La Signora Claudia - Capitolo 7
di
duke69
genere
dominazione
Mario continuava a scoparmi come un forsennato mentre mi trovavo inchiodata a quel cavalletto da quasi un’ora, cercando di resistere e contrastando il raggiungimento dell’orgasmo che avrebbe provocato l’ira di Carlo e probabilmente nuove dure punizioni.
Sadicamente divertito, Carlo osservava da vicino la mia sofferenza, mentre stringevo le labbra o talvolta le mordevo trasformando la mia faccia con smorfie continue.
“Chiedimi di sputarti in faccia e poi ti concederò di sborrare!”
“Sputami in faccia!”
“CHIEDILO COME SI DEVE A UNA TROIA!!!”
L’umiliazione era totale! Ero fuori di me, pienamente travolta da istinti sessuali che cancellavano ogni traccia di dignità, ma sapevo come accontentarlo e mi affrettai a dire ciò che voleva per ottenere il mio premio:
“SPUTA IN FACCIA ALLA TUA LURIDA TROIA!!!”
Iniziò a sputarmi in faccia, mischiando la saliva allo sperma depositato in precedenza e contemporaneamente mi concesse il premio che desideravo da ore:
“ORA!!! SBORRA PUTTANA!!!”
Mi lasciai andare e iniziai a schizzare liberandomi da quell’oppressione, che mi aveva reso tesa come una corda di violino: la soddisfazione sessuale dell’orgasmo mi fece dimenticare tutto il tormento subito.
Nel suo complesso, quel trattamento mi era inaspettatamente piaciuto, sebbene mi avesse fatto soffrire e mi avesse fatto sentire come una troia sottomessa. Nel frattempo anche Mario, probabilmente eccitato da ciò che si manifestava sotto i suoi occhi, terminò le sue ultime bordate con un potente orgasmo: i getti erano abbondanti e sentii la mia fica riempirsi di sperma.
Ero sfinita, ancora piegata su quel cavalletto, con polsi e caviglie legate e con la faccia e la passera colanti di sperma e saliva. Il sedere mi bruciava, mentre non sentivo più le tette come fossero state anestetizzate dalla morsa delle pinze e dallo stiramento dei pesi; tuttavia, bastavano leggeri movimenti per ricordarmi quanto potessero recarmi dolore. Inoltre, ero completamente sudata, sia per il caldo presente in quella stanza e sia per via di quello strettissimo corpetto, che impediva una respirazione regolare e che, per tutto il tempo che lo avevo indosso, rappresentava un costante e latente fastidio.
Mi lasciarono da sola in quella stanza per una ventina di minuti, dopo di ché mi liberarono: Carlo mi mise un collare e facendomi camminare a quattro zampe mi condusse all’esterno della villa tirandomi con un guinzaglio.
“Andiamo cagna! Ti meriti una bella lavata, altrimenti mi puzzi la casa!”
Una volta arrivati nel cortile, Mario prese una pompa e iniziò ad indirizzarmi il getto dell’acqua addosso, lavando via sperma e sudore. Successivamente Carlo mi porse un panetto di sapone di Marsiglia a forma di pene:
“Pulisciti la fica con questo…! ben in fondo, troia!”
Era già buio. L’acqua era gelida e tremavo dal freddo, ero provata e dolorante a causa di quello che avevo subito e inoltre avevo una fame da lupi. Cercai di velocizzare il più possibile la pulizia del mio corpo per potermi rivestire e rientrare dentro le quattro mura.
Carlo mi porse un accappatoio, mi riportò all’interno e mi consegnò ad una giovane cameriera di nome Lilla che mi accompagnò in un locale lavanderia, dove mi fece asciugare i capelli e mi diede dei nuovi indumenti:
“Il dott. Carlo ti ha concesso di asciugarti per bene e di vestirti con questi…”
Mi porse delle calze velate nere, un paio di scarpe nere con un tacco da dieci centimetri, un perizoma bianco aperto al centro che lasciava la passera direttamente disponibile alla penetrazione e un nuovo corpetto nero che copriva i seni, ma lasciava fuori i capezzoli ancora doloranti e oltremodo sporgenti dopo l’allungamento subito. Lilla fu molto gentile e mi diede anche uno scialle con il quale potei ripararmi dal freddo.
Lilla era una ragazza di trent’anni, minuta con capelli castani lisci e lunghi che le arrivavano fino al sedere. Aveva gli occhi azzurri, poco seno e un bel sederino. Era una brava persona e mi prese subito in simpatia.
“Lavori da molto tempo qui, Lilla?”
“Da tre anni. Quando ho il turno serale dormo qui, come oggi.”
Quando provai a sedermi sulla sedia sentii il calore dei glutei e il dolore dei lividi determinati dal pestaggio di Mario. Strinsi i denti e continuai la conversazione:
“…e come ti trovi?”
“Ora meglio! non è facile abituarsi a convivere con certe situazioni o assistere a spettacoli BDSM!”
“E tu hai mai partecipato?”
“Si, una volta, casualmente mentre prestavo servizio. Fui chiamata dal dott. Carlo ad assistere alla punizione di un suo dipendente, un signore di mezza età che era stato sorpreso a fare qualcosa di cui non mi era stato concesso sapere. Era completamente nudo e legato ad un palo nel cortile esterno; aveva una cintura di castità in acciaio attraverso le cui maglie sporgeva la pelle gonfia del pene, in erezione costretta a causa del lento lavoro eseguito da una donna che era intenta a leccargli le palle. La scena era da brividi, estremamente eccitante, ed io rappresentavo un altro elemento di eccitazione in quanto estranea spettatrice. Quando il dott. Carlo notò il mio stato di agitazione, mi chiese se fosse tutto a posto e mi disse che se volevo, potevo andare via in qualsiasi momento; gli dissi che ero eccitata e lui rispose che avevo la liberta di masturbarmi davanti all’uomo oppure potevo partecipare in altro modo…”
“E tu che cosa facesti?”
“Beh, impulsivamente partecipai. Mi diedero una candela e mi fecero ricoprire di cera ogni centimetro dei genitali di quel tizio: più urlava e più godevo. Poi toglievano tutta la cera e mi facevano ricominciare da capo. A parte questa esperienza non partecipai ad altre, benché mi venne chiesto diverse volte…passo molto tempo qui e vedo ogni tipo di perversione sessuale e situazioni di sadomasochismo: certe volte le ritengo troppo forti, mentre altre volte non ti nego che mi masturbo fino all’orgasmo. Ma tu perché sei qui?”
Le spiegai quanto mi era accaduto nei mesi passati e perché fossi finita li. Al sentire ciò Lilla si mise a ridere:
“Ma tu sei una matta patentata! Solo una indole da vera sottomessa masochista può conciliarsi con una vita in questo posto!”
Confermai a Lilla che in fondo certe cose mi piacevano ed era la prima ragione per cui firmai l’accettazione del contratto. Era passata la mezzanotte quando potei finalmente mangiare. Rimasi nella cucina in completa solitudine, fatta eccezione dei momenti in cui Lilla passava da quelle parti, per controllarmi e anche per farmi compagnia. Quindi, mangiai solo dopo che il padrone e i domestici avevano già consumato il loro pasto e sarebbe stato sempre così, qualsiasi cosa l’avrei fatta solo dopo e solo alla fine…
Il giorno successivo seppi che avevo avuto una settimana di ferie e che quindi sarei rimasta nella villa, ma non fu l’unica novità:
“Dovrò assentarmi per una settimana per cui ho chiesto al Sig. Tanaka di prenderti in consegna e insegnarti a diventare una schiava perfetta: è un giapponese al quale devo qualche favore, è un tipo molto rigido e severo che ti farà rigare dritto; ti consiglio di imparare tutto e velocemente perché Tanaka è uno psicopatico che si diverte assai a punire le proprie sottoposte, inoltre è sempre alla ricerca di nuove dolorose torture”
La notizia mi aveva gelata. Il pensiero di poter cadere nelle grinfie di uno spietato sadico non mi aveva minimamente sfiorato dopo aver conosciuto Carlo, e la cosa mi fece preoccupare tanto. Una mezzora dopo aver ricevuto la notizia, arrivò un’auto proprio di fronte alla porta di ingresso; l’autista scese e andò ad aprire la porta posteriore per far uscire il Sig. Tanaka un uomo sulla cinquantina, di statura media, calvo con in dosso un costosissimo paio di occhiali e vestito con un completo nero, da cui sotto la giacca spuntava una camicia bianca e una cravatta di colore grigio. La corporatura era quella di una persona muscolosa che curava il proprio corpo, sul quale sarebbe stato difficile trovare qualche imperfezione o traccia di grasso. Una volta sul piazzale fece cenno all’autista di prelevare il bagaglio. Inaspettatamente dal portabagagli uscì una giovane ragazza completamente nuda con un collare borchiato sul collo e un guinzaglio appeso.
La ragazza dimostrava una trentina di anni, ma probabilmente era più piccola, perché il suo viso dolce era segnato da fatica e sofferenza. Fisicamente era esile ma con delle curve perfette che ne facevano un corpo sinuoso e sexy. I suoi capelli erano corti, lisci e neri mentre gli occhi erano di color verde smeraldo.
Camminava a quattro zampe, di pari passo al suo padrone, procedendo verso la porta di ingresso. Io ero lì vicino, nascosta dietro un pilastro del porticato che circondava tutta la casa e man mano che si avvicinavano potei squadrare meglio la ragazza, ma tutta una serie di particolari li avrei visti in seguito:
aveva un anello al naso con una catenella che andava ad unirsi con un piercing presente sulla lingua; i capezzoli avevano aureole pronunciate e su ciascuna di esse c’era un piccolo tatuaggio che girava intorno al capezzolo e che riportava la scritta nera “TANAKA”; nel culo aveva un plug che terminava con una coda, mentre la cosa più impressionante era la fica: vari piercing ad anello erano disposti ordinatamente in verticale lungo ciascuna delle grandi labbra, e in ciascuno di essi passava un laccio, come si fosse trattato di una scarpa. In orizzontale lungo il sedere, che in certe parti presentava una colorazione violacea, erano presenti dei segni dovuti ad una frusta o ad un cane. In realtà tutto il corpo della ragazza mostrava segni di percosse più o meno datati.
Mi affrettai a rientrare dentro casa senza farmi notare, successivamente il Sig. Tanaka fu fatto entrare ed accomodare nella sala, mentre la sua schiava si accucciò sul tappeto ai suoi piedi. Una copertina fu messa sopra la ragazza che nel frattempo aveva iniziato a leccare le scarpe del suo padrone.
“Buongiorno Sato!”
Carlo accolse il Sig. Tanaka unendo le mani e inchinandosi di fronte al suo ospite, che si sollevò e fece altrettanto.
“Buongiorno Carlo! Sarei felice se la mia schiava potesse svuotarti e darti piacere…”
Pur non volendo, Carlo sapeva di non poter rifiutare l’invito del potente ospite giapponese, per cui accettò con gratitudine.
Continua…
Sadicamente divertito, Carlo osservava da vicino la mia sofferenza, mentre stringevo le labbra o talvolta le mordevo trasformando la mia faccia con smorfie continue.
“Chiedimi di sputarti in faccia e poi ti concederò di sborrare!”
“Sputami in faccia!”
“CHIEDILO COME SI DEVE A UNA TROIA!!!”
L’umiliazione era totale! Ero fuori di me, pienamente travolta da istinti sessuali che cancellavano ogni traccia di dignità, ma sapevo come accontentarlo e mi affrettai a dire ciò che voleva per ottenere il mio premio:
“SPUTA IN FACCIA ALLA TUA LURIDA TROIA!!!”
Iniziò a sputarmi in faccia, mischiando la saliva allo sperma depositato in precedenza e contemporaneamente mi concesse il premio che desideravo da ore:
“ORA!!! SBORRA PUTTANA!!!”
Mi lasciai andare e iniziai a schizzare liberandomi da quell’oppressione, che mi aveva reso tesa come una corda di violino: la soddisfazione sessuale dell’orgasmo mi fece dimenticare tutto il tormento subito.
Nel suo complesso, quel trattamento mi era inaspettatamente piaciuto, sebbene mi avesse fatto soffrire e mi avesse fatto sentire come una troia sottomessa. Nel frattempo anche Mario, probabilmente eccitato da ciò che si manifestava sotto i suoi occhi, terminò le sue ultime bordate con un potente orgasmo: i getti erano abbondanti e sentii la mia fica riempirsi di sperma.
Ero sfinita, ancora piegata su quel cavalletto, con polsi e caviglie legate e con la faccia e la passera colanti di sperma e saliva. Il sedere mi bruciava, mentre non sentivo più le tette come fossero state anestetizzate dalla morsa delle pinze e dallo stiramento dei pesi; tuttavia, bastavano leggeri movimenti per ricordarmi quanto potessero recarmi dolore. Inoltre, ero completamente sudata, sia per il caldo presente in quella stanza e sia per via di quello strettissimo corpetto, che impediva una respirazione regolare e che, per tutto il tempo che lo avevo indosso, rappresentava un costante e latente fastidio.
Mi lasciarono da sola in quella stanza per una ventina di minuti, dopo di ché mi liberarono: Carlo mi mise un collare e facendomi camminare a quattro zampe mi condusse all’esterno della villa tirandomi con un guinzaglio.
“Andiamo cagna! Ti meriti una bella lavata, altrimenti mi puzzi la casa!”
Una volta arrivati nel cortile, Mario prese una pompa e iniziò ad indirizzarmi il getto dell’acqua addosso, lavando via sperma e sudore. Successivamente Carlo mi porse un panetto di sapone di Marsiglia a forma di pene:
“Pulisciti la fica con questo…! ben in fondo, troia!”
Era già buio. L’acqua era gelida e tremavo dal freddo, ero provata e dolorante a causa di quello che avevo subito e inoltre avevo una fame da lupi. Cercai di velocizzare il più possibile la pulizia del mio corpo per potermi rivestire e rientrare dentro le quattro mura.
Carlo mi porse un accappatoio, mi riportò all’interno e mi consegnò ad una giovane cameriera di nome Lilla che mi accompagnò in un locale lavanderia, dove mi fece asciugare i capelli e mi diede dei nuovi indumenti:
“Il dott. Carlo ti ha concesso di asciugarti per bene e di vestirti con questi…”
Mi porse delle calze velate nere, un paio di scarpe nere con un tacco da dieci centimetri, un perizoma bianco aperto al centro che lasciava la passera direttamente disponibile alla penetrazione e un nuovo corpetto nero che copriva i seni, ma lasciava fuori i capezzoli ancora doloranti e oltremodo sporgenti dopo l’allungamento subito. Lilla fu molto gentile e mi diede anche uno scialle con il quale potei ripararmi dal freddo.
Lilla era una ragazza di trent’anni, minuta con capelli castani lisci e lunghi che le arrivavano fino al sedere. Aveva gli occhi azzurri, poco seno e un bel sederino. Era una brava persona e mi prese subito in simpatia.
“Lavori da molto tempo qui, Lilla?”
“Da tre anni. Quando ho il turno serale dormo qui, come oggi.”
Quando provai a sedermi sulla sedia sentii il calore dei glutei e il dolore dei lividi determinati dal pestaggio di Mario. Strinsi i denti e continuai la conversazione:
“…e come ti trovi?”
“Ora meglio! non è facile abituarsi a convivere con certe situazioni o assistere a spettacoli BDSM!”
“E tu hai mai partecipato?”
“Si, una volta, casualmente mentre prestavo servizio. Fui chiamata dal dott. Carlo ad assistere alla punizione di un suo dipendente, un signore di mezza età che era stato sorpreso a fare qualcosa di cui non mi era stato concesso sapere. Era completamente nudo e legato ad un palo nel cortile esterno; aveva una cintura di castità in acciaio attraverso le cui maglie sporgeva la pelle gonfia del pene, in erezione costretta a causa del lento lavoro eseguito da una donna che era intenta a leccargli le palle. La scena era da brividi, estremamente eccitante, ed io rappresentavo un altro elemento di eccitazione in quanto estranea spettatrice. Quando il dott. Carlo notò il mio stato di agitazione, mi chiese se fosse tutto a posto e mi disse che se volevo, potevo andare via in qualsiasi momento; gli dissi che ero eccitata e lui rispose che avevo la liberta di masturbarmi davanti all’uomo oppure potevo partecipare in altro modo…”
“E tu che cosa facesti?”
“Beh, impulsivamente partecipai. Mi diedero una candela e mi fecero ricoprire di cera ogni centimetro dei genitali di quel tizio: più urlava e più godevo. Poi toglievano tutta la cera e mi facevano ricominciare da capo. A parte questa esperienza non partecipai ad altre, benché mi venne chiesto diverse volte…passo molto tempo qui e vedo ogni tipo di perversione sessuale e situazioni di sadomasochismo: certe volte le ritengo troppo forti, mentre altre volte non ti nego che mi masturbo fino all’orgasmo. Ma tu perché sei qui?”
Le spiegai quanto mi era accaduto nei mesi passati e perché fossi finita li. Al sentire ciò Lilla si mise a ridere:
“Ma tu sei una matta patentata! Solo una indole da vera sottomessa masochista può conciliarsi con una vita in questo posto!”
Confermai a Lilla che in fondo certe cose mi piacevano ed era la prima ragione per cui firmai l’accettazione del contratto. Era passata la mezzanotte quando potei finalmente mangiare. Rimasi nella cucina in completa solitudine, fatta eccezione dei momenti in cui Lilla passava da quelle parti, per controllarmi e anche per farmi compagnia. Quindi, mangiai solo dopo che il padrone e i domestici avevano già consumato il loro pasto e sarebbe stato sempre così, qualsiasi cosa l’avrei fatta solo dopo e solo alla fine…
Il giorno successivo seppi che avevo avuto una settimana di ferie e che quindi sarei rimasta nella villa, ma non fu l’unica novità:
“Dovrò assentarmi per una settimana per cui ho chiesto al Sig. Tanaka di prenderti in consegna e insegnarti a diventare una schiava perfetta: è un giapponese al quale devo qualche favore, è un tipo molto rigido e severo che ti farà rigare dritto; ti consiglio di imparare tutto e velocemente perché Tanaka è uno psicopatico che si diverte assai a punire le proprie sottoposte, inoltre è sempre alla ricerca di nuove dolorose torture”
La notizia mi aveva gelata. Il pensiero di poter cadere nelle grinfie di uno spietato sadico non mi aveva minimamente sfiorato dopo aver conosciuto Carlo, e la cosa mi fece preoccupare tanto. Una mezzora dopo aver ricevuto la notizia, arrivò un’auto proprio di fronte alla porta di ingresso; l’autista scese e andò ad aprire la porta posteriore per far uscire il Sig. Tanaka un uomo sulla cinquantina, di statura media, calvo con in dosso un costosissimo paio di occhiali e vestito con un completo nero, da cui sotto la giacca spuntava una camicia bianca e una cravatta di colore grigio. La corporatura era quella di una persona muscolosa che curava il proprio corpo, sul quale sarebbe stato difficile trovare qualche imperfezione o traccia di grasso. Una volta sul piazzale fece cenno all’autista di prelevare il bagaglio. Inaspettatamente dal portabagagli uscì una giovane ragazza completamente nuda con un collare borchiato sul collo e un guinzaglio appeso.
La ragazza dimostrava una trentina di anni, ma probabilmente era più piccola, perché il suo viso dolce era segnato da fatica e sofferenza. Fisicamente era esile ma con delle curve perfette che ne facevano un corpo sinuoso e sexy. I suoi capelli erano corti, lisci e neri mentre gli occhi erano di color verde smeraldo.
Camminava a quattro zampe, di pari passo al suo padrone, procedendo verso la porta di ingresso. Io ero lì vicino, nascosta dietro un pilastro del porticato che circondava tutta la casa e man mano che si avvicinavano potei squadrare meglio la ragazza, ma tutta una serie di particolari li avrei visti in seguito:
aveva un anello al naso con una catenella che andava ad unirsi con un piercing presente sulla lingua; i capezzoli avevano aureole pronunciate e su ciascuna di esse c’era un piccolo tatuaggio che girava intorno al capezzolo e che riportava la scritta nera “TANAKA”; nel culo aveva un plug che terminava con una coda, mentre la cosa più impressionante era la fica: vari piercing ad anello erano disposti ordinatamente in verticale lungo ciascuna delle grandi labbra, e in ciascuno di essi passava un laccio, come si fosse trattato di una scarpa. In orizzontale lungo il sedere, che in certe parti presentava una colorazione violacea, erano presenti dei segni dovuti ad una frusta o ad un cane. In realtà tutto il corpo della ragazza mostrava segni di percosse più o meno datati.
Mi affrettai a rientrare dentro casa senza farmi notare, successivamente il Sig. Tanaka fu fatto entrare ed accomodare nella sala, mentre la sua schiava si accucciò sul tappeto ai suoi piedi. Una copertina fu messa sopra la ragazza che nel frattempo aveva iniziato a leccare le scarpe del suo padrone.
“Buongiorno Sato!”
Carlo accolse il Sig. Tanaka unendo le mani e inchinandosi di fronte al suo ospite, che si sollevò e fece altrettanto.
“Buongiorno Carlo! Sarei felice se la mia schiava potesse svuotarti e darti piacere…”
Pur non volendo, Carlo sapeva di non poter rifiutare l’invito del potente ospite giapponese, per cui accettò con gratitudine.
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