Caffellatte a colazione
di
MJ90
genere
dominazione
Uscii dalla doccia, mi misi l’accappatoio e scesi dabbasso. Mia figlia ed il papà di Chloe erano già in spiaggia mentre lei teneva in mano una tazza fumante tra le mani guardando il mare dalla finestra di cucina.
Aveva i capelli ancora umidi che scendevano lungo la schiena coperta da una canotta larga che le raggiungeva le natiche e scopriva in parte i seni.
-Allora vedo che non hai ancora capito- mi diressi verso di lei togliendo l’accappatoio senza staccarle gli occhi di dosso -Vieni qua, inginocchiati, è il momento della poppata-
Le baciai il collo e lo sterno, intrecciando le mani dietro la nuca, imboccandola con la cappella che strusciò contro la rugosità del palato.
Con il bacino e le mani la aiutavo, imboccavo il membro turgido lasciandolo dentro fino a che Chloe, presa dai primi conati di vomito e rossa in volto, lo usciva tra le labbra prima di riprendere. Tra un sospirone e l’altro il petto si alzava ed abbassava e le calai la canotta, ora umida di saliva tanto che questa prese a colare nel sottile solco tra i seni larghi e fino al ventre: una bava spumosa e chiara, con lunghi filamenti che le fuoriuscivano dagli angoli della bocca tra un conato e l’altro quando la cappella le riempiva la gola.
Feci qualche passo in avanti bloccandole la testa contro il mobiletto del lavandino al quale mi aggrappai spingendo con decisione. La giovane mi graffiava le natiche, lottava contro il cazzo sempre più gonfio che le impediva di respirare.
Un lamento roco le usciva, strozzato, mentre lacrime rigavano le guance e si mescolavano al mascara nero del trucco.
Le feci prendere un ultimo grande respiro prima di piantarmi tutto in lei ed a nulla valsero i suoi scatti incontrollati della testa, la dilatazione delle narici: venni con caldi fiotti nel suo esofago e vidi il suo sgomento, le pupille grandi mentre diventava rossa e quasi viola. Cavai il pisello e la lasciai a tossire e sputare.
-Sei un bastardo. Non hai il diritto-
-Ho il diritto eccome, non devi tradirti, cosa penserebbero? Poi senti qua – le infilai indice e medio tra le labbra ed il clito – Sei fradicia, appena mi torna duro vedi il tavolo?
-Siii…-
-Ti scopo a novanta, quasi quasi ti ci lego anche-
Si tolse del tutto la maglia, guardandomi dritto negli occhi mentre arretrava verso il divano. Si sedette con il culo al limite del cuscino, alzò le gambe e le aprì. Un invito silenzioso al quale non si poteva rifiutare.
Aveva i capelli ancora umidi che scendevano lungo la schiena coperta da una canotta larga che le raggiungeva le natiche e scopriva in parte i seni.
-Allora vedo che non hai ancora capito- mi diressi verso di lei togliendo l’accappatoio senza staccarle gli occhi di dosso -Vieni qua, inginocchiati, è il momento della poppata-
Le baciai il collo e lo sterno, intrecciando le mani dietro la nuca, imboccandola con la cappella che strusciò contro la rugosità del palato.
Con il bacino e le mani la aiutavo, imboccavo il membro turgido lasciandolo dentro fino a che Chloe, presa dai primi conati di vomito e rossa in volto, lo usciva tra le labbra prima di riprendere. Tra un sospirone e l’altro il petto si alzava ed abbassava e le calai la canotta, ora umida di saliva tanto che questa prese a colare nel sottile solco tra i seni larghi e fino al ventre: una bava spumosa e chiara, con lunghi filamenti che le fuoriuscivano dagli angoli della bocca tra un conato e l’altro quando la cappella le riempiva la gola.
Feci qualche passo in avanti bloccandole la testa contro il mobiletto del lavandino al quale mi aggrappai spingendo con decisione. La giovane mi graffiava le natiche, lottava contro il cazzo sempre più gonfio che le impediva di respirare.
Un lamento roco le usciva, strozzato, mentre lacrime rigavano le guance e si mescolavano al mascara nero del trucco.
Le feci prendere un ultimo grande respiro prima di piantarmi tutto in lei ed a nulla valsero i suoi scatti incontrollati della testa, la dilatazione delle narici: venni con caldi fiotti nel suo esofago e vidi il suo sgomento, le pupille grandi mentre diventava rossa e quasi viola. Cavai il pisello e la lasciai a tossire e sputare.
-Sei un bastardo. Non hai il diritto-
-Ho il diritto eccome, non devi tradirti, cosa penserebbero? Poi senti qua – le infilai indice e medio tra le labbra ed il clito – Sei fradicia, appena mi torna duro vedi il tavolo?
-Siii…-
-Ti scopo a novanta, quasi quasi ti ci lego anche-
Si tolse del tutto la maglia, guardandomi dritto negli occhi mentre arretrava verso il divano. Si sedette con il culo al limite del cuscino, alzò le gambe e le aprì. Un invito silenzioso al quale non si poteva rifiutare.
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