Dai pied i in su atto II
di
cagnetta rottainculo
genere
dominazione
Tardo pomeriggio ero non so bene se in attesa o un po' in ansia o le due cose insieme, quando ricevetti sms. “Sei libero questa sera?”. Rispondo: “Si, sì sì”. “Ore 21 da me”. “Confermo”. Mi pulisco, mi vesto, mi incammino di buon'ora. Sono in anticipo e aspetto sotto casa del padrone. Dal campanile battono 21 colpi e io ne suono uno alla porta del padrone, che mi da il tiro. Entro in anticamera. Ripongo i vestiti e mi presento a lui. Hai suonato spaccando il minuto secondo. Sì padrone. Altrimenti venivi suonato tu! Ride e rido anch'io. La puntualità è la primo forma del rispetto che mi devi. Sì padrone. R.O. (= Ricevo Ordine) fai le cose che hai imparato ieri. Subito padrone. A quattro mi avvicino a un metro, poi a mezzo. R.S. (= Ricevo Suggerimento) più calma! Si padrone e ingoio un fiotto di saliva che mi va di traverso. Metto in pratica e vado avanti come da copione. La mia completa adorazione dei suoi piedi compiace il padrone. R.O. mi chiede di contare le gambe che ci sono nella stanza. Mi guardo intorno e biascico: ci siamo noi due, c'è un tavolo con quattro sedie, una poltrona, un tavolino e il trono del padrone. R.S. conta ad alta voce. Sì padrone. Due + due + cinque per quattro + quattro + quattro + quattro. Ehm, ehmmm. Fanno trentasei padrone. Sei in gamba a conti. Gongolo. R.O. annusale + bacio + leccatina. Eseguo. Mi ci vuole tempo. Ordine eseguito. R.O. disponile in ordine di importanza. Replico prontamente: prima le due gambe del padrone. Poi le quattro gambe del suo seggio. Poi le gambe degli arredi. Poi le mie due gambe da schiavo. Ricevo un ceffone. Il padrone si alza e si accomoda in poltrona mi fa segno di avvicinarmi e di stare in piedi. È accigliato. Sto in piedi a capo chino con gli occhi sul pavimento e a due mani copro vergognosamente il mio sesso. Hai commesso un errore molto grave. Fra tante gambe qui nella stanza le mie due vengono per prime, le tue due per seconde, tutto il resto è inanimato. Non ho bisogno di un fantoccio e non siamo a teatro. Siamo due uomini. Tu lo sei quanto lo sono io. Ti voglio sottomesso ma uomo. Impara ad essere vero. E poi, cosa ancora più grave, non tollero la finta adulazione che hai dimostrato e non tollero i secchioni che pensano di essere i primi della classe. Ascolto e annuisco. Padrone io credevo che... Mi interrompe e si incazza. Mai cercare scuse. Non serve a niente. Porta la tua arroganza nel cesso e tira l'acqua o infilatela nel buco del culo. Ho la voce rotta. Si padrone. Conosco una sola maniera per farti ricordare queste cose e per rendertele indimenticabili. Si padrone. R.O. stringi il tuo lurido cazzo moscio. Lo stringo. R.O. fallo diventare duro. Lo smanetto. R.O. presentalo bene. Lo presento a pube spinto in avanti. Afferra un frustino corto di pelle nera e mi somministra 36 colpi. I primi sono leggeri, sulla verga e alcuni sulle palle, poi in crescendo fino agli ultimi che sono da urlo. Sono tutto un livido e sono mortificato. R.O. spartisci schiavo. Sparisco in anticamera. Mi rivesto e vado in strada. Lungo la strada piango. I vestiti erano in perfetto ordine ma il mio corpo era segnato e anche il mio animo. A casa ricevo sms: “Fai tesoro e non prendertela”. Rispondo: “Grazie che mi ha corretto.” “Era mio dovere”. Fischietto una marcetta che ho udito in casa del padrone, mentre rimugino tutto quello che è successo.
5
voti
voti
valutazione
6
6
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Dai piedi in suracconto sucessivo
Dai piedi in su atto III
Commenti dei lettori al racconto erotico