Il ritorno della figlia americana Quinto episodio

di
genere
incesti

Guardavo Nicole che si era vestita e truccata. Avrebbe fatto rigirare anche i sassi. Si era messa una minigonna nera che a fatica le copriva il culo sopra una magliettina corta che metteva in risalto i suoi addominali scolpiti. E naturalmente scarpe col tacco alto. Mi sorrise
“ Che c’è papà? Stai ripensando al pompino che ti ho fatto? Mi piace immensamente prenderli in bocca. Beh, a dir la verità mi piace prenderli dappertutto”
“ Per favore, puoi evitare di parlare così?”
“ Ti dà fastidio una figlia che ammette di amare il cazzo?”
“ Mi dà fastidio il fatto che tu lo abbia fatto con me. Si è trattato di violenza carnale” Mia figlia scoppiò a ridere
“ Va’ a denunciarmi. Di’ alla polizia che sono talmente più forte di te da averti costretto a scopare a forza di botte. E poi vediamo le risate che si fanno i poliziotti. Soprattutto se poi io dovessi fare la faccetta triste dicendo che sei stato tu a costringermi. E poi vediamo a chi crederanno” Aveva pienamente ragione. Ero completamente nelle sue mani
“ Ma perché io? Bella come sei puoi avere tutti i ragazzi che vuoi solo schioccando le dita
“ Quante storie! Si vedeva subito che io ti eccitavo. Ma hai troppe remore e ti ho dovuto prendere con la forza. Sai, è meraviglioso violentare un maschio. Purtroppo non lo avevo mai potuto fare perché gli uomini appena mi vedono se ne vengono. Figurati se fanno storie se me li voglio scopare. Ma con te che sei mio padre ho potuto finalmente dare sfogo a questo mio desiderio facendolo diventare realtà”
“ Lo capisci che quello che abbiamo fatto è immorale?” Fece un sorriso sadico e mi venne vicino per afferrarmi per il mento
“ Non me ne frega un cazzo della morale. Tu fai quello che io ti dico di fare e la questione è chiusa”
“ Cosa vuoi fare? La padrona? Vuoi frustarmi””
“ Ci sei arrivato. Solo che non sarà una dominazione consensuale. E la cosa mi eccita da morire. A proposito, non ho potuto portare i miei oggettini per non correre il rischio che mi aprissero la valigia all’aeroporto e quindi adesso andremo a comprarli” Rimasi esterrefatto
“ Cosa? No, non puoi volere una cosa del genere”
“ E invece è proprio quello che voglio. Dammi la tua carta di credito e non rompermi i coglioni” Non riuscivo a credere a ciò che mi stava dicendo. Mi stava trattando come una merda. Il problema è che avevo una paura matta di una sua reazione. Ciononostante, decisi di convincerla usando un tono di voce appena accennato
“ Nicole, per favore, cerca di ragionare” Mi lasciò il mento e si allontanò di un metro circa e poi avvenne quello che mi fece definitivamente comprendere quale fosse la situazione. Fece partire un calcio che mi colse in pieno viso e mi fece barcollare. Non ero del tutto cosciente perché il calcio era stato violento e lei si avvicinò di nuovo a me e mi diede uno schiaffo tremendo che mi mandò a terra
“ Sei proprio un coglione. Avresti dovuto capire che con me non si scherza” Mi afferrò per i capelli facendomi rialzare e poi un altro ceffone tremendo che mi mandò di nuovo a terra. Mi rannicchiai terrorizzato
“ Ti prego, basta, farò quello che vuoi”
“ Questa è ‘ultima volta che te lo ordino. Poi passerò a farti male sul serio. Finora ho avuto accortezza e ti ho solo fatto capire che comando io ma dalla prossima volta non avrò remore e il calcio che ti ho dato invece di farti barcollare ti spaccherà la faccia. E posso farlo facilmente, mi devi credere sulla parola papà. Ora dammi immediatamente la tua carta di credito” Barcollando e con le lacrime che mi uscivano dagli occhi presi il mio portafogli e le consegnai una delle mie carte. Non c’erano grosse cifre perché si trattava di un conto secondario ma c’erano comunque circa dieci mila euro. Lei sorrise tronfia prendendo il suo cellulare “Dammi il pin che me lo segno” Glie lo diedi e lei se lo segnò sempre sorridendo
“ Vuoi spendere tutto quello che c’è su quella carta? Le chiesi usando un tono che non la facesse arrabbiare. Lei si rigirò la carta tra le mani
“ Quanto c’è qui dentro?”
“ Circa diecimila euro”
“ Una miseria. So che sei benestante e sicuramente hai altre carte più sostanziose. Per il momento mi accontento di questa. I soldi sono diventati miei. Obiezioni papà?” Ero ancora mezzo intontito per le percosse di prima e volevo evitarne altre. Scossi quindi la testa
“ No Nicole. Nessuna obiezione”
“ Bene adesso mettiti in ginocchio e bacia i miei piedi” Sempre piangendo le obbedii. Mia figlia voleva fare la dominatrice con me e io non potevo fare altro che obbedirle. Era più forte di me e sadica al punto da potermi picchiare anche solo per divertirsi. Pensai anche a una denuncia ma poi scartai l’idea. Nicole aveva perfettamente ragione. Mi avrebbero preso in giro. Senza contare che Nicole poteva dire che ero stato io ad averla violentata e avrebbero creduto a lei.. Mia figlia intanto continuava a rigirarsi la carta tra le mani
“ Bene paparino. Abbiamo messo le carte in tavola o vuoi ancora qualche dimostrazione?”
“ Basta Nicole, ti prego. Non mi picchiare ancora”
“ Oh, papino caro. Chi comanda tra noi due?”
“ Tu, comandi tu”
“ E allora come ci si rapporta con la persona che comanda?”
“ Io…Non capisco” balbettai e lei mi mise un piede in testa costringendomi a mettere il viso per terra
“ Beh, te lo spiego io. Visto che sono io a comandare, tu dovrai chiamarmi padrona. In fondo è quello che io sono per te. E quando lo fai, mettici anche un po’ d’enfasi. Magari dandomi del lei. Sai, quando lo faccio negli States, col fatto che si dà a tutti del tu, non viene messa in risalto la mia superiorità. La lingua italiana invece offre questa possibilità e quindi la sfruttiamo. Giusta schiavo?”
“ Sì padrona” risposi ormai privo di volontà e terrorizzato da mia figlia. Terrorizzato era la parola giusta. Era una ragazza incredibile e mi accorsi che nonostante tutto io l’ammiravo. E questo non era normale.
scritto il
2023-04-14
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