Le due porcelle in vacanza
di
samas2
genere
orge
Soffi di aria deliziosamente tiepida sollevavano le tende al loro passaggio entrando nella stanza, e recavano con loro profumi salmastri e speziati. Se qualcuno, in quell’assolato meriggio tropicale, si fosse trovato nei pressi del nostro bungalow certo avrebbe potuto godere della erotica sinfonia dei gemiti, miagolii e ansiti di due femmine in calore. Se poi avesse sbirciato dentro la stanza avrebbe potuto scorgere i nostri corpi nella loro conturbante nudità avvinghiati in un lussurioso gioco, un 69 dove io leccavo e succhiavo la figa di Carmen gustando per la prima volta il nettare di un’altra donna, infervorata e freneticamente eccitata per il piacere travolgente procuratomi dalla leccatura della mia ad opera dell’amica.
Era iniziato tutto qualche tempo prima, quando per la prima volta con mio marito eravamo stati costretti a fare vacanze separate. La mia collega Carmen aveva deciso di prendersi una pausa di riflessione nel rapporto di convivenza con Stefano, suo uomo. Essendo venuta a conoscenza della mia situazione mi aveva così proposto di fare insieme la vacanza che lei e il suo compagno, prima della crisi che li aveva investiti, avevano organizzato.
- Alice, é una occasione che possiamo sfruttare favorevolmente e goderci una vacanza in luogo incantevole spensieratamente.
Avevo accettato di buon grado e anche mio marito sia pure a malincuore aveva acconsentito.
- Se il luogo é incantevole come viene descritto, poi potremmo tornarci insieme per una vacanza romantica - aveva cercato di trovare un lato positivo.
Una volta preso posto sull’aereo si stabilì fra me e Carmen un’atmosfera di confidenza inaspettata che ci consentì di addentrarci in argomenti sempre più intimi e scabrosi. Si parlò del sesso con i nostri uomini, dei tradimenti ed io riferii pensieri e pulsioni che non avevo mai osato confessare. Mi parve di sentirmi diversa dal mio modo solito di concepirmi e, appena sbarcata all’aeroporto del magnifico arcipelago di Cinnamonia con i suoi colori - che andavano dal verde brillante della sua vegetazione, dal rosa-bianco delle sue spiagge - circondata da calde acque cristalline, mi sentii libera da tutti gli stereotipi e desiderosa di sperimentare senza limiti. Le emozioni erano condivise e se non bastavano le parole e gli sguardi, il nostro cercarci con toccamenti e contatti lascivi inequivocabilmente lo dimostrava. Il trasferimento dall’aeroporto al nostro resort avvenne attraverso pittoreschi autobus traballanti in un clima caldo che ci fece inzuppare di sudore gli abiti. Arrivate a destinazione, stanche e accaldate, prendemmo possesso del nostro bungalow e appena chiusa dietro di noi la porta liberammo tutto quello che avevamo accumulato; finalmente sole, libere da sguardi indiscreti, la tensione erotica, compressa come una potente molla, si liberò. Strappammo letteralmente di dosso i vestiti l’una all’altra e ci avvinghiammo in una ardente lotta erotica, eccitati dalla nudità dei nostri corpi e dagli odori che essi emanavano dopo tante ore di viaggio.
Carmen già avvezza - me lo aveva confidato - ai rapporti saffici prese l’iniziativa: prese in bocca i miei piedi baciandoli, leccandoli per poi salire fino al mio bruno pelo pubico. Avvertii un’emozione profonda per l’inedita esperienza. Ci trovammo a sfregare i nostri inguini ricavandone un intenso piacere per i nostri clitoridi così stimolati. Le bocche percorrevano ogni centimetro della nostra pelle, giungendo a bersaglio in un fantastico 69. La mia faccia beatamente affondata nella figa di Carmen, leccando, succhiando il suo aroma selvatico ed io potei esplodere a mia volta per la sua lingua che frugava dentro di me facendomi impazzire. L’udire i nostri gemiti e ansiti di piacere costituiva il completamento della nostra lussuria incontenibile.
Godemmo ripetutamente di un piacere che ci accompagnò i primi giorni di vacanza in cui alternammo mare e sesso bollente lesbico.
Una sera, mentre giacevamo in silenzio dopo l’ennesimo gioco erotico, un pensiero prese forza in me e si fece domanda.
- Certo è bellissimo fra noi, ma non avresti voglia di qualcosa d’altro?
- Dimmi - Carmen mi guardò maliziosa, intuendo già quale fosse il mio quesito.
- Il fatto è che ho una voglia fottuta di essere scopata da un bel cazzo!
Lei scoppiò in una allegra risata.
- Concordo in pieno. Non credo sarà difficile dar soddisfazione al nostro desiderio visto che di carne fresca ce n’è in abbondanza.
Cinnamonia, da poco aperta al turismo, aveva regole in materia sessuale piuttosto rigide e i rapporti carnali erano concepiti esclusivamente all’interno di unioni coniugali. Ma queste restrizioni non valevano nei confronti dei turisti e così il tracimare degli ormoni sessuali dei giovanotti del posto poteva trovare sfogo.
Due belle, giovani donne rappresentavano una preda molto ambita per quei giovanotti muscolosi dalla pelle d’ebano, che spesso erano soliti doversi accontentare di signore attempate in cerca di avventure esotiche.
Fu molto facile farci abbordare quella mattina; un gruppetto di sei ragazzi che da alcuni giorni, mentre ci trovavamo in spiaggia ci ronzava attorno, a un nostro cenno subito si avvicinò. Un linguaggio artificialmente costruito, il Glottobal, ormai diffuso ovunque rendeva possibile comunicare nonostante la sua struttura fosse molto semplice e non consentisse una espressività ricca e articolata; per lo scopo per cui ci serviva - farci scopare - era più che sufficiente.
I ragazzi si mostrarono intraprendenti rubandoci qualche bacetto e carezzandoci audacemente; notai che la loro eccitazione era palese: i loro pantaloncini da bagno mostravano un inequivocabile, e carico di promesse, cospicuo rigonfiamento. Demmo loro un appuntamento per il pomeriggio e ci salutammo. Parlando con Carmen, mentre tornavamo dalla spiaggia, convenimmo sul fatto che in quei giovani uomini si palpasse fisicamente la loro voglia di sesso compressa e impaziente di esprimersi; avevano negli occhi lampi tipici dei predatori ormai in procinto di catturare la preda. Giunta l’ora i ragazzi si presentarono puntuali, decisi a prendersi pienamente ciò di cui avevano assaggiato la caparra. Offrimmo loro birra che trangugiammo insieme ridendo, già pregustando il godimento così atteso. Smaniosi, ancora più di noi, ci circondarono e allungarono le loro mani in un susseguirsi vorticoso di palpeggianti, sfregamenti con l’effetto di strapparci urletti e gemiti maliziosi e invitanti. L’eccitazione dei giovani cresceva e ci trovammo nude fra loro che ci guardavano con cupidigia feroce. Ci inginocchiammo e afferrammo con le nostre mani e poi assaporammo con le nostre bocche quei bei cazzi neri. I nostri corpi nudi erano indubbiamente un bello spettacolo: lei tonica, flessuosa, capelli ramati, tette piccole e sode, figa perfettamente depilata, realizzava un piacevole contrasto con me che avevo un fisico burroso con un seno prosperoso, merce rara da quelle parti, e la figa ornata di un folto pelo nero. Mentre i giovani ci incitavano, succhiavamo voluttuosamente passando dall’uno all’altro quei cazzi, facendoceli scivolare in gola e con movimenti alternati spingendoli fuori lucidi delle nostre salive. Pensavo divertita, da gran troia, cosa avrebbero pensato mio marito, i miei amici e colleghi se avessero potuto vedermi in quel frangente. La voglia, liberata, di sesso dei ragazzi esplose in un assalto impetuoso e ci furono addosso. Mi afferrarono gli arti, che tennero divaricati. Implementai il mio divertimento nel fantasticare di essere una etologa impegnata in un reportage, catturata in una foresta ancora inesplorata da primitivi selvaggi che si apprestavano a compiere un rito sessuale estremo con la loro preda dalla pelle bianca e dalle grosse mammelle ballonzolanti, trascinata nuda e strillante davanti a tutta la tribù festante e smaniosa di assistere all’imminente lussurioso spettacolo.
I ragazzi, scatenati giocavano con le mie tette divertendosi per le mai viste dimensioni, i glutei sodi che racchiudevano una squisita prelibatezza. Fremetti quando dita nervose esplorarono la mia figa e sussultai quando un dito si insinuò nel mio canale anale. La frequenza del mio cuore e del mio respiro aumentavano tumultuosamente. Ano e vagina erano ora esposti in bella mostra. Io, la loro preda, ero immobilizzata, ma invero ansiosa di farmi possedere. Lingue saettanti raggiunsero come avanguardie, le mie cavità, lappando, assaggiando il nettare ivi contenuto, facendomi ansimare.
Poi incominciarono a fare sul serio: si davano il cambio nello scoparmi dando vita così a un ritmo infernale che non prevedeva alcuna tregua: percepivo quelle verghe roventi che mi aprivano, mi penetravano sotto la spinta poderosa di giovani lombi, prendendo il posto l’una dell’altra senza respiro. Mai avrei immaginato di essere posseduta in modo così soddisfacente. Nel frattempo gemendo e miagolando cercavo con la mia bocca quei cazzi che certo non si negavano e, succhiarli mentre ero chiavata ne esaltava il godimento e viceversa. La visione di Carmen che strillava infoiata, posseduta da quei neri ragazzoni nerboruti, rifletteva come in uno specchio la condizione di godimento selvaggio che vivevo io stessa in quel momento, provocandomi forti emozioni.
- Alice è bellissimo, non ho mai goduto così! Che cazzi sontuosi. Scopatemi più forte e venitemi dentro!
L’amica pronunciava queste parole ridendo felice e disinibita.
Vidi, con occhi sognanti, che Carmen veniva posta carponi e, dopo che le fu sollevato il bacino, il suo bellissimo culo fu impalato da un grosso scettro d’ebano. Eccitatissima e distratta da quello che stavo osservando, come fosse la scena di un film erotico, non mi resi conto che la mia pesca veniva allargata da mani decise e quando, inaspettata, una grossa massa di carne superò di slancio il mio sfintere anale e invase i miei intestìni, fui richiamata alla realtà e urlai per il dolore e il piacere.
Carmen ed io strillavamo e gemevamo - femmine in fregola sessualmente dominate - sovrastando per intensità i grugniti e muggiti di piacere dei nostri giovani maschi. Fummo sollevate e distese sul nostro lettone e i nostri orifizi, le nostre bocche riempite di sperma caldo negli ultimi focosi assalti. Già il sole era tramontato quando i giovani si accomiatarono vociando allegramente. Sudate, appagate ci guardammo e, scambiandoci un lussurioso bacio che ci consentì di scambiarci le gocce di seme maschile che ancora erano posate sulle nostre labbra, ci addormentammo stremate .
Un raggio di luna, facendo capolino dalla finestra, illuminava l’oscena immagine dei nostri corpi nudi che restituivano dagli orifizi violati, gocciolando sul lenzuolo, lo sperma che li aveva colmati.
Era iniziato tutto qualche tempo prima, quando per la prima volta con mio marito eravamo stati costretti a fare vacanze separate. La mia collega Carmen aveva deciso di prendersi una pausa di riflessione nel rapporto di convivenza con Stefano, suo uomo. Essendo venuta a conoscenza della mia situazione mi aveva così proposto di fare insieme la vacanza che lei e il suo compagno, prima della crisi che li aveva investiti, avevano organizzato.
- Alice, é una occasione che possiamo sfruttare favorevolmente e goderci una vacanza in luogo incantevole spensieratamente.
Avevo accettato di buon grado e anche mio marito sia pure a malincuore aveva acconsentito.
- Se il luogo é incantevole come viene descritto, poi potremmo tornarci insieme per una vacanza romantica - aveva cercato di trovare un lato positivo.
Una volta preso posto sull’aereo si stabilì fra me e Carmen un’atmosfera di confidenza inaspettata che ci consentì di addentrarci in argomenti sempre più intimi e scabrosi. Si parlò del sesso con i nostri uomini, dei tradimenti ed io riferii pensieri e pulsioni che non avevo mai osato confessare. Mi parve di sentirmi diversa dal mio modo solito di concepirmi e, appena sbarcata all’aeroporto del magnifico arcipelago di Cinnamonia con i suoi colori - che andavano dal verde brillante della sua vegetazione, dal rosa-bianco delle sue spiagge - circondata da calde acque cristalline, mi sentii libera da tutti gli stereotipi e desiderosa di sperimentare senza limiti. Le emozioni erano condivise e se non bastavano le parole e gli sguardi, il nostro cercarci con toccamenti e contatti lascivi inequivocabilmente lo dimostrava. Il trasferimento dall’aeroporto al nostro resort avvenne attraverso pittoreschi autobus traballanti in un clima caldo che ci fece inzuppare di sudore gli abiti. Arrivate a destinazione, stanche e accaldate, prendemmo possesso del nostro bungalow e appena chiusa dietro di noi la porta liberammo tutto quello che avevamo accumulato; finalmente sole, libere da sguardi indiscreti, la tensione erotica, compressa come una potente molla, si liberò. Strappammo letteralmente di dosso i vestiti l’una all’altra e ci avvinghiammo in una ardente lotta erotica, eccitati dalla nudità dei nostri corpi e dagli odori che essi emanavano dopo tante ore di viaggio.
Carmen già avvezza - me lo aveva confidato - ai rapporti saffici prese l’iniziativa: prese in bocca i miei piedi baciandoli, leccandoli per poi salire fino al mio bruno pelo pubico. Avvertii un’emozione profonda per l’inedita esperienza. Ci trovammo a sfregare i nostri inguini ricavandone un intenso piacere per i nostri clitoridi così stimolati. Le bocche percorrevano ogni centimetro della nostra pelle, giungendo a bersaglio in un fantastico 69. La mia faccia beatamente affondata nella figa di Carmen, leccando, succhiando il suo aroma selvatico ed io potei esplodere a mia volta per la sua lingua che frugava dentro di me facendomi impazzire. L’udire i nostri gemiti e ansiti di piacere costituiva il completamento della nostra lussuria incontenibile.
Godemmo ripetutamente di un piacere che ci accompagnò i primi giorni di vacanza in cui alternammo mare e sesso bollente lesbico.
Una sera, mentre giacevamo in silenzio dopo l’ennesimo gioco erotico, un pensiero prese forza in me e si fece domanda.
- Certo è bellissimo fra noi, ma non avresti voglia di qualcosa d’altro?
- Dimmi - Carmen mi guardò maliziosa, intuendo già quale fosse il mio quesito.
- Il fatto è che ho una voglia fottuta di essere scopata da un bel cazzo!
Lei scoppiò in una allegra risata.
- Concordo in pieno. Non credo sarà difficile dar soddisfazione al nostro desiderio visto che di carne fresca ce n’è in abbondanza.
Cinnamonia, da poco aperta al turismo, aveva regole in materia sessuale piuttosto rigide e i rapporti carnali erano concepiti esclusivamente all’interno di unioni coniugali. Ma queste restrizioni non valevano nei confronti dei turisti e così il tracimare degli ormoni sessuali dei giovanotti del posto poteva trovare sfogo.
Due belle, giovani donne rappresentavano una preda molto ambita per quei giovanotti muscolosi dalla pelle d’ebano, che spesso erano soliti doversi accontentare di signore attempate in cerca di avventure esotiche.
Fu molto facile farci abbordare quella mattina; un gruppetto di sei ragazzi che da alcuni giorni, mentre ci trovavamo in spiaggia ci ronzava attorno, a un nostro cenno subito si avvicinò. Un linguaggio artificialmente costruito, il Glottobal, ormai diffuso ovunque rendeva possibile comunicare nonostante la sua struttura fosse molto semplice e non consentisse una espressività ricca e articolata; per lo scopo per cui ci serviva - farci scopare - era più che sufficiente.
I ragazzi si mostrarono intraprendenti rubandoci qualche bacetto e carezzandoci audacemente; notai che la loro eccitazione era palese: i loro pantaloncini da bagno mostravano un inequivocabile, e carico di promesse, cospicuo rigonfiamento. Demmo loro un appuntamento per il pomeriggio e ci salutammo. Parlando con Carmen, mentre tornavamo dalla spiaggia, convenimmo sul fatto che in quei giovani uomini si palpasse fisicamente la loro voglia di sesso compressa e impaziente di esprimersi; avevano negli occhi lampi tipici dei predatori ormai in procinto di catturare la preda. Giunta l’ora i ragazzi si presentarono puntuali, decisi a prendersi pienamente ciò di cui avevano assaggiato la caparra. Offrimmo loro birra che trangugiammo insieme ridendo, già pregustando il godimento così atteso. Smaniosi, ancora più di noi, ci circondarono e allungarono le loro mani in un susseguirsi vorticoso di palpeggianti, sfregamenti con l’effetto di strapparci urletti e gemiti maliziosi e invitanti. L’eccitazione dei giovani cresceva e ci trovammo nude fra loro che ci guardavano con cupidigia feroce. Ci inginocchiammo e afferrammo con le nostre mani e poi assaporammo con le nostre bocche quei bei cazzi neri. I nostri corpi nudi erano indubbiamente un bello spettacolo: lei tonica, flessuosa, capelli ramati, tette piccole e sode, figa perfettamente depilata, realizzava un piacevole contrasto con me che avevo un fisico burroso con un seno prosperoso, merce rara da quelle parti, e la figa ornata di un folto pelo nero. Mentre i giovani ci incitavano, succhiavamo voluttuosamente passando dall’uno all’altro quei cazzi, facendoceli scivolare in gola e con movimenti alternati spingendoli fuori lucidi delle nostre salive. Pensavo divertita, da gran troia, cosa avrebbero pensato mio marito, i miei amici e colleghi se avessero potuto vedermi in quel frangente. La voglia, liberata, di sesso dei ragazzi esplose in un assalto impetuoso e ci furono addosso. Mi afferrarono gli arti, che tennero divaricati. Implementai il mio divertimento nel fantasticare di essere una etologa impegnata in un reportage, catturata in una foresta ancora inesplorata da primitivi selvaggi che si apprestavano a compiere un rito sessuale estremo con la loro preda dalla pelle bianca e dalle grosse mammelle ballonzolanti, trascinata nuda e strillante davanti a tutta la tribù festante e smaniosa di assistere all’imminente lussurioso spettacolo.
I ragazzi, scatenati giocavano con le mie tette divertendosi per le mai viste dimensioni, i glutei sodi che racchiudevano una squisita prelibatezza. Fremetti quando dita nervose esplorarono la mia figa e sussultai quando un dito si insinuò nel mio canale anale. La frequenza del mio cuore e del mio respiro aumentavano tumultuosamente. Ano e vagina erano ora esposti in bella mostra. Io, la loro preda, ero immobilizzata, ma invero ansiosa di farmi possedere. Lingue saettanti raggiunsero come avanguardie, le mie cavità, lappando, assaggiando il nettare ivi contenuto, facendomi ansimare.
Poi incominciarono a fare sul serio: si davano il cambio nello scoparmi dando vita così a un ritmo infernale che non prevedeva alcuna tregua: percepivo quelle verghe roventi che mi aprivano, mi penetravano sotto la spinta poderosa di giovani lombi, prendendo il posto l’una dell’altra senza respiro. Mai avrei immaginato di essere posseduta in modo così soddisfacente. Nel frattempo gemendo e miagolando cercavo con la mia bocca quei cazzi che certo non si negavano e, succhiarli mentre ero chiavata ne esaltava il godimento e viceversa. La visione di Carmen che strillava infoiata, posseduta da quei neri ragazzoni nerboruti, rifletteva come in uno specchio la condizione di godimento selvaggio che vivevo io stessa in quel momento, provocandomi forti emozioni.
- Alice è bellissimo, non ho mai goduto così! Che cazzi sontuosi. Scopatemi più forte e venitemi dentro!
L’amica pronunciava queste parole ridendo felice e disinibita.
Vidi, con occhi sognanti, che Carmen veniva posta carponi e, dopo che le fu sollevato il bacino, il suo bellissimo culo fu impalato da un grosso scettro d’ebano. Eccitatissima e distratta da quello che stavo osservando, come fosse la scena di un film erotico, non mi resi conto che la mia pesca veniva allargata da mani decise e quando, inaspettata, una grossa massa di carne superò di slancio il mio sfintere anale e invase i miei intestìni, fui richiamata alla realtà e urlai per il dolore e il piacere.
Carmen ed io strillavamo e gemevamo - femmine in fregola sessualmente dominate - sovrastando per intensità i grugniti e muggiti di piacere dei nostri giovani maschi. Fummo sollevate e distese sul nostro lettone e i nostri orifizi, le nostre bocche riempite di sperma caldo negli ultimi focosi assalti. Già il sole era tramontato quando i giovani si accomiatarono vociando allegramente. Sudate, appagate ci guardammo e, scambiandoci un lussurioso bacio che ci consentì di scambiarci le gocce di seme maschile che ancora erano posate sulle nostre labbra, ci addormentammo stremate .
Un raggio di luna, facendo capolino dalla finestra, illuminava l’oscena immagine dei nostri corpi nudi che restituivano dagli orifizi violati, gocciolando sul lenzuolo, lo sperma che li aveva colmati.
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