Schiava del marito e dell’amante (parte 1)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Diego mi aveva detto che come schiava sei brava e, per quanto ho visto sino ad ora, lo devo confermare”.
Nel corso degli incontri con Edith, Anna non rinunciava mai a togliersi la fede. Le piaceva ed eccitava maggiormente quel simbolo che la univa al marito, suo Padrone in questi momenti, unitamente all’amante.
Il matrimonio ultimamente presentava criticità, eppure l’idea di essere schiava del marito ed usata assieme all’amante, la eccitava terribilmente.
Lei e Diego da anni provavano piacere in questa forma di erotismo e avevano sempre cercato assieme la Padrona.
Si sentì bagnare.
“Sì, Padrona”.
Quella donna di colore aveva un carattere molto forte e dominante.
All’inizio si erano scontrati caratterialmente. Edith, sin dai primi approcci, era stata un tornado nella loro coppia. Si era avvicinata a loro con la sua forza e la sua sicurezza, cosa che li aveva spiazzati, abituati, nei precedenti rapporti, ad una persona che inizialmente interagiva con loro con una certa cautela.
Nonostante le accese discussioni, lei ed il marito, Diego, non riuscivano ad allontanarla, quasi attratti dalla forza che trasmetteva e da ciò che quel temperamento avrebbe potuto promettere nell’ambito del loro rapporto.
Edith si mise comoda sulla poltrona allargando le gambe.
“Leccami”.
L’ordine suonò come una frustata, pronunciato col tono di chi non si aspetta altro che pronta esecuzione, sicura che l’uso del frustino in passato avesse insegnato alla schiava ciò che avrebbe potuto accadere.
Anna si avvicinò carponi, lentamente, sia per ritardare a sé stessa l’inizio dell’esecuzione godendo del piacere dell’attesa, sia perchè la eccitava provocare quella donna esigente, in quella danza tra dominante e dominata nella quale la seconda voglia provocare la prima, quasi a spingerla a tirare a sé il guinzaglio del potere che le è stato dato.
Edith era eccitata. Quella donna sapeva come giocare coi ruoli.
La osservò nel suo incedere ancheggiante. Non le era sfuggito l’unico istante in cui la cagna l’aveva guardata negli occhi, gridandole silenziosamente la provocazione di chi esegue un ordine, ma coi tempi propri.
Ogni cosa deve essere messa al suo posto.
Appena la schiava fu vicina alla figa della Padrona, lo schiaffo che ricevette fu molto forte.
Edith la guardò mentre si rimetteva in posizione, con il comportamento di chi sa che deve obbedire, dopo avere saggiato i confini ed essere riportata all’interno di essi.
Anna fu colta alla sprovvista dal secondo schiaffo, sulla stessa guancia, utile solo ad affermare quel potere che lei aveva provocato.
Si sentì bagnare ulteriormente.
Eppure l’istinto la portò ad alzare lo sguardo arrabbiato per il brevissimo tempo di ricevere sulle natiche il forte colpo di frustino che, definitivamente, le fece abbassare gli occhi e, dopo il lamento ed il movimento a difesa del corpo, avvicinare la lingua al sesso depilato di colei che, ancora, l’aveva sottomessa, schiacciata sotto la sua volontà.
Edith, eccitata dalla lingua e dal suo potere, l’accarezzava dolcemente sul capo, come fosse un animaletto domestico e docile, ubbidiente, finché non le spinse la testa contro il sesso nel momento in cui godette.
Appena lasciata, la schiava si accucciò ai suoi piedi in attesa di ordini, eccitata per avere dato il piacere alla Padrona e per la propria sottomissione.
Edith le mise un piede sul capo e si godette il momento di rilassatezza.
Le piaceva tenere la giovane schiava bianca sotto i piedi.
Schiacciò fino a sentire il lamento, traendo piacere da questo ma anche dall’immobilità di colei che subiva il dolore senza opposizione alcuna.
“Portami da bere”.
Ordini. Edith nei confronti di Anna pronunciava solo ordini.
Era stata chiara al momento dei primi contatti. Lei non cercava amicizia, solo dominio. Solo con Diego aveva instaurato un dialogo nel quale ogni tanto discorrevano anche di fatti di vita. Con Anna invece nessun tipo di rapporto se non quello basato sulla schiavitù.
Agli inizi non era stato facile in quanto usciva dai loro schemi comportamentali ma, forse apposta per questo, avevano provato una sorta di attrazione che smise sempre più di respingerli.
Anna portò un vassoio con un bicchiere di acqua fresca, si inginocchiò e glielo porse. La Padrona bevve, rimise il bicchiere sul vassoio avendo cura di osservare che gli occhi della giovane bianca restassero bassi.
“Finisci di stirare”.
Per lei Anna era una schiava totale.
Quando si incontravano a casa di Edith, questa usava la schiava anche per le sue esigenze domestiche.
I coniugi avevano esplorato una forma diversa di dominio, più completo, forte, un erotismo in cui la finzione diventava sempre più vera nei momenti in cui veniva vissuta.
Così Anna stirava, puliva casa, rassettava mentre i Padroni si godevano la vita.
Edith si mise a leggere un libro.
Un’ora dopo la ragazza andò davanti a lei, si inginocchiò e pose la fronte a terra.
“Ho finito, Padrona”.
Edith vide che era stanchissima.
“Vai a lavarti, poi torna qui”.
“Sì, Padrona”.
Baciò i piedi e si allontanò.
Non era stato facile per Edith ottenere quella forma di adorazione e sottomissione.
Aveva però trovato terreno fertile nell’insegnare a quella giovane bianca come voleva che si comportasse, trattandola come una schiava da educare, senza pietà alcuna, frustando ad ogni errore fino ad ottenere la perfetta esecuzione.
Questo aveva eccitato Anna e suo marito.
Quando tornò, più rilassata e profumata, la fece accucciare ai suoi piedi e le consentì di riposarsi. Non le legò il guinzaglio, aveva solo il collare di catena.
Dopo poco la sentì respirare più tranquillamente, si era addormentata.
Si rese conto del piacere nell’avere una persona che dorme a terra ai propri piedi.
Spesso la trattava come un cane, costringendola a dormire sul pavimento dal suo lato del letto. La eccitava l’idea dello stuoino umano al risveglio, la mattina, sul quale appoggiare i piedi, all’uscita dal caldo e comodo letto mentre la schiava aveva dormito sul duro pavimento, incatenata.
Nel corso degli incontri con Edith, Anna non rinunciava mai a togliersi la fede. Le piaceva ed eccitava maggiormente quel simbolo che la univa al marito, suo Padrone in questi momenti, unitamente all’amante.
Il matrimonio ultimamente presentava criticità, eppure l’idea di essere schiava del marito ed usata assieme all’amante, la eccitava terribilmente.
Lei e Diego da anni provavano piacere in questa forma di erotismo e avevano sempre cercato assieme la Padrona.
Si sentì bagnare.
“Sì, Padrona”.
Quella donna di colore aveva un carattere molto forte e dominante.
All’inizio si erano scontrati caratterialmente. Edith, sin dai primi approcci, era stata un tornado nella loro coppia. Si era avvicinata a loro con la sua forza e la sua sicurezza, cosa che li aveva spiazzati, abituati, nei precedenti rapporti, ad una persona che inizialmente interagiva con loro con una certa cautela.
Nonostante le accese discussioni, lei ed il marito, Diego, non riuscivano ad allontanarla, quasi attratti dalla forza che trasmetteva e da ciò che quel temperamento avrebbe potuto promettere nell’ambito del loro rapporto.
Edith si mise comoda sulla poltrona allargando le gambe.
“Leccami”.
L’ordine suonò come una frustata, pronunciato col tono di chi non si aspetta altro che pronta esecuzione, sicura che l’uso del frustino in passato avesse insegnato alla schiava ciò che avrebbe potuto accadere.
Anna si avvicinò carponi, lentamente, sia per ritardare a sé stessa l’inizio dell’esecuzione godendo del piacere dell’attesa, sia perchè la eccitava provocare quella donna esigente, in quella danza tra dominante e dominata nella quale la seconda voglia provocare la prima, quasi a spingerla a tirare a sé il guinzaglio del potere che le è stato dato.
Edith era eccitata. Quella donna sapeva come giocare coi ruoli.
La osservò nel suo incedere ancheggiante. Non le era sfuggito l’unico istante in cui la cagna l’aveva guardata negli occhi, gridandole silenziosamente la provocazione di chi esegue un ordine, ma coi tempi propri.
Ogni cosa deve essere messa al suo posto.
Appena la schiava fu vicina alla figa della Padrona, lo schiaffo che ricevette fu molto forte.
Edith la guardò mentre si rimetteva in posizione, con il comportamento di chi sa che deve obbedire, dopo avere saggiato i confini ed essere riportata all’interno di essi.
Anna fu colta alla sprovvista dal secondo schiaffo, sulla stessa guancia, utile solo ad affermare quel potere che lei aveva provocato.
Si sentì bagnare ulteriormente.
Eppure l’istinto la portò ad alzare lo sguardo arrabbiato per il brevissimo tempo di ricevere sulle natiche il forte colpo di frustino che, definitivamente, le fece abbassare gli occhi e, dopo il lamento ed il movimento a difesa del corpo, avvicinare la lingua al sesso depilato di colei che, ancora, l’aveva sottomessa, schiacciata sotto la sua volontà.
Edith, eccitata dalla lingua e dal suo potere, l’accarezzava dolcemente sul capo, come fosse un animaletto domestico e docile, ubbidiente, finché non le spinse la testa contro il sesso nel momento in cui godette.
Appena lasciata, la schiava si accucciò ai suoi piedi in attesa di ordini, eccitata per avere dato il piacere alla Padrona e per la propria sottomissione.
Edith le mise un piede sul capo e si godette il momento di rilassatezza.
Le piaceva tenere la giovane schiava bianca sotto i piedi.
Schiacciò fino a sentire il lamento, traendo piacere da questo ma anche dall’immobilità di colei che subiva il dolore senza opposizione alcuna.
“Portami da bere”.
Ordini. Edith nei confronti di Anna pronunciava solo ordini.
Era stata chiara al momento dei primi contatti. Lei non cercava amicizia, solo dominio. Solo con Diego aveva instaurato un dialogo nel quale ogni tanto discorrevano anche di fatti di vita. Con Anna invece nessun tipo di rapporto se non quello basato sulla schiavitù.
Agli inizi non era stato facile in quanto usciva dai loro schemi comportamentali ma, forse apposta per questo, avevano provato una sorta di attrazione che smise sempre più di respingerli.
Anna portò un vassoio con un bicchiere di acqua fresca, si inginocchiò e glielo porse. La Padrona bevve, rimise il bicchiere sul vassoio avendo cura di osservare che gli occhi della giovane bianca restassero bassi.
“Finisci di stirare”.
Per lei Anna era una schiava totale.
Quando si incontravano a casa di Edith, questa usava la schiava anche per le sue esigenze domestiche.
I coniugi avevano esplorato una forma diversa di dominio, più completo, forte, un erotismo in cui la finzione diventava sempre più vera nei momenti in cui veniva vissuta.
Così Anna stirava, puliva casa, rassettava mentre i Padroni si godevano la vita.
Edith si mise a leggere un libro.
Un’ora dopo la ragazza andò davanti a lei, si inginocchiò e pose la fronte a terra.
“Ho finito, Padrona”.
Edith vide che era stanchissima.
“Vai a lavarti, poi torna qui”.
“Sì, Padrona”.
Baciò i piedi e si allontanò.
Non era stato facile per Edith ottenere quella forma di adorazione e sottomissione.
Aveva però trovato terreno fertile nell’insegnare a quella giovane bianca come voleva che si comportasse, trattandola come una schiava da educare, senza pietà alcuna, frustando ad ogni errore fino ad ottenere la perfetta esecuzione.
Questo aveva eccitato Anna e suo marito.
Quando tornò, più rilassata e profumata, la fece accucciare ai suoi piedi e le consentì di riposarsi. Non le legò il guinzaglio, aveva solo il collare di catena.
Dopo poco la sentì respirare più tranquillamente, si era addormentata.
Si rese conto del piacere nell’avere una persona che dorme a terra ai propri piedi.
Spesso la trattava come un cane, costringendola a dormire sul pavimento dal suo lato del letto. La eccitava l’idea dello stuoino umano al risveglio, la mattina, sul quale appoggiare i piedi, all’uscita dal caldo e comodo letto mentre la schiava aveva dormito sul duro pavimento, incatenata.
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