Agata domina!
di
Ottobre Rosso 66
genere
dominazione
La porta si aprì di scatto e due energumeni spinsero a terra in ginocchio il ragazzo bendato. Agata seduta alla consolle da toilette, vestaglia in seta rossa e babydoll di raso bianco, gamba accavallata in autoreggente nero velatissimo e pantofolina con tacco che dondolava dal piede a mezz'aria, con noncuranza continuava a pettinarsi lentamente i suoi lunghi capelli neri, mirandosi allo specchio.
Come se non stesse succedendo nulla accanto a se, la bella cinquantenne siciliana, continuò per lunghi minuti ad imbellettarsi ignorando il ragazzo bendato in ginocchio in mezzo ai due energumeni che aspettavano disposizioni.
“Andatevene!!” ordinò Agata ai due nerboruti quando ritenne fosse venuto il momento, mentre con lentezza ordinava i cosmetici nella consolle.
I due obbedirono all'istante senza proferire parola, lasciandola sola con il ragazzo in ginocchio a testa bassa ancora bendato. La donna con altrettanta lentezza si girò verso di lui. Raffinata ed algida, si limava dolcemente le unghia lunghe smaltate di rosso scuro di una mano, gamba sempre accavallata e pantofolina pendolante.
“Filippo...Filippo! Come devo fare con te? Ma specialmente cosa devo fare di te? Dimmelo tu...” disse Agata con freddo distacco, interessata più alle unghia che al ragazzo, fingendosi dispiaciuta nel vederlo umiliato in ginocchio ai suoi piedi.
“...vi chiedo solo pietà, Signora! Pietà! Non uccidetemi intanto e poi...e poi...fate di me quello che volete...qualsiasi cosa volete!” rispose il ragazzo sempre a testa bassa col tono di chi sta per piangere.
“Togliti quella cazzo di benda e guardami!” gli ordinò la donna con lo stesso imperio con cui cacciò dalla sua stanza da letto i due scagnozzi, bloccando la limatura delle unghia.
Filippo obbedì velocemente e osservò Agata posare la limetta in un cassetto, per darsi un'ultima sistemata ai capelli e tornare al freddo distacco. La pantofolina che alla punta del piede stava appesa ormai per un filo, le cadde d'improvviso, rivelando in tutta la sua magnificenza la curatissima bellezza di quel piede. La monta e le dita perfette, con unghia lunghe e accuratamente smaltate di rosso scuro come le mani, si esaltavano eroticamente inguainate in quel collant nero velatissimo.
Il ragazzo lesto, come di istinto, si chinò ancor di più verso la donna e con dolcezza gliela rimise al piede che prima baciò. La donna gelida e superba appoggiata alla spalliera della poltroncina con le braccia stese sui braccioli, si godette quell'azione con il ghigno della dominatrice che considera naturale, anzi pretende, quel gesto. Pretende chiunque al suo cospetto si umili e si annulli, perchè lei è la sorella del boss vincitore. Ora comanda la sua famiglia.
“Ucciderti? Ti ho appena salvato dall'essere ucciso da mio fratello con la motivazione che non può ricadere sui figli la colpa dei padri traditori, e adesso dovrei farlo io? E perchè mai?” rispose sogghignando con perfida ironia Agata. Lentamente scese la gamba accavallata, sfilò la pantofola, e la allungò verso Filippo in modo da mettergli la punta del piede sotto il mento per alzargli il viso e guardarlo con sadica soddisfazione negli occhi: “Uccidere poi, che cosa volgare e bassa...ma che spreco, soprattutto...” gli disse.
Quel piede dal mento passò ad accarezzare i tratti del viso del ragazzo ancora supplicante: “...un bel ragazzo come te, così giovane e sicuramente virgulto...che spreco farlo fuori...no! Una regina come me non ha bisogno di sangue, ma di un servitore fresco, adorante ed obbediente, come il suo rango merita...”
Il piede della donna si soffermò sulla bocca di Filippo con le dita sotto al naso. Il ragazzo chiuse gli occhi per gustarne meglio l'odore mentre ne baciava con dolcezza l'attaccatura che premeva implacabile sulla sua bocca.
“Se mi avete salvato dalla mia atroce fine, allora sono pronto, mia Signora! Pronto al mio destino come vostro servo e schiavo...non vi pentire di avermi salvato la vita, Signora...” disse il ragazzo non appena la sua bocca fu libera dal piede di Agata che lentamente rientrava nella pantofolina.
“Il mio schiavo, dunque?” domandò con arrogante soddisfazione la donna accettando l'arresa incondizionata di Filippo
“Si...il vostro schiavo, mia Signora” ribadii il giovane a capo chino, senza osare sollevare lo sguardo.
“Il mio schiavo...” si interruppe Agata per guardarsi la punta e la suola della pantofolina, “...il mio schiavo si adopererebbe affinché le mie pantofole siano pulite e lucide, ed al momento non mi pare che lo siano...anzi, non lo sono proprio!” riprese continuando a girare lentamente il piede per osservarsi da ogni lato la pantofola.
“Volete, mia Signora?” chiese prontamente, come speranzoso, Filippo guardandola con aria di supplica.
“Voglio!!...voglio vederle brillare e voglio vedere quanto sai renderti utile” rispose superba, in tono deciso, appoggiandosi di nuovo alla spalliera e distendendo le braccia sui braccioli in posa da implacabile imperatrice.
Filippo aveva appena dichiarato di voler essere il suo schiavo e in un attimo il figlio del boss sconfitto abiurò al suo passato di bullo arrogante e per quanto fosse folle, la paura della morte lo portò a sentirsi talmente soggiogato da lei che non poté fare altro che obbedire ai suoi ordini.
Sentiva di doverla servire, di obbedire ad ogni suo comando, di sacrificare la sua dignità da erede di malavita. Lo sentiva, malgrado la vergogna e la dolorosa angoscia per quella umiliazione, desiderava compiere quell'atto per dar prova della sincera e irrevocabile sottomissione a quella che da quel momento in poi diverrà la sua Signora e Padrona. Accettando di leccarle le pantofole, di raccogliere e ingoiare la polvere di quelle calzature, era divenuto il suo nulla consegnandole per sempre la sua vita.
Dunque Filippo si abbassò sempre di più, fino a trovarsi con il volto sotto la suola della pantofola del piede sospeso della Padrona che lo osservava con un sorriso divertito e soddisfatto.
Le sue labbra si schiusero, timidamente iniziò facendo scorrere la lingua per tutta la lunghezza della suola, dalla punta fino ad arrivare al tacco che prese a succhiare come fosse una mammella. Dopo un po tornò sulla punta e con passione leccò la monta più volte fino a farle cascare la pantofola dal piede.
“Dammela!” ordinò Agata. Il ragazzo gliela porse e lei iniziò a scrutarla per vedere se fosse lucida di saliva in tutte le sue parti.
Filippo levò lo sguardo verso la sua Signora e ne vide l'espressione divertita e trionfante.
“Non c'è male per essere la prima volta” gli disse colma di soddisfazione.
“Grazia mia Signora e Padrona...grazie!” rispose Filippo timidamente, mentre Agata prima posò la ciabatta delicatamente sulla consolle e poi con sensualità si sfilò l'autoreggente della gamba accavallata. Col piede denudato, bellissimo e curatissimo, gli accarezzò e picchettò il volto. Per poi cominciare a pigiare e sfregare la pianta con sempre maggiore vigore, come a saggiare il grado di remissione del ragazzo, ma soprattutto per fargli comprendere quale fosse da quel momento in poi la sua condizione e fino a che punto e con quanta facilità potesse disporre a piacimento di lui.
“Adesso leccami il piede, schiavo!” tornò a comandare secca e decisa.
Filippo senza esitare, come fosse ormai definitivamente conscio del suo stato servile, dolcemente fece scorrere la lingua lungo la pianta e fra le dita, che Agata aprì a ventaglio per agevolarlo a leccarne gli anfratti, lì dove i sapori e gli odori sono più caldi ed intensi.
Penetrò la sua bocca e la invase con tutta la punta del piede, mentre la la lingua di Filippo per quanto fosse possibile continuava a leccare e scorrere lungo l'incavo alla base delle dita.
Quasi soffocato si chiese quanto potesse apparire buffo agli occhi di Agata che lo scrutava soddisfatta e trionfante e quanto piacere le procurasse l'imbarazzo del suo volto che subiva l'umiliazione prepotente del suo piede.
Per un attimo lo liberò. La Padrona estrasse la punta del piede dalla sua bocca. Ma fu solo un attimo, il tempo di prendere fiato. Poi nuovamente lo penetrò senza pietà alcuna, infilando l'alluce che gli parve particolarmente arrogante e imponente, capace di riempirlo me@ntre lo succhiava forte rispondendo al tacito comando dei suoi occhi.
Con la stessa prepotenza e mancanza di pietà, il ragazzo subì la stessa cosa con l'altro piede e quando Agata fu totalmente soddisfatta, ormai certa che fosse per sempre il suo schiavo, si alzò e scomparve dietro la porta della stanza accanto lasciandolo ansimante a terra come uno straccio, soggiogato e vinto.
sottomesso1966@gmail.com
Come se non stesse succedendo nulla accanto a se, la bella cinquantenne siciliana, continuò per lunghi minuti ad imbellettarsi ignorando il ragazzo bendato in ginocchio in mezzo ai due energumeni che aspettavano disposizioni.
“Andatevene!!” ordinò Agata ai due nerboruti quando ritenne fosse venuto il momento, mentre con lentezza ordinava i cosmetici nella consolle.
I due obbedirono all'istante senza proferire parola, lasciandola sola con il ragazzo in ginocchio a testa bassa ancora bendato. La donna con altrettanta lentezza si girò verso di lui. Raffinata ed algida, si limava dolcemente le unghia lunghe smaltate di rosso scuro di una mano, gamba sempre accavallata e pantofolina pendolante.
“Filippo...Filippo! Come devo fare con te? Ma specialmente cosa devo fare di te? Dimmelo tu...” disse Agata con freddo distacco, interessata più alle unghia che al ragazzo, fingendosi dispiaciuta nel vederlo umiliato in ginocchio ai suoi piedi.
“...vi chiedo solo pietà, Signora! Pietà! Non uccidetemi intanto e poi...e poi...fate di me quello che volete...qualsiasi cosa volete!” rispose il ragazzo sempre a testa bassa col tono di chi sta per piangere.
“Togliti quella cazzo di benda e guardami!” gli ordinò la donna con lo stesso imperio con cui cacciò dalla sua stanza da letto i due scagnozzi, bloccando la limatura delle unghia.
Filippo obbedì velocemente e osservò Agata posare la limetta in un cassetto, per darsi un'ultima sistemata ai capelli e tornare al freddo distacco. La pantofolina che alla punta del piede stava appesa ormai per un filo, le cadde d'improvviso, rivelando in tutta la sua magnificenza la curatissima bellezza di quel piede. La monta e le dita perfette, con unghia lunghe e accuratamente smaltate di rosso scuro come le mani, si esaltavano eroticamente inguainate in quel collant nero velatissimo.
Il ragazzo lesto, come di istinto, si chinò ancor di più verso la donna e con dolcezza gliela rimise al piede che prima baciò. La donna gelida e superba appoggiata alla spalliera della poltroncina con le braccia stese sui braccioli, si godette quell'azione con il ghigno della dominatrice che considera naturale, anzi pretende, quel gesto. Pretende chiunque al suo cospetto si umili e si annulli, perchè lei è la sorella del boss vincitore. Ora comanda la sua famiglia.
“Ucciderti? Ti ho appena salvato dall'essere ucciso da mio fratello con la motivazione che non può ricadere sui figli la colpa dei padri traditori, e adesso dovrei farlo io? E perchè mai?” rispose sogghignando con perfida ironia Agata. Lentamente scese la gamba accavallata, sfilò la pantofola, e la allungò verso Filippo in modo da mettergli la punta del piede sotto il mento per alzargli il viso e guardarlo con sadica soddisfazione negli occhi: “Uccidere poi, che cosa volgare e bassa...ma che spreco, soprattutto...” gli disse.
Quel piede dal mento passò ad accarezzare i tratti del viso del ragazzo ancora supplicante: “...un bel ragazzo come te, così giovane e sicuramente virgulto...che spreco farlo fuori...no! Una regina come me non ha bisogno di sangue, ma di un servitore fresco, adorante ed obbediente, come il suo rango merita...”
Il piede della donna si soffermò sulla bocca di Filippo con le dita sotto al naso. Il ragazzo chiuse gli occhi per gustarne meglio l'odore mentre ne baciava con dolcezza l'attaccatura che premeva implacabile sulla sua bocca.
“Se mi avete salvato dalla mia atroce fine, allora sono pronto, mia Signora! Pronto al mio destino come vostro servo e schiavo...non vi pentire di avermi salvato la vita, Signora...” disse il ragazzo non appena la sua bocca fu libera dal piede di Agata che lentamente rientrava nella pantofolina.
“Il mio schiavo, dunque?” domandò con arrogante soddisfazione la donna accettando l'arresa incondizionata di Filippo
“Si...il vostro schiavo, mia Signora” ribadii il giovane a capo chino, senza osare sollevare lo sguardo.
“Il mio schiavo...” si interruppe Agata per guardarsi la punta e la suola della pantofolina, “...il mio schiavo si adopererebbe affinché le mie pantofole siano pulite e lucide, ed al momento non mi pare che lo siano...anzi, non lo sono proprio!” riprese continuando a girare lentamente il piede per osservarsi da ogni lato la pantofola.
“Volete, mia Signora?” chiese prontamente, come speranzoso, Filippo guardandola con aria di supplica.
“Voglio!!...voglio vederle brillare e voglio vedere quanto sai renderti utile” rispose superba, in tono deciso, appoggiandosi di nuovo alla spalliera e distendendo le braccia sui braccioli in posa da implacabile imperatrice.
Filippo aveva appena dichiarato di voler essere il suo schiavo e in un attimo il figlio del boss sconfitto abiurò al suo passato di bullo arrogante e per quanto fosse folle, la paura della morte lo portò a sentirsi talmente soggiogato da lei che non poté fare altro che obbedire ai suoi ordini.
Sentiva di doverla servire, di obbedire ad ogni suo comando, di sacrificare la sua dignità da erede di malavita. Lo sentiva, malgrado la vergogna e la dolorosa angoscia per quella umiliazione, desiderava compiere quell'atto per dar prova della sincera e irrevocabile sottomissione a quella che da quel momento in poi diverrà la sua Signora e Padrona. Accettando di leccarle le pantofole, di raccogliere e ingoiare la polvere di quelle calzature, era divenuto il suo nulla consegnandole per sempre la sua vita.
Dunque Filippo si abbassò sempre di più, fino a trovarsi con il volto sotto la suola della pantofola del piede sospeso della Padrona che lo osservava con un sorriso divertito e soddisfatto.
Le sue labbra si schiusero, timidamente iniziò facendo scorrere la lingua per tutta la lunghezza della suola, dalla punta fino ad arrivare al tacco che prese a succhiare come fosse una mammella. Dopo un po tornò sulla punta e con passione leccò la monta più volte fino a farle cascare la pantofola dal piede.
“Dammela!” ordinò Agata. Il ragazzo gliela porse e lei iniziò a scrutarla per vedere se fosse lucida di saliva in tutte le sue parti.
Filippo levò lo sguardo verso la sua Signora e ne vide l'espressione divertita e trionfante.
“Non c'è male per essere la prima volta” gli disse colma di soddisfazione.
“Grazia mia Signora e Padrona...grazie!” rispose Filippo timidamente, mentre Agata prima posò la ciabatta delicatamente sulla consolle e poi con sensualità si sfilò l'autoreggente della gamba accavallata. Col piede denudato, bellissimo e curatissimo, gli accarezzò e picchettò il volto. Per poi cominciare a pigiare e sfregare la pianta con sempre maggiore vigore, come a saggiare il grado di remissione del ragazzo, ma soprattutto per fargli comprendere quale fosse da quel momento in poi la sua condizione e fino a che punto e con quanta facilità potesse disporre a piacimento di lui.
“Adesso leccami il piede, schiavo!” tornò a comandare secca e decisa.
Filippo senza esitare, come fosse ormai definitivamente conscio del suo stato servile, dolcemente fece scorrere la lingua lungo la pianta e fra le dita, che Agata aprì a ventaglio per agevolarlo a leccarne gli anfratti, lì dove i sapori e gli odori sono più caldi ed intensi.
Penetrò la sua bocca e la invase con tutta la punta del piede, mentre la la lingua di Filippo per quanto fosse possibile continuava a leccare e scorrere lungo l'incavo alla base delle dita.
Quasi soffocato si chiese quanto potesse apparire buffo agli occhi di Agata che lo scrutava soddisfatta e trionfante e quanto piacere le procurasse l'imbarazzo del suo volto che subiva l'umiliazione prepotente del suo piede.
Per un attimo lo liberò. La Padrona estrasse la punta del piede dalla sua bocca. Ma fu solo un attimo, il tempo di prendere fiato. Poi nuovamente lo penetrò senza pietà alcuna, infilando l'alluce che gli parve particolarmente arrogante e imponente, capace di riempirlo me@ntre lo succhiava forte rispondendo al tacito comando dei suoi occhi.
Con la stessa prepotenza e mancanza di pietà, il ragazzo subì la stessa cosa con l'altro piede e quando Agata fu totalmente soddisfatta, ormai certa che fosse per sempre il suo schiavo, si alzò e scomparve dietro la porta della stanza accanto lasciandolo ansimante a terra come uno straccio, soggiogato e vinto.
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