distante quasi trenta metri e al buio.
-Non provarci nemmeno, anzi, sentiamo qua-
Così facendo, mi inforcò con quello che capii essere un membro finto ma uguale a quello umano che si era fissata alla vita con dei lacci.
-Guarda tua madre, così giovane, bella e avvenente. Cosa direbbe se anche solo immaginasse che il suo adorabile figlio sta dando il culo? Una donna così devota-
Artigliai entrambe le mani al cancello per cercare di non urlare, un lamento usciva dalla mia bocca e ben presto venni copiosamente.
-Sai dove sta andando? Da mio marito, deve pagare il debito di gioco di tuo padre-
-Vaffanculo- sibilai- mia madre è una donna per bene-
-Cosa hai detto?! Adesso me la paghi e meglio che vada a portare fuori le mucche, devono essere ferrate almeno nessuno sentirà la tua voce. Moresco vieni qua-
-Noo feci per urlare prima che un grande ceffone mi chiudesse la bocca. Percepii la massa del cavallo, il pelo delle sue cosce e urlai tutta la mia impotenza mentre quell’enormità entrava in me. La massa dell’animale a malapena mi faceva respirare, sentivo il suo respiro ansante, l’eccitazione della monta. Fuori la fattoressa con noncuranza richiamava le vacche mentre le mie viscere venivano lacerate. Urlai, piansi e cercai di divincolarmi ma non potevo fare nulla.
-I mandriani stanno marchiando le vacche, poi lo farò anche con te intanto guarda che bella cosa-
Si era avvicinata al cancello che vibrava e cigolava mentre lo stallone aumentava il ritmo e, con un nitrito, sborrava in me, sfilandosi. Un lamento fuoriuscì dalla mia bocca mentre una chiazza di sborra equina ed umana (la mia) si mescolarono sul pavimento di cemento e paglia del box.
Dopo pranzo, corsi al fiume ma la fattoressa non c’era, così camminai fino in azienda, quantomeno per provare a scusarmi.
La trovai nell’aia che con un lungo e polveroso grembiule andava verso le stalle: aveva un secchio pieno di granaglie per i cavalli in ogni mano.
-Signora buonasera io…-
-Sai quanto ti ho aspettato? Seguimi, abbiamo poco tempo e non devi farti vedere con me. Il nostro appuntamento quotidiano è in ritardo-
La seguii attaccato alla sua gonna come un bimbo ubbidiente fino alle stalle dove entrammo nel box di Moresco, il cavallo preferito dalla padrona, un purosangue arabo.
-Oggi-sbuffava come un mantice per la fatica-faremo un piccolo fuori programma e avrò bisogno di Moresco- accarezzandogli la fronte si slacciò la veste, rimanendo nuda.
-Cosa aspetti, coglione?!-
Appallottolai i vestiti sulla paglia pulita del box e, appoggiato alla ringhiera, fui nuovamente legato. Il cavallo ebbe dei sussulti e con orrore vidi il membro, un pisello nero e rosa che sembrava una piccola proboscide fare su e giù.
-La fattoressa mi si mise accanto, incitando l’animale che le salì in groppa…”Non è possibile” pensai
Una smorfia di dolore comparve sul suo volto mentre con la mano libera si strizzava le mammelle: Moresco le era entrato nel culo.
La vidi trasfigurarsi, si pisciò addosso mentre l’animale vibrava e un liquido bianchiccio, molto appiccicoso le rigava le cosce e colava fino ai polpacci.
-Vedi ragazzino? Lavo il pisello di Moresco tutti i giorni è sicuramente più pulito di quello di mio marito-
Fu in quel momento che vidi mia madre entrare nell’aia; lei certamente non poteva farlo, ero dentro un box di un cavallo distante quasi trenta metri e al buio.
-Non provarci nemmeno, anzi, sentiamo qua-
Così facendo, mi inforcò con quello che capii essere un membro finto ma uguale a quello umano che si era fissata alla vita con dei lacci.
-Guarda tua madre, così giovane, bella e avvenente. Cosa direbbe se anche solo immaginasse che il suo adorabile figlio sta dando il culo? Una donna così devota-
Artigliai entrambe le mani al cancello per cercare di non urlare, un lamento usciva dalla mia bocca e ben presto venni copiosamente.
-Sai dove sta andando? Da mio marito, deve pagare il debito di gioco di tuo padre-
-Vaffanculo- sibilai- mia madre è una donna per bene-
-Cosa hai detto?! Adesso me la paghi e meglio che vada a portare fuori le mucche, devono essere ferrate almeno nessuno sentirà la tua voce. Moresco vieni qua-
-Noo feci per urlare prima che un grande ceffone mi chiudesse la bocca. Percepii la massa del cavallo, il pelo delle sue cosce e urlai tutta la mia impotenza mentre quell’enormità entrava in me. La massa dell’animale a malapena mi faceva respirare, sentivo il suo respiro ansante, l’eccitazione della monta. Fuori la fattoressa con noncuranza richiamava le vacche mentre le mie viscere venivano lacerate. Urlai, piansi e cercai di divincolarmi ma non potevo fare nulla.
-I mandriani stanno marchiando le vacche, poi lo farò anche con te intanto guarda che bella cosa-
Si era avvicinata al cancello che vibrava e cigolava mentre lo stallone aumentava il ritmo e, con un nitrito, sborrava in me, sfilandosi. Un lamento fuoriuscì dalla mia bocca mentre una chiazza di sborra equina ed umana (la mia) si mescolarono sul pavimento di cemento e paglia del box.
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