I racconti di Angelica. -La storia di Charlotte seconda parte-

di
genere
etero

19. Charlotte
Il racconto di mamma aveva acceso ancora di più il desiderio e lei accortasi di ciò cominciò ad accarezzarmi in mezzo alle gambe.
Le sue dita mi esploravano centimetro per centimetro e dal piacere la mia pelle s’increspò facendo emerge la mia peluria bionda.
Il cuore batteva forte per l’eccitazione.
Le dita giunsero a toccare il mio clitoride che si eresse lungo e duro, tanto da sembrare un piccolo pene.
Allargai le gambe per agevolare i movimenti della mano di mia madre, ma lei si interruppe.
Si spostò sotto di me e con la testa in mezzo alle mie cosce e cominciò a leccare il piccolo pene.
Ogni volta che la sua lingua mi toccava un sussulto mi faceva inarcare la schiena dal piacere.
Poi lo prese in bocca e cominciò a succhiarlo come si succhia un pene.
Il clitoride continuava a gonfiarsi riempendo la bocca di mia madre.
Le sue dita intanto accarezzavano le labbra, grandi e piccole, del mio sesso senza entrare.
Trattenni il respiro per assaporare ogni instante di piacere e finalmente il mio orgasmo arrivò e un getto di liquido bianco e trasparente riempi la mano di mia madre e bagnò le lenzuola.
Mia madre poggio la sua bocca sul mio sesso e all’ondata successiva bevve tutto il mio succo.
Continuavo ad avere un orgasmo dietro l’altro e il mio corpo si contorceva come indemoniato.
Mia madre esausta si staccò da me.
“Hai una bella fortuna, in mezzo alle cosce” mi disse.
“In che senso?”, chiesi.
“Lo capirai presto, piccola mia” e mi baciò sulla bocca facendomi assaggiare il mio umore.
La mia deflorazione da parte di Don Jose avvenne dopo qualche giorno.
Mi era venuto il mestruo e lui volle attendere che finisse prima di farmi sentire il suo uccello.
Quando arrivò il giorno, la mamma mi accompagnò da Don Jose.
Da donna scaltra che era pretese ed ottenne che l’uomo pagasse in anticipo il prezzo e firmasse un documento dove prometteva in caso di un figlio maschio una grossa somma di denaro.
In caso contrario dopo un anno sarei stata di nuovo libera, ma i miei genitori non avrebbero dovuto restituire il prezzo pagato.
Per fare in modo che Don Jose firmasse tutto senza fare troppo storie, la mamma mi aveva fatto vestire in modo da mettere in mostra le mie grazie ed eccitare il vecchio porco costringendolo ad accettare le nostre condizioni.
L’ultima condizione, ma non meno importante almeno per me, fu che la mamma assistesse alla mia prima deflorazione.
Voleva essere sicura che l’uomo si comportasse in maniera adeguata e non mi rovinasse il patrimonio che avevo in mezzo alle cosce.
Don Jose acconsentì anche all’ultima richiesta.
Ormai sbavava all’idea di prendermi.
Tutta la trattativa si svolse nella sua camera da letto e quindi una volta chiuso l’accordo, Don Jose mi ordinò di spogliarmi e così fece lui.
Il suo cazzo era già in tiro e pronto ad entrarmi dentro senza pietà.
Mia madre temeva che la vista di quel pene così grosso e mostruoso mi spaventasse, ma io invece mi scoprii eccitata a tal punto che i miei umori colavano sulle mie cosce.
Don Jose mi fece distendere sul letto e si posizionò sopra di me con il suo uccello puntato sul mio sesso.
La mia figa era bagnata e solo il pensiero di essere penetrata mi provocò un orgasmo.
Don Jose non indugiò troppo e senza alcuna remora infilò il suo enorme cazzo dentro di me, spingendolo fino in fondo.
Solo un leggero dolore e poi il piacere di quel grosso membro dentro di me prese il sopravvento.
Don Jose uscì subito per controllare che il suo pene fosse sporco di sangue.
Una leggera chiazza rosa sulla sua cappella fu il segno che egli aveva colto la mia purezza.
Sorrise a mia madre e ricominciò a spingere avanti e indietro il suo cazzo dentro di me.
L’enorme quantità di umori che la mia vagina emetteva mi consentirono di godere della dimensione di quella verga senza sentire alcun dolore.
Don Jose sputò dentro il suo seme caldo.
Anche questo mi procurò piacere.
Mia madre consigliò a Don Jose di uscire per consentirmi di tenere chiuse le gambe per non fare uscire lo sperma.
“ Padrone se volete un figlio dovete impegnarvi” disse.
Lui abbozzò un sorriso e scivolò via sdraiandosi accanto a me.
Mia madre mi serrò le gambe ordinandomi di tenerle chiuse.
Io obbedii.
Restai immobile per qualche minuto poi mi accorsi che il membro di Don Jose stava ritornando duro.
Mi avvicinai a lui e con la mano iniziai a segarlo lentamente.
L’uomo gemeva alle mie carezze.
Mi girai dandogli le spalle.
“Prendimi, padrone” dissi con desiderio.
A quelle parole l’uomo si mise sul fianco, allargò le mie natiche e puntò dritto al buco del mio ano infilandoci il suo cazzo duro.
Non sentii alcun dolore.
Il mio sfintere si era abituato al cazzo di Bastiano e quindi era già pronto ad una mazza del genere.
La mamma però mi aveva raccomandato di simulare dolore durante la penetrazione e così feci.
Urlai come se mi stessero scannando e l’eccitazione dell’uomo fu tale che mi venne dentro dopo solo due colpi.
Lui stava per uscire ma lo trattenni dentro di me stringendo i muscoli del mio sfintere.
Lui si spinse ancora in avanti ed anche io trovai il mio orgasmo.

Ero a disposizione di Don Jose a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Mi aveva dato una camera piccola ma ben ammobiliata accanto alla sua.
Al suono di un campanello rosso che aveva sul comodino del letto io dovevo accorrere nuda pronta per essere montata.
Don Jose aveva una carica sessuale fuori dal normale ma la mia voglia di scopare era di gran lunga superiore alla sua.
Faceva molta fatica a soddisfarmi adeguatamente, ma non volendo essere da meno alla mia energia, si impegnava fino allo sfinimento.
Io però non restavo gravida.
Venne un medico a visitarmi per capire se qualcosa non andava in me.
Ma dopo la visita il medico confermò che ero perfetta per fare figli e che, se non venivano era perché don Jose non si impegnava abbastanza.
Fu così che cominciammo a scopare almeno quattro volte al giorno.
Ma a me non bastava e siccome Don Jose non mi concedeva ad altri uomini, chiesi il permesso di andare con le donne.
Don Jose acconsentì a patto che lui potesse assistere.
A me non dava noia che lui guardasse mentre io mi facevo leccare da una delle servette di casa.
La mia giornata cominciava con la scopata del mattino, poi proseguiva con una leccata di figa prima di pranzo.
Ancora una scopata nel primo e nel tardo pomeriggio.
Prima di cena una leccata di figa ed infine l’ultima scopata prima di mezzanotte.
Tra le serve di casa una leccava proprio bene e decisi di farla diventare la mia cameriera personale così da averla sempre a disposizione.
Aida era una giovane di quattordici anni che i genitori avevano venduta a Don Jose.
Lui l’aveva presa un paio di volte prima che arrivassi io e poi non aveva avuto altre occasioni.
La ragazza aveva un corpo snello ed un seno prosperoso per la sua età.
Le natiche erano piccole e sode e aveva una naturale predisposizione a leccare cazzi e fighe.
La ragazza prese di buon grado la promozione.
Occuparsi della mia persona l’allontanava dalla cucina e dalla stalla dove cuochi e stallieri tentavano ogni giorno di trapanarla.
Le feci preparare un abbigliamento adeguato alla sua mansione e le insegnai un po' di buone maniere.
Dopo circa un anno di questa vita, accadde che la moglie di Don Jose da tempo malata, tirasse le cuoia.
Don Jose rimasto vedovo, si mise subito alla ricerca di una giovane donna di buona famiglia da sposare.
Io non potevo certo ambire a diventare sua moglie e mi preoccupai del mio futuro.
Mancavano poche settimane alla scadenza del mio accordo con Don Jose.
Se non fossi rimasta incinta, sarei stata libera.
Senza un soldo ma libera.
Don Jose avvicinandosi la scadenza dell’accordo aveva intensificato le sedute amorose, ma non era accaduto niente di quanto sperato.
Si era rassegnato quindi a lasciarmi andare.
Tra le giovani di buona famiglia che aspiravano a diventare moglie di Don Jose c’era la Contessina Lita del Castillo.
Era la figlia del Conte Armando del Castillo che, a causa del vizio del gioco, aveva sperperato tutto il patrimonio ereditato dal padre.
Molte delle terre un tempo possedute dal Conte erano finite nelle mani di Don Jose che con l’abilità e l’inganno era riuscito a sottrarle ad altri pretendenti.
Al Conte restava solo l’antica dimora di famiglia e il titolo.
Per maritare la figliola non aveva dote. S’era giocata pure quella in una bisca di Miami qualche anno prima.
La contessina Lita aveva ventidue anni ed era eccezionalmente bella.
La pelle candida come il latte, la faceva apparire pallida ma essendo soggetta a facili imbarazzi, le sue gote erano spesso tinte di rosso.
Il portamento nobile e la figura alta e snella ne facevano una delle più belle donne del paese.
L’assenza di una dote però la stava condannando alla condizione di nubile se non peggio di zitella.
Per evitare questa malaugurata ipotesi, il Conte quando seppe che Don Jose cercava una giovane moglie, si prodigò per far cadere la scelta sulla figlia.
Chiese ad una sensale di matrimoni di proporre a Don Jose il matrimonio con la propria figlia, promettendo in cambio, alla nascita di un nipote maschio di acconsentire che ereditasse il titolo nobiliare.
Non che a Don Jose questa cosa interessasse particolarmente.
Egli aveva intravisto a teatro la giovane Contessina e ne aveva potuto ammirare corpo e portamento e l’aveva anche immaginata con la testa fra le sue gambe e con in bocca il suo grosso cazzo duro.
Quando la sensale gli propose il matrimonio, Don Jose lo giudicò di buon auspicio.
Se io non fossi riuscita a dargli un figlio, forse ci sarebbe riuscita la Contessina Lita.
Fu così che Don Jose accettò di sposarla.
Il matrimonio si sarebbe celebrato in forma privata alla sola presenza degli sposi e dei parenti più prossimi.
La contessina Lita divenne la sposa di Don Jose e subito si trasferì nella sua casa.
Il suo arrivo scombinò la normale vita della piccola corte dei miracoli che era la casa di Don Jose. E la nuova padrona di casa volle imporre fin da subito il suo volere.
Don Jose non volendo entrare nel merito della gestione della casa, chiese alla moglie soltanto di non importunarmi assicurandole che di lì a poco sarei tornata a casa mia.
Avvenne così che la giovane. Lita che fino a quel momento si era dimostrata come una giovane donna gentile e timorosa, si trasformasse in poche ore in una megera di prim’ordine.
Per prima cosa cacciò via la governante di casa, accusandola di aver rubato viveri e danari. Poi sostituì molte delle serve più anziane, assumendo giovani ragazze e ragazzi. Quest’ultima iniziativa non dispiacque al marito.
Con me Lita si dimostrò gentile, anzi mi fece capire, senza nemmeno troppi giri di parole, che, se volevo continuare a soddisfare le voglie del marito anche dopo la mia partenza, avrei potuto farlo senza alcun impedimento da parte sua.
Il marito però fu di diverso avviso e pretese che la moglie si concedesse a lui già dalla prima notte di nozze.
Lei riuscì ad evitare la cosa adducendo prima il mestruo, poi una forte emicrania per sette giorni, ma all’ottavo il marito chiese di poter consumare.
Se ciò non fosse accaduto quello stesso giorno egli l’avrebbe rispedita al padre, chiedendo l’annullamento del matrimonio.
Lita sentendosi messa alle strette mi chiese consiglio.
Io avevo tutto l’interesse che la contessina si concedesse al marito.
Avevo il timore che l’uomo, con una scusa, potesse venire meno alla propria parola non concedendomi la libertà promessa.
Lei piangeva e le sue lacrime scorrevano copiose sul viso. La consolai abbracciandola come se fosse una sorella.
Eravamo quasi coetanee e le feci sentire tutta la mia comprensione.
Forte degli insegnamenti ricevuti da mia madre, la convinsi a concedersi al marito e che per sua tranquillità avrei partecipato.
Ottenuto il suo consenso mi recai da Don Jose.
La confidenza con l’uomo durante l’anno trascorso era diventata così grande da potermi permettere di parlargli con franchezza.
Gli raccomandai di usare un po’ di premura con la giovane moglie, che non poteva trattarla come una serva o, peggio, come una puttana.
Gli dissi convinta che una volta sverginata la contessa gli avrebbe dato tante soddisfazioni a letto e mi impegnai ad aiutarla ad imparare in fretta.
Anche lui acconsentì che io partecipassi e la cosa devo dire mi eccitava abbastanza.
Avevo potuto intuire le graziose forme della contessina e se avessi giocato bene il mio ruolo ci sarebbe scappato un po’ di piacere anche per me.
Alla peggio avrei chiesto alla mia cameriera di darmi lei soddisfazione.
Tornai da Lita e l’aiutai a prepararsi.
Vedendola nuda mentre le sue cameriere la lavavano capii che la ragazza sarebbe stata una buona compagna di letto.
Quando le cameriere ebbero terminato di lavarla, le cacciai fuori restando sola con lei.
La feci uscire dalla vasca e con un telo di morbido cotone le asciugai con cura tutto il corpo ed anche in mezzo alle cosce.
Al mio tocco. Lita ebbe un sussulto, segno che era sensibile alla mano femminile.
Le presi la bocca e la baciai avidamente.
Lei rispose al mio bacio infilando la sua lingua fra i miei denti.
In pochi istanti fui nuda anche io e chi sdraiammo sul letto per baciarci, accarezzarci e darci piacere.
La vista del mio clitoride a forma di piccolo pene la stupì non poco ma quando lo prese in bocca per leccarlo e succhiarlo non lo abbandonò fino a quando non mi fece raggiungere l’orgasmo.
Ricambiai il piacere leccandole la figa partendo dal pube passando dal clitoride e poi giù con lingua dentro il piccolo spacco rosa per finire con il perineo e il piccolo e grinzoso buco anale.
Si sentiva che non era la prima volta che godeva della lingua di una donna e quando raggiunse l’orgasmo il suo sesso rilasciò umori dolci e profumati.
S’era fatta infine l’ora di raggiungere il marito.
Nude come eravamo, dopo esserci pettinate con reciproca cura, entrammo nella camera da letto di Don Jose.
L’uomo nell’attesa si era fatto lavare e profumare e in ultimo fare un pompino preparatorio da una delle giovani serve.
Tutto era pronto e io ero eccitata come sempre.
Continua
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2024-07-06
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