La segretaria

di
genere
corna

Mi sono sempre riproposto di non avere storie sul luogo di lavoro. L'ufficio deve essere ben separato dal privato, per evitare inutili complicazioni.
La mia segretaria però (che chiamerò "Jenny" per evitarle di essere riconosciuta, con le spiacevoli conseguenze del caso) faceva di tutto per provocarmi e farmi venire meno a quel principio. Sono sicuro che lo faceva senza malizia; tuttavia le conseguenze erano le stesse.
Cosa avreste fatto voi con una segretaria di 23 anni, decisamente carina, con una folta chioma tendente al ramato, occhi chiari (…blu? Verdi? Dipendeva dai giorni…), vestita casual, con gonne aderenti, spacchi, seno prorompente, magliette mini che lasciano scoperta una pancia senza un filo di grasso?!?…
Nonostante ciò, mi sono sempre imposto un atteggiamento distaccato, che non lasciasse trasparire attrazione o interesse per quel suo corpo notevole: certo, qualche battuta spiritosa, ma niente di più.
Ero stato tentato più volte di richiamarla ad un abbigliamento più consono al lavoro, ma la sua spigliatezza e candore mi avevano trattenuto: perché mai avrei dovuto farle venire inutili sensi di colpa?
Con l'estate, poi, la situazione ovviamente peggiorava; i vestiti si facevano più leggeri e trasparenti, e le forme, conseguentemente, più evidenti!

È stato proprio durante il mese di agosto, periodo tradizionalmente dedicato alle ferie per la maggior parte dei colleghi, che è avvenuto l'episodio in questione. Durante questo mese anche il lavoro tende a diradarsi e quindi trovo più tempo per recuperare tutte quelle attività che durante l'anno ho lasciato da parte e, tra queste, la più urgente è certamente quella di archiviare le innumerevoli pratiche lasciate sparse o accumulate in pile di carta che richiedono urgentemente una sistemazione.
Così chiesi a Jenny la disponibilità a vederci un sabato mattina per dare una bella sistemata al tutto. Come sempre, lei si dimostrò disponibile, e ci siamo dati appuntamento in ufficio per le 9:00.

Già normalmente il sabato è un giorno che vede pochissimi colleghi presenti; con l'estate, poi, e la tendenza a godersi il mare, quel sabato eravamo praticamente gli unici in ufficio. «Meglio…» pensai tra me, «…così possiamo lavorare senza essere disturbati da telefonate o richieste varie da parte di colleghi, e terminare meglio e prima il lavoro che ci apprestiamo a fare».
Jenny si presentò in ufficio con dei jeans a vita bassa elasticizzati ed una maglietta che sembrava uno chiffon di seta, tanto era leggera. La trasparenza lasciava intravedere un reggiseno nero che le comprimeva i seni, esaltandone le dimensioni.
Nonostante il suo abbigliamento sbarazzino, il suo viso era però rabbuiato e non sereno come al solito.
Non le dissi nulla ed iniziammo di buona lena il compito che ci eravamo riproposti… mi venne da pensare che forse l'aveva indispettita l'aver dovuto rinunciare al mare, anche se non era da lei mostrare risentimenti di alcun genere.

Nel corso della mattinata, però, il suo umore non era cambiato affatto, e quindi decisi di lasciare da parte il distacco tra capufficio e segretaria che mi ero imposto, e le chiesi cosa avesse.
"Niente di grave…" mi rispose, "…è solo che ieri sera ho litigato con il mio ragazzo per una cosa che mi ha indispettito e che ancora non riesco a digerire…".
"Vabbè, dai, è normale avere qualche piccola discussione; non devi preoccuparti, poi passa tutto e tornerete ad essere la coppia felice di sempre".
Jenny mi aveva accennato qualche volta al suo ragazzo, a come si erano conosciuti, e ormai era più di un anno che erano insieme, a come lei si trovasse bene con lui ma ancora giudicava prematuro un passo definitivo. Me lo aveva anche presentato, una volta che ci eravamo incrociati per strada: i soliti convenevoli, la raccomandazione scherzosa di non farmela arrabbiare poiché la volevo efficiente sul lavoro… nel complesso l'impressione era stata positiva… ma, come si suol dire, comunque non erano affari miei, e quindi non ci avevo più fatto caso.
Quella mattina avevo quindi pensato a una classica piccola bagatella tra innamorati, e, pensando che parlarne sarebbe servito a riportare ogni cosa nella giusta dimensione, decisi per una pausa per prenderci il caffè e la sollecitai a raccontarmi cosa era successo di tanto grave da mantenere ancora il broncio.

"Quello stronzo di Andrea mi ha tradita con la mia migliore amica! L'ho scoperto, ed ora voglio fargliela pagare!!" sbottò all'improvviso.
"Mmmm… «tradire» mi sembra una parola grossa… magari si sarà solo fatto irretire da chi, evidentemente, tanto amica non ti deve essere stata, ma è normale che un bel ragazzo come il tuo possa essere oggetto delle attenzioni di altre ragazze. L'importante è non farsi prendere da gelosie immotivate…".
Cercavo di fare il pompiere della situazione, il fratello maggiore che dispensa buoni consigli.
"E lei farci una scopata lo definisce irretire?!?".
Senza volerlo dovevo aver messo il dito nella piaga e, anziché calmarla, avevo aumentato la sua rabbia.
"Ma come fai a dire che con la tua amica ci ha …scopato?". Non avendo mai affrontato argomenti così intimi, ero in imbarazzo con l'uso di certi termini.
"Lei come definirebbe una ragazza nuda con in bocca l'uccello di un ragazzo, nudo anche lui?".
Mi stupii del suo linguaggio così esplicito, usato poi con tanta leggerezza con un suo superiore, anche se il rapporto tra di noi è sempre stato familiare e non le ho mai fatto pesare le gerarchie; ma, evidentemente, la rabbia da sbollire era tanta.
"Certo, in questo caso in effetti «farsi irretire» mi sembra un po' riduttivo. E tu cosa hai fatto dopo che li hai visti?".
A quel punto ero curioso, e anche un po' eccitato, dalla situazione di intimità che si stava creando con Jenny.
"Non sono certo rimasta lì a guardare! Li ho lasciati alle loro porcate! Gli ho comunque mandato un messaggio su WhatsApp dicendogli che gli avrei reso pan per focaccia, e di non farsi più vedere da me perché io l'uccello non glielo succhio più, ma glielo stacco con un morso!".
Beh, per essere arrabbiata lo era davvero, non c'è che dire!
"Ed ora cosa hai intenzione di fare?" le domandai, curioso.
"Voglio fargli vedere che anch'io sono capace di divertirmi con chi mi pare e piace!".
Pensai di scherzare con lei, come sempre, e rendere la chiacchierata più frivola.
"Sono a tua completa disposizione…" replicai con un sorriso, "…anche perché sei una bella ragazza e a chiunque piacerebbe starci…".
"Non me lo chieda due volte… perché lei mi è sempre piaciuto, ma quel suo atteggiamento serio nei miei confronti mi ha fatto pensare che non le piacessi…" fu la sua risposta… che, devo dirlo, mi sorprese parecchio!

Mi accorsi della china pericolosa che stavano prendendo i nostri discorsi… ma, un po' per via dei suoi capezzoli che prepotentemente spingevano da sotto la camicetta, un po' per l'elastico nero degli slip che sporgeva dal bordo dei pantaloni (…per non parlare delle rotondità del suo sedere e del solco che lo attraversava) decisi che, tutto sommato, qualche rischio lo potevo anche correre… quanto ai miei principi, poi, «l'importante…» mi dissi «…è non forzare la mano e lasciare che sia lei a voler fare il "salto"».
"Veramente io ho sempre cercato di non crearti soggezione, di evitare situazioni equivoche, ma questo non vuol dire affatto che non sei una bella ragazza, e anzi, non lo nascondo, mi piaci molto… e comunque, chiarito questo, dammi del tu, così togliamo ogni imbarazzo nei nostri rapporti".
L'eccitazione, immaginando l'evoluzione dei nostri discorsi, mi aveva reso l'uccello duro, ed il «pacco» ora traspariva dai pantaloni con un'evidenza innegabile.
"Beh… sono contenta di piacerti…".
Così dicendo, Jenny, che non aveva mai smesso di guardarmi e si era certamente accorta dell'effetto delle sue provocazioni, mi si avvicinò e, prendendomi la mano, l'appoggiò sui suoi seni… e, toccandole i capezzoli, li avvertii diritti e duri.
Ormai ogni freno inibitore tra di noi era caduto, ed io accompagnai la sua mano per farle tastare il mio uccello attraverso i pantaloni. La mano roteò nel punto critico, facendomi eccitare ancora più di quanto già lo fossi.

Le slacciai la camicetta mentre avvicinavo il mio viso al suo, e con la lingua le carezzai le labbra, che sentii umide e carnose; lei aprì la bocca e fece altrettanto con la sua, per poi muovere la testa a lato della mia e leccarmi le orecchie, infilandoci anche la punta della lingua e mordicchiandone i lobi.
Avvertii le sue dita che armeggiavano attorno alla mia cintura e, una volta calata la cerniera, si insinuarono negli slip a cercare l'oggetto del desiderio. Quando lo trovarono lo afferrarono, lo strinsero, lo accarezzarono, fino a farlo scivolare fuori dalla patta.
A quel punto si chinò per baciarmi il cazzo e, dopo averlo leccato con la lingua come fosse un gustoso gelato, non mancando di mordicchiarmelo delicatamente,, lo prese in bocca ed iniziò un lento ma deciso pompino.
Le presi la testa tra le mani e, accarezzandola, cercavo di assecondarla nei movimenti di quel fantastico lavoretto.
Sentii che stavo già per esplodere… e, per non venire subito, la scostai per poter, a mia volta, lavorarmela.

Con fatica riuscii a sfilarle i pantaloni; Jenny mi aiutò levandosi le scarpe e sfilandosi i pantaloni ormai a terra dalle caviglie, rimanendo solo in mutandine. La visione del suo culo appena fasciato da uno slip di pizzo nero di dimensioni ridottissime, quasi un perizoma, da cui prorompevano sode rotondità, con la peluria sottile che fuoriusciva sul davanti, mi faceva salire il sangue alla testa più di quanto già non fosse di solito.
La troietta, detto in senso affettuoso, mi slacciò anche il bottone dei pantaloni, che, senza più ostacoli, caddero a terra a loro volta.
Afferrando l'orlo degli slip li sfilò lentamente e, scendendo, non mancò di baciarmi nuovamente il cazzo che, ora libero da ogni orpello, svettava turgido e rigido; sollevai prima un piede e poi l'altro, così che potesse togliermi sia i calzoni che le mutande.
Infine lei, prendendomi la camicia dalla base, la sfilò da sopra la mia testa, facendomi rimanere nudo di fronte a lei.

La sollevai con le braccia, lasciando che il suo corpo strusciasse sul mio, e l'appoggiai sulla scrivania liberandola da ogni carta, che gettai a terra senza troppi complimenti.
Socchiusi le tende alla veneziana; ora nell'ufficio penetrava solo una calda luce dalle fessure delle tende, ed i raggi del sole le disegnavano strisce luminose sul corpo. Le sfilai le mutandine, la maglietta ed il reggiseno: il suo corpo ora nudo, steso sulla scrivania color noce, risaltava in tutta la sua bellezza, con i seni sodi su cui svettavano i capezzoli turgidi, circondati da una corona rosata ed evidente.
Iniziai a penetrare il suo sesso con le dita, dolcemente, sentendo le labbra della sua vagina umide ed aperte. Le mie dita l'accarezzarono su e giù, strusciando il suo clitoride duro.
Ora era la mia lingua che si insinuava, non mancando di mordicchiarle il clitoride…

"Dammi il tuo cazzo… fammelo sentire dentro, sfondami…" Jenny mi sussurrava con voce divenuta calda e sensuale.
La feci scivolare sul bordo della scrivania; le sue gambe mi cingevano la vita mentre il mio uccello, puntato all'ingresso della figa, la penetrava senza fretta… sentivo quasi come se mi venisse inghiottito, risucchiato in quella caverna umida di umori aromatici. Io in piedi e lei sulla scrivania con il suo sesso in bella evidenza, mentre il mio uccello la stantuffava prima dolcemente poi con sempre più vigore… lei portò le sue dita sulla vagina e cominciò a massaggiarsi il clitoride e a stringere l'uccello tra le dita, accompagnandolo nel suo movimento alternato.
Le mie mani le percorrevano il corpo, titillavano i suoi capezzoli che stringevo fino a farle sentire quel lieve dolore che accresce la voglia ma che resta nei limiti del piacevole.
"Hai un uccello meraviglioso… se lo avessi saputo prima! Mmmm… mi piace… dammelo tutto, dammi anche le palle…" mi disse oscenamente con la voce rauca.
"Quanti cazzi hai avuto come il mio?" le chiesi, timoroso di non essere all'altezza di una puledrina che, per la sua fresca età e frequentazioni, aveva probabilmente provato stalloni più giovani e focosi del sottoscritto… anche se con questo non voglio lamentarmi affatto delle mie prestazioni, potendo l'esperienza di ultraquarantenne valere più della vigoria data dall'età, nel saper prendere una donna e farla godere.
"Oooooohh… sono sempre stata gelosa delle tue donne… che bello, ora finalmente ti posso avere! Oddio, quanto godo… sto godendo come una cagna in calore…" Jenny disse tra i gemiti di piacere.

Andiamo avanti così per diverso tempo, poi lei mi stupì con una richiesta.
"Devi sverginarmi il culo… quello stronzo di Andrea me l'ha sempre chiesto, solo che avevo paura… tu invece so che sarai dolcissimo, e non mi farai provare dolore…".
Era completamente partita! Ora sapevo che con lei potevo osare ogni cosa.

Improvvisamente mi sovvenne una curiosità.
"Ma come farà a sapere, il tuo fidanzato stronzo, che gli hai reso pan per focaccia?".
A quel punto avvenne esattamente ciò che avevo immaginato. Lei afferrò il telefono, che era lì accanto, con la mano e compose un numero.
Dall'altoparlante del vivavoce uscirono i suoni del tono di libero, e poi una voce.
"Pronto…? Chi è?".
"Sono io… volevo solo farti sapere che sto scopando con qualcuno che mi sta facendo godere più di quanto abbia fatto tu con quella troia di Rosalba".
"Jenny… sei tu? Ma dove sei? Cosa stai facendo? Con chi…".
Ma Jenny ignorò tutte le domande del suo fidanzato.
"Ahhhhhh, godo… sììììì… chiavami… continua a scoparmi col tuo uccello favoloso…".
Dall'altra parte si sentiva solo silenzio, rotto ogni tanto da strani rumori e quello che sembrava un respiro affannoso. La situazione mi eccitava oltre ogni previsione.

Uscii da lei per voltarla a pancia in giù, e prenderla a pecora. Dopo aver inumidito il dito medio, iniziai lentamente a penetrare il suo buchino… che accidenti com'era stretto! Se, come mi aveva detto in precedenza, lì dietro era ancora vergine, dovevo essere delicato e prepararla bene a ricevere la mia mazza.
Mi spinsi con la lingua ben impregnata di saliva prima tutt'attorno e poi, piano piano, dentro il suo buchino, non mancando di continuare ad accarezzarle la vagina ed a penetrarla con le dita, per tenerla distratta ed al contempo eccitata.
Ignoravo se la linea telefonica fosse sempre collegata, ma non me ne fregava poi molto, a quel punto. Volevo solo essere la fonte del suo intenso piacere, e inoltre abbandonarmi all'orgasmo più esaltante.
Sentii il suo corpo sussultare per un improvviso orgasmo.
A quel punto portai la punta dell'uccello in corrispondenza del suo buchino più stretto e, dopo un'ulteriore colata di saliva direttamente su di esso, cominciai a penetrarla piano. Vedevo il mio cazzo progressivamente scivolarle dentro… dapprima il glande, poi la stanga carnosa.
Le sue grida di dolore si alternavano a incitazioni a non smettere.
"Sssììììhhh… a…aaaahiiiii… sì, così, sfondami… aaaahhh… mi fa male, ma quanto mi piace… ooohh… come è bello…".
Il mio uccello era costretto tra le pareti del suo budello streto… il suo ano me lo inghiottiva come un serpente farebbe con la sua preda… ma l'avevo così lubrificata che potei iniziare a muovermi avanti e indietro senza fatica quasi da subito.
"Lo voglio tutto… dai, spingi… oooohhh… gooodooooo…".
Dalla cornetta all'improvviso sentii una voce.
"Dai, avanti, brutta troia, fatti sentire che mi sto eccitando…".
La voce era accompagnata da inequivocabili rumori liquidi di sfregamento… oh cavolo… credo che anche il suo ragazzo fosse partito per la tangente e avesse iniziato a menarsi l'uccello. Non mi sarei mai aspettato una reazione del genere da parte sua alle corna della sua ragazza.

Tutta quella situazione mi stava ormai portando al limite della resistenza. Incularla e stantuffarla a ritmo oramai forsennato, mentre le accarezzavo la figa sbrodolante di umori, e sapendo che il suo fidanzato se lo menava al telefono ascoltandoci, mi fece montare un orgasmo colossale: il mio cazzo pulsò come un matto nel suo culo, prima di scaricarle dentro una quantità impossibile di caldo e denso sperma, mentre la sentivo scuotersi per l'eccitazione e godere per l'ennesima volta.
Le sfilai l'uccello dal culo, mentre un rivolo biancastro le uscì dal retto.
Lei si girò e, chinandosi, incominciò a leccarmi il cazzo per pulirlo di ogni goccia che ancora fuoriusciva dalla punta. Poi si rialzò e, prima di riagganciare la cornetta, la sentii sussurrare al fidanzato.
"Ho goduto come tu non sei mai stato capace di fare!!".
Se vendetta voleva essere, la sua era stata un'opera d'arte, non c'è che dire.

Oramai in piedi, la strinsi a me e la baciai appassionatamente, fregandomene degli umori e dei sapori della sua bocca. Le mie mani percorsero tutto il suo corpo, che sentivo ancora rabbrividire di piacere.
Ora erano le sue mani ad accarezzare il mio membro, che non aveva smesso di essere duro. Come avrebbe mai potuto, con una femmina così affascinante e calda e vogliosa al mio fianco?
Jenny si chinò nuovamente e, tenendo aperte le cosce, iniziò un pompino che mi fece fremere di voluttà e ritornare il desiderio di penetrarla di nuovo.
Non erano passati che pochi minuti dalla prima scopata, che ero già pronto a possederla nuovamente… ed infatti così accade!
A quel punto pensai tra me: «Questa è una di quelle pratiche che è meglio non archiviare, ma tenere in costante consultazione…!».
scritto il
2024-08-29
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