Le due porcelle in vacanza. Seconda parte. Incubo erotico e realtà.

di
genere
dominazione

Nella semioscurità un essere pluritentacolato, simile a una piovra marina - anche se, a dir il vero, mi trovavo all’asciutto, distesa completamente nuda su una superficie di terra battuta - gravava su di me.
Nell’aria sentore di fumo, odori pungenti di natura vegetale e animale ed io che nonostante gli sforzi non potevo muovermi immobilizzata da qualcosa che mi serrava i polsi e le caviglie. Quell’oscuro mostro che mi schiacciava rivelò subito la sua immonda, lussuriosa natura: come nel dipinto “La pescatrice di awabi e la piovra” di Hokusai, i suoi tentacoli giocavano con le mie mammelle, succhiavano i miei capezzoli, la sua bocca - o ciò che le somigliava - adesa come una ventosa, si abbeverava alle mie parti intime e una sorta di spessa lingua, che assumeva la forma e la durezza di un pene, violava impetuosa la mia figa; avvertivo le propaggini del mostro scuro frugare sulla soglia del mio sfintere anale, superarlo e percorrermi all’interno le viscere. Anche la mia bocca non fu risparmiata e riempita da una turpe appendice cilindrica che prese a stillare un caldo liquido vischioso. Mi parve di intuire che la volontà di quell’essere era quella di divorarmi ma, pur terrorizzata, ero ancor più intensamente eccitata, godendo per il riempirsi dei miei orifizi di cospicue quantità di sperma e dal piacere osceno che ne ricavavo, tanto da esser pronta ad accettare tutto quello che mi si prospettava.
Mi trovai seduta sul letto per poi subito ricadere supina con il corpo percorso da rivoli di sudore, col cuore che batteva a mille, il respiro affannoso, l’inguine fradicio d’umori per l’intensa sollecitazione erotica provata.
La brezza notturna fresca e il chiarore lunare accolsero il mio risveglio. Carmen e io - lei con le cosce sconciamente divaricate - giacevamo, dopo la selvaggia orgia della sera precedente, completamente svestite e sulla nostra pelle si era rappreso uno strato di sperma che aveva pure inzuppato le nostre lenzuola. Uscii all’esterno del bungalow a contemplare il mare che, nel suo incessante moto, creava una stria di schiuma bianca in corrispondenza della barriera corallina che spiccava nell’oscurità dell’oceano. Ero frastornata e tale stato d’animo mi accompagnò nelle ore successive, pertanto accolsi con sollievo la proposta di una gita organizzata in mattinata a scoprire un antico villaggio tipico dell'isola, non lontano dal nostro residence. Il sito, che raggiungemmo dopo una breve passeggiata, rappresentava l’archetipo degli insediamenti tradizionali dell’arcipelago ormai scomparsi, sopraffatti dalla modernità che anche qui stava avanzando; dopo una propedeutica visita di gruppo ci disperdemmo, chi a far foto di rito o a bighellonare, chi ad acquistare qualche souvenir. Guardai l’orologio: avevamo giusto dieci minuti liberi prima di far ritorno per pranzo.
Sospinta da uno strano istinto mi ritrovai davanti alla capanna dello sciamano, presso la quale avevamo sostato poco prima durante il tour guidato. Gli occhi dello sciamano si erano posati intensamente su di me: avevo pensato che il mio seno prosperoso (una quarta misura) - caratteristica più unica che rara fra le donne del posto, la cui figura era esile e flessuosa, quasi androgina - avessero catturato la sua morbosa curiosità, ma forse c’era di più. Varcai la soglia scostando una stuoia che fungeva da porta entrai dentro e mi trovai immersa nel buio. All’interno c’era sentore di fumo, odore intenso e quasi stordente di spezie frammisto a un afrore animale. Come la mia vista si fu abituata alla semioscurità e attraverso frammenti di luce che filtravano dalle pareti potei scorgere la gigantesca figura scura dello stregone seduto a terra con le gambe accavallate che mi fissava. I suoi occhi - lo ricordo bene - brillavano come di luce propria. Ebbi ben chiaro che quell’uomo non era solo incuriosito dal mio seno, ma che mi voleva possedere dal primo momento che mi aveva scorto nel gruppo. Sentii la mia testa girare e le pareti della rudimentale abitazione si strinsero, poi dilatarono a dismisura dando un senso di vertigine, facendomi vacillare. Sprofondai in uno stato ipnagogico popolato di vivide allucinazioni.
Riemersi da quella semi onirica condizione: ero completamente denudata, distesa con gli arti divaricati sul pavimento di terra battuta; non potevo muovermi poiché le caviglie e i polsi erano fissati con lacci a pioli infissi nel terreno. La figura gigantesca e oscura dello sciamano incombeva su di me: le sue enormi mani sul mio corpo a disegnare strani simboli magici e poi muoversi vorticosamente, accarezzando, palpando, impastando, strizzando, compiacendosi - lo capivo dai suoi mugolii - le mie morbide tette e, in un crescendo, intrufolarsi nelle mie cavità. Il contatto con quelle dita mi produceva brividi come la sua bocca viziosa che sembrava bruciare mentre succhiava i miei capezzoli e quando beveva dalla mia figa già bagnata del mio appiccicoso, odoroso umore. Avrei voluto gridare la mia richiesta d’aiuto, ma ero senza fiato, impotente e soprattutto non sicura di non desiderare ciò che mi si prospettava. Non parlava lo stregone, ma i suoi pensieri di una sfrenata lascivia si insinuavano nel mio cervello facendomi provare un piacere erotico inusitato, mentale oltre che carnale. Quando il suo cazzo mi invase impetuoso, martellante, facendo impazzire la mia carne palpitante e fradicia di eccitazione, pensai che di più non fosse possibile godere ma quando, in rapida successione, qualcosa di viscido - devo ancora sapere di cosa si trattasse, ma forse è meglio non pensarci - percorse in profondità il mio retto gonfiandosi, strusciandosi sulle pareti intestinali, stimolandomi in un crescendo mirabile, raggiunsi davvero l’acme del piacere.
Gli offrii la bocca in segno di totale abbandono e la sua lingua laida - spessa, voluminosa, forse biforcuta - ne prese possesso.
- Se vuoi sarò la tua schiava sessuale fino a quando lo deciderai. Tienimi con te e fammi tutto quello che la tua turpe mente possa mai imaginare. Io lo voglio -, sussurravo con voce arrochita dalla passione.
Il mio corpo e la mia volontà erano totalmente succubi e pronti a soddisfare qualsiasi sua voglia mi venisse richiesta, di tutto il resto nulla i importava più.
L’estasi esplose propagandosi dal mio ventre come un’onda calda. Poi fu il buio per un tempo indefinito.
Mi ritrovai fuori dal villaggio confusa e smarrita.
- Cosa mai mi era successo?
Guardai l’orologio e, sorprendentemente, erano passati solo pochi minuti da quando mi ero separata dal mio gruppo che scorsi qualche centinaio di metri innanzi a me e che, con passo accelerato, avrei potuto raggiungere.
- Dunque era stato nient’altro che un sogno……- non avevo ancora formulato il pensiero che qualcosa di vischioso mi colò dalla figa sulle cosce, poi giù fino alle caviglie e della cui natura non potevo nutrire dubbi: era sperma.
Mi ripulii sommariamente con un fazzoletto e raggiunsi la mia compagnia correndo.

di
scritto il
2023-04-10
3 . 7 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Naufragare

racconto sucessivo

Una scopata inaspettata
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.