Testimonianze

di
genere
confessioni

L’ippodromo

Carla l'aspettava alla stazione di Cesena, quando uscì dal portone principale, lei l'abbracciò sorridente ed emozionata. Dopo quattro mesi di chiacchiere in chat, di messaggi e soprattutto di telefonate notturne, nel caldo afoso di un’auto lei, sopra un letto lui; nelle quali dopo qualche battuta iniziale si arrivava presto a masturbarsi insieme. A lui piaceva come pronunciava "cazzo" nella sua calata romagnola, lo eccitava da impazzire, a lei piaceva il suo accento romanesco.
Avevano deciso d'incontrarsi nonostante lei fosse sposata e madre di tre figli, l'aveva sedotta cerebralmente e poi ci aveva messo dell'altro, che presto le avrebbe permesso di scoprire. Alla reception il portiere intese subito cosa ci facessero là, ma non battè ciglio.
Una volta in camera le loro bocche fameliche cercarono i rispettivi sessi, Carla inizio a succhiarlo con passione, mentre lui ripassava con la lingua quelle labbra sporgenti, che per l'occasione le aveva chiesto di radere, mantenendo la folta peluria scura come cornice, il 69 che disegnavano sul letto ancora intatto, era geometrico.
Poi la penetrò, mentre Carla gli avvolgeva i fianchi con le sue gambe toniche lui la possedeva con colpi precisi e profondi, i gemiti della donna erano la musica più erotica che lui potesse ascoltare, dopo essersi svuotati entrambi andarono a cena. Lui le chiese di non indossare le mutandine sotto il vestitino estivo che indossava e lei con un sorriso ingenuo e tanto erotico acconsentì, sapendo bene che non avrebbe guidato con tranquillità mentre le mani esperte dell'uomo la masturbavano, costeggiando l'ippodromo.
Al termine di una pizza consumata velocemente, tornarono a soddisfare l'appetito più profondo, quello che nutrivano l'una per l'altro. Nella stanza ormai divenuta buia, i loro corpi si plasmarono tra loro fino a quando l'orologio rintoccò le undici, Carla si vestì come se fosse andata al lavoro e tornò alla sua famiglia. Non si rividero mai più.
[2017]


L’indecisa

Mentre guidava tornando a casa, ripensò a quanto fosse assurda tutta quella storia. Quando dodici anni prima Valentina gli aveva confessato di averlo sognato, davanti alla sua cassa, lui non le credette, pensò fosse un semplice modo di abbordarlo.
Una ragazza così attraente, con degli occhi da cerbiatta, una bocca sensuale e due tette da esposizione, poi però dopo mille dubbi le chiese di uscire e lo fecero, certo lei le parlò del suo ragazzo, di come fosse insoddisfatta e lui sentì quel campanellino nella propria testa che gli diceva, stai alla larga, saranno solo problemi. Dopo qualche settimana, la fuga, la prima di molte nel corso degli anni. Valentina lo cercò altre volte negli anni, quando meno se lo aspettava saltava fuori dalla torta come una starletta televisiva.
Aperitivi presi in pomeriggi estivi, non rispettando mai gli orari, notti trascorse a farle compagnia perchè si sentiva sola ad un passo dal cibarsi di quella pietanza che sperava lo sfamasse.
L'ultimo atto otto anni fa, solita chiamata inaspettata, pochi incontri e poche chiacchiere questa volta, conclusisi con una scopata.
Una scopata tanto agognata quanto deludente.
Valentina che non ama farsi toccare il clitoride, che non sa muoversi, che non riscalda l'atmosfera neppure con quei suoi seni abbondanti e morbidi, con quel culo piccolo ma sodo, con quella fica rasata e chiusa, forse troppo, per permettergli di godere con passione di quel corpo, troppo algido.
Solo questo racconto come ricordo di una notte anonima.
[2017]




Pasticceria campana

L’onore in alcuni paesi del sud Italia vale ancora molto più del culo. Giovanna questo lo sapeva, per questo quando il suo primo ragazzo, intorno ai diciotto anni le chiese qualcosa in più di baci umidi e seghe lei pensò di concedergli l’anello bruno; salvaguardando l’onore suo e della sua famiglia, che aveva un’avviata attività commerciale e non poteva rischiare di passare di bocca.
Lui ne approfittò e poi la mollò alla prima occasione. Me lo raccontò una notte in chat, mentre cercavo di capire che ragazza fosse diventata adesso che di anni ne aveva ventiquattro e stava ancora cercando una relazione stabile. Si descrisse come una giovane donna, generosa nelle forme e colloquiale, di certo pensai, l’accento campano della provincia di Caserta si sarebbe sentito, così dopo qualche altra sera trascorsa a conoscerla meglio, ci decidemmo al grande passo: un incontro al buio.
Il primo della mia vita.
Presi il treno alla stazione centrale e scesi a Villa di Briano, il paese dove abitava, il viaggio fu’ piuttosto tranquillo fino a Formia, quando alla prima fermata di confine cominciarono a passare per i vagoni i venditori di cd-rom masterizzati. L’illegalità dilagante del nostro Paese m’irrita ancora.
Quando uscii dalla stazione mi resi conto di come lo squallore potesse avere un sindaco ed un parroco.
Giovanna mi aspettava con la sua Alfa rossa, ci presentammo e per vincere l’imbarazzo iniziai a parlare del viaggio.
Lei prese una strada nella quale mucchi di rifiuti abbandonati facevano da marciapiedi alla carreggiata. Infine arrivammo davanti ad un bar, non particolarmente attraente, nel quale prendemmo un caffè. Giovanna mi aveva spiegato che preferiva tenersi qualche chilometro lontano dal suo paese per evitare di essere vista in compagnia e dover poi dare spiegazioni.
Nel complesso era una ragazza che nell’immaginario poteva essere collocata tra le “porche”, quelle donne dal viso non bello ma volgare, i capelli di lunghezza media colorati di un castano rosso, a tratti eccessivo, un seno abbondante e morbido e un culo tanto generoso quanto appetibile, mentre sedeva sulla sedia del ristorante nel quale mi aveva invitato a pranzo, dai pantaloni a vita bassa troppo stretti per i suoi fianchi abbondanti vidi il filo del perizoma che di lì a qualche ora avrei sfilato e annusato.
La tabaccheria-pasticceria di suo padre, nella quale lavorava sia lei che il fratello sembrava non soddisfarla troppo, perché l’erede designato era suo fratello e lei era destinata a fare da ombra, quindi sgomitava per trovare il suo spazio in quell’angusto paese, ma era evidente che non sarebbe mai stata in grado di spezzare quel filo trasferendosi altrove, la sua vita era già stata tracciata, che lei lo volesse o meno, si sarebbe sposata con un ragazzo del posto, avrebbe avuto diversi figli e si sarebbe divisa l’attività col fratello, pur non avendo mai voce in capitolo.
Le feci capire che ero andata a trovarla per raccogliere il frutto di tante chiacchiere notturne e verificare di persona che cosa ci fosse di vero nei suoi racconti. Ci spostammo in una zona altrettanto squallida e riparata accanto alla provinciale, nella macchina spaziosa ci spogliammo e dopo aver provato la sua capiente bocca le ricambiai il favore, leccandola a dovere proprio dove nessuno sembrava volersi soffermare, impazienti di prendersi qualcos’altro. Con un colpo di reni deciso provai la gioia anale, verificando che la strada era già stata tracciata abbondantemente, e poi completai la gita fottendola con vigoria, con le sue cosce spalancate poggiate sui sedili anteriori dell’Alfa, una scena di altri tempi. La ringraziai per il pranzo e la scopata e le diedi appuntamento in chat.
Qualche mese dopo, intorno a Natale ricevetti un buonissimo panettone artigianale per posta, regalo gradito della sua pasticceria. [2018]

amanuense@blu.it


scritto il
2024-08-11
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