Ipnosi Quattordicesimo episodio

di
genere
dominazione

Mentre preparava la cena per sé e per sua moglie, Daniel pensava a ciò che
era accaduto quella mattina in paese. Gli sarebbe costato diverse migliaia di
dollari quello che Rebecca aveva provocato e che solo per il suo intervento
tutto non era poi sfociato in una strage. Con la sua forza e la sua abilità
nelle arti marziali, Rebecca avrebbe potuto mettere sottosopra l'intera
cittadina e probabilmente, tutto sarebbe poi terminato con qualcuno, forse lo
sceriffo stesso, costretto a premere il grilletto di un'arma per fermarla
definitivamente. Ma tutto stava per terminare, ormai. L'indomani sarebbero
tornati in città e nelle prime ore del pomeriggio Rebecca sarebbe tornata da
Weiss e finalmente l'incantesimo si sarebbe rotto. Finalmente? Era ancora
molto indeciso se considerare quella settimana disastrosa o comunque cogliere
anche in tutto ciò che era avvenuto, delle sensazioni positive che c'erano
state, eccome. E questo Daniel non poteva negarlo con sé stesso. Ma le sue
condizioni fisiche erano ormai allo stremo. Il suo braccio destro era
praticamente immobile e faceva una fatica immane a fare le faccende
domestiche. Anche la sua respirazione era difficoltosa a causa di quelle
costole probabilmente fratturate e per il naso che aveva perso le sue fattezze
originali ed era ormai ridotto a un ammasso di carne informe. Per di più,
camminava zoppicando per il dolore all'anca. Eppure, un po' si rammaricava che
il giorno seguente tutto sarebbe terminato. Quella settimana vissuta
all'insegna del terrore puro nei confronti di sua moglie e della violenza
gratuita che lei gli perpetrava, aveva avuto anche dei momenti erotici
praticamente irripetibili. Rebecca fece il suo ingresso proprio in quel
momento, ad avvalorare i pensieri di Daniel su quei momenti trascorsi. Era il
concentrato della bellezza e della sensualità, avvolta in un mini abito di
lattice rosso aderentissimo e talmente corto che quasi non riusciva nemmeno a coprire le sue parti intime. I soliti stivali altissimi erano il perfetto condimento. Il pene di Daniel magicamente diventò turgido nuovamente. Come poteva un uomo resistere a quella visione che sprizzava erotismo da tutte le parti? Perlomeno un uomo come lui, con i suoi desideri e le sue fissazioni. Intanto, la donna si avvicinò sensualmente a suo marito. Aveva ancora voglia di sesso, come sempre, ma aveva anche voglia di essere ammirata, di sentire il desiderio di un maschio nei suoi confronti e sorrise compiaciuta quando si accorse che Daniel addirittura tremava al suo cospetto. Ed era un tremore di desiderio sessuale, non di paura. Non disse niente. Non poteva aspettare oltre, non poteva attendere la cena per avere quello che lei voleva, quello che le spettava di diritto. Voleva di nuovo essere soddisfatta sessualmente, voleva placare quella smania che continuava a pervaderla ininterrottamente, voleva freddare quel fuoco che sentiva dentro e conosceva solo un mezzo per farlo: suo marito Daniel, il suo giocattolo sessuale. Lo sbattè contro il muro, lo toccò sensualmente nei punti erogeni e pretese che Daniel facesse altrettanto, anche se i preliminari erano praticamente inutili considerando la voglia pazzesca che ambedue provavano. Era un desiderio diverso però. Mentre Daniel sbavava solo per lei, per quella donna dalla bellezza straordinaria e dalla forza immensa, Rebecca aveva solo bisogno di sesso e suo marito era soltanto il mezzo che le potesse placare quell'immenso desiderio sessuale che cresceva ogni istante di più, l'unico a portata di mano, l'unico con il quale voleva fare l'amore, l'unico del quale aveva bisogno di sentire la lingua in tutte le sue zone erogene. Non le bastava. Un uomo solo non poteva soddisfarla, ma contemporaneamente non capiva perché non si decidesse a cercare altri maschi. Nessuno e tantomeno suo marito, avrebbe potuto obiettare se lei l'avesse fatto. Lei era la padrona. A lei tutto era dovuto e tutto lei poteva permettersi. Ma questo non riusciva a farlo e doveva accontentarsi di quel misero maschio che aveva di fronte. Senza spogliarsi e ancora con quel sensuale abito indosso, lo prese, lo possedette con forza, incurante dei pianti di suo marito mentre gli stringeva i polsi e mentre lo schiaffeggiava con violenza, insensibile al sangue che usciva copioso dalle labbra e dal naso di quell'uomo, quasi godendo quando sentì il crac delle ossa del polso sinistro che continuava imperterrita a stringere e a torcere. Si era riproposta di non ucciderlo e di non causargli danni permanenti, ma quelle ossa si sarebbero riformate, lui sarebbe guarito e non poteva quindi considerarlo un danno irrimediabile. Ne godeva di questo. Si era ormai resa conto che ogni volta che picchiava suo marito, ogni volta che gli procurava dolore, lei riusciva a raggiungere un orgasmo pari a quello che le procurava l'atto sessuale. Dovette trascorrere oltre un'ora prima che la sua sete di sesso si placasse. Sapeva che entro poco tempo le sarebbe venuta di nuovo voglia, ma per il momento poteva bastare. Aveva costretto Daniel a darle piacere in tutti i modi conosciuti: con la lingua nella vagina e nel
sedere, con la mano e naturalmente con il pene e si alzò da sopra suo marito
che continuava a singhiozzare. Stavolta se l'era vista brutta. La violenza di
Rebecca e la sua voglia di sesso crescevano inesorabilmente giorno dopo
giorno, ora dopo ora e ormai era allo stremo. Mentre sua moglie si
risistemava, anche lui andò in bagno a lavarsi e dopo averlo fatto tornò in
cucina. Doveva ancora terminare di preparare la cena e dopo aveva di fronte a
lui un'altra interminabile serata e la mattina del giorno dopo e poi tutto
sarebbe terminato. Finalmente! Si, finalmente. Ormai non aveva più i dubbi
coi quali aveva convissuto per buona parte di quella settimana. Non vedeva
l'ora che Rebecca tornasse la donna di sette giorni prima. I momenti positivi,
il sesso, non valevano quello che stava passando. Ma ormai il più era fatto.
Poche ore ancora, solo poche ore e la sua vita sarebbe tornata quella di
prima. E non vedeva l’ora che ciò accadesse.

Daniel Goldring osservò sua moglie che si metteva alla guida della sua
macchina. Era vestita ancora una volta da dominatrice e stavolta si dovevano
recare in citta'. Sperava che nessuno che la conoscesse la incontrasse e
soprattutto pensò a come si sarebbe sentita vedendosi vestita in quel modo
quando il dottor Weiss le avrebbe tolto l'ipnosi. Probabilmente sarebbe
inorridita, si sarebbe vergognata come una ladra. Povera Rebecca. Si sentì
improvvisamente in colpa per quello che le aveva fatto. Si sedette accanto a
lei e la osservò nuovamente. Non avrebbe smesso un secondo di guardarla,
voleva memorizzare quella stupenda visione e bearsene nei giorni a seguire,
quando Rebecca avrebbe di nuovo cominciato a vestirsi in maniera sobria.
Pensò anche a sé stesso. Doveva assolutamente farsi ricoverare in un ospedale.
Ovviamente, non avrebbe potuto raccontare ai medici i reali motivi di tutte
quelle fratture, di tutti quegli ematomi e avrebbe dovuto mettere una scusa.
Forse avrebbe detto di essere stato aggredito da una banda di malviventi, in
modo che i segni e le fratture fossero compatibili con ciò che gli aveva
fatto Rebecca. Avrebbe dovuto anche mandare qualcuno a ritirare la sua auto
che aveva lasciato davanti alla casa. Non era assolutamente in grado di
guidare in quelle condizioni, con le mani praticamente inutilizzabili a causa
della frattura ai polsi. E poi il respiro. Non riusciva a respirare ed era
seriamente preoccupato. E se quelle costole si fossero rotte ed avessero perforato un polmone? Era plausibile, anche se in cuor suo si augurava che non fosse ridotto in uno stato simile e rimaneva speranzoso di potersi ristabilire al più presto, anche se i dolori erano lancinanti e praticamente ininterrotti.

Percorsero in silenzio buona parte del tragitto di ritorno. L'ipnosi aveva
cambiato totalmente Rebecca ma non il suo modo di guidare che era molto
scrupoloso e attento. Evidentemente, il suo cambiamento era ancorato alle
richieste che Daniel aveva fatto e gli altri comportamenti erano rimasti gli
stessi di prima. Ci vollero quasi due ore prima di arrivare a casa e Rebecca
si fermò davanti al piccolo giardino antistante la loro graziosa villetta.
Guardò suo marito con aria severa

" Io devo andare, ho un appuntamento improrogabile per lavoro. Tu ti farai
trovare in casa e sistemerai tutto per bene. Dopo una settimana la casa sarà
completamente polverosa, senza considerare il disordine col quale tu l'avrai
sicuramente lasciata. Ma questo accadeva prima, quando tu ti approfittavi
della mia bontà, adesso le cose sono cambiate, non è vero Daniel?"

" Si amore mio" rispose l'uomo. Malgrado il suo timore per quella donna,
Daniel non poteva fare a meno di amarla profondamente

" Bene!" Concluse intanto Rebecca prendendo suo marito per il mento e quasi
sollevandolo dal sedile "Quando tornerò voglio trovare la casa in condizioni
perfette e se ciò non dovesse accadere, io ti prometto fin da ora che tu la
pagherai molto cara"

" Non succederà amore. Vai ora. Vai a quell'appuntamento e non preoccuparti
di nulla"

" Oh mio caro Daniel, io non mi preoccupo affatto. Sei tu a doverti
preoccupare. Perché ormai avrai capito che non scherzo affatto, avrai capito
che sono io a comandare e che sono troppo più forte di te perché tu possa
non obbedirmi completamente e assoggettarti a me" Daniel chinò la testa in
segno di sottomissione, poi al cenno di Rebecca, scese dalla macchina
avviandosi verso casa mentre sua moglie ripartiva. Quando l'avrebbe rivista,
sarebbe stata la Rebecca di sempre. Gli sarebbe piaciuta? Sicuramente non
sarebbe stato il suo ideale, ma meglio di questa versione lo sarebbe stata
senz'altro. Ma doveva assolutamente trovare quella giusta via di mezzo che lo
avrebbe accontentato del tutto e che lo avrebbe fatto felice veramente.

Entrò in casa sua, aprendo a fatica la porta non riuscendo nemmeno a girare
la chiave nella toppa. Il primo impatto che ebbe fu che sua moglie aveva
ragione riguardo la polvere che regnava nella casa e sul disordine che egli
stesso aveva lasciato prima di uscire per trascorrere quella settimana così
intensa e particolare. Per un istante pensò di mettersi a sistemare per
ottemperare all'ordine appena impartitogli da Rebecca, ma un po' la sua
stanchezza e l'impossibilità di fare certi lavori considerando il suo stato
fisico, lo fece desistere. Ci avrebbe pensato Rebecca al ritorno. Quella
Rebecca che nel frattempo sarebbe ritornata la dolce ragazza che aveva
conosciuto. Si sedette nella sua poltrona preferita, con fatica si versò un
drink e accese la televisione e la sonnolenza lo pervase dopo pochi minuti. Si
addormentò pensando a sua moglie che rientrava in casa sconsolata, incapace
di capire come mai si trovasse vestita in quel modo, con quei tacchi
improponibili e per quale motivo il suo amato marito era in quelle pietose condizioni. L'avrebbe abbracciata e baciata e l'avrebbe vista preoccupata per le sue condizioni fisiche, forse piangente, meravigliata di cosa mai potesse esserle accaduto in quei giorni. Ecco, quello era un ottimo argomento da affrontare. Doveva assolutamente trovare una scusa per giustificare tutti quei cambiamenti. Ma ci avrebbe pensato dopo, adesso era troppo stanco per pensarci. Quando Rebecca sarebbe rientrata, qualcosa gli sarebbe venuto in mente.

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davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2024-09-18
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