Ipnosi Diciannovesimo episodio

di
genere
dominazione

Carlos Fuentes guardò l'ora. Tra poco meno di due ore avrebbe terminato di
lavorare e sarebbe potuto rientrare finalmente a casa. Malgrado fosse figlio di
portoricani immigrati, lui si sentiva completamente americano. Aveva una bella
moglie, due figli adorabili, un lavoro faticoso ma abbastanza remunerativo
e una casetta col giardino di cui pagava il mutuo con difficoltà ma quasi
con gioia. A quarant'anni poteva definirsi soddisfatto di ciò che aveva fatto
fino ad allora, anche grazie all'aiuto di sua moglie che contribuiva anche
economicamente al buon andamento economico della famiglia. Grande paese l'America, dove anche chi è nato povero può riuscire, col sudore della fronte, a farsi una vita e ad integrarsi. I suoi figli andavano a scuola insieme a quelli dei suoi vicini, americani puri, ed erano accettati completamente. Carlos Fuentes si sentiva veramente parte integrante della comunità dove risiedeva ed era felice di appartenervi. Certo, il suo lavoro non era semplicissimo. Fare il taxista era veramente stressante. Clienti noiosi, a volte logorroici, pretese insopportabili e anche qualche pericolo, soprattutto quando faceva il turno di notte, come stava appunto facendo in quel momento. Ma si era attrezzato bene, come la maggior parte dei suoi colleghi, con un vetro anti-proiettile che lo divideva da eventuali clienti malintenzionati e con un'arma dentro al cruscotto, una Glock 19 semiautomatica naturalmente denunciata da perfetto bravo cittadino. Arma che non aveva mai usato fino ad allora ma che lo faceva girare per le strade della città più tranquillo. Intanto, cominciava a fare i conti con quella nottata di lavoro. Aveva appena accompagnato un cliente in quella zona e aveva incassato altri 23 dollari più due di mancia, ma non era stato un turno particolarmente remunerativo. Ormai, la città di notte, soprattutto in pieno inverno, era in balia di drogati, ladri, puttane e sfruttatori e ben poca gente normale aveva bisogno di un taxi alle quattro di mattina. Ma non si lamentava eccessivamente Carlos Fuentes, ben sapendo che lui, per essere di provenienza ispanica, poteva considerarsi senz'altro un fortunato. Inserì il navigatore per ritornare il più velocemente possibile al capolinea dove avrebbe avuto l'opportunità di prendere almeno un'altra corsa per concludere la nottata degnamente, quando sentì dei rumori provenire da quella traversa sulla destra che spezzavano quel silenzio assordante. Si trattava di voci. Rallentò ma non riusciva a vedere niente. L'istinto gli diceva di proseguire e di farsi i fatti suoi, ma Carlos si sentiva un cittadino modello e voleva vedere cosa stesse accadendo, per poi eventualmente chiamare la polizia. Girò a destra, incurante del navigatore che gli chiedeva di proseguire dritto e dopo un centinaio di metri notò la scena. Un giovane nero stava aggredendo una donna bionda molto alta. Doveva assolutamente intervenire. Spense le luci della macchina per proseguire quegli ultimi metri senza farsi notare e per cercare poi di prendere l'uomo alle spalle per neutralizzarlo. Aprì il cruscotto della sua auto ed estrasse la
Glock togliendone la sicura. Stava per scendere quando si bloccò. La scena si
stava facendo piuttosto strana. Non riusciva a sentire le parole ma poteva
vedere bene, malgrado la totale assenza di luce elettrica in quel punto, anche
per merito di quella bella luna che rischiarava quel tanto da potergli
permettere una visione più che discreta. La cosa strana era che la donna si
era messa con le mani sui fianchi a sfidare dichiaratamente l'uomo dopo aver
evitato i pugni muovendosi con destrezza e velocità. Ma ciò che accadde in
seguito rese Carlos ancora più meravigliato. La donna infatti, con un
terrificante calcio, probabilmente una mossa di karate effettuata in modo
splendido, aveva preso al volto l'uomo spedendolo al tappeto. Carlos sorrise.
Pero' ... Evidentemente, quel malvivente si era scelto proprio un soggetto
sbagliato e infatti Fuentes, ora che il nero era a terra e con la sua figura
non ostruiva più la visione della donna, potè notare come quella figura
femminile fosse veramente notevole, con un corpo statuario e molto atletico.
Ma Carlos si accorse ben presto che i suoi di meraviglia erano appena
all'inizio. La donna bissò infatti quel calcio con un altro ancor più
potente e quindi rialzò il tizio nero per finirlo con un tremendo pugno allo
stomaco. Straordinario! Carlos non aveva mai visto una donna picchiare in quel
modo. Anzi, malgrado fosse vissuto in un quartiere dove le risse erano all'ordine del giorno, non aveva mai visto nessuno con quelle capacità. E ora quella donna si avvicinava al nero. Ma perché non scappava? Lo aveva colto di sorpresa e lo aveva neutralizzato, ma stava giocando col fuoco. E invece lo fece rialzare di nuovo. Il ragazzo nero barcollava come se fosse ubriaco. E adesso cosa faceva quella donna? No impossibile! Quello che stava vedendo non aveva senso. Non poteva essere vero. La donna lo aveva fatto rialzare e lo stava picchiando con ferocia, senza che l’uomo riuscisse ad abbozzare una difesa. Oh si, ce n’erano parecchie di donne in grado di difendersi da assalitori ma quello che stava ammirando era ai limiti dell’impossibile. Pensò che forse non era una donna. Non poteva essere una donna. Non vedeva bene il volto con quell'oscurità e forse si trattava di un travestito. Aveva letto che i travestiti spesso possono essere molto violenti se aggrediti. Eppure, quel corpo era senz'altro femminile, ne era certo. Tutto quello che stava vedendo non aveva senso. Quella donna, almeno tale la doveva considerare in attesa di accertarsene, possedeva un’abilità straordinaria nelle arti marziali e anche una forza fisica fuori dall’ordinario in quanto si muoveva in modo veloce e coordinato malgrado stesse su scarpe col tacco molto alto e i suoi colpi erano violenti e precisi. Ma intanto, la situazione si era completamente ribaltata ed ora in pericolo c'era l'uomo. E sembrava anche un pericolo grave in quanto la donna lo aveva sbattuto al muro con una violenza inaudita per poi risollevarlo da terra per finirlo con una dose di pugni. Carlos rimase per un attimo senza fiato. La scena era stata violentissima e assolutamente inaspettata, ma adesso lui cosa avrebbe dovuto
fare? Rimase per qualche secondo interdetto mentre, al di fuori, la situazione
aveva preso una piega completamente inaspettata. La donna infatti, non contenta di come aveva ridotto quel ragazzo, lo aveva risollevato di nuovo per metterlo con le spalle di fronte a lei e per avvolgere il suo braccio intorno al collo dell’uomo. Fuentes vedeva il ragazzo dibattersi inutilmente cercando di togliere quel braccio dal suo collo. Pazzesco! Accarezzo' la sua Glock 19.
Doveva fare assolutamente qualcosa se voleva salvare la vita a quel ragazzo
nero. Chiamare la polizia non avrebbe avuto senso. Prima che i poliziotti si
fossero organizzati, dopo la miriade di domande che gli avrebbero senz'altro
fatto, quell'uomo sarebbe morto e, da come stava rallentando i suoi movimenti,
doveva mancare poco. Scese dal suo taxi e avanzò verso i due con la pistola
in pugno. Aveva la donna che gli dava le spalle e vedeva ormai chiaramente il
ragazzo con la faccia sanguinante e stravolta

" Ferma! Lascia andare quell'uomo altrimenti ti sparo" Rebecca si voltò
lentamente, sempre tenendo Isaiah per il collo. Quel ragazzo, pur
notevolmente robusto, era completamente nelle sue mani. La donna osservò il nuovo arrivato

" E tu chi sei? Come osi interrompermi? Come osi dirmi cosa io debba fare? Io
sono una dea e ho deciso che quest'uomo deve morire e se tu sei un suo amico,
morirai anche tu" Carlos Fuentes rimase di stucco. Ora che ce l'aveva a pochi
metri, poteva notare come fosse realmente una donna. E che donna! Credette di
non aver mai visto una femmina di tale bellezza e sensualità. Ma era anche
una pazza scatenata. Aveva appena detto di essere una dea. Senz'altro si
trattava di una persona con le rotelle fuori posto, ma anche di una tipa veramente molto pericolosa e, mentre la osservava, non riusciva a capacitarsi di
come facesse a trattenere quel ragazzo con la sola forza del braccio destro. Ma intanto, la reazione della donna e la sua bellezza lo fecero balbettare

" Co... come? No, io non sono un suo amico, ma ho il dovere di impedire che tu
lo uccida" Rebecca scoppiò a ridere

" E come? Con quella pistola? Allora non hai capito. Io sono una divinità e
prima che tu prema il grilletto io ti avrò gia' disarmato" Carlos respirò a
fondo nervosamente. Aveva visto cosa quella donna fosse in grado di fare e
aveva una notevole paura. Cercò di indietreggiare per non trovarsi a stretto
contatto con lei, ma Rebecca aveva capito queli fossero le intenzioni
dell'ispanico. Sapeva perfettamente di non essere invulnerabile, pur
sentendosi per tutto il resto un essere divino, totalmente superiore a
chiunque e decise di togliersi il fastidio di quell'uomo, così come ci si
toglie una mosca che svolazza sopra la propria testa. Abbandonò la presa su
Isaiah che cadde rovinosamente a terra, ben sapendo che il ragazzo nero ormai non aveva la forza nemmeno di rialzarsi e poi, con un breve saltello, si librò
in volo andando a cogliere con la sua gamba destra il braccio teso di Carlos
che teneva la pistola e quindi, appena tornata in terra, con lo stesso piede e
girando su se stessa, colpì il taxista al volto. Carlos stramazzò a terra.
Per un attimo si chiese addirittura cosa gli fosse successo, incapace di
realizzare l'accaduto, ma poi riuscì a capire e la cosa lo lasciò sconcertato ma soprattutto terrorizzato. Osservò comunque la bellissima donna allontanarsi da lui per andare a riprendersi il ragazzo nero che risollevò di nuovo per rimetterlo nella stessa posizione di prima ovvero con la sua testa saldamente all’interno del suo braccio destro. Sempre rimanendo nella medesima posizione, fece un paio di metri trascinando Isaiah per potersi posizionare vicino a Carlos, rantolante per il micidiale calcio ricevuto. Gli mise un piede in testa

" Idiota! Ti avevo appena detto che non potevi far nulla contro di me" Carlos
osservò quello stivale dal tacco a spillo smisurato sopra la sua testa,
completamente terrorizzato. Sarebbe bastato che quella donna avesse
schiacciato quel piede e, con la forza che si ritrovava e con quei tacchi che
potevano essere considerati vere e proprie armi, lui sarebbe stato infilzato
come un pollo allo spiedo. Pur in quel momento così tragico per lui, gli
venne in mente che più di una volta aveva chiesto a sua moglie di indossare
scarpe col tacco a spillo che lui adorava, ma sua moglie aveva sempre declinato quella richiesta e promise a sé stesso che, se mai fosse uscito vivo da quella situazione, mai e poi mai avrebbe rinnovato quella richiesta a sua moglie. Forse gli piacevano ancora, ma non abbastanza da morire per causa loro.

Isaiah Cross intanto, stava spendendo i suoi ultimi istanti di vita incapace di
raccapezzarsi. Le forze ormai lo avevano abbandonato del tutto ed era
completamente in balia di quella donna bionda. Aveva detto di chiamarsi
Rebecca e lo stava strangolando. Ormai il fiato cominciava a mancargli quasi
del tutto e il braccio della donna gli stava schiacciando la trachea. Che
brutta morte! Aveva sempre pensato di poter morire a causa di una sparatoria
oppure a causa di una coltellata durante una rissa, ma mai avrebbe immaginato
una fine del genere, ucciso a mani nude da una donna bianca.
I suoi ultimi pensieri non furono però del tutto tragici. Sperò che la sua
assassina non venisse mai presa. Non avrebbe potuto sopportare che i suoi
conoscenti del ghetto potessero venire a sapere che era stato ucciso a mani
nude da una donna bellissima e sexy e l'ultimo pensiero, mentre Rebecca
stringeva inesorabilmente il suo braccio d'acciaio intorno al suo collo, fu di
rimpianto. Non avrebbe potuto fare mai più sesso con una donna bianca.
Accidenti ai preservativi!

Per commentare, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2024-10-04
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