Divina provocatrice

di
genere
comici

Parte I - Alexia Del Sierra

Me l'hanno sempre detto, i miei amici: "Non prenderti mai una coinquilina donna. Ma se proprio devi, non prenderti mai una coinquilina gnocca". Dicevano anche altro, ma il resto della loro tiritera non era importante.
Non li ho ascoltati. Per prima cosa, l'appartamento era un vero e proprio furto. Un bel soggiorno separava le due camere da letto, non c'era da preoccuparsi del rumore, ognuno di noi aveva il proprio bagno, anche se il mio era in comune, ma non mi importava, e c'era una cucina situata nella parte anteriore dell'ingresso, separata dal soggiorno da un bancone.
La mia stanza non era esattamente la più grande, quindi la mia scrivania e il mio computer portatile si trovavano nel soggiorno, vicino alla parete di fondo, la stessa che era in comune con la mia camera da letto. La scrivania dava sulla cucina. Non volevo che la gente vedesse lo schermo del mio computer mentre ci stavo lavorando. Non che si trattasse di roba porno, ma comunque il privato è privato, dannazione. Per come avevo sistemato la scrivania a filo con il muro, era come se quello fosse il mio angolino personale. Soprattutto per scrivere, cosa che facevo spesso, ma anche per altre cose. Mi piaceva stare in salotto, mi piacevano i rumori di fondo.

Oh sì, la coinquilina di cui parlavo, grazie per avermelo ricordato. In realtà non è che ne abbia esattamente parlato, ma vabbè. Comunque, uscì dalla cucina. Si chiamava Renée, di origini sudamericane o qualcosa del genere… era abbronzata. Non lo so, non lo so esattamente. Fatemi causa per questo!
"Ehi Renée…" gridai attraverso il soggiorno, "…quale hai detto che è la tua etnia?".
Oh, giusto. Era mezza italiana e mezza svedese. Strana, ma sexy. Aveva lunghi capelli neri che quasi sempre arricciava un po', come se fossero delle scale a chiocciola che rimbalzavano lungo la schiena. Il suo petto era bello, non era formosa ma la sua vita era piccola, quindi era come se lo fosse; era come se portasse nel reggiseno qualcosa di contrabbando su cui dovevi solo mettere le mani.
Ma lei non era così, aveva classe. Tuttavia, quella classe era qualcosa che desideravo che non avesse ogni volta che mi sbatteva in faccia i suoi occhioni scuri. Ciglia lunghe su profonde pozze di marrone, mi catturavano ogni volta… ops, scusate, questa storia non riguarda la mia coinquilina, non era lei il problema. Quindi, per riassumere il tutto in modo che possiate avere un'immagine, questa è Renée: un metro e settanta, circa 60 chili, magra, una terza misura abbondante, un naso piccolo e un mento pronunciato. Non che sporgesse in modo strano o altro, era solo sottile. Mi piaceva, ma di nuovo, il problema non era la mia coinquilina.
Merda, credo che si fosse accorta che stavo scrivendo di lei. Continuai a guardare in alto, facendo l'indifferente. Lei ridacchiò e scosse la testa. Indossava una maglietta bianca aderente e dei pantaloncini corti, una specie di «vestito prima del vestito». Forse l'ho guardata un po' troppo a lungo. Era un tantino imbarazzante…! Comunque sia, se ne andò in camera sua e chiuse la porta in modo da essere lontana dagli occhi e dal cuore.

Questa storia, sebbene mi sia soffermato a lungo su Renée, non riguarda lei. Riguarda la sua amica, Alexia.
»Toc! Toc! Toc!«
Lasciai la scrivania del computer e andai ad aprire la porta. Sapevo che Renée non avrebbe sentito bussare, perché era già immersa nella sua musica in camera sua.
Parlando del diavolo.
"Ehi, c'è Renée?" chiese Alexia mentre si passava le dita lunghe e sottili, con una punta di smalto rosa, sulla fronte per riporre una ciocca dei suoi capelli biondi disordinati dietro l'orecchio. Teneva sempre i capelli scompigliati, ma in modo sexy, del tipo «ecco come sono dopo il sesso, ma tu non lo vedrai mai». Le piaceva anche portarli corti, avevo le mie teorie al riguardo. Tutte sessuali, ma vabbè, poco importante. In ogni caso, credo che le piacesse tenere il collo scoperto, una specie di invito sconcio del tipo «mi sta bene se mi strozzi un po' a letto». Scusate, una delle mie teorie mi è sfuggita… vabbè, vabbè, vado avanti…!
Ogni volta che mi parlava, sembrava che si alzasse un po' sulle punte dei piedi, come per farmi controllare il suo dannato petto. E io ci cascavo ogni cazzo di volta.
La sua scollatura era come uno stretto canyon, liscia e sinuosa, che scompariva nell'oscurità del suo top. Mi calamitava il viso, ccome una dolce ninna-nanna costituita dal rumore del motore di un motoscafo che romba. Moto… scafo …moto… scafo.
Alexia Tettuta. Non era il suo vero cognome. A dire il vero all'epoca ancora non lo conoscevo, ma mi ci inventavo sempre delle stronzate per farmi due risate. Alexia Supergnocca, Alexia Tipregoscopami, Alexia Cazzochefisico. Stupide stronzate come questa. Lo ammetto, la mia cazzo di intelligenza lasciava un po' a desiderare!

Lasciatemi provare a dipingere un ritratto di questa dea.
Era bassa, intorno al metro e sessanta. Non poteva pesare più di cinquanta chili, a meno che il suo seno non la facesse eccedere. Forse. Di sicuro aveva almeno una quinta misura, ma con una struttura così minuta sembravano più grandi. Scommetto che erano vere.
Non capisco ancora come una figura così snella e minuta potesse sostenere un seno del genere.
Il suo sedere era, per me, perfetto. Di profilo spuntava come una mezzaluna, e di spalle i suoi fianchi erano come due parentesi tonde con in mezzo un culo che inghiottiva il perizoma. Cazzo, che acquolina in bocca. Lo chiamavo «culo da cucciolo», perché era così bello che volevi solo seguirlo come se fossi un cucciolotto. Ancora una volta, forse non ero così intelligente.
La sua pelle era chiara; non si curava molto dell'abbronzatura, cosa che adoravo visto che mi piacciono le ragazze con la pelle di porcellana. Comunque, penso che le bionde abbronzate abbiano un aspetto un po' strano. Ma è solo una mia impressione. Scommetto anche che era completamente glabra, ovunque.
Le sue ciglia erano lunghe, e lei le sbatteva in abbondanza… scommetto che non ha mai pagato un drink o un pasto nella sua vita adulta. Un solo battito di ciglia o una leccata alle sue labbra piene e imbronciate, che quasi sempre brillavano di rosa come le sue unghie, avrebbe fatto aprire il portafoglio (e i pantaloni) a qualunque uomo.
C'erano solo due cose di lei che non mi facevano tendere i pantaloni. Il suo naso era una di queste. Era carino, ridicolmente carino. Un nasino che avrei voluto mordicchiare, in modo giocoso e non sessuale. L'altra parte erano i suoi occhi: erano blu, ma un blu spento, come l'oceano in una giornata nuvolosa. Erano ancora belli, ma non mi piacevano quanto le altre parti. Diciamo che le sue iridi erano eclissate da altre caratteristiche.
Per riassumere, credo che le clessidre fossero gelose di questa ragazza di Hooters venuta dal paradiso. Eh già, lei avrebbe potuto benissimo lavorare per «Hooters». E in quel momento, devo dire, indossava qualcosa che in effetti ricordava la loro divisa…ma in peggio, se capite cosa intendo. Una canottierina bianca, con le spalline filiformi e particolarmente scollata, su cui avrei voluto rovesciare un bicchiere d'acqua, e una gonnellina nera a balze, abbastanza corta da farmi pensare di giocare a «bubusèttete» con la sua figa. Accidenti, era una provocatrice. E sapeva di esserlo!

"Ehilà…?!", ridacchiò.
Dannazione, mi ha beccato mentre la fissavo. Cazzo! Per quanto tempo sono rimasto lì fermo? Mi ha trasformato in pietra, in più di un modo. Maledetta Medusa.
"Oh sì, scusami… è di là, nella sua stanza", le dissi infine con un tono gracchiante e una voce da castrato. Avrei dovuto schiarirmi la gola, prima. Dannazione!
Le indicai la stanza di Renée, lei sapeva già dov'era, ma volevo essere gentile. Mi ringraziò e mi girò intorno, velocemente, probabilmente perché voleva che le guardassi il culo mentre la gonna si alzava mentre passava. E io la accontentai, e lo guardai. Stuzzicante! Il suo sedere tondo si armonizzava perfettamente con le sue cosce. Cazzo, era in perizoma nero. Quanto era sexy!
Oh, e aveva una borsa a tracolla, ma non ci feci quasi caso. Ho fissato il suo culo per tutto il tempo. Ecco, ora dovevo andare a farmi una sega.



Okay, ora stavo meglio. Non credo che le ragazze abbiano lasciato la stanza di Renée per tutti i cinque minuti che mi ci sono voluti. È sempre imbarazzante afferrare il mio portatile, portarmelo nella mia stanza per qualche minuto e poi riportarlo con me alla mia scrivania, come ho fatto io. Se mi avessero visto, avrebbero capito cosa avevo fatto.
Maledizione, Alexia. Provocatrice che non sei altro!
Bene, ora stavo bene, potevo tornare alle mie cose.
La porta di Renée si aprì un po'.
"Ehi, posso usare il tuo bagno?" Alexia gridò dalla stanza.
Immagino che Renée fosse nel suo.
"Sì…" ho urlato di rimando. Non avevano abbassato il volume della musica, quindi le urla erano necessarie.
Avevo intenzione di tornare a guardare lo schermo del mio portatile… ma un'altra occhiata, anche breve, ad Alexia era troppo allettante per resistere. Alzai gli occhi e la vidi zompettare via. Non era un saltellare veloce, ma un lento trotto sul pavimento di legno davanti al bancone della cucina. Voleva chiaramente che la guardassi, e con attenzione. Ci volle un attimo, ma mi accorsi del perché: era in topless! Il braccio destro le tratteneva il petto, nascondendo i capezzoli… e, anche se di lato, vedevo più seno di quanto ne avessi mai visto prima. Porca vacca! La mano sinistra teneva per la spallina un minuscolo reggiseno nero di pizzo. Immagino che lo stesse provando e che avesse bisogno di uno specchio.
Aspetta, aspetta… stronzate! Renée di specchi in camera ne aveva, e non solo in bagno. Se aveva bisogno di usare il bagno, poteva anche aspettare. No, molto probabilmente voleva solo saltellare per il salotto in topless, con solo l'avambraccio e il palmo della mano a coprirsi. E il suo saltellare…! La sua gonna corta ondeggiava durante quella sua gita di piacere, dandomi a ogni passo una lieve anteprima del suo culo da mordere.
Il mio cazzo sussultò… che figlio di puttana! Ero di nuovo arrapato? Davvero? Avevo appena finito…!
Saltellando saltellando, entrò in bagno.
"Ops", ridacchiò dopo aver chiuso la porta in comune. "Sono due porte, ho quasi saltato la seconda…!".
«Vaffanculo!», volevo urlarle.

Dannazione, avrei dovuto essere in camera mia! Avrei potuto beccarla dallo specchio mentre lasciava cadere il braccio prima che mi beccasse nel mio letto a fissarla. Cazzo! Cosa avrei dato per vederla in topless.
Per quanto volessi «tornare in camera mia» in quel momento, sapevo che nel mio bagno lei aveva solo il reggiseno. Quindi, o avrebbe dovuto attraversare di nuovo la stanza in topless, o quel reggiseno sarebbe stato l'unica cosa adddosso a lei, oltre alla gonna. Aspettai. Cazzo, la mia mente era un uragano. Odiavo essere così dannatamente, fottutamente arrapato. Ma non ero duro, ero solo gasato, come se il mio sangue fosse benzina e tutto ciò di cui avevo bisogno era un cazzo di fiammifero.
Alexia era una fottuta arrizzacazzi. Aveva bisogno di una lezione. Non poteva andare in giro così.

Controllai il mio Facebook. Avevo Renée come amica, così cercai Alexia tra i suoi. Merda! Alexia Del Sierra…? Davvero? Si chiamava così? Ho controllato le sue foto, qualcosa da guardare, bikini o altro. Cazzo, profilo chiuso. Ovvio!
Non mi conosceva così bene… ma chissà, forse mi avrebbe accettato l'amicizia, e avrei avuto almeno la possibilità di vedere qualcosa di lei.
Lo so, sono inquietante! Ma non me ne frega. Lei è fottutamente sexy! Non ditemi che voi non avete mai fatto niente del genere, eh?! Vaffanculo, bugiardi!
Dannazione. L'avrei inquietata comunque, per cui figuriamoci.
Con un lamento, combattendo l'impulso a non farlo, cliccai su «Aggiungi agli amici». Perlolmeno quella sera, o entro qualche giorno, avrei avuto la possibilità di passare al setaccio le sue foto. Forse non ero la persona più paziente, ma per le cose belle valeva la pena aspettare…
Ma che cazzo… notifica? Non era possibile, cazzo. L'aveva già accettata? Aveva il telefono in bagno? Come aveva fatto a portarselo appresso? Con quella gonna? 'Fanculo, non m'importava. Era stata velocissima a rispondere.
Ero un po' imbarazzato, le guance arrossate e gli occhi fissi sul pavimento. Dopo quello che aveva appena fatto, lei sapeva perché aveva avuto la mia richiesta.
"Cazzo!" mi sono detto.
Mi si era serrata la mascella. Ma la mia vergogna scomparve quando ricordai. Le foto! Porca miseria, aveva un sacco di roba da esaminare. Trentasette album! Duemila foto! Accidenti, ragazza! Prima che potessi cliccare su un suo album da oltre 100 foto, sentii la doccia avviarsi.
Questo fece scattare il mio interesse in un batter d'occhio… e, a proposito di battiti, il mio ebbe un'impennata, come uno sprint. Alexia era nella doccia, nuda. Strinsi i denti per soffocare un mugolìo di "…cazzo!".
Aspetta… forse avrei potuto aprire un po' la porta del bagno dalla mia stanza. La doccia avrebbe attutito qualsiasi rumore che avessi fatto. Anche lo schermo della doccia era traslucido… potevo vederla, ma anche lei poteva vedermi. A meno che non si stesse lavando i capelli o altro, nel qual caso i suoi occhi potevano essere chiusi. Dannazione! Ne valeva la pena? Forse un "…ops" scherzoso, se mi avesse beccato, mi avrebbe salvato la faccia. Seee… stronzate! Dannazione, la mia mente era in subbuglio. Ero disperato!

Renée sbucò fuori dalla sua stanza e si diresse verso il mio bagno. Era vestita bene, con un abitino nero corto e scintillante. Accidenti. Forse era solo perché ero agitato come una pentola di pasta, ma credo che il mio cazzo abbia avuto un sobbalzo quando l'ho vista. Cazzo!
Mi schiarii la gola per cercare di mascherare la mia palese aggressività sessuale.
"Ehi, cosa fate stasera, ragazze?".
"Andiamo in quel nuovo locale che ha aperto in centro", rispose lei passando per il salotto. "Prima serata, siamo un po' nervose per entrare…".
"Stronzate…" sbottai, quasi rivelando la mia aggressività, "…tirate così da gara, dovrebbero pagarvi per stare lì dentro!" dissi ridacchiando.
Lei sorrise, si girò verso la porta del bagno e la aprì di qualche centimetro.
"Ehi…!" la interruppi, pensando che avesse aperto la porta abbastanza da vedere Alexia. Ma un mix tra la mia pessima vista e l'apertura insufficiente mi impedì di riuscire nell'impresa. Cazzo! "Cosa fate voi ragazze dopo?" chiesi, nel tentativo di camuffare le mie intenzioni.
A dire il vero, non potevo credere di averlo chiesto. Avevo un piano che mi frullava in testa; non ne andavo fiero, ma come ho detto ero disperato. Speravo di non essere stato troppo invadente con la mia domanda. Credo che sia stato il mio complimento di prima a metterla comunque a suo agio nel rispondere.
"Probabilmente staremo lì fino alla chiusura, a meno che non faccia schifo, ma non credo. Le serate di apertura di solito sono piuttosto casiniste. Dopo probabilmente ci fermeremo qui. Non cercheremo di svegliarti, se è questo che ti preoccupa…".
Scossi la testa, cercando di non sembrare troppo impaziente.
"No, non c'è problema. Mi chiedevo solo…".
Porca puttana! Aveva usato il plurale, giusto? Lei e Alexia sarebbero tornate?
Se sapevo qualcosa di Renée, era che amava bere. Tornava sempre a casa dai suoi clubbing quasi ubriaca. Come mai non si fosse mai drogata non l'ho mai saputo. Forse sarebbero state entrambe sfatte. Il mio piano fece un passo avanti.
Renée si infilò nel mio bagno… occasione mancata! Ma io rimasi fiducioso. Pensai solo per un attimo di chiederle di unirmi a loro. Ma poi pensai che il mio tempo sarebbe stato meglio speso a casa.


Parte II - Il tradimento della freccetta

Credo di dover parlare del mio piano, a questo punto. Non ne vado fiero, come ho detto. E non è un piano geniale. Del resto, come già detto prima, non è che fossi un fulmine di guerra. Ma se Alexia fosse tornata qui ubriaca, non mi avrebbe trovato addormentato. Sarei stato paziente. Avrei aspettato che svenisse… e sì, molto semplicemente, avrei approfittato della situazione. Ora, non ho mai fatto niente del genere prima, ma… beh, comunque, perché il piano funzionasse, lei doveva anche tornare ubriaca. Solo in quel caso poteva andare. Ma l'idea era così stuzzicante, e io la desideravo davvero, cazzo. E… aspetta, no, porca miseria! Non potevo fare una cosa del genere. Sarebbe stato stupro. Non potevo violentarla. Era sexy da sbroccare, ma non potevo violentarla. Vacca miseria! Dannazione, dannazione, dannazione!
Strinsi di nuovo i denti e le mie dita si arricciarono a pugno, con forza. Non l'avrei violentata. Semplicemente non potevo!
Comunque almeno adesso avevo la sua amicizia su Facebook.

Prima che potessi cliccare sul suo primo album, la porta del bagno si aprì. I miei occhi affamati e speranzosi passarono dallo schermo alla luce fluorescente. Come una sfilata di fighe, Renée uscì, col suo vestito nero attillato e scintillante, e Alexia, completamente coperta da un asciugamano (…cazzo!), camminava dietro di lei.
Le ragazze si rintanarono nella stanza di Renée. Oh beh, ero ancora un po' agitato, ma mi stavo calmando. Era ora, cazzo.
Come un gatto che insegue il puntino di un laser rosso, i miei occhi tornarono allo schermo del computer. Scorsi velocemente le foto del profilo di Alexia, ma non c'era nulla a parte qualche scatto angolato di una camicetta mezza scesa. Abbastanza noioso, rispetto a quello che avevo visto dieci minuti prima.
Ben presto, e per fortuna, mi imbattei nel suo viaggio in Sardegna, da cui era tornata un paio di settimane prima.
Cazzo, sì! Scatti in bikini! Sapevo che non era molto, ma ero ancora disperato, e tutta quella pelle di una ragazza così sexy era pur sempre qualcosa per cui eccitarsi almeno un po'. La mia scheda principale era aperta sul suo album, ma in poco tempo ebbi circa sei schede secondarie allineate in alto. Erano le mie foto preferite. Inoltre avevo creato una cartella in cui le salvavo. Cazzo, era da pervertiti… ma non mi importava.

Credo di essermi fatto prendere la mano fissando la sua scollatura in un bikini top a malapena sufficiente a contenerla. Un paio di scatti mi diedero un'immagine del suo culo perfetto che, come fa di solito un culo con i tanga, stava divorando il suo slip. Dannazione. Beh, come ho detto, mi sono lasciato trasportare, forse un po' troppo… tanto da non accorgermi che Alexia era uscita dalla stanza di Renée e ora si trovava a una decina di metri dalla mia scrivania.
"Stai spesso in quell'angolo, vero?", cinguettò, interrompendo il pasto dei miei occhi.
Mi sono agitato e i miei occhi assetati, che volevano ancora bere del suo corpo delizioso, si sono diretti verso di lei. La mia mente singhiozzò. Indossava un vestito bianco attillato. Era corto da paura, rivaleggiava con la gonnellina a balze che aveva indosso prima ed era legato alla vita. Brillava alla luce come quello di Renée.
Le clessidre avrebbero urlato d'invidia per il fisico di quella ragazza. Quel vestitino le rendeva giustizia. Cazzo! Aveva anche i tacchi alti abbinati. Che immagine!
I suoi capelli erano ancora umidi, e lei li stava passando con la spazzola mentre stava in piedi e mi fissava, con gli occhi spalancati e le sopracciglia inarcate, aspettando la mia risposta…
Merda, la mia risposta! Da quanto tempo la stavo fissando? Merda, avrò respirato nell'ultimo mezzo minuto? Cazzo…
Mi schiarii la gola, a voce alta. Sembravo un fottuto trattore che non voleva partire.
"Cosa?".
Lei si girò di scatto, incazzata perché non l'avevo sentita la prima volta.
"Ti ho chiesto, stai spesso in quell'angolo, vero?" e intanto continuava a spazzolare le sue corte e disordinate ciocche bionde, come se non si fosse accorta della bava che mi era praticamente colata dalla bocca.
"Sì…", brontolai, "…credo…" biascicai mentre i miei occhi tornavano allo schermo. Pensai che non avrei dovuto fissarlo ancora. Mi ero già reso ridicolo. Mentre continuavo a passare al setaccio le sue foto migliori, quelle col seno più esposto possibile… cazzo, ora ero tutto agitato da far schifo. Maledizione. Il mio cuore era come un gorilla in gabbia che scuoteva le sbarre. Credo di aver anche sudato un po'.

Alexia si era appoggiata alla mia scrivania come una pin-up, piegata con il culo in fuori e le braccia che stringevano i seni come se non volesse il contatto visivo.
"Cosa stai guardando?".
Merda! Non può vedere il mio schermo, vero? No, non può. Bene, ora minimizza. Cazzo, dov'è? Riduci a icona…!
Ho fatto clic sulla finestra e si è spostata in fondo allo schermo. Bene.
"Niente di particolare…" tossii come un bambino con una mano infilata in una fottuta scatola di biscotti. Ero nervoso che più nervoso non si può; lei mi aveva quasi beccato e non potevo fare a meno di risponderle mentre fissavo la sua scollatura perfetta, che invitava a sbirciarla.
"Niente? Davvero?". Scese dalla scrivania, fece il giro e, dondolando il suo culo perfetto, camminò fino ad arrivare accanto a me. I suoi occhi passarono dai miei al mio portatile, dove vide solo un desktop vuoto.
Cazzo. Avevo paura che potesse sentire la mia paura che mi rimbombava nel petto come un elicottero. Non dissi nulla, non potevo, non sapevo cosa dire. La mia mente era confusa fino allo sfinimento.
"Aspetta un attimo…" si passò lentamente la spazzola tra i capelli, come per creare una cazzo di suspense, "…hai il browser ridotto a icona…".
La sua mano, sottile e setosa, scostò la mia dal mouse. Cazzo! Aveva appena dirottato il mio mouse. Merda, merda, merda!
Come se tutto fosse al rallentatore, vidi la freccetta, quella stessa freccetta che era stata così gentile con me in tutti i miei sforzi pornografici, che stava per tradirmi. Il mio clic destro «Salva immagine con nome…» stava per darmi un calcio nel culo talmente forte che avrei avuto bisogno di punti di sutura.
Era un incubo. Ero terrorizzato, ghiacciato dall'orrore. Tutto quello che riuscii a singhiozzare era un "pri…" cercando di pronunciare la parola «privato». Ero fottuto!
Come un predatore a caccia, la finestra saltò fuori dal suo nascondiglio. Ed ecco Alexia, con più di una decina di foto del suo viaggio, tutte in bikini, che la fissavano.
Non disse una parola. La freccetta del mouse, la mia migliore amica, da poco diventata ostile, scorse tutte le schede, e a ogni fottuto clic rabbrividii. Si prese tutto il tempo necessario per scorrere ognuno dei miei sei scatti preferiti, tutti o quasi a schermo intero, con una luce cristallina. Desideravo che qualcosa, qualsiasi cosa, spegnesse il mio computer, ma niente da fare.
I suoi occhi si posarono sull'ultima scheda. Ero stato fottutamente stupido, perché in quell'ultima scheda avevo ingrandito l'intera dannata immagine fino a un primo piano stretto del suo petto. Non c'era nemmeno il suo mento nell'inquadratura, solo il suo ventre piatto con i seni che quasi debordavano dal reggiseno nero del bikini. Si fermò a fissare quella foto più a lungo delle altre.
Poi decise di parlare. La sentii tirare il fiato per farlo, e rabbrividii di nuovo.
"Questo è probabilmente quello che preferisco anch'io…", sussurrò.
Ma che cazzo?! Cosa avrei dovuto rispondere?!

Come se le cose non potessero andare peggio, cliccò sulla cartella. Quella cazzo di cartella che non avevo potuto ridurre a icona per poter vedere i miei preferiti salvati in un unico posto. Le immagini non erano nemmeno solo dettagli, cazzo no, avevo la miniatura più grande possibile, così potevo vederle tutte insieme. Tutte e sei. Cazzo!
Peggio ancora. Il titolo della cartella, bello e fottutamente grande in alto: «Alexia è troppo gnocca»!
Mi sentivo come un treno in corsa verso un precipizio, come un tamponamento a catena in cui, lentamente, il danno continuava a crescere man mano che ogni nuova auto colpiva la fila di quelle davanti a sé. Cazzo! Mi tremavano le mani, mi sentivo male e, peggio ancora, ero fottutamente arrapato!
Per fortuna, se un po' di fortuna può essere trovata in tutto quel maledetto incubo, ero ancora nascosto sotto la scrivania, quindi non credo che lei abbia visto il mio cazzo teso che mi premeva i pantaloni dall'interno, come se avessi una pistola.
"Beh…" sospirò, alzandosi in piedi.
Aspettai. Non ero sicuro della tempesta di merda che c'era sotto la superficie calma della sua tranquillità, ma rimasi lucido. Sentivo che la cosa mi avrebbe fatto male.

Tirò fuori il telefono da sotto il vestito. Il suo sottile dito indice passò più volte sullo schermo. Non potevo vederlo, ma il mio terrore cresceva. Che cazzo aveva intenzione di farmi? Farmi spogliare e scattare una foto? Cazzo!
"Se ti sono piaciute quelle…" sussurrò, facendo una pausa in modo che la suspense mi trafiggesse il petto, "…scommetto che questa ti piacerà molto di più".
"Cosa?".
Con un colpo di polso, girò lo schermo verso di me, solo per un istante. Un piccolo assaggio dello schermo, come la lingua che sfiora un dolce ma è tutto ciò che può ottenere. Su di esso, Alexia, completamente, fottutamente nuda! Il mio cervello ebbe a malapena la possibilità di capire ciò che vedevo. Una foto allo specchio, in piedi, tutta sexy, nuda come mammà l'aveva fatta. Ma prima che potessi memorizzare l'immagine, lei me l'ha tirata via. Me l'ha tirata via, cazzo!
"Sì, questa è molto più erotica, vero?". La fissò, senza guardarmi. Potevo vedere il fottuto «sì, ti piacerebbe» nelle sue iridi blu. Non me l'avrebbe più fatta vedere.
La cagna… aveva dato un assaggio al cane, e ora quello era arrabbiato.
"Non posso mettere foto come questa su Facebook…" ridacchiò.
Ma vaffanculo! Volevo urlarle contro fino a farmi sanguinare la gola. Volevo alzarmi dalla sedia e buttarla sul divano, strapparle quei cazzo di vestiti di dosso e scoparmela lì. Maledizione!
"Bene…", si rimise il telefono sotto il vestito, "…ti lascio tornare a… ehm… Facebook…", disse con una risata, una fottuta risata da «non puoi avere altro».
Tornò di corsa nella stanza di Renée, con il culo che ballonzolava fuori dal suo cazzo di vestito; ma prima di entrare nella stanza e chiudere la porta, sorrise alle sue spalle.
"La prossima volta, magari, tieni qualcos'altro aperto sul computer, così non vedo solo un desktop vuoto e non mi insospettisco".

Stronza! La mia rabbia cominciò a montare. Dovetti trattenermi. Mi persi, ma non mi importava. Quella ragazza meritava una punizione.


Parte III - Perso in uno stato confusionale

Per sicurezza, mi sedetti a fissare un documento di Word vuoto. Volevo scrivere, scrivere tutto quello che provavo, ma sapevo che avrei dovuto aspettare che le ragazze se ne fossero andate. Rimasi seduto per circa cinque minuti prima che il mio uccello si abbassasse, altri dieci e mi rilassai un po'. Rispetto a un gatto pigro che si dondola sull'altalena del portico, ero ancora un mostro di rabbia, ma almeno non volevo più saltare via dalla sedia, bussare alla porta di Renée e costringere Alexia a spogliarsi puntandole un coltello, o perlomeno a mostrarmi di nuovo quella foto.
Cazzo, dovevo trafugarle il telefono.

Dopo essere rimasto seduto lì per quindici minuti, e prima che potessi scrivere una qualsiasi parola, Alexia uscì di nuovo dalla stanza di Renée. Maledizione! Feci del mio meglio per non alzare lo sguardo dallo schermo e tenere le dita fisse sulla riga iniziale.
Si schiarì la gola, una sorta di giocoso «guardami», mentre trotterellava di nuovo accanto a me. Non si vedeva più nulla sul mio portatile; non avrei mai più commesso quell'errore, quindi ero a posto. O almeno così credevo, cazzo.
Sentendomi un misto di incazzatura, arrapamento e, abbastanza stupidamente, di presunzione per il mio schermo ormai pulito, mi girai verso di lei, con le ginocchia allargate e un po' inclinate all'indietro sulla sedia, come a dire: «niente da vedere, qui!».
Credo che l'avesse presa come una sfida, perché si è chinata, con le tette che quasi le uscivano dal vestito, e ha iniziato a scrivere sul mio documento Word, una volta vuoto. Cercai di sporgermi per vedere.
"No, no…!" si spostò per bloccarmi la visuale. "Potrai leggerlo quando me ne sarò andata" disse, quasi in un sibilo.
Beh, fanculo. Se era distratta, pensavo che avrei avuto un occhio di riguardo. Il suo culo sporgeva come se volesse una sculacciata… cazzo, quanto avrei voluto dargliene una. Le sue curve mi facevano quasi sbavare mentre rimaneva irresistibilmente piegata su di me come una spogliarellista. Cazzo, il mio attrezzo si stava di nuovo risvegliando. Provai ad oppormi. Ero semisdraiato lì in piena vista e non potevo permetterle di vedere il mio cazzo che dava segni della sua presenza nei calzoni. Ero già stato sputtanato troppo.

Dopo circa un minuto, forse due, mentre mi perdevo nelle sue curve sexy, lei si alzò dalla mia tastiera, questa volta col suo culo perfetto tra le mie ginocchia. Cazzo! Si voltò e si abbassò, avvicinandosi a me come se stesse per slacciarmi i jeans con i denti. Che troia!
Non riuscivo a guardarla. Cazzo, le sue tette a pochi centimetri dal mio uccello. Non mi doveva venire duro, non adesso! Ho girato la testa verso lo schermo, ma la sua mano si è alzata e, premendo il suo palmo morbido contro la mia guancia, l'ha spinta indietro per guardarla. Mi costringeva a guardarla!
"Potrai leggerlo quando me ne andrò…", ridacchiò leccandosi le labbra.
Come se la sua risatina non mi avesse fatto salire un formicolìo più evidente lungo la gamba, si morse il labbro inferiore.
Le piaceva quella roba, le piaceva ogni fottuto secondo. Feci un sorrisetto, non perché mi piacessero i suoi giochetti, cazzo, era una stronza, ma perché il mio unico pensiero in quel momento era: «…stasera vedrai!».
"Cosa abbiamo imparato oggi?", sussurrò.
Le mie sopracciglia si sono incurvate e hanno fatto quelle stupide rughe confuse sul mio ponte. Odio quelle cazzo di rughe.
"Uno…" cominciò lei con un sorriso, "…Alexia è troppo gnocca, vero?".
Il nome della cartella, che si fotta!
"Due: tieni sempre camuffato lo schermo, così non vedo su cosa ti farai le seghe, più tardi…" ridacchiò di nuovo.
Cazzo! Strinsi i denti e le mie dita si serrarono ai lati della sedia. Dovetti lottare come una bestia per non saltarle addosso proprio lì.
"E…" le sue mani, che erano partite innocue dal pavimento ai suoi lati, cominciarono a risalire il mio interno coscia come due ragni. Sentivo le sue unghie lucide graffiare la mia pelle attraverso i pantaloni. Si fermarono a pochi centimetri dal mio inguine. Non finì mai la frase, si limitò ad aspettare, con la lingua premuta contro l'interno della guancia, seguita da un sorriso. Aspettava con gli occhi che ridevano di me mentre si spostavano, cercando di fingere di non sapere cosa stesse facendo. Stronzate! Le sue mani si abbassarono e cominciarono a strofinarmi delicatamente l'interno delle cosce, spingendo il mio cazzo a uscire allo scoperto e a giocarci come con un animale spaventato.
Cazzo, non potevo farci niente. Non riuscivo a fermarlo. Ogni battito del mio cuore pompava dentro sempre più sangue. Ero fottuto. Gamba sinistra o gamba destra, non importava quale scegliesse per indurirsi. Sarebbe scivolato sotto le sue mani. Cazzo, non riuscivo a fermarla! Non potevo fermarla. Lo voleva, lo vedevo nei suoi occhi. Voleva sentire il mio cazzo, sentirlo pulsare sotto la sua pelle morbida attraverso i miei jeans!
Puttana. Stronza! Non mi guardava nemmeno.
La mia cappella era inarrestabile; spingeva contro la curva della sua mano destra tra il dito indice e il pollice, come a dirle: «sposta quella dannata mano». Ma lei, invece di far scivolare la sua mano in giù lungo la mia gamba, come il mio cazzo sembrava volere, lo lasciò passare sotto la sua mano come se fosse un piccolo roditore che scavava una galleria nella terra.
"Eccolo lì!", sussurrò con il più grande dei suoi cazzo di sorrisi. "Tre: non hai autocontrollo. E questo è un problema…!". Si alzò in piedi, ma rimase piegata davanti a me con le mani che ancora mi stringevano l'interno cosce, mentre l'altra mano continuava a strofinarmi il cazzo. Si strinse di nuovo i seni piazzandomeli davanti agli occhi, una splendida pelle perfetta che si arricciava sulla scollatura. Una ragazza pin-up, fottutamente provocante!

Con questa dea in posa da pin-up, il mio cazzo pulsava a dismisura, pieno, duro come un bastone, in una dimensione da «vedrai che ti faccio».
Lei abbassò lo sguardo sul mio inguine, guardò la sua opera, la sua fottuta opera di provocazione. I suoi occhi si allargarono, quasi come se avesse paura. Le sue labbra si aprirono per lo stupore. La capocchia del mio cazzo, con sua sorpresa, si era indurita oltre il suo palmo. Era come se avesse cercato di reggere un salame troppo grande con una mano troppo piccola.
"Questo…" balbettò, cercando di far coincidere le labbra con gli occhi, "…è proprio un grosso problema. Il tuo autocontrollo, intendo!".
Lei si limitò a fissarlo. Finalmente un cazzo di vantaggio: quella troia mi aveva stuzzicato su e giù per tutta la fottuta serata, e finalmente era a corto di parole, persa nelle dimensioni del mio cazzo. Aveva risvegliato il mostro, e presto avrebbe dovuto subire la sua ira.
Avevo bisogno di qualcosa da dirle, a quel punto. Qualcosa di fottutamente intelligente. Merda, non sapevo quanto tempo avevo. Merda!
Pensa!
"Scusa, eh…" brontolai, "…la prossima volta mi impegnerò di più".
Bene, ma non benissimo. Non rispose nulla. I suoi occhi non lasciarono mai il mio inguine. I miei occhi non lasciarono mai le sue tette.
"Alexia!", cinguettò Renée dalla porta d'ingresso. "Pronta?".
Questo ci fece uscire dal nostro stato di ipnosi reciproca.
"Sì!". Alexia si mise in posizione; si girò e saltellò verso la porta. Come se volesse aggiustarsi la parte inferiore del vestito, il ché sapevo essere una stronzata, sollevò l'estremità e mi mostrò il suo sedere. Con una risatina, prima di uscire dalla porta d'ingresso, si voltò e disse: "Ci vediamo stasera!".
Ma che cazzo?!
La porta si chiuse. Ecco, ora dovevo andare a farmi una sega… di nuovo!



Merda, non restava che aspettare.
Rimisi il portatile sulla scrivania e uscii dalle foto di Alexia. Fottutamente delizioso.
Mentre cliccavo di nuovo sul mio precedente documento Word, quello su cui Alexia stava scrivendo e che aveva ridotto rapidamente a icona pima di andarsene… merda! Avevo quasi dimenticato che aveva scritto qualcosa.
Doveva essere interessante.
«Era come un contadino, un povero servo della gleba che sgobbava nei campi tutto il giorno. Ma ora sedeva a tavola, alla tavola della regina, con due meloni perfettamente maturi presentati davanti a lui. Lo chiamavano per essere morsi, per essere palpati, per essere leccati, ma il servo della gleba, così a disagio nella sua stessa pelle, non voleva correre il rischio. Non ha voluto cogliere l'opportunità che gli si presentava davanti».
Porca vacca! Ma che cazzo… voleva che la toccassi? O era solo la solita, provocatoria presa in giro? E mi aveva appena dato del fottuto servo della gleba?!
«Rilassati…», mi dissi. Questo però non cambiava nulla.


Parte IV – Vai e colpisci!

Maledizione, era tardi. Guardai la sveglia: 2:25 del mattino. Non ero stanco, cazzo, ero strafatto. Credo che tutto il mio sangue fosse stato sostituito da adrenalina. I bar chiudevano alle 2:00. Un taxi le avrebbe riportate qui in un altro paio di minuti.
Speravo che fossero ubriache, speravo che tornassero solo distrutte.

In perfetto orario, la porta si aprì e le ragazze si riversarono dentro. Ubriache? Pareva di sì.
Avevo lasciato la porta aperta di uno spiraglio, di solito lo facevo comunque, mi piaceva la luce, quindi non era sospetto. Ma non potevo sbirciare. Dovevo far finta di dormire. Non potevo attirare l'attenzione su di me. Dovevo lasciare che la loro serata finisse.
Non ero arrapato, ero troppo nervoso per farmelo venire duro. E poi mi ero fatto l'ennesima sega solo una mezz'ora prima. Avevo pensato che questo mi avrebbe potuto mantenere calmo. Non funzionò, ma almeno non avrebbero notato una tenda canadese nel mio letto nel caso in cui avessero sbirciato nella stanza. Con Alexia poteva succedere qualunque cosa.
Ero comunque nudo, coperto da un lenzuolo in vita. Nell'appartamento faceva davvero caldo, ma non ero nudo per quello. Non dormivo quasi mai nudo, lo trovavo volgare, almeno per me. Ma adesso lo ero, così non avrei dovuto togliermi alcun vestito qualora fosse iniziato il «divertimento».
"Non posso credere che tu non sia andata via con quel ragazzo, ti stava addosso…!". Era Alexia, le sue parole erano appena appena biascicate. Cazzo.
"Sì, lo era, era un tipo…!". Renée, ubriaca fradicia, ma ancora con classe. "Quindi hai davvero stuzzicato il mio cazzo di coinquilino prima che ce ne andassimo, troietta!".
Wow! Renée imprecava solo quando era davvero ubriaca. Bene, voleva dire che sarebbe svenuta presto, lo sapevo.
"Sì, non posso farci niente…!". Alexia ridacchiò. "È così facile sfotterlo. Non riusciva a togliermi gli occhi di dosso".
Ho rabbrividito. Ho sempre odiato quando sento la gente parlare di me. Non mi importava, in quel momento. Rimasi paziente. I loro discorsi non sarebbero durati a lungo. Renée sarebbe andata a letto presto, ma io ero preoccupato per Alexia. Non era così ubriaca, dopotutto.
"Allora…" Renée fece un singhiozzo. Un classico. "…Vuoi dormire in camera mia?".
Merda! Non ci avevo pensato. Cazzo, se Alexia era accanto a Renée non potevo intrufolarmi lì. Merda! Merda!
"No", rispose Alexia. "Starò sul divano dopo essermi cambiata".
Cazzo, sì! Bene, sarebbe stata in salotto. Perfetto!

Dopo un altro paio di frasi farfugliate, Renée andò a letto. Avrei voluto desiderare Renée tanto quanto desideravo Alexia; Renée sarebbe molto più facile da scopare. Ma… oh, beh, Alexia mi stuzzicava.
La luce del mio bagno si accese. La porta era chiusa, ma la luce brillava sui bordi.
Feci un respiro profondo. Si sarebbe lavata, cambiata e sarebbe andata a letto. Una volta sdraiata sul divano, le avrei concesso quindici, forse venti minuti prima di sgattaiolare fuori.
«Rilassati…» mi dicevo. Il mio cuore non voleva stare zitto, mi sbatteva addosso da dentro. Ma per fortuna nessuna parte di me pensava che fosse una cattiva idea. Tutto il mio corpo lo voleva, e chi ero io per negarlo?
Dopo un altro paio di minuti le luci del bagno si spensero. Bene, aveva finito. Sentii i suoi piedini minuscoli ticchettare sul pavimento del soggiorno.
«Dai, vattene a letto… dai, vattene a letto…» ripetevo nella mia mente.
Il mio cazzo sobbalzò, solo un poco. Forse la mia eccitazione stava finalmente permeando il mio attrezzo.
Feci un altro sospiro profondo e rimasi immobile, disteso sul letto, a faccia in su, come se stessi dormendo. Dovevo aspettare solo altri quindici minuti.

"Psst…" sentii Alexia mormorare dalla fessura della porta della mia camera.
Ma che cazzo? Cosa ci faceva alla mia porta? Stronza, vai a letto. Per favore.
Non mi mossi. Se mi avesse visto dormire se ne sarebbe andata, speravo.
"Psssst?". Spinse la porta aperta a metà e sgattaiolò attraverso di essa. "Sei sveglio?".
Sentii la porta scattare dietro di lei. Cazzo. Cosa stava facendo? Doveva essere a nanna. Dannazione!
Attraversò la stanza in punta di piedi fino ad arrivare al lato del mio letto. La cosa curiosa fu che lei girò intorno al letto, e si mise sul lato più lontano dalla porta.
Il letto tremava un po'. Aveva premuto le mani sul materasso.
"Sei sveglio?", disse di nuovo, appena sopra un sussurro.
Stava cercando di svegliarmi? Cazzo, che diavolo stava facendo? Ero preoccupato che potesse vedere il mio cuore battere dentro le mie costole… nessun uomo addormentato pulsa così rapidamente.
Cazzo!

Il materasso affondò alla mia destra. Era salita sul letto! Perché era salita sul letto? Non potevo vedere nulla. Non potevo rischiare che mi vedesse sveglio. Mi avrebbe preso in giro, o mi avrebbe stuzzicato di più. Cazzo, io volevo solo approfittare del suo corpo addormentato. Cazzo! Perché era così difficile?
Il lenzuolo cominciò a scivolare dalla mia vita. Cazzo, no! Ero nudo sotto. Cazzo! Che accidenti stava facendo!? Non potevo fermarla. Stavo dormendo, o almeno avrei dovuto farlo. Non ero sicuro se fosse la paura, il panico o la curiosità, ma le permisi di togliermi il lenzuolo di dosso e di scoprire il mio cazzo flaccido. Merda!
Lei emise un gemito, non forte, un po' come un sospiro con una punta di aggressività sessuale che le scivolava tra le labbra imbronciate. Stava fissando il mio cazzo, lo sentivo. Stronza, mi aveva fregato di nuovo. Mi aveva appena usato per i suoi perversi brividi. Accidenti, anche il mio cazzo morbido non era niente di impressionante. Temevo che avrebbe scattato una foto, qualcosa di cui ridere in seguito. Troia!
"So che puoi diventare più grosso di così…", sussurrò ridacchiando.
Sentii le sue dita morbide arricciarsi intorno alla mia asta e tenerla dritta. Porca puttana! Mi si aprirono quasi gli occhi.
Non sapevo come si comportasse un cazzo addormentato, ma il mio divenne duro, rapidamente. Ad ogni palpito, ad ogni contrazione che faceva indurire il mio cazzo, la sua mano lo accarezzava. Lentamente, spingendo alla base e poi tirando leggermente verso l'alto la testa.
Voleva farmi una sega? Ma che cazzo?! La mia rabbia si stava placando. La sua pelle morbida era bella, davvero bella, cazzo. Ma comunque, poteva fermarsi da un momento all'altro, solo per eccitarmi più che mai.
"Dai, lo so che diventi enorme…!" ridacchiò di nuovo. La sua bocca era vicina. Sentivo il suo respiro infrangersi sul mio cazzo.
Prima che me ne rendessi conto, e combattendo tutti gli impulsi a muovermi, gemere e spingere, il mio cazzo era un'asta di bandiera.
Senza esitare, la sua mano continuò ad accarezzare lentamente, su e giù, tirando verso la cappella e poi spingendo verso la base.
Cazzo… avevo gli occhi rovesciati all'indietro nel cranio. Se non me ne fossi fatta una appena poco prima, sarei già esploso. Era una sega debole, ma era Alexia! Cazzo, era così bello. E lei era così sexy, e non potevo nemmeno vederla. Che schifo.
"Accidenti, è un cazzo bello grosso", ridacchiò. "Spero che non ti dispiaccia…".
Non dispiacermi cosa? Che cazzo significava? Certo che non mi dispiace, spero solo che tu mi finisca, cazzo.

La sua bocca! Le sue labbra umide e imbronciate mi avevano inghiottito la cappella. Porca puttana! Non era possibile, stavo sognando, cazzo. Non c'era modo che il mio cazzo fosse nella bocca morbida e perfetta di Alexia. La sua lingua percorreva cerchi umidi intorno alla mia capocchia, mentre le sue labbra scendevano lungo la mia asta.
Cazzo, mi sono quasi svegliato… non che non lo fossi già! Un pompino! Porca vacca, la sua bocca era così bagnata e calda che era meglio di qualsiasi figa in cui fossi mai stato. Era delicata, lenta, ad ogni succhiata umida e a labbra strette.
«Stai calmo, cazzo, stai calmo. Resta fermo, cazzo…!», mi urlava la mia mente.
La sua bocca lavorava insieme alla sua mano per avviluppare il mio cazzo. Su, giù, su, giù. Le mie palle si contraevano.
Ti prego, Alexia… non fermarti, cazzo!
Le mie mani afferrarono il tessuto sopra il materasso. Lei non vedeva, per fortuna. Come se il mio cazzo fosse il suo ghiacciolo preferito, lo ciucciò con piccoli mugolii che le sfuggivano dalle labbra.
Santo cielo! Ero morto nel sonno, doveva essere quello che era successo. Ma prima di capire che ero in paradiso, mi ricordai che Alexia era il diavolo.

Si fermò. Si fermò, cazzo! Con uno schiocco del mio cazzo dalla sua bocca, si sedette. Si sedette sul materasso, cazzo! Niente più mani, niente più labbra umide e imbronciate. Accidenti!
Strisciò giù dal letto. Se ne stava andando, lasciandomi più duro di un cazzo di tondino d'acciaio. No, ti prego, no!
Merda, stavo quasi per piangere, aspettando il rumore dei suoi passi che si dirigevano fuori dalla mia stanza. Ma non ci furono. Nessun passo. Era in piedi di fianco al mio letto?
Accidenti, volevo guardare. Sapevo che mi stava fissando, il mio cazzo stava sobbalzando, anche se cercavo di non darlo a vedere.
Come un ritorno al sogno, la sentii strisciare di nuovo sul letto. Aveva avuto dei ripensamenti? Doveva finire il lavoro? Non mi importava. Con la mente la stavo implorando di continuare. Stavo quasi per piangere…

Non arrivarono labbra umide e imbronciate, né mani. Ma sentii il letto sprofondare, in profondità, proprio alla mia destra. Poi la depressione aumentò mentre un'altra affondava nel letto alla mia sinistra.
Era…? Porca troia. Era sopra di me. Si era messa a cavalcioni su di me, come se fossi una cazzo di sella!
Poi sentii le sue dita che non si arricciavano intorno al mio cazzo come prima, ma lo guidavano. Porca puttana! Stava guidando il mio cazzo!
Seta! Seta stretta, umida, calda. Sentii la sua figa avvolgermi, mentre scendeva fino alle mie palle. Lo prese tutto in un'unica deliziosa scivolata, una deliziosa calata del suo culo.
Voleva scoparmi!
Gemeva con un leggero accenno di dolore.
"Più grosso di quanto pensassi…", sussurrò tra sé e sé.
Sarei dovuto esplodere proprio in quel momento, ma per un qualche fottuto miracolo, un mix di panico, adrenalina, sorpresa e una provvidenziale serie di masturbazioni precedenti, non lo feci. Mi trattenni e rimasi immobile. Volevo spingermi in su, più di ogni altra cosa volevo stantuffare la sua figa stretta e sbattere contro il suo culo perfetto. Ma… cazzo! Dovevo far finta di dormire.
Lei rimase seduta per un secondo, lasciando che la sua figa si allungasse e trattenesse davvero le mie dimensioni.
Sì, troia, l'hai voluto e l'hai avuto, cazzo.

Come se fossi un cavallo al trotto, cominciò a sobbalzare su di me, lentamente. Scivolava sulla mia asta solo di uno o due centimetri, forse perché era stanca e brilla, o forse perché non voleva svegliarmi… qualunque cosa fosse, non mi importava. Era una sensazione fottutamente incredibile, ma non così tanto da farmi sborrare in pochi secondi.
«Cazzo, sì! Piano, vai piano, fottuta dea. Posso reggere, così…», pensai.
Il mio letto vibrava, solo un po', per la sua lenta cavalcata.
La sua figa era meglio della sua bocca, molto meglio, cazzo. Era così stretta, stritolava il mio randello in modo perfetto. Prima che potessi abituarmi a quel movimento piacevole, lento e sensuale del suo corpo minuto, lei si mise a sobbalzare più forte. Saliva su metà del mio cazzo, gemendo, senza più dolore nella voce. Cercava di fare silenzio, ma non funzionò.
Mi montò più forte, portando l'apertura della sua figa bagnata vicina alla punta del mio cazzo e poi ricadendo come se lo volesse più a fondo di quanto potesse andare.
Cazzo! Ero come un fottuto manichino. Non riuscivo a scoparla anch'io. A ogni scivolata deliziosa, lei lucidava il mio cazzo coi suoi umori. Era come se volesse punire il mio cazzo con la sua figa, come se fosse arrabbiata con lui.

Il mio corpo lottava per rimanere immobile. Il mio letto cominciò a sferragliare, a tremare sulle sue molle. Il rumore si cominciava a sentire. Ma prima che, ne ero convinto, avessimo svegliato i vicini, lei rallentò.
"Merda…", ansimò, fermandosi e piazzandosi seduta su di me. Wow, non pensavo che potesse parlare in quel modo.
«No, piccola, non farmi questo, non fermarti. Ti prego, non fermarti, cazzo…!» le urlai nella mia mente.
"Troppo rumore!", sussurrò di nuovo a se stessa. "Dannazione. Letto del cavolo!". La sentii fare il broncio, un piccolo sospiro. Non era bello. Non era un piacere. "Non posso scoparlo come voglio…" la sua voce si incrinò, "…il letto fa troppo rumore".
Al diavolo il mio letto! Siccome io non riuscivo a spingermi contro di lei, lei non riusciva a venire? Cazzo! Era sconvolta, voleva godere!
Sentii le sue mani appoggiarsi al mio petto e la sua figa cominciò a scivolare via da me, cominciando a porre fine al mio sogno.
«No, tesoro! No! Mi sta mollando! No! Non puoi, non ora… cazzo!».
Dovevo fare qualcosa. Non volevo che la serata finisse così.
E poi presi una decisione. 'Fanculo!

Prima che la sua figa stretta e bagnata lasciasse il mio cazzo, le mie mani scattarono sui suoi fianchi. Le mie dita si arricciarono intorno alla sua vita minuta e la costrinsi a tornare su di me con una spinta decisa. Con gli occhi ben aperti, la fissai.
"Tu non vai da nessuna parte, cazzo!" sussurrai.
Il panico fu la prima espressione che la colpì. La mandibola le cadde e gli occhi le si spalancarono. Era ancora in canottiera, cazzo… ma non ero mica esigente, io. La sua figa mi bastava.
Con una rapida occhiata, la guardai. Era completamente depilata… lo sapevo, cazzo!
Sollevai il suo fisico minuto sul mio cazzo fino a quando la punta del mio uccello fu quasi fuori. Mi sarebbe piaciuto solleticarle il clitoride con quello, ma eravamo ormai ben oltre i preliminari. Poi, con tutta l'aggressività sessuale fino ad allora repressa, con tutto l'odio che avevo per lei fino a pochi minuti prima, la tirai a me. Con forza. Così forte che lei emise un guaìto di piacere, che si trasformò in un gemito.
La sollevai e la martellai di nuovo dal basso.
Lo shock sul suo viso si sciolse. I suoi occhi si chiusero, la sua postura si abbassò e la sua voce gemette. Ad ogni colpo contro il suo culo da cucciolo, lei gemeva.
I suoi capelli biondi, corti e disordinati, ondeggiavano mentre io cercavo di infilzarla più a fondo ad ogni colpo, con violenza. Lei si dimenava, io la facevo dimenare; lei lo voleva più forte, io glielo davo più forte.
Il letto cigolava… che cigolasse, 'fanculo i vicini! L'odore di sudore e di sesso riempiva la mia stanza, non ne avevo mai abbastanza di quell'aroma denso e passionale. Ne volevo ancora.
Mentre la sua voce si alzava, e i suoi gemiti si fondevano in un unico lamento di piacere, la sentii ansimare.
"Aspetta, aspetta, aspetta…" disse.
Cazzo, cosa? No, per la miseria! Aspetta, perché lo stavo dicendo nella mia testa?
"No, per la miseria!" ansimai.
Lei sorrise con gli occhi ancora chiusi.
"Aspetta". Si mise a sedere, finché il mio cazzo non fu in profondità dentro di lei. Poi, dimenandosi, portò le sue dita sotto il bordo della canottiera. "Voglio essere nuda", ridacchiò. Se la sfilò via dalla testa e le sue tette rimbalzarono giocosamente fino a fermarsi.

Porca puttana! Alexia era nuda sopra di me… meglio di quanto avessi mai sognato. La luce era forse fioca, ma era comunque sufficiente per vedere tutto.
Il suo petto ERA come due meloni maturi. Tette vere, lo sapevo di nuovo, cazzo! Capezzoli grandi grandi quanto monete da due euro, con i capezzoli più carini che avessi mai visto, che sporgevano appena per essere mordicchiati. Le sue tette pendevano perfettamente verso la parte superiore degli addominali. Avevo bisogno di vederle rimbalzare. Con forza, cazzo.
Come una macchina, ricominciai a martellarla. I miei fianchi erano come un albero motore, che stantuffava il pistone dentro il suo cilindro caldo e ben lubrificato. Le mie ginocchia erano piegate in modo che i piedi potessero spingere fuori dal materasso. Ero una macchina da guerra. La pistonai così forte che mi crollò addosso gemendo. Volevo che le sue tette mi schiaffeggiassero la faccia, così forte da lasciarmi i lividi.
I suoi gemiti si susseguivano tra una spinta e l'altra. Le sue grida erano sempre più forti, era ormai prossima.
"Sei una piccola fottuta arrizzacazzi…!" sussurrai. Merda! Volevo dirlo ad alta voce.
Lei si limitò a sorridere, mentre io costringevo il suo bel viso ad annuire come una cazzo di testa vuota.
"Oh sì, dimostramelo, cazzo…", balbettò tra i gemiti.
Porca puttana! Avevo bisogno di lei, avevo bisogno che urlasse, che urlasse così forte che Renée avrebbe sfondato la mia porta per il terrore.
Il suo corpo si agitava, come una frusta che veniva schioccata dopo ogni colpo. Stava per venire… lo sentivo, cazzo, lo vedevo.
Le sue mani si posarono sul mio petto. Le sue unghie rosa scavarono nella mia pelle.
Le mie mani scivolarono dalla stretta intorno alla sua vita e i miei palmi avvolsero le sue tette, i suoi cazzo di meloni maturi. Questo contadino era fottutamente affamato. Le strinsi, porca troia se le strinsi. Erano così morbide. Cazzo, pensavo di averle fatto quasi male, ma lei gemeva solo più forte.

Cazzo! Stavo per sborrare. Non stavo prestando attenzione… ma che cazzo?! Non potevo venire prima di lei. Non era possibile, avrebbe rovinato tutto.
Cercai di pensare a qualcos'altro, ma cazzo! Alexia era nuda, mi cavalcava come una pornodiva e gemeva quasi a pieni polmoni. Le mie fantasie non erano mai state così belle. Come cazzo facevo a trattenermi? Sarei esploso. Cazzo!
Le mie palle si contraevano mentre lei sobbalzava sul mio attrezzo gonfio come una zampogna. Ero fottuto.
Lei lo vide nei miei occhi. Deve averli aperti solo per un po', ma quanto bastava per vedere il mio sforzo.
»SBAM!«.
La sua mano mi sferzò sul viso, con forza. Porca puttana! Mi aveva fatto male.
Aspetta! Il mio cazzo si calmò, solo un po', ma quel tanto che bastò per fare in modo che Alexia venisse per prima.
Lei urlò con un fremito: "CAAAZZZZOOOO…!!!".
Ce l'avevo in pugno. Orgasmo, delizioso fottuto orgasmo. A quel punto potevo spingere forte, non mi importava… lei voleva di più, e avrebbe avuto di più.
Eravamo in tempesta, come in un mare agitato, con il mio letto scricchiolante nel ruolo della barca. Lo abbiamo quasi sbiellato.
Alexia continuava a urlare come una pessima attrice in un film dell'orrore. Il suo corpo tremava, era in preda alle convulsioni. Il suo orgasmo era come una scossa elettrica che le pulsava nel corpo.
La sua figa si stringeva intorno al mio cazzo a ogni colpo. Potevo sentirla colare su di me.
Porca puttana! Non ce la facevo più, e lei era troppo coinvolta, tremando come se avesse freddo, per schiaffeggiarmi di nuovo. Stavo per sborrare.

Proprio mentre sentivo tutto quello che avevo conservato per quella ragazza per così tanto tempo scivolare via dalle mie palle lungo la mia asta, lei schizzò via da me come una molla, saltò sul mio cazzo con la bocca e lo ingoiò tutto. Quando le sue labbra bagnate avvolsero la mia cappella, esplosi!
La sua mano mi lavorava il cazzo come una pompa, la sua bocca gemeva mentre mi prendeva tutto. Si sditalinava la figa per darsi un altro orgasmo. Nulla avrebbe potuto trattenere la mia esplosione… ero un cazzo di idrante, e la sua gola era un falò che aspettava di essere spento. Mi bevve tutto come se fosse la sua bibita preferita, gemendo ad ogni pulsazione del mio cazzo.
I suoi ansimi di piacere svanirono quando il mio cazzo esaurì la sua potenza di fuoco. Sembrava una maratona, l'orgasmo più dannatamente lungo che abbia mai avuto.
Soddisfatta, si sfilò il mio cazzo dalla bocca, strisciò sul letto e appoggiò la testa sul mio petto con un'espirazione e una leccata di labbra.
Le piaceva la mia sborra? Non mi importava. Ero esausto, e il mio cazzo non smetteva di contrarsi. Era inzuppato, le mie lenzuola erano inzuppate, cazzo. Non poteva fregarmene di meno! Sembrava comunque un sogno. Alexia, l'avevo odiata solo fino a una mezz'ora prima.
"Allora, è stato meglio della foto?", chiese, ancora con il fiato corto.
Non potei fare a meno di sorridere.
"Cazzo, sì che lo era!".
"Bene…", sospirò lei, il suo respiro affannoso sul mio petto, "…perché ho intenzione di rifarlo tra un paio di minuti…!".
scritto il
2024-07-25
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