Ipnosi Diciottesimo episodio

di
genere
dominazione

Isaiah Cross era un giovane afroamericano di 25 anni, alto circa un metro e
ottantacinque e ben strutturato fisicamente per merito della sua passione per
la boxe. Certo, non era un campione, ma sul ring ci sapeva fare e forse
sarebbe potuto diventare un buon professionista se non fosse stato per la sua
dipendenza dalla droga e per la turbolenza della sua vita privata che,
malgrado la sua giovanissima età, lo aveva portato ad avere una fedina penale
già lunghissima. Si andava dal tentato omicidio alla detenzione e spaccio di
droga, per nominare solo quelli più importanti. Ma c'erano anche rissa, guida
senza patente e in stato di ebbrezza, furto d'auto. Insomma, Isaiah era tutto
tranne che un santarellino, proprio come la maggior parte dei suoi coetanei
cresciuti nel ghetto nero della città. Da quando era poco più di un
ragazzino faceva avanti e indietro prima dal riformatorio e poi dal
penitenziario e ora doveva stare più che attento. Se l'avessero arrestato
un'altra volta, anche solo per una sciocchezza, avrebbe scontato diversi anni
in carcere, compresi quelli che gli erano stati condonati precedentemente per
via della sua giovane età. Già, ma come faceva a rigar dritto? Non aveva un
soldo e tantomeno avrebbe trovato qualcuno disposto ad offrirgli un lavoro.
Nemmeno i ragazzi del suo ambiente, quelli con cui era cresciuto, gli avevano
dato una mano. Vecchie ripicche, qualche piccolo sgarbo in passato e Isaiah
Cross si era trovato fuori persino dalla gang del quartiere, dove almeno
avrebbe potuto trovare un rifugio, seppur momentaneo e qualche modo di tirar
fuori dei soldi. E adesso si trovava dall'altra parte della città, in piena
notte, alla ricerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva. Un' occasione, forse
una macchina da rubare che avrebbe potuto rivendere per guadagnare qualche
dose di coca e per tirare avanti un po' di giorni. Si guardò intorno. Tutto
silenzio. Poteva agire. Adocchiò una corvette nera, probabilmente del 91 ma,
mentre stava per iniziare ad armeggiare per aprirla, sentì un rumore.
Sembrava qualcosa che fosse andato in pezzi e proveniva da una cinquantina di
metri avanti. Incuriosito e un po' infastidito, Cross si diresse dove aveva
sentito quel rumore cercando di capire il punto preciso. Voleva essere sicuro
di poter agire indisturbato e di non aver nessuno tra i piedi mentre avrebbe
rubato quella corvette. Poi altri rumori. Stavolta si trattava di voci, una
maschile e una femminile. Quella maschile sembrava più che altro un lamento
strozzato, ma comunque non riusciva ad interpretare bene le parole che
sembravano uscire da una farmacia poco lontana. Probabilmente, si trattava di
una farmacia aperta nel turno di notte e di un cliente all'interno. Una
farmacia poteva fornire un buon bottino, ma era da escludere una rapina. A
viso scoperto, con la sua foto che si trovava in tutti i distretti di polizia
della città, l'avrebbero rintracciato dopo poche ore, considerando che non
aveva un posto dove nascondersi, mentre era da escludere anche una rapina a
volto coperto. Ormai, le farmacie sembravano diventate delle banche o delle
gioiellerie per le precauzioni che prendevano. Di certo, uno come lui non
l'avrebbero fatto entrare. Meglio la corvette. Con le macchine ci sapeva fare
e gli sarebbero bastati pochi secondi e quella vettura sarebbe passata di
proprietario.
Isaiah Cross decise quindi di tornare all'idea originaria e stava per fare
marcia indietro quando notò una figura uscire dalla farmacia. Pur
nell'oscurità della notte, quella figura si stagliava maestosa. Impossibile
rimanere indifferenti. Si trattava di una donna bianca, bionda e altissima che
camminava altezzosa, come se il mondo fosse una cosa che le appartenesse
totalmente, sculettando in modo altamente sensuale, con quel pantalone nero
lucido talmente aderente che sembrava le fosse stato cucito addosso. La vedeva
da dietro e non poteva vedere il suo viso, ma credette di non aver mai visto
in vita sua una donna con un corpo così eccitante. Portava degli stivali con
tacchi enormi che la facevano assomigliare a una gigantessa, ma doveva essere
molto alta di suo. Isaiah aveva un debole per le donne bianche. Le riteneva
forse meno sensuali rispetto a quelle nere, ma lo facevano impazzire per tutto
il resto, a cominciare proprio dalla carnagione chiara per finire ai
lineamenti meno marcati. Non era mai stato con una donna bianca e quella che
aveva appena visto sembrava possedere anche una sensualità molto vistosa,
stando a come camminava, proprio come quella delle donne della sua gente,
quelle nere. Si mise una mano in tasca al giaccone e sentì la lama del
coltello che portava sempre con se. Una sensazione rassicurante per lui.
Decise d'impeto. Poteva cogliere due piccioni con una fava: rapinare quella
donna che sembrava abbiente e probabilmente doveva avere con se diversi soldi
e sicuramente qualche carta di credito molto fornita e andare per la prima
volta nella sua vita con una donna bianca. Bianca e bionda, proprio come gli
piacevano. Il coltello gli sarebbe servito per impedirle di gridare. Affrettò
i passi cercando di fare attenzione a non farsi notare, riparandosi di tanto
in tanto con le vetture parcheggiate, anche se sembrava perfettamente inutile
visto che la donna continuava a camminare senza mai voltarsi indietro,
stranamente sicura per essere una donna sola in piena notte, per di più
vestita anche in modo molto vistoso. Forse era una puttana, una di quelle
escort che lui non si poteva permettere di avere, ma cosa importava? Tra poco
lui l'avrebbe scopata, l'avrebbe violentata e si sarebbe tolto quello sfizio.
Osservò la strada davanti a lui e decise che era arrivato il momento di
agire. La strada principale, quella che stavano percorrendo, incrociava una
stradina secondaria e Isaiah, dopo aver preso il coltello dalla tasca, saltò
fuori. Una decina di metri e sarebbe stato a ridosso di quella bionda.

Rebecca Goldring era immersa nei suoi pensieri. Cosa fare? Tornare a casa?
Cercare un uomo che la potesse soddisfare sessualmente? Tutto continuava ad
esserle confuso nella sua mente e non si accorse minimamente di quel ragazzo
nero in jeans e giaccone che correva dietro di lei e se ne rese conto
solamente quando senti qualcosa di appuntito dietro la sua schiena

" Non ti muovere!" sussurrò la voce dietro di lei "Gira a destra per quella
via camminando piano. Se provi a correre ti infilzo come uno spiedino" Il
primo istinto fu quello di voltarsi di scatto e tirare una gomitata al volto
di colui che la stava minacciando. Sarebbe stato estremamente facile
considerando che si trovava proprio alla sua portata, ma poi decise di
attendere. Poteva essere divertente

" Come faccio a camminare se non mi devo muovere?" domando' ironicamente.
Isaiah Cross rimase per qualche istante perplesso. Quella donna lo stava per
caso prendendo in giro?

" Muoviti lentamente. Così, brava. Ora gira e continua a camminare
lentamente" Rebecca obbedì alla voce. Percorsero insieme un centinaio di
metri, sempre con l'uomo che teneva il coltello puntato sulla sua schiena e
infine Isaiah dette lo stop. Quel punto era abbastanza nascosto. Non c'erano
abitazioni e un muro di cinta li divideva da un parco giochi che era di
solito piuttosto frequentato durante il giorno e ovviamente deserto a
quell'ora di notte. Spinse la donna contro il muro e poi la voltò < Cristo
santo quanto è bella> pensò appena potè vederla bene in volto. Malgrado il
trucco pesante e quel rossetto acceso, i suoi lineamenti erano delicati, quasi
eterei. E quel corpo era stratosferico, perfettamente delineato da quei
pantaloni aderenti, mentre il seno era sviluppato e dritto, a malapena
represso da quella maglietta scollatissima malgrado il freddo invernale. Mai
vista una femmina del genere. Anche Rebecca lo osservò. Sembrava un
giovanotto in forma, con due belle spalle ed era nero. Chissà se era vero che
i neri erano maggiormente dotati. Avrebbe potuto sperimentare se quella
diceria corrispondesse a verità

" Che cosa vuoi?" chiese all'uomo. Isaiah rimase stupito. Quella bellissima
bionda non sembrava affatto impaurita. Meglio così. Punto' il coltello alla
gola della donna

" Ora io e te ci divertiamo. Se provi ad urlare io ti ammazzo. Intesi?"

" Ok! Stai tranquillo, non ho intenzione di mettermi ad urlare. Vuoi scopare,
da quanto ho capito. Bene! Voglio farlo anch'io. Non c'è bisogno che mi punti
quel coltello alla gola"

" Co...Cosa?" balbetto' Isaiah. Tu sei disposta a farti scopare da me?"

" Certo, te l'ho appena detto. Dai spogliati, prima che arrivi qualcuno.
Prendi un preservativo" Isaiah scosse la testa. Pazzesco! Se lo avesse
raccontato, nessuno ci avrebbe creduto. Non avrebbe dovuto violentare quella
bella bionda in quanto lei voleva semplicemente scopare con lui. Si tolse il
giaccone mettendo in mostra il suo fisico allenato con la boxe e poi si gettò
quasi sulla donna che però lo scansò

" Prima il preservativo o non si fa niente. Probabilmente sei un drogato e non
ho nessuna intenzione di rischiare di ammalarmi di aids per colpa di uno
stronzetto come te" Isaiah rimase di nuovo interdetto. Dove lo trovava un
preservativo? Forse era tutta una scusa. Forse quella donna voleva
semplicemente allontanarlo e poi fuggire. In ogni caso non aveva intenzione di
perdere quell'occasione. In fondo, era lui che deteneva il potere. Era un uomo
e aveva anche un coltello, quella donna si sarebbe dovuta inchinare alle sue
volontà. Al diavolo il preservativo. Voleva scoparla e voleva farlo in quel
momento anche perché la bellezza di quella femmina lo stava eccitando allo
spasimo. Peggio per lei. L'avrebbe presa con la forza, proprio come aveva
intenzione di fare in precedenza

" Non ho nessun preservativo" le disse continuando a puntarle il coltello alla
gola con una mano mentre con l'altra le prese il braccio e glie lo mise sopra
la testa "Non me ne frega un cazzo se ti ammali di aids dopo che ti ho
scopata. Spogliati!" Fino a quel momento, Rebecca aveva lasciato fare. Si era
persino fatta minacciare, ma adesso era troppo. Voleva fare sesso, lo voleva
con tutta sé stessa, ma non con il rischio di prendersi una malattia mortale.
Si sentiva una divinità, certo, ma non tale da permetterle di non ammalarsi e
quel mal di testa che la attanagliava stava a dimostrare che rimaneva soggetta
ad eventuali malattie. Osservò di nuovo quell'uomo. Se era vero che lei aveva
dei limiti e che quindi poteva anche ammalarsi, per il resto era pur sempre
una dea e aveva sempre il potere di decidere se chi le stava di fronte
meritasse o no di vivere. Era stata magnanima sia con quei due che aveva
rimorchiato al bar che con quel farmacista, ma stavolta non lo sarebbe stata.
Quell'uomo meritava di morire. Al sesso avrebbe pensato dopo. Con la velocità
della luce afferrò la mano del ragazzo. Una piccola torsione e il coltello
cadde dalla mano di Isaiah che d'istinto indietreggiò. Ecco perché era così
sicura di se stessa. Quella donna sembrava avere delle basi di difesa
personale. Scoppiò a ridere

" E con questo? Pensavi di farmi scappare? Ora mi divertirò per davvero"
Isaiah non prese nemmeno le precauzioni. Quella bella donna era veramente
un'idiota se pensava di poterlo minimamente impensierire. Aveva fatto diversi
incontri di boxe, aveva fatto risse con tutti i giovani del ghetto, cosa
poteva mai fare una donna contro di lui? Fece partire un possente diretto. Le
avrebbe rovinato quel magnifico volto, ma peggio per lei. Se la sarebbe
scopata anche da svenuta. Non poteva perdere quell'occasione. Una bellezza del
genere non gli sarebbe capitata mai più. E dopo avrebbe preso la borsa dove
sicuramente ci sarebbe stata una carta di credito che avrebbe completamente
svuotato e sarebbe scappato il più velocemente possibile da lì. Tutti quei
pensieri in una frazione di secondo, aspettando l'esito del pugno, esito che
però non fu affatto quello ipotizzato dal giovane. A Rebecca bastò alzare il
braccio destro per parare il colpo di Isaiah, quasi come se avesse letto nel
pensiero dell'uomo che indietreggiò di un altro passo. Dunque, quella donna
sembrava più che abile e di certo possedeva delle basi solide e non solo
infarinatura nelle arti marziali. Tanto meglio! Il divertimento sarebbe stato
maggiore. Stavolta si mise in posa, come quando combatteva sul ring, con la
guardia sinistra, mentre la donna teneva le braccia sui fianchi sorridendo.
Glie lo avrebbe strappato quel sorriso. Ora voleva vederla piangere, voleva
che lo supplicasse. Si spostò con il busto e poi un gancio, ancora abilmente
parato dalla donna. Come era possibile? Cross respirò profondamente. Ora
cominciava ad innervosirsi. Quella puttana sembrava abile, ma non poteva certo
competere con lui e replicò con un altro gancio. Rebecca osservò i movimenti
dell'uomo che le stava di fronte per nulla impensierita. Il gancio che le
aveva portato era andato di nuovo a finire sulle sue braccia. Malgrado si
muovesse bene, era troppo lento per lei. Sorrise sprezzante mettendosi di
nuovo le mani ai fianchi, sfidandolo ulteriormente

" Come ti chiami?"

" Che cazzo ti frega come mi chiamo, brutta puttana" rispose Isaiah
digrignando i denti

" Voglio sapere il nome di chi sto per ammazzare" L'uomo sentì un brivido
attraversargli la schiena. Quella donna era troppo sicura di sé stessa e stava
dimostrando quanto fosse brava. Aveva fatto partire tre pugni e tutti e tre
erano stati parati con facilità, quasi con nonchalance. Forse non era stata
proprio una buona idea quella di voler violentare una donna del genere, ma
ormai era troppo tardi per cambiare programma. Non poteva certo fuggire di
fronte a una donna. Quest'orgoglio fu però fatale al giovane. Con una
velocità impressionante, Rebecca fece partire un calcio circolare che si
abbattè come un macigno sulla faccia di Isaiah che cadde a terra incredulo,
con il sangue che gli zampillava come una fontana. Un solo colpo ed era andato
ko. Provò a rialzarsi aiutandosi con le mani, ma appena si trovò sulle
ginocchia la donna lo colpì di nuovo con un micidiale calcio che lo fece
quasi alzare da terra e gli fece sputare diversi denti. Ora Isaiah stava
cominciando a capire in che brutto guaio si era cacciato mentre arrancava in
terra senza avere la capacità di rialzarsi

" Allora? Non me lo vuoi dire il tuo nome? Pazienza. In compenso ti dico il
mio, il nome della dea che sta per ucciderti. Il mio nome è Rebecca, l'unica
vera divinità che sta sulla terra" Isaiah gattonò intanto per alcuni metri
cercando di allontanarsi. Non riusciva a capacitarsi di ciò che stava
accadendo, senza sapere che per lui era solo l'inizio. Rebecca si avvicinò a lui e lo afferrò per il collo rialzandolo e, malgrado lui facesse resistenza, la cosa le riuscì in modo facilissimo e poi lo colpì con una violenza inaudita all'altezza della bocca dello stomaco con un pugno micidiale. Isaiah rantolò piegando di nuovo le ginocchia in terra, senza ormai alcuna difesa e per Rebecca fu un gioco da ragazzi caricare un calcio che andò a colpire l'uomo in faccia. Isaiah credette di essere stato colpito con un gong di ferro. Il calcio lo aveva preso in pieno sul lato sinistro del suo volto frantumandogli le ossa della mascella e rompendogli il labbro e il tacco incredibilmente alto dello stivale aveva lasciato una scia di sangue che partiva dall'orecchio fino alla bocca che lo rese addirittura in parte sordo. Non riusciva a pensare a nulla se non che si trovava in un guaio enorme. E non era più nemmeno una questione di orgoglio ciò che gli impediva di fuggire di fronte a quella furia travestita da donna in quanto aveva ormai grosse difficoltà nel riuscire a muoversi. Ma non era finita. Rebecca lo riafferrò di nuovo per il collo per rialzarlo e poi lo colpì violentemente con una serie di pugni dati con una velocità impressionante, l’ultimo dei quali lo mandò a sbattere violentemente contro il muro. Non era possibile! Isaiah non poteva credere a quello che stava succedendo proprio sulla sua pelle. Provò ad urlare ma Rebecca alzò la sua gamba avvolta dal lattice per colpirlo ancora con estrema violenza al volto. L'uomo ricadde in terra lasciando una spaventose scia di sangue sul muro

" Ti prego, basta, non uccidermi" disse Cross con quel poco di fiato
rimastogli. Ormai, il suo orgoglio se ne era completamente andato, incenerito
dalla memorabile dimostrazione di efficienza e di forza fisica di Rebecca.
Quella forse non era una donna, forse era veramente una dea, come lei aveva
appena detto. Ma se veramente si trattava di una divinità, era una dea
maligna, senza un briciolo di pietà, violenta e sanguinaria. Lo alzò
prendendolo stavolta per un braccio e poi lo colpì in rapida successione con
tre pugni violentissimi, che solo per la potente stazza dell'uomo non furono
mortali. Il primo allo stomaco e gli altri due al volto che ridussero il
ragazzo all'impotenza completa. Ora Isaiah non riusciva più nemmeno ad
urlare, non aveva più la forza per fare nulla. Riusciva solo a piangere.
Aveva sempre pensato che, con la vita che faceva, avrebbe potuto morire
giovane e pensava di non aver paura della morte, ma non avrebbe mai immaginato
di morire per mano di una donna bellissima, forse di un essere soprannaturale
e di avere paura, una paura folle, resa ancora maggiore dalla totale
impotenza. Rebecca intanto, assaporava completamente la sua vittoria. Era
scontato che l'avrebbe battuto. Troppa la sua abilità per quell'uomo. Ora era giunto il momento di finirlo. Voltò il giovane nero e quindi avvolse il suo braccio intorno alla gola di Isaiah iniziando a stringere. Se ci fosse stato bisogno di un’ulteriore dimostrazione di cosa quella donna fosse capace, ora il ragazzo l'aveva avuta. Rebecca continuava a stringere la gola sempre di più mentre il giovane afroamericano cercava in tutti i modi di divincolarsi e di allontanare quel braccio che lo stava soffocando. Inutilmente. Rebecca godeva di quella sensazione. Era una dea e quella situazione in cui aveva il pieno potere di decidere se quell’uomo dovesse vivere o morire lo confermava ampiamente. Per di più, quella voce glie lo continuava a ripetere, ma per un istante, forse per un solo istante, la vecchia Rebecca riuscì quasi miracolosamente a
riemergere. Cosa stava facendo? Stava per uccidere un uomo? Ma soprattutto,
chi era veramente? Un turbinio di pensieri impazziti la stravolsero durante
quell'istante, ma poi quella voce nella sua mente ebbe il sopravvento. Lei era
Rebecca Goldring, la dea unica ed onnipotente, l'invincibile donna con delle doti incredibili alla quale tutto era concesso, anche uccidere un uomo.

Per commentare, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2024-09-30
9 3 8
visite
8
voti
valutazione
3.3
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Ipnosi Diciassettesimo episodio

racconto sucessivo

Ipnosi Diciannovesimo episodio
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.