Ipnosi Ventesimo episodio

di
genere
dominazione

Rebecca sentì quasi l'anima di Isaiah uscire da quel corpo ormai inanimato.
Lo posò con delicatezza per terra. Non aveva senso infierire su un corpo
morto. Quindi, osservò l'altro uomo, quello che teneva sotto minaccia con il
piede sopra la sua testa. Tolse la gamba e fece cenno all'uomo di alzarsi.
Carlos obbedì terrorizzato e Rebecca lo prese per un braccio. E ora avrebbe
ucciso anche lui? Era ovvio. Aveva appena assistito a un suo omicidio ed era
scontato che non l'avrebbe lasciato andare

" Ti prego, non mi uccidere. Non dirò niente" Provò comunque a supplicare.
Rebecca lo guardò in modo strano. La stava pregando e questo le piaceva
immensamente. E non era male nemmeno fisicamente. Aveva la faccia da ispanico
e, nel suo immaginario, aveva sempre visto gli ispanici come uomini molto
caldi sessualmente, focosi e capaci di soddisfare le loro donne e aveva appena perso un occasione con quel giovanotto nero che poi era stata costretta ad uccidere

" Come ti chiami?" chiese all'uomo prendendolo per un braccio

" Carlos Fuentes" rispose il taxista sempre tremando come un cucciolo di
capriolo di fronte alla leonessa. Sapeva che non poteva far nulla contro
quella sconosciuta. Aveva visto abbastanza per capire che non si trattava di
una donna normale. Aveva detto addirittura di essere una dea. E se fosse stato
vero? Era troppo bella, troppo forte, troppo perfetta per essere completamente
umana. Forse poteva essere un'aliena, una di quelle che si nascondono in mezzo
ai terrestri, stando a sentire le chiacchiere dei patiti di fantascienza. E
forse, dopo quello che aveva appena visto, non si trattava di dicerie.
Comunque, chiunque fosse, lui non era assolutamente in grado di contrastarla
ed era abbastanza intelligente per capire che gli conveniva accettare
qualsiasi richiesta fosse pervenuta da quella donna se voleva avere una
piccola speranza di portare a casa la pelle. Rebecca intanto, aveva deciso.
Non ce la faceva più ad attendere oltre. Aveva assoluto bisogno di fare
sesso. Doveva farlo e, tutto sommato, quell'uomo gli sembrava la persona
giusta per cercare di appagare i suoi desideri. Forse, sarebbe
riuscito a soddisfarla. E con questo tipo, con questo Carlos, non aveva
importanza nemmeno il preservativo. Si vedeva chiaramente che era un tipo a
posto e non un drogato come quello che aveva appena ammazzato. Gli lasciò il
braccio

" Spogliati" Carlos la guardò esterrefatto. Non aveva la più pallida idea di
cosa lei volesse fare e gli vennero in mente idee strane. Non pensava che lei
volesse fare sesso, ma pensava che lo volesse uccidere in qualche modo sadico,
facendolo denudare per poi infierire sul suo corpo

" Co... Cosa? Pe... Perché mi devo spogliare" balbettò infatti. Rebecca
si spazientì e prese Carlos per il mento, terrorizzandolo ancor più di
quanto non lo fosse in quel momento

" Ti ho detto di spogliarti. La tua dea ti ha dato un ordine e tu devi
obbedire alla tua dea se vuoi continuare a vivere" Carlos accennò di si con
la testa tremando. Si tolse prima il giaccone, poi la maglia e il pantalone e
infine la camicia, rimanendo con le scarpe e con gli slip davanti a quella
donna altissima, che con quei tacchi enormi lo superava di oltre venti
centimetri. Forse era veramente un essere venuto da un altro mondo oppure una
divinità scesa in terra. Rebecca intanto, cominciava ad ansimare. La sua
voglia di sesso si stava facendo sempre più enorme e quella vocina dentro di
lei aveva ripreso a sussurrare. Le diceva e lei sapeva solo che aveva l'obbligo di
ascoltare quella vocina interiore per farla tacere. La stava facendo
impazzire. Osservò Carlos che continuava a tremare di fronte a lei e un
sorriso le riempì il suo bel viso. Era così che dovevano porsi gli uomini di
fronte a lei. Con una mano prese l'uomo per gli slip strappandoglieli di dosso
e lasciandolo interamente nudo e con soddisfazione notò che l'uomo aveva
raggiunto un'erezione piuttosto considerevole e che le sue misure erano di
gran lunga superiori a quelle di suo marito e a quelle di quegli altri due
uomini di poche ore prima. Si tirò giù il suo pantalone di lattice in preda
ormai al desiderio più sfrenato

" Se te ne vieni prima di farmi godere, io ti ammazzo, ti stacco il cazzo e te
lo faccio mangiare"

" Si signora" rispose Carlos in preda alla paura più totale. Eppure, quella
paura gli stava provocando un aumento dell'adrenalina in circolo e un aumento
esponenziale del suo desiderio. Forse per la bellezza oggettiva della donna,
bellezza che lui non aveva mai riscontrato simile in altri soggetti femminili,
per la particolarità di quell'amplesso che stava per andare a compiere, fatto
in mezzo alla strada, seppur in un posto nascosto e per la stranissima
situazione di sentirsi completamente nelle mani di una donna per di più bellissima. Rebecca si posizionò a ridosso del muro, poggiando le sue mani su di esso, chinandosi
e divaricando le gambe, aiutando Carlos a fare entrare il suo pene dentro di
lei. Appena sentì la penetrazione, Rebecca chiuse gli occhi mordicchiandosi
il labbro inferiore. Solo in quei momenti riusciva a sentirsi appagata, come
se l'organo maschile non fosse altro che un mezzo per riempire il suo vuoto.
Il suo respiro si fece affannato e i suoi movimenti sempre più sensuali e
sfrenati. Voleva assaporare completamente quel piacere che cominciava ad
inondarla completamente. L'ampiezza del pene di Carlos e la sua erezione,
diventata ovviamente possente, faceva in modo che le sue pareti vaginali
fossero continuamente sfregate ad ogni movimento e ciò la faceva sussultare
di piacere e le fecero raggiungere l'orgasmo in breve tempo. Anche Carlos
ormai era al limite della sua resistenza, ma con molto mestiere riuscì ad
astenersi dall'eiaculare. Sapeva che non poteva farlo se voleva salvarsi, ma
fu proprio quella donna misteriosa ad ordinarglielo

" Ora vieni! Fammi sentire il tuo sperma dentro di me. Ti ordino di venire"
Carlos non si fece ripetere l'ordine. Chiuse gli occhi e spinse fortemente
dentro di lei abbandonandosi finalmente al proprio istinto, inondando la
vagina di quella donna e riuscendo ad avere il piu' straordinario orgasmo
della sua vita. Rebecca intanto smise di muoversi. Era sazia per il momento.
Ma solo per il momento. Fece uscire il pene di Carlos da dentro di lei e si
voltò

" In ginocchio. Ora voglio che tu la lecchi per bene. Voglio godere ancora,
ancora e ancora" Carlos obbedì cercando di raggiungere il clitoride della
donna con la sua lingua, impegnandosi come se quello che stava compiendo gli
potesse salvare la vita. E non era forse così? Ancora una volta Rebecca
raggiunse l'orgasmo velocemente. Quel desiderio sfrenato le aveva accorciato
di gran lunga la durata media dei suoi momenti amatori e in quelle
condizioni, riusciva a raggiungere un orgasmo in tempi relativamente brevi, di
sicuro inferiori a quelli delle altre donne e anche di lei stessa fino a
pochi giorni prima. Ma non era importante questo per Rebecca. L'importante era
che sembrava finalmente soddisfatta. Non sapeva che fra pochissimo avrebbe
riavuto desiderio di sesso, ma per il momento era sazia. Fece rialzare Carlos,
impiastricciato completamente dei suoi umori e lo guardò con occhi più
tranquilli

" Hai una famiglia, Carlos?"

" Si signora. Ho una moglie e due figli. La prego, loro hanno ancora bisogno
di me, non mi uccida" Rebecca osservò l'uomo. Anche lei, fino a pochi giorni
prima, prima di diventare una dea, voleva dei figli. Che strano! Le sembrava
quasi che quella fosse ormai la vita di un'altra persona, una vita che non
solo non le apparteneva più, ma che forse non le era mai appartenuta e che
non le sembrava vero nemmeno di aver vissuto

" Vai allora Carlos. La tua dea ti fa il dono della vita. Non sprecarla
perché un giorno potrei venire a riprendermela. La tua vita mi appartiene.
Tutto mi appartiene. Io sono Rebecca, la dea. Vai Carlos"

Senza nemmeno rivestirsi, Carlos afferrò i suoi indumenti e si inchinò con
deferenza di fronte a Rebecca

" Grazie dea. Non sprecherò la mia vita" La guardò per un'altra volta.
Pazza. Quella donna era completamente pazza. O forse era veramente un essere
con delle doti superiori al normale. Di sicuro, era la donna più bella che
avesse mai incontrato e, divinità o no, aliena o terrestre, possedeva in
abbondanza tutte le caratteristiche di una donna normale, almeno per quanto
riguardava il sesso. Ciò che contava comunque, era che fosse salvo. Aprì la
macchina di corsa. Aveva lasciato la sua Glock in terra e questo gli avrebbe
fatto trascorrere dei brutti momenti con la polizia quando gli agenti
avrebbero trovato il corpo senza vita di quel ragazzo nero. Ma non poteva fare
altrimenti. Raccoglierla da terra avrebbe potuto creare qualche malinteso con
quella donna. Con i poliziotti qualche scusa si sarebbe inventato. In fondo,
l'uomo non era morto per un colpo partito dalla sua arma e avrebbe potuto dire
loro che era intervenuto per cercare di salvare quel povero ragazzo e che poi
era stato sopraffatto. Tutto sommato, la verità. Ma non avrebbe mai
confessato di aver visto una donna bionda e bellissima uccidere quel ragazzo
strangolandolo dopo averlo picchiato con una violenza inaudita e che in seguito questa donna lo aveva quasi violentato. Questo non avrebbe mai potuto dirlo. Come giustificare il fatto che l'avesse poi lasciato andare praticamente illeso?
Avrebbe potuto dire di essere stato aggredito da un paio di ladruncoli e di essere fuggito approfittando di un attimo di distrazione degli assalitori. Gli avrebbero creduto, ne era sicuro. Lui era incensurato, un cittadino modello, un vero americano. Gli dovevano credere, anche se stentava a credere lui stesso che si era trattato di una cosa reale e non di un'allucinazione. Si guardò nello specchietto retrovisore. La faccia ancora sporca degli umori della donna e la bocca gonfia e sanguinante per il calcio ricevuto stavano a testimoniare che si era trattato di un evento realmente vissuto. Sospirò e mise in moto il suo taxi allontanandosi di corsa e fermandosi soltanto un paio di isolati più avanti. Si rivestì e scese dal taxi. Di fronte a lui un bar aperto. Ci voleva un caffè e doveva darsi assolutamente una lavata. Era stato tutto vero, anche se Carlos Fuentes continuava a scuotere la testa. Era stato tutto assolutamente vero.

Rebecca si rivestì lentamente. Erano trascorsi in tutto pochi minuti da
quando quello sconosciuto aveva provato ad aggredirla, forse poco più di
mezz'ora. Il tempo di ucciderlo e poi sfogare la sua voglia di sesso con
quell'ispanico che era venuto a cercare di salvarlo. Come si chiamava? Carlos
qualcosa. Non aveva importanza. Malgrado l'ovvia confusione che si era creata
per tutto il susseguirsi di vicende, il posto rimaneva deserto. Si guardò
intorno. Per terra c'era il coltello del ragazzo nero e la pistola
dell'ispanico. Raccolse la Glock e se la mise in tasca al giubbetto. Non aveva
mai usata un'arma e non aveva intenzione di farlo a cominciare da allora, ma
sentiva che doveva salvaguardare quell'uomo col quale aveva appena scopato.
Appena la polizia avrebbe trovato il corpo del ragazzo nero, sicuramente
avrebbe trovato anche quella pistola e avrebbe potuto incolparlo di qualcosa.
S'incamminò soddisfatta verso la via principale per ritornare a casa. Una
vera dea è incaricata anche di proteggere le persone che l'adorano e
quell'uomo si era dimostrato un vero devoto. Rebecca Goldring ormai, non
riusciva più a distinguere la realtà.

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davidmuscolo@tisvali.it
scritto il
2024-10-07
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