Pigmei - la cattura delle schiave (parte 3)

di
genere
sadomaso

Una cosa della quale le schiave non si potevano lamentare, era il cibo.
La quantità sopperiva alla mancanza di qualità. La terra era ricca di prodotti e di animali e quegli uomini non lesinavano cibo alle schiave che, evidentemente, preferivano avere nutrite e forti, ed alle quali davano gli stessi cibi consumati da loro. Le schiave mangiavano dopo averli serviti, ma ciò che avanzava era più che sufficiente.
Chanel si chiese se nel luogo dove erano diretti avrebbero trovato anche schiavi.
Sin dagli inizi, non ebbe dubbi sui loro usi per soddisfare le esigenze sessuali dei pigmei.
Anche lei era stata costretta a servirli.
Inizialmente avevano usato le schiave già catturate, con buona probabilità per far vedere loro come avrebbero dovuto servirli e sull’inevitabilità del servizio.
Qualcuna delle nuove venne frustata a lungo per fiaccare la sua resistenza e, alla fine, soddisfare sessualmente i Padroni.
Lei si era ripromessa di non fare inutili resistenze. Alla fine avrebbe dovuto fare sesso con loro e ogni diverso comportamento l’avrebbe portata ad una severa punizione, come ebbe modo di verificare.
La prima delle schiave del suo gruppo ad essere usata sessualmente fu Michelle, una giovane marchesa. Si conoscevano di vista. Da poco aveva cominciato a frequentare le serate a Versailles o alle feste e si erano parlate poco.
Durante il viaggio avevano fatto una conoscenza più approfondita e Michelle le aveva confidato di non avere mai avuto rapporti sessuali.
I pigmei avevano scelto proprio lei, tra le nuove schiave catturate, da usare per soddisfare le loro esigenze sessuali.
Forse fu per caso o, forse, avevano intuito la sua verginità e volevano sin da subito insegnare a tutte che non avevano scampo, che quello sarebbe stato uno dei loro utilizzi.
Spaventata, dopo molte resistenze e frustate, Michelle si era comunque prestata all’uso della bocca. Inizialmente era impacciata e coi denti aveva fatto male al Padrone, il quale aveva reagito con schiaffi e tirate ai capelli.
La cosa, comunque, sembrava averlo eccitato e, alla fine, la schiava riuscì a far godere l’uomo che l’aveva scelta.
Almeno erano veloci, non avevano molta fantasia e volevano arrivare all’orgasmo il prima possibile.
Gradivano molto l’uso della bocca. Amavano anche farle mettere a 4 zampe e montarle.
Per loro era indifferente usare la figa o il culo. Entrambi venivano fatti leccare da altra schiava per agevolare l’ingresso del cazzo.
Quando si fermarono per una breve sosta a metà della mattinata, venne il suo turno di soddisfare sessualmente uno dei pigmei.
Nonostante ogni sua promessa a sé stessa, ebbe una reazione non prevista e non voluta.
Era il secondo giorno di prigionia. Appena chiamata aveva rifiutato di avvicinarsi all’uomo.
Nemmeno le frustate ebbero l’effetto di convincerla e ne ricevette finché non crollò a terra.
L’uomo dovette comunque avere provato piacere in quanto aveva il cazzo duro ben visibile sotto al gonnellino.
Quando lei fece segno di arrendersi, era stesa a terra, sulla schiena.
Abbandonò al suolo gambe e braccia.
L’uomo le si pose accanto al viso e le mise il piede sul collo. Schiacciava, schiacciava senza voler dar cenno di smettere.
Era impietoso e nello sguardo gli si leggeva dominio ed eccitazione, senza sapere dire quale delle due stesse prevalendo.
La guardava negli occhi in attesa della resa definitiva.
Il cazzo era durissimo.
Schiacciava il piede sul collo e la guardava, in attesa.
Lei era sfinita, provata e non dava segni di resistenza, ma nemmeno di resa.
Fu costretta quando il cervello, prevalendo sulla sua volontà, la portò ad allargare le cosce per ricevere, in cambio, l’allentamento della pressione del piede sul collo che le consentì di ricevere l’agognato ossigeno.
Il Padrone dette segno di soddisfazione per la sua vittoria ed il prossimo soddisfacimento delle sue voglie sessuali, ben rappresentate dalla durezza del cazzo.
Quale ulteriore gesto dedicato alla celebrazione della vittoria, tale da poter essere osservato da tutti e, soprattutto, da tutte le schiave quale monito ed esempio, salì in piedi sui seni di Chanel.
Non era pesante e la schiava non ebbe grosse difficoltà a reggerlo per il tempo da lui desiderato.
Gli occhi dell’uomo trasmettevano voglia ed eccitazione, oltre allo sguardo tipico del cacciatore vittorioso che si presta a prendere possesso della sua preda.
Restando sul trofeo, chiamò altra schiava per farle leccare la figa e, così, predisporla all’accoglimento del suo cazzo che avrebbe potuto scorrere piacevolmente nel sesso.
Solo quando le fu vicina, Chanel ebbe modo di verificare che a tale compito era stata chiamata la sua serva.
Non poteva che essere un caso. Quegli uomini non prestavano attenzione alle relazioni personali delle schiave e, certamente, non avrebbero avuto la possibilità di capire i diversi ruoli delle due schiave.
Tuttavia il “caso” le procurò fastidio ulteriore rispetto a quanto già fortemente provato.
Ebbe un moto di ribellione che, fortunatamente, riuscì a nascondere a colui che la stava calpestando in quel momento.
Louise se ne doveva essere sicuramente accorta.
Appena prima di leccarla, la serva le morse le grandi labbra, evidentemente per iniziare a vendicarsi di tutte le angherie cui era stata sottoposta dalla sua Padrona.
L’uomo era ancora in piedi sui suoi seni, soddisfatto dalla resa che le leggeva nello sguardo ancora segnato da un moto di ribellione.
Chanel lo guardava, osservava i suoi occhi. Sapeva che le stava guardando dentro, attraverso lo sguardo dal quale non poteva non trasparire quella scintilla che lei teneva a bada.
Sono sensazioni istintive. Capiva che l’uomo sopra di lei aveva intuito il suo stato d’animo e stava traendo piacere dalla sua sottomissione.
La schiava pensò, in quei pochi istanti di lucidità, che il pigmeo sopra di lei fosse abituato alla sottomissione totale da parte delle schiave catturate, e la sua reazione lo doveva avere eccitato.
Oltre al trambusto causato dalla sua reazione, l’attenzione di tutti gli uomini era evidente, curiosi di vedere la presa di possesso ma, con ogni probabilità, anche di quella elettricità che si era creata tra cacciatore e cacciata.
Si sentiva tutti gli occhi addosso e questo le costava maggiormente in quanto la nudità della sua anima le sembrava maggiormente visibile.
Aveva sempre adorato avere gli occhi addosso, ma solo per soddisfare il suo piacere nell’esibizione e sentirsi ammirata.
In quel frangente tutti osservavano la sua sottomissione, la sua resa.
Non era invidiata. Era solo un oggetto di piacere, una cosa divertente che aveva elettrizzato i presenti.
Louise la stava leccando e mordendo, attenta a far sì che il dolore dei denti non impedisse alla figa di bagnarsi.
Aveva il timore che se il pigmeo l’avesse trovata asciutta, l’avrebbe spellata con la frusta.
Quando il Padrone ritenne giunto il momento, scese dal suo trono umano e, con un piede, scalciò via la serva, facendola rotolare su sé stessa.
Si stese sulla sua preda e la penetrò trovandola bagnata grazie al lavoro dell’altra donna della quale nemmeno ricordava più il viso.
Essendo più corto della schiava, il suo viso arrivava ai seni. Era evidentemente eccitato e si divertiva ancor di più a leccarglieli e a morderli.
Chanel, per un moto di orgoglio, cercava di resistere e di trattenere ogni lamentela.
Lui lo aveva capito e si divertiva ancor di più, dosando la forza e, a piacimento, stringendo fino ad arrivare al punto in cui, divenendo il dolore insopportabile, la schiava, in una continua serie di rese, era costretta a lamentarsi.
Lei sentiva nella figa il risultato di quel gioco in quanto il cazzo si induriva sempre più, senza mai retrocedere in turgore ma sentendolo sempre duro e, a dispetto dell’altezza dell’uomo, grosso e lungo.
A volte si fermava poco prima del lamento, come il gatto che gioca col topo.
Lei lo capiva, sentiva di essere un giocattolo nelle sue mani, ma non riusciva a fare nulla, se non, costretta, a partecipare a quel gioco che la umiliava sempre più, la faceva sentire sempre più una preda catturata e domata.
L’eccitazione del Padrone aumentava sempre più. Anche lei se ne accorgeva dalla forza dei colpi che le dava e da come, con le mani, le stringeva il collo come se le sue dita fossero il collare che stringeva l’animale posseduto.
L’uomo aveva alzato lo sguardo sul suo e lei gli scavava dentro, cercando di trasmettergli la mancata resa dell’anima che, a differenza del corpo, non gli apparteneva.
Questa circostanza, invece di indispettirlo, evidentemente lo eccitava ancor di più, al punto che aumentò maggiormente la potenza e la frequenza dei colpi fino a che non le godette in figa.
Chanel osservò la vittoria nei suoi occhi e, da questa, immaginò la rabbia e la frustrazione nei propri, ben sapendo che lui li stava guardando posto che lei era incapace di distogliere lo sguardo.
Il Padrone si alzò.
In un gesto di ulteriore vittoria, pose un piede sul petto della schiava a terra. Prese per i capelli Louise della quale, adesso, si accorse nuovamente della sua presenza e le diresse la bocca verso il cazzo ancora duro per farselo pulire.
Lo spettacolo era finito.
Gli altri persero interesse nella scena che, dal quel momento, divenne ordinaria.
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scritto il
2024-01-31
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