Una signora perbene

di
genere
prime esperienze

Francesca non si dava pace, continuava a scorrere le app dello smartphone senza una particolare necessità, accavallando le gambe ogni volta da un lato diverso, mentre la poltroncina della sala d’aspetto scricchiolava sotto il suo culetto.
D’un tratto decise di spegnere il cellulare e metterlo in borsa. Ormai era lì e non voleva essere disturbata da nessuno, né con chiamate né con messaggi.
Spostò lo sguardo sulle unghie per passare il tempo: le portava lunghe e smaltate di giallo lucido. Davano un certo dinamismo alle sue mani, una sensualità viva ma un po’ appassita.
Del resto era così che si sentiva ed i suoi tentativi di riprendersi da quello stato d’animo non stavano funzionando.
Era andata in crisi. Forse era la classica crisi di mezz’età, o forse stava solo impazzendo.
Suo marito non la faceva eccitare più come un tempo.
Le goliardiche scopate in macchina, in segreto e di nascosto dai genitori erano un lontano ricordo dei loro passati vent’anni.
Nemmeno la vita coniugale degli inizi, fatta di colazioni a letto e sorprese piccanti tra pomeriggi passionali e serate di fuoco erano più riproducibili. Non sapeva come tutto fosse iniziato, sapeva solo che gradualmente, aveva smesso di bagnarsi, di eccitarsi e infine, di godere.
Continuò a fissare le sue unghie e le venne un tremito al basso ventre. Eccolo, pensò. Questa è la vecchia sensazione dell’eccitamento. Lo smalto giallo lo aveva messo per un motivo. Quella furtiva sega fatta al collega di lavoro con quelle unghie, l’aveva destata dal torpore sessuale e le aveva ricordato che lì fuori c’era ancora un mondo di goduria, che forse si era lasciata alle spalle da troppo tempo. Per un attimo rivide il pene turgido di Maurizio tra le sue mani. Era così caldo, duro e… magnifico. Quel ricordo la fece eccitare ancora di più. Tra le sue mutandine qualcosa cominciava ad uscire, a bagnare la situazione. Fare quella semplice sega ad un collega in pausa dal lavoro, aveva fatto scoppiare in lei una voglia assurda di sesso extraconiugale. Per questo si trovava nella sala d’aspetto di quell’angusto centro massaggi.
“Signora Damiani? Prego, è il suo turno.”
Francesca seguì la voce alla reception. Sollevò il borsone e si accomodò nello spogliatoio indicato dalla signorina. Una stanzetta con una finestrella piccolissima posta nella parte più alta della camera, illuminata da una grossa lampada in un angolo che lasciava – forse volutamente – in penombra la maggior parte della stanza. Una stanza alquanto minimale per un centro massaggi, pensò Francesca mentre cominciava a spogliarsi per infilarsi l’accappatoio.
Quando uscì da lì, la signorina della reception le indicò una stanza adiacente. Francesca varcò la soglia e rimase confortata dalla sua eleganza.
Non era molto grande e con una finestra piuttosto piccola, però i punti luce sulle pareti creavano un’atmosfera molto seducente.
Tutt’intorno al lettino per i massaggi, c’erano varie candele profumate che le riempivano i polmoni di un odore delicato e piacevole. Da un piccolo stereo poggiato tra alcuni oli e creme, proveniva una musica rilassante e conciliante. Francesca pensò che si sarebbe potuta anche addormentare su quel lettino, poggiata a pancia in giù, con la schiena scoperta.
Subito dopo essersi posizionata, entrò il massaggiatore. Si presentò come Paulo ed il suo accento tradiva la provenienza latinoamericana.
Portava una canottiera nera che calzava a pennello su un corpo scultoreo di carnagione scura.
Portava i capelli legati in un codino che non scalfiva assolutamente la sua strabordante mascolinità.
Quando le sue mani cominciarono a toccare la schiena di Francesca, questa ebbe un piccolo sussulto interiore.
Quell’uomo ci sapeva fare: massaggiava con cura ogni punto del dorso della donna come se stesse impastando un dolce prelibato.
Un po’ Francesca si vergognava del suo corpo, d’altronde quello era un bellissimo uomo, giovane e atletico, mentre lei non si sentiva un granché.
In gioventù aveva avuto un bel culetto, ma ora era un po’ calato e la sua pelle non era più viva come un tempo.
Eppure Paulo non sembrava schifato, anzi, toccava con più invadenza di quanto non facesse suo marito, come se quel corpo di donna che aveva tra le mani già lo avesse autorizzato a fare le più varie sconcerie.
Francesca sentiva le mani di Paulo infilarsi sempre di più sotto il tessuto dell’accappatoio per cercare lembi di pelle nascosti e proibiti da poter profanare.
Si avvicinava sempre più ai glutei per poi tornare lesto sulla schiena e sul collo ma non si vergognava di scendere subito sui fianchi e poi di risalire per sfiorare quella carne dei seni che non poteva scomparire, schiacciata sotto il peso del corpo di Francesca.
La musica, gli odori e la voce di Paulo che la incoraggiava a rilassarsi stavano facendo il giusto effetto distensivo.
La stessa vagina aveva ormai bagnato il lenzuolo sotto il lettino e lei si era lasciata andare a qualche gemito di rilassamento. Paulo era poi passato a massaggiare anche i piedi.
Aveva detto che un bravo massaggiatore deve concentrarsi su tutto e nel dirlo aveva marcato la parola tutto.
Dai piedi era passato poi ai polpacci, andando avanti e indietro, percorrendo sempre un pezzo di strada in più, come a voler abituare Francesca alle sue mani morbide e calde.
Quando arrivò all’altezza del ginocchio, chiese se poteva levare completamente l’accappatoio rimasto a coprire ormai solo il sedere. Per un attimo Francesca esitò, per paura di rimanere in mutandine davanti ad uno sconosciuto.
Tentennò sulla risposta, non parlò subito. Alla fine, quando Paulo reiterò la domanda, decise di assecondarlo e lasciarglielo fare.
L’uomo scostò l’asciugamano e lo posò poco lontano, poi finalmente, poté cominciare a massaggiare con cura le cosce magre di Francesca.
“Lei ha veramente un bel corpo, lo sa? Capitano poche donne belle come lei da queste parti.” Fece Paulo con il suo marcato accento.
Francesca arrossì. Chissà quant’era che non le veniva fatto un complimento del genere da un uomo, pensò. Paulo continuò a massaggiare le cosce infilando piano piano le dita sull’interno per poi arrivare fino ai glutei che alla fine afferrò con forza per impastarli con le sue grandi mani. Era arrivato a palparle il culo apertamente, come se facesse parte di un normale massaggio. Francesca si irrigidì un poco, ma Paulo allentò la presa e la confortò: lui era lì per darle piacere.
Un piacere al quale non si abbandonava da tempo, se non attraverso l’uso delle sue mani, quando era nella doccia. Suo marito la trascurava quasi del tutto ed a lei per un tempo sembrato infinito questa pratica le era sembrata la “normalità”, adesso sotto il tocco sapiente di Paulo, cominciava a capire che non lo era, che aveva bisogno di piacere e soprattutto, ne aveva voglia.
Le mani del massaggiatore s’insinuarono ancora una volta all’interno delle cosce, questa volta però attraverso le mutandine ormai fradicie, scivolarono nel solco della sua vagina, sentì distintamente le dita di Paulo esercitare una pressione sul suo bottone roseo e lasciò che il suo bacino ci ruotasse sopra, poi l’uomo tornò sulle natiche ed infine sulle spalle, adesso più sciolte.
Terminato il massaggio salutò, ringraziando Paulo, che le sorrise affabile dandole il suo biglietto da visita, spiegando che non era la prassi ma che per clienti selezionate, si permetteva visite a domicilio.
Mentre si rivestiva nello spogliatoio attiguo alla stanza dei massaggi, si rese conto di quanto le sue mutandine fossero zuppe, quelle mani l’avevano stravolta, il calore trasmesso, quella sensazione di piacere e benessere che da tanto non provava era tutta racchiusa in quel sottile lembo di lycra che teneva tra le mani. Inutile indossarle pensò rimettendosi la gonna.
Ritornò a casa prendendo l’autobus. Salire sui mezzi pubblici senza mutandine l’aveva fatta sentire una vera poco di buono, una donna di strada.
Si sentiva come se chiunque potesse vederle le parti intime e conoscere il suo segreto.
Cercò di convincersi che non era così, che era solo una sua suggestione e nel frattempo ripensava al suo massaggiatore. Si morse il labbro mentre stringeva in mano il bigliettino da visita dell’uomo.
Le dita di Paulo le avevano suscitato un appetito vorace di cazzo. Lo voleva dentro di sé, interamente.
Accavallò le gambe come a trattenere il corpo mentre la mente viaggiava sul binario delle fantasie sessuali e si accorse che la sua vagina era nuovamente umida, tanto da inzupparsi entrambe le cosce.
Quando scese dall’autobus sperò di non aver lasciato sul sedile o sulla gonna alcuna traccia delle sue fantasie.
Una volta rientrata in casa si assicurò che il marito non sarebbe rientrato da lì a poche ore e chiamò immediatamente il massaggiatore.
Lo voleva là il prima possibile, non poteva resistere un solo giorno. Voleva essere scopata e quell’uomo era capitato al momento giusto.
Paulo non si fece desiderare più di tanto. Un paio d’ore dopo la chiamata, si presentò a casa della sua cliente, come aveva già fatto decine di volte con altre donne.
Donne sole, il più delle volte. Donne brutte e poco attraenti. Alcune magari anche sposate con figli. Stavolta per lo meno, Francesca non era la solita bruttona di turno e Paulo era doppiamente felice di potersi fare una bella scopata retribuita.
Dal solito caffè di circostanza, i due, passarono dopo pochi minuti a toccarsi, baciarsi e palparsi. Paulo era focoso, caldo, sensuale: vero maschio latino. Gestiva lui il tutto: aveva spogliato Francesca strappandole i vestiti di dosso, letteralmente. L’aveva trovata senza mutandine e non aveva fatto alcun commento al contrario di ciò la donna si aspettava.
Qualsiasi uomo le avrebbe dato della porca, della puttana, ma lui non si mostrò sorpreso. Francesca pensò che per uno come lui doveva essere normale trovare le donne in quel modo alla sua mercé, d’altronde lo chiamavano per quello.
Come prima cosa Paulo si riempì la bocca della figa della donna. Aveva un modo particolare di leccarla, era delicato, poco irruento e molto preciso nei movimenti.
Gli uomini di solito sono voraci e quasi aggressivi nei loro cunnilingus rapportandosi al gentil sesso come loro vorrebbero che le donne si rapportassero a loro.
Ma Paulo sapeva come muovere la lingua, sapeva come cogliere il fiore del piacere di Francesca, ciucciando il suo grosso clitoride che sporgeva dall’estremità superiore della vagina come fosse una deliziosa caramella.
Dopo il primo orgasmo, Paulo decise di passare all’azione. Era già pronto ad infilarsi dentro Francesca con il suo grosso membro.
Fece un po’ di fatica ad entrare, quella caverna non accoglieva pipistrelli da fin troppo tempo. Francesca lo sentì tutto, fino all’ultimo centimetro.
Orgasmò al solo inserimento completo, quando le palle di Paulo si schiantarono contro le sue natiche.
Afferrandola per i grossi fianchi, Paulo cominciò a stantuffarla con estrema accortezza, come a tentare di trovare il ritmo giusto per quella donna con cui scopava per la prima volta, come a voler trovare i giusti movimenti da compiere su un nuovo strumento musicale che aveva regole tutte sue e che voleva essere toccato in modo completamente diverso dagli altri.
Ma Paulo d’altronde, era un grande musicista e sapeva trovare il giusto feeling con ogni strumento. Così cominciò a suonare Francesca con foga. Due colpi secchi di bacino e poi uno più ampio, poi di nuovo due colpi secchi e uno più ampio, poi inforcata lenta dentro Francesca per darle modo di prendere il respiro e di farle saggiare tutta la sua mascolinità.
Francesca nel frattempo aveva le tettone all’aria e gli occhi chiusi. Era gattoni sul divano e si faceva penetrare da quel bel maschio in maniera docile e tranquilla. Nessuno l’aveva mai scopata in quel modo. Il suo piacere sessuale forse non era mai stato così alto, anche se era impossibile paragonarlo, dato il tempo ormai trascorso da quando aveva veramente fatto sesso.
Paulo fece cambiare posizione a Francesca. Si strizzò le palle per ritardare l’eiaculazione da vero professionista, poi fece posizionare la sua partner a missionario. Da lì continuò a scoparla palpeggiandole le tette sempre con delicatezza, pizzicandole ogni tanto i grossi capezzoli.
Francesca avvinghiò le gambe al proprio amante e l’uomo capì perfettamente il tipo di movimento che doveva fare. Invece di un martellante avanti e indietro, Paulo aveva abbastanza esperienza per intuire che in quel modo una donna chiede colpi più brevi ma più roteanti.
L’uomo assecondò il desiderio della sua donna e la condusse dritta ad un ulteriore orgasmo squassante, lungo ed intenso.
Quel pomeriggio sembrava non dovesse finire mai, l’appetito di Francesca e la “professionalità” di Paulo stavano dando vita ad un incontro memorabile.
L’uomo non ricordava così tanta passione negli appuntamenti precedenti, nè così tanto coinvolgimento, anche da parte sua. Per lui erano chiavate interessate, denaro extra che serviva per foraggiare il suo progetto di mettersi in proprio, senza doversi più servire del centro massaggi per prendere all’amo donne in cerca di affetto, ma una vera e propria agenzia di gigolò. Ma questa prestazione era qualcosa di più, Francesca era una donna burrosa e passionale che non avrebbe mai smesso di scopare, fosse dipeso da lui.
All’ennesimo gemito di piacere della donna, Paulo rimase fermo dentro di lei, riprendendo fiato e lasciando che lei si potesse godere quella sensazione di pienezza che veniva dal suo grosso membro. Poi scese tra le sue cosce e ricominciò a leccarla, con la stessa delicatezza mostrata precedentemente, succhiando ancora quella caramella posta al centro dei petali di carne della sua fica per poi scivolare sempre più in basso fino all’orlo bruno che trovò stretto ma invitante, lo insalivò a lungo, mentre Francesca prendeva a masturbarsi, con quattro dita. Paulo infilò prima un dito, spingendolo sulle pareti, saggiandone l’elasticità, poi ne aggiunse un altro e infine un altro ancora. Era pronta. La fissò negli occhi chiari e le sorrise, lei annuì, la paura che quel membro le lacerasse l’ano, lasciò spazio al desiderio di provare qualcosa che non ricordava più e con uno strumento tutto nuovo.
Paulo aveva scelto la posizione supina, avrebbe potuto guardarla negli occhi e osservare sul suo volto l’arrivo del piacere, l’aveva sollevata dal materasso con due cuscini, in modo da averla alla giusta altezza. Posizionò la punta scura del suo membro all’entrata del pertugio e iniziò a dondolare spingendo sempre di più quando avanzava, vide la cappella scomparire al terzo tentativo e centimetro dopo centimetro tutto il resto, Francesca gemeva ad ogni piccolo avanzamento, stringeva le mani dell’uomo, formando un’unica figura; quando fu entrato completamente lasciò che la donna si abituasse a lui, poi con gli occhi le comunicò che avrebbe cominciato a muoversi, si sfilò quasi del tutto e poi riaffondò, fece questa cosa per tre volte, una volta appurato che il canale era aperto, spinse con più forza e velocità.
Francesca riprese a masturbarsi con foga, seguendo il ritmo col quale Paulo la sodomizzava, quando avanzava le sue mani danzavano docili sulla sua fica, godendosi la spinta, quando usciva le dita si facevano più voraci, le cosce sode danzavano ai colpi inferti dallo stallone latino, le tette generose venivano impastate dalle grandi mani ambrate, mentre le dita strizzavano i capezzoli duri come punte d’acciaio.
Francesca ebbe più orgasmi, si stancò di contarli mentalmente quando lo schizzo improvviso le colpì le viscere, come una fionda, sentì il liquido caldo riempirle tutto il canale e uscirle fuori, le pareti si dilatarono e permisero al cazzo di Paulo di uscire, completamente bagnato, ancora duro la donna lo imboccò, succhiandolo avidamente per stillare anche l’ultima goccia di sborra che usciva da quel cannolo, poi, sazia, si leccò le labbra, abbandonandosi sul letto, esausta.
Lasciò che Paulo si facesse la doccia, guardò l’orologio per sincerarsi di avere ancora il tempo per sistemare tutto e poi prese dalla cassaforte del contante per saldare il suo stalliere.
Arrivati alla porta, consegnò all’uomo sei biglietti da 100 euro, bisbigliandogli nell’orecchio: “Li vali tutti Paulo”.
L’uomo li contò, gliene riconsegnò la metà e le disse: “Questi tienili per la prossima volta.”

amanuense@blu.it


scritto il
2024-08-15
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