La segretaria
di
amanuense
genere
trio
La prima volta che ti vidi eri seduta dietro la tua scrivania, mi colpisti per la personalità e la sicurezza con la quale rispondevi al telefono e dialogavi con i clienti che facevi attendere nel salotto.
Io entrai per consegnare un pacco, mi firmasti la ricevuta e uscii dalla porta con te in mente, un pensiero che mi accompagnò per tutto il giorno.
Da quel momento, ogni volta che leggevo il tuo indirizzo su una consegna, facevo di tutto per prenderla io, è così che cominciammo a vederci più spesso e lentamente la nostra conoscenza diventò confidenza, arrivando ti portavo la colazione e scambiavamo quattro chiacchiere, poi cominciai a passare anche quando non dovevo effettuare consegne, così, solo per farti un saluto.
Un giorno mi chiamasti al cellulare per chiedermi di passare allo studio, dovevi dirmi qualcosa d’importante, piombai non appena potei e nel salottino iniziasti a parlare di una fantasia che da qualche tempo abitava i tuoi desideri sessuali, ti ascoltavo con interesse ed eccitazione, così quando tu finalmente me la rivelasti quasi sobbalzai sulla poltrona di raso bordeaux. Volevi fare sesso con due uomini, uno dei quali era tuo marito, ancora ignaro di questo desiderio, anche se avevi cercato di farglielo capire mentre ti concedevi a lui giocando col tuo vibratore elettrico senza sortire particolare attenzione.
Non avevi deciso con chi farlo, perché desideravi che fosse lui stesso a scegliere per te, a decidere con quale uomo dividere sua moglie.
Il pensiero che una donna come te, affascinante, con quegli occhi verdi simili ai prati di smeraldo d’Irlanda, i seni sodi ed un profilo posteriore tondo e definito, stesse cercando un uomo per godere insieme a lui e suo marito, mi faceva venire il mal di testa, ero ammutolito, vedevo solo una camera da letto illuminata debolmente da un'abat-jour in stile liberty e il tuo corpo vestito solo di un paio di calze autoreggenti nere poggiato docilmente su di un enorme letto di faggio, mentre con la mano destra infilavi con destrezza il tuo vibratore nel frutto rosa e succoso, come avrei voluto assaggiare quella polpa, nutrirmi del suo nettare.
La tua mano mi stava scuotendo con forza, mi destai dal mio sogno erotico e ti guardai negli occhi, chiedendoti cosa avevi intenzione di fare. “Continuare a farglielo capire” mi rispondesti, ma nel frattempo notasti l’eccitazione che avevi provocato nei miei pantaloni, così mi guardasti maliziosamente e indicando la mia erezione dicesti, “Vedo che ti faccio un certo effetto! Possibile che solo il pensiero abbia potuto creare questa situazione?” Rimasi imbarazzato e annuì, a quel punto si erano fatte quasi le sei del pomeriggio, tu stavi per andare via, così ti offrii un passaggio.
La strada per casa tua passava per la mia, così prendendo il coraggio per la coda, arrivati nei pressi della mia abitazione, ti chiesi se volevi venire a prendere un caffè da me, dopo qualche secondo di silenzio, nel quale pensai che forse ero stato troppo audace, mi rispondesti di sì e parcheggiai.
Nonostante vivessi da solo, cercavo d'essere più ordinato possibile, non mi piaceva vivere nel caos, di questo ti rendesti conto anche tu, quando entrasti nell’appartamento, non c’era polvere o piatti sporchi, tutto era al proprio posto.
Ti feci accomodare in soggiorno, era un ambiente confortevole ma spartano, i mobili erano pochi ma di valore, preparai una caffettiera da uno e ti raggiunsi con il vassoio e le due tazzine, “sai mi hai colto di sorpresa con quella fantasia” ti dissi evitando di guardarti negli occhi, “credevi fossi una suora?” rispondesti maliziosa, “affatto, ma perché confidarla proprio a me? Non ci conosciamo da molto” domandai curioso, “proprio per questo, tu non conosci mio marito, quindi non potresti giocarmi brutti scherzi, se n'avessi parlato con qualche amica o amico, sarebbe stato imprudente” mormorasti sorseggiando con gusto il caffè.
“D’altra parte adesso sono dentro la tua vita” mi sbilanciai, “certo, adesso tu conosci questo recondito desiderio e condividerlo con te mi aiuterà a realizzarlo” dicesti alzandoti dalla sedia, “non capisco, come posso aiutarti?” chiesi sbalordito e incuriosito “posso fare in modo di fare credere a mio marito che tu mi fai la corte, che vorresti fare sesso con me, lui ne sarebbe arrabbiato ma eccitato, potrebbe chiedermi di te, di come sei, di cosa fai, potrei fare in modo di farmi vedere con te, creare in lui la sensazione che io stia al gioco e poi…” s’interruppe “…e poi…” chiesi io, “potrebbe sceglierti, dal momento che ti ho già scelto io” bisbigliasti mentre ti tiravi su la gonna, mostrandomi le sue autoreggenti, le stesse che avevo immaginato portassi.
La condussi nella mia camera da letto, c’era penombra, mi spogliai velocemente, mentre lei si sdraiò sul letto, completamente nuda, affondai le mie labbra nelle sue, la desideravo, sentivo le nostre lingue che come fruste s’intrecciavano bagnate, le mani curiose che lambivano i nostri contorni, affondai con la mia nel suo lago di umori, volevo sentirne il sapore, così scesi fra le cosce e cominciai a leccarla, come non accadeva da tempo, con la lingua suggevo quel frutto gonfio e caldo, sentivo crescere fra le mie labbra il clitoride, eretto come un piccolo fallo, lo succhiai e la sentii mugolare di piacere, poi entrai con la punta nella fessura umida e vischiosa, sentivo il suo sapore dolciastro con un retrogusto alcalino, da lì mi spostai sullo sfintere, pulito e dolce lo lubrificai completamente, nel frattempo lei era scivolata su un fianco e aveva iniziato a leccare e succhiare il mio cazzo, seguiva un movimento preciso, lambiva il cilindro di carne per tutta la sua lunghezza e giunta in cima lo ingoiava completamente sino alla gola, mulinando con la lingua in un vortice forsennato, mentre con le mani stringeva lo scroto.
Sentii il cazzo farsi largo nella sua tana, lentamente ma in profondità mentre con il pollice sfregavo il suo clitoride gonfio, lei si toccava i seni strizzando i capezzoli turgidi muovendo i fianchi in senso rotatorio, assaporando il movimento della mia asta all’interno del suo piacere, avvertivo lo sbattere delle miei testicoli contro il suo culetto morbido ma tonico, poi con un movimento rapido uscii dalla sua fica per entrare nel suo culo, si sentì uno schiocco, poi scivolai nelle sue viscere senza problemi, mentre inarcava i reni per assaporare meglio il palo che la stava torturando, quando non ce la feci più, la girai supina sul letto e estratto il fallo dallo sfintere avvicinai la punta scarlatta alla sua bocca avida, spruzzando fiotti di sperma bollente direttamente nella sua gola spalancata.
Nei giorni seguenti pensai molto a quello che era accaduto, Daniela non mi chiamò più e sembravano non esserci più consegne per il suo studio, avrei voluto chiamarla ma non sapevo quale effetto poteva sortire una tale iniziativa, così attesi.
Dieci giorni dopo, verso la metà del pomeriggio mi ritrovai con un pacco davanti la porta del suo studio, come sempre fu lei ad aprire, ci sorridemmo e notai che la sua malizia non era affatto scomparsa, mi firmò la ricevuta e mi chiese di aspettarla un momento nel salotto.
Tornò dopo circa dieci minuti, sembrava eccitata per qualcosa, dopo qualche istante capii. Suo marito era partito da due giorni, quella sera sarebbe tornato e lei aveva tutta l’intenzione di fargli una sorpresa, mi spiegò che nei giorni precedenti, dopo il nostro incontro, aveva continuato a parlargli di me, della mia corte spietata e dell’eccitazione che provava nel sentirsi così desiderata, così suo marito infastidito ma pure incuriosito, le aveva chiesto se avrebbe voluto fare sesso con me, fu allora che Daniela le confessò che lo avrebbe fatto solo (mentendo) se lui avesse partecipato, suo marito sorrise stuzzicato dall’ipotesi, ma non rispose.
Questo rendeva Daniela sicura che quel suo silenzio, in realtà fosse un assenso, così aveva organizzato un piano, secondo il quale io dovevo nascondermi in casa e mentre loro cominciavano a fare l’amore, saltare fuori dal mio nascondiglio e unirmi a loro, era convinta che suo marito si sarebbe fatto trasportare dal desiderio e non avrebbe opposto divieti.
L’armadio era stretto e mi sentivo come un ladro in trappola, ma quando li vidi entrare nella stanza, resi brilli dal vino che Daniela aveva comprato per festeggiare l’occasione e cominciare a baciarsi e spogliarsi, fra le gambe avvertii un sussulto, la punta del mio uccello cominciò a spingere e la mia mano, lentamente, lo tirò fuori e con consumata maestria iniziò a menarlo.
Il cenno della mano di Daniela era inequivocabile, mi stava invitando ad unirmi a loro, attraverso le fessure dell’armadio la vidi e uscii con il cazzo già duro, suo marito si rese conto di tutto solo quando vide la moglie cominciare a succhiarmi per bene, accennò ad una timida reazione alzando la testa dalle cosce di Daniela e poi disse “allora ci sei riuscita…finalmente!” e ritornò a leccare la passera fradicia della sua compagna.
Il ricordo del dopo e piuttosto sfocato dal vino che anche io bevvi, ma ricordo perfettamente la doppia penetrazione alla quale la sottoponemmo, mentre i suoi gridi di piacere si alzavano alti nella stanza e con il respiro rotto dall’eccitazione un triplice orgasmo inondò i nostri corpi. [maggio 2003]
amanuense@blu.it
Io entrai per consegnare un pacco, mi firmasti la ricevuta e uscii dalla porta con te in mente, un pensiero che mi accompagnò per tutto il giorno.
Da quel momento, ogni volta che leggevo il tuo indirizzo su una consegna, facevo di tutto per prenderla io, è così che cominciammo a vederci più spesso e lentamente la nostra conoscenza diventò confidenza, arrivando ti portavo la colazione e scambiavamo quattro chiacchiere, poi cominciai a passare anche quando non dovevo effettuare consegne, così, solo per farti un saluto.
Un giorno mi chiamasti al cellulare per chiedermi di passare allo studio, dovevi dirmi qualcosa d’importante, piombai non appena potei e nel salottino iniziasti a parlare di una fantasia che da qualche tempo abitava i tuoi desideri sessuali, ti ascoltavo con interesse ed eccitazione, così quando tu finalmente me la rivelasti quasi sobbalzai sulla poltrona di raso bordeaux. Volevi fare sesso con due uomini, uno dei quali era tuo marito, ancora ignaro di questo desiderio, anche se avevi cercato di farglielo capire mentre ti concedevi a lui giocando col tuo vibratore elettrico senza sortire particolare attenzione.
Non avevi deciso con chi farlo, perché desideravi che fosse lui stesso a scegliere per te, a decidere con quale uomo dividere sua moglie.
Il pensiero che una donna come te, affascinante, con quegli occhi verdi simili ai prati di smeraldo d’Irlanda, i seni sodi ed un profilo posteriore tondo e definito, stesse cercando un uomo per godere insieme a lui e suo marito, mi faceva venire il mal di testa, ero ammutolito, vedevo solo una camera da letto illuminata debolmente da un'abat-jour in stile liberty e il tuo corpo vestito solo di un paio di calze autoreggenti nere poggiato docilmente su di un enorme letto di faggio, mentre con la mano destra infilavi con destrezza il tuo vibratore nel frutto rosa e succoso, come avrei voluto assaggiare quella polpa, nutrirmi del suo nettare.
La tua mano mi stava scuotendo con forza, mi destai dal mio sogno erotico e ti guardai negli occhi, chiedendoti cosa avevi intenzione di fare. “Continuare a farglielo capire” mi rispondesti, ma nel frattempo notasti l’eccitazione che avevi provocato nei miei pantaloni, così mi guardasti maliziosamente e indicando la mia erezione dicesti, “Vedo che ti faccio un certo effetto! Possibile che solo il pensiero abbia potuto creare questa situazione?” Rimasi imbarazzato e annuì, a quel punto si erano fatte quasi le sei del pomeriggio, tu stavi per andare via, così ti offrii un passaggio.
La strada per casa tua passava per la mia, così prendendo il coraggio per la coda, arrivati nei pressi della mia abitazione, ti chiesi se volevi venire a prendere un caffè da me, dopo qualche secondo di silenzio, nel quale pensai che forse ero stato troppo audace, mi rispondesti di sì e parcheggiai.
Nonostante vivessi da solo, cercavo d'essere più ordinato possibile, non mi piaceva vivere nel caos, di questo ti rendesti conto anche tu, quando entrasti nell’appartamento, non c’era polvere o piatti sporchi, tutto era al proprio posto.
Ti feci accomodare in soggiorno, era un ambiente confortevole ma spartano, i mobili erano pochi ma di valore, preparai una caffettiera da uno e ti raggiunsi con il vassoio e le due tazzine, “sai mi hai colto di sorpresa con quella fantasia” ti dissi evitando di guardarti negli occhi, “credevi fossi una suora?” rispondesti maliziosa, “affatto, ma perché confidarla proprio a me? Non ci conosciamo da molto” domandai curioso, “proprio per questo, tu non conosci mio marito, quindi non potresti giocarmi brutti scherzi, se n'avessi parlato con qualche amica o amico, sarebbe stato imprudente” mormorasti sorseggiando con gusto il caffè.
“D’altra parte adesso sono dentro la tua vita” mi sbilanciai, “certo, adesso tu conosci questo recondito desiderio e condividerlo con te mi aiuterà a realizzarlo” dicesti alzandoti dalla sedia, “non capisco, come posso aiutarti?” chiesi sbalordito e incuriosito “posso fare in modo di fare credere a mio marito che tu mi fai la corte, che vorresti fare sesso con me, lui ne sarebbe arrabbiato ma eccitato, potrebbe chiedermi di te, di come sei, di cosa fai, potrei fare in modo di farmi vedere con te, creare in lui la sensazione che io stia al gioco e poi…” s’interruppe “…e poi…” chiesi io, “potrebbe sceglierti, dal momento che ti ho già scelto io” bisbigliasti mentre ti tiravi su la gonna, mostrandomi le sue autoreggenti, le stesse che avevo immaginato portassi.
La condussi nella mia camera da letto, c’era penombra, mi spogliai velocemente, mentre lei si sdraiò sul letto, completamente nuda, affondai le mie labbra nelle sue, la desideravo, sentivo le nostre lingue che come fruste s’intrecciavano bagnate, le mani curiose che lambivano i nostri contorni, affondai con la mia nel suo lago di umori, volevo sentirne il sapore, così scesi fra le cosce e cominciai a leccarla, come non accadeva da tempo, con la lingua suggevo quel frutto gonfio e caldo, sentivo crescere fra le mie labbra il clitoride, eretto come un piccolo fallo, lo succhiai e la sentii mugolare di piacere, poi entrai con la punta nella fessura umida e vischiosa, sentivo il suo sapore dolciastro con un retrogusto alcalino, da lì mi spostai sullo sfintere, pulito e dolce lo lubrificai completamente, nel frattempo lei era scivolata su un fianco e aveva iniziato a leccare e succhiare il mio cazzo, seguiva un movimento preciso, lambiva il cilindro di carne per tutta la sua lunghezza e giunta in cima lo ingoiava completamente sino alla gola, mulinando con la lingua in un vortice forsennato, mentre con le mani stringeva lo scroto.
Sentii il cazzo farsi largo nella sua tana, lentamente ma in profondità mentre con il pollice sfregavo il suo clitoride gonfio, lei si toccava i seni strizzando i capezzoli turgidi muovendo i fianchi in senso rotatorio, assaporando il movimento della mia asta all’interno del suo piacere, avvertivo lo sbattere delle miei testicoli contro il suo culetto morbido ma tonico, poi con un movimento rapido uscii dalla sua fica per entrare nel suo culo, si sentì uno schiocco, poi scivolai nelle sue viscere senza problemi, mentre inarcava i reni per assaporare meglio il palo che la stava torturando, quando non ce la feci più, la girai supina sul letto e estratto il fallo dallo sfintere avvicinai la punta scarlatta alla sua bocca avida, spruzzando fiotti di sperma bollente direttamente nella sua gola spalancata.
Nei giorni seguenti pensai molto a quello che era accaduto, Daniela non mi chiamò più e sembravano non esserci più consegne per il suo studio, avrei voluto chiamarla ma non sapevo quale effetto poteva sortire una tale iniziativa, così attesi.
Dieci giorni dopo, verso la metà del pomeriggio mi ritrovai con un pacco davanti la porta del suo studio, come sempre fu lei ad aprire, ci sorridemmo e notai che la sua malizia non era affatto scomparsa, mi firmò la ricevuta e mi chiese di aspettarla un momento nel salotto.
Tornò dopo circa dieci minuti, sembrava eccitata per qualcosa, dopo qualche istante capii. Suo marito era partito da due giorni, quella sera sarebbe tornato e lei aveva tutta l’intenzione di fargli una sorpresa, mi spiegò che nei giorni precedenti, dopo il nostro incontro, aveva continuato a parlargli di me, della mia corte spietata e dell’eccitazione che provava nel sentirsi così desiderata, così suo marito infastidito ma pure incuriosito, le aveva chiesto se avrebbe voluto fare sesso con me, fu allora che Daniela le confessò che lo avrebbe fatto solo (mentendo) se lui avesse partecipato, suo marito sorrise stuzzicato dall’ipotesi, ma non rispose.
Questo rendeva Daniela sicura che quel suo silenzio, in realtà fosse un assenso, così aveva organizzato un piano, secondo il quale io dovevo nascondermi in casa e mentre loro cominciavano a fare l’amore, saltare fuori dal mio nascondiglio e unirmi a loro, era convinta che suo marito si sarebbe fatto trasportare dal desiderio e non avrebbe opposto divieti.
L’armadio era stretto e mi sentivo come un ladro in trappola, ma quando li vidi entrare nella stanza, resi brilli dal vino che Daniela aveva comprato per festeggiare l’occasione e cominciare a baciarsi e spogliarsi, fra le gambe avvertii un sussulto, la punta del mio uccello cominciò a spingere e la mia mano, lentamente, lo tirò fuori e con consumata maestria iniziò a menarlo.
Il cenno della mano di Daniela era inequivocabile, mi stava invitando ad unirmi a loro, attraverso le fessure dell’armadio la vidi e uscii con il cazzo già duro, suo marito si rese conto di tutto solo quando vide la moglie cominciare a succhiarmi per bene, accennò ad una timida reazione alzando la testa dalle cosce di Daniela e poi disse “allora ci sei riuscita…finalmente!” e ritornò a leccare la passera fradicia della sua compagna.
Il ricordo del dopo e piuttosto sfocato dal vino che anche io bevvi, ma ricordo perfettamente la doppia penetrazione alla quale la sottoponemmo, mentre i suoi gridi di piacere si alzavano alti nella stanza e con il respiro rotto dall’eccitazione un triplice orgasmo inondò i nostri corpi. [maggio 2003]
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