Schiava del marito e dell’amante (parte 2)
di
Kugher
genere
sadomaso
Diego entrò in casa.
Si tolse Il giubbotto impermeabile che scrollò per liberarlo dall’acqua.
Odiava usare l’ombrello che dimenticava sempre da qualche parte. Adorava il cappuccio che, benché non elegante, aveva preferito per la comodità.
Quell’acquazzone estivo aveva avuto il pregio di interrompere la calura sempre più opprimente in quella città, nella quale il cemento e l’asfalto restituivano agli uomini quel calore che loro stessi avevano sottratto alla terra.
Non si curò dell’acqua sul pavimento, né ebbe cura di pulirsi le scarpe prima di addentrarsi in casa.
Provò piacere nel pensare alla moglie che avrebbe dovuto pulire, a 4 zampe, con il solo straccio tra le mani.
Anche Edith notò le impronte delle scarpe sul pavimento e pensò che quello sarebbe stato il prossimo ordine alla giovane bianca.
Diego pose una scarpa sul viso della moglie a terra e schiacciò, fino a trarre piacere dal flebile lamento.
Baciò sulle labbra l’amante mentre le sfiorava il seno.
“Il temporale ha rinfrescato, andiamo a prendere un aperitivo?”
“Dammi 10 minuti per prepararmi”.
L’uomo conosceva i suoi “10 minuti”. Sorrise e si sistemò comodo in poltrona, predisposto ad una attesa più lunga della tempo promesso.
“Seguimi!”
Gli ordini che Edith dava recavano in essi sempre lo schiocco di una frustata, quasi anticipandola in caso di esecuzione non soddisfacente o, anche, per il semplice divertimento di darla.
Anna sapeva che avrebbe dovuto seguirla come una cagna.
Giunta in camera da letto fece spostare la sedia davanti alla toeletta e fece sistemare Anna, sulla cui schiena comodamente si sedette per truccarsi, con calma.
Edith trovava piacevole sentire sotto di sé un corpo umano che si sforza di reggere il peso e lasciare comodi.
Adorava utilizzarla in quel modo per tempi sempre più lunghi, portandola spesso allo stremo. Fece con calma, gustando ogni momento della fatica altrui.
Al termine si fece aiutare nella vestizione e, osservandosi soddisfatta allo specchio, pretese il bacio alle scarpe.
Prima di uscire la incatenarono sul pavimento accanto alla porta, così che avrebbe potuto pulire con lo straccio l’acqua lasciata da Diego ed essere pronta a riceverli al loro rientro.
Per Diego non era una novità, ma ad Edith eccitò l’idea di essere tranquillamente in giro per la città mentre a casa aveva una donna bianca, nuda, incatenata sul pavimento ad attenderla.
“Qualche volta mi portavo a casa una donna e incatenavo Anna in cantina. Poi, dopo il sesso, non avevo voglia di andarla a prendere e le facevo fare là tutta la notte. Mi piaceva tenerla laggiù”.
“Bellissima cosa. Anche adesso dovremmo ricavare in cantina uno spazio per lei, con qualche anello di ferro per incatenarla ed uno stuoino sul quale farla stendere”.
La attrezzarono la settimana successiva.
Dovevano solo comperare qualche anello in acciaio.
Costrinsero la schiava a lavorare per spostare gli oggetti e ricavare uno spazio.
Diego assicurò qualche anello nel muro e nel pavimento ove attaccare la catena.
Sistemarono uno stuoino.
Lo inaugurarono quella sera stessa. Dopo cena, la portarono, a 4 zampe, in cantina. La fecero sistemare nello spazio ricavato tra gli oggetti depositati e fissarono la catena-guinzaglio ad un anello.
Lasciarono la catena corta, in modo che, al massimo, avrebbe potuto girarsi o mettersi a 4 zampe.
Le lasciarono vicino anche una coperta e la ciotola dell’acqua.
Si fecero baciare i piedi e la lasciarono lì, al buio.
Quella sera fecero sesso pensando alla schiava incatenata e provarono molto piacere.
I coniugi, in assenza di Edith, ebbero modo di parlare, in seguito, sia della cantina sia della progressione del loro rapporto con la Padrona/amante.
La relazione a tre era incentrata solo sul sesso e sull’eccitazione dettata dal dominio ma, come in ogni rapporto umano, stavano scoprendo sempre più nuovi aspetti e piaceri, esplorando nuove sfumature.
Un diverso collante si formò all’interno di una coppia che stava iniziando a sfaldarsi, uniti ora dall’eccitazione.
Si rendevano conto che era una pausa, una tacita sospensione delle iniziate incomprensioni.
L’inserimento di una terza persona in una relazione è sempre cosa pericolosissima in quanto, trattandosi di rapporti umani, le variabili sono troppe.
Non si rendevano conto che, invece di unirli, questa situazione li portava sempre più ad allontanarsi in quanto ciascuno la viveva in termini egoistici, puntando sul soddisfacimento delle esigenze individuali, ove il coniuge era solo uno strumento.
I loro rapporti fisici erano limitati alla presenza di Edith.
Quando erano soli ne parlavano, fantasticavano su nuovi e possibili scenari, si eccitavano a vicenda ma, all’atto pratico, tra loro non c’erano rapporti sessuali.
Si tolse Il giubbotto impermeabile che scrollò per liberarlo dall’acqua.
Odiava usare l’ombrello che dimenticava sempre da qualche parte. Adorava il cappuccio che, benché non elegante, aveva preferito per la comodità.
Quell’acquazzone estivo aveva avuto il pregio di interrompere la calura sempre più opprimente in quella città, nella quale il cemento e l’asfalto restituivano agli uomini quel calore che loro stessi avevano sottratto alla terra.
Non si curò dell’acqua sul pavimento, né ebbe cura di pulirsi le scarpe prima di addentrarsi in casa.
Provò piacere nel pensare alla moglie che avrebbe dovuto pulire, a 4 zampe, con il solo straccio tra le mani.
Anche Edith notò le impronte delle scarpe sul pavimento e pensò che quello sarebbe stato il prossimo ordine alla giovane bianca.
Diego pose una scarpa sul viso della moglie a terra e schiacciò, fino a trarre piacere dal flebile lamento.
Baciò sulle labbra l’amante mentre le sfiorava il seno.
“Il temporale ha rinfrescato, andiamo a prendere un aperitivo?”
“Dammi 10 minuti per prepararmi”.
L’uomo conosceva i suoi “10 minuti”. Sorrise e si sistemò comodo in poltrona, predisposto ad una attesa più lunga della tempo promesso.
“Seguimi!”
Gli ordini che Edith dava recavano in essi sempre lo schiocco di una frustata, quasi anticipandola in caso di esecuzione non soddisfacente o, anche, per il semplice divertimento di darla.
Anna sapeva che avrebbe dovuto seguirla come una cagna.
Giunta in camera da letto fece spostare la sedia davanti alla toeletta e fece sistemare Anna, sulla cui schiena comodamente si sedette per truccarsi, con calma.
Edith trovava piacevole sentire sotto di sé un corpo umano che si sforza di reggere il peso e lasciare comodi.
Adorava utilizzarla in quel modo per tempi sempre più lunghi, portandola spesso allo stremo. Fece con calma, gustando ogni momento della fatica altrui.
Al termine si fece aiutare nella vestizione e, osservandosi soddisfatta allo specchio, pretese il bacio alle scarpe.
Prima di uscire la incatenarono sul pavimento accanto alla porta, così che avrebbe potuto pulire con lo straccio l’acqua lasciata da Diego ed essere pronta a riceverli al loro rientro.
Per Diego non era una novità, ma ad Edith eccitò l’idea di essere tranquillamente in giro per la città mentre a casa aveva una donna bianca, nuda, incatenata sul pavimento ad attenderla.
“Qualche volta mi portavo a casa una donna e incatenavo Anna in cantina. Poi, dopo il sesso, non avevo voglia di andarla a prendere e le facevo fare là tutta la notte. Mi piaceva tenerla laggiù”.
“Bellissima cosa. Anche adesso dovremmo ricavare in cantina uno spazio per lei, con qualche anello di ferro per incatenarla ed uno stuoino sul quale farla stendere”.
La attrezzarono la settimana successiva.
Dovevano solo comperare qualche anello in acciaio.
Costrinsero la schiava a lavorare per spostare gli oggetti e ricavare uno spazio.
Diego assicurò qualche anello nel muro e nel pavimento ove attaccare la catena.
Sistemarono uno stuoino.
Lo inaugurarono quella sera stessa. Dopo cena, la portarono, a 4 zampe, in cantina. La fecero sistemare nello spazio ricavato tra gli oggetti depositati e fissarono la catena-guinzaglio ad un anello.
Lasciarono la catena corta, in modo che, al massimo, avrebbe potuto girarsi o mettersi a 4 zampe.
Le lasciarono vicino anche una coperta e la ciotola dell’acqua.
Si fecero baciare i piedi e la lasciarono lì, al buio.
Quella sera fecero sesso pensando alla schiava incatenata e provarono molto piacere.
I coniugi, in assenza di Edith, ebbero modo di parlare, in seguito, sia della cantina sia della progressione del loro rapporto con la Padrona/amante.
La relazione a tre era incentrata solo sul sesso e sull’eccitazione dettata dal dominio ma, come in ogni rapporto umano, stavano scoprendo sempre più nuovi aspetti e piaceri, esplorando nuove sfumature.
Un diverso collante si formò all’interno di una coppia che stava iniziando a sfaldarsi, uniti ora dall’eccitazione.
Si rendevano conto che era una pausa, una tacita sospensione delle iniziate incomprensioni.
L’inserimento di una terza persona in una relazione è sempre cosa pericolosissima in quanto, trattandosi di rapporti umani, le variabili sono troppe.
Non si rendevano conto che, invece di unirli, questa situazione li portava sempre più ad allontanarsi in quanto ciascuno la viveva in termini egoistici, puntando sul soddisfacimento delle esigenze individuali, ove il coniuge era solo uno strumento.
I loro rapporti fisici erano limitati alla presenza di Edith.
Quando erano soli ne parlavano, fantasticavano su nuovi e possibili scenari, si eccitavano a vicenda ma, all’atto pratico, tra loro non c’erano rapporti sessuali.
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