Ipnosi Diciassettesimo episodio

di
genere
dominazione

Rebecca si mise seduta sul letto ancora interamente nuda. La testa, la sua
maledetta testa sembrava che le stesse scoppiando. Solo quando faceva sesso
sembrava dimenticarsi di quel dolore, di tutte quelle voci che continuavano a
ronzarle dentro la testa. Avrebbe dovuto dormire un po'. Forse aveva bisogno
semplicemente di riposo. L'indomani avrebbe dovuto ricominciare a lavorare, ma
come avrebbe fatto a farlo in quelle condizioni? Eppure sentiva che doveva
farlo. Quella voce maledetta le diceva che l’indomani sarebbe di nuovo dovuta tornare al lavoro e lei l'avrebbe fatto, ma prima doveva trovare il modo di neutralizzare suo marito. Non voleva che quell'inetto scappasse e lo trascinò ai piedi del letto con l'intenzione di legarlo con un lenzuolo come aveva fatto
precedentemente nella casa al mare. Daniel la guardò implorante

" Ti prego, Rebecca, torna in te. Io ti amo. Tu non sei fatta così, tu sei
dolce e buona e mi ami" Rebecca lo guardo quasi schifata

" Io sono una dea e tu devi adorarmi, devi servirmi e riverirmi, devi
inginocchiarti ai miei piedi. Come puoi pretendere di amarmi come una donna
normale? Come puoi pretendere che una dea possa amare un uomo da niente come
te? Tu sei solo un mio schiavo e una dea come me può fare qualsiasi cosa del
suo schiavo" Un nuovo schiaffo accompagnò l'ultima frase, uno schiaffo che
mandò Daniel a sbattere violentemente contro la base del letto. L'uomo, già
provato per le innumerevoli e pesantissime percosse, svenne immediatamente per
l'ennesima volta e Rebecca, soddisfatta, si sdraiò sul letto ancora
completamente nuda. Non c'era nemmeno bisogno di legare quell'idiota. Di
sicuro, non era in grado di andare da nessuna parte. Ora doveva solo dormire.
Prese un altro paio di pillole per il mal di testa, le ingoiò e poi chiuse
gli occhi in attesa e nella speranza che il sonno la raggiungesse al più
presto.

Rebecca aprì gli occhi e si mise le mani alla testa. Aveva dormito solo un
paio d'ore e l'aveva fatto male, sentendosi peggio di prima. Si alzò in
piedi. Il mal di testa era diventato sempre più atroce. Maledetto farmacista.
Avrebbe dovuto ammazzarlo senza pietà con le sue mani per averle dato quel
farmaco che non le faceva nessun effetto. Doveva assolutamente trovare
qualcosa con più efficacia. Si guardò intorno e notò suo marito Daniel
disteso sul pavimento, svenuto e sporco di sangue e lo guardò senza pietà,
senza alcun rimorso. Sicuramente, per diverse altre ore non sarebbe rinvenuto
e lei poteva uscire tranquilla. Tranquilla? Stava male, era inutile negarlo a
sé stessa. La cefalea aumentava minuto dopo minuto e quelle maledette voci
sembravano sempre più distinte dentro la sua povera testa. E poi quella
voglia di sesso ... Perché non riusciva ad attenuarla? Quei due idioti con
cui era andata non valevano nulla a letto e l'avevano fatta rimanere con il
desiderio quasi intatto. Possibile che non esistesse un maschio capace di
soddisfarla? Doveva assolutamente uscire, trovare una farmacia aperta e
trovare anche un uomo col quale scopare, un uomo che sapesse usare il cazzo
per soddisfare una femmina come lei. Si vestì velocemente indossando di nuovo
i suoi indumenti in lattice e truccandosi piuttosto vistosamente. Ormai era
quello io suo modo di vestirsi, il suo nuovo look e Rebecca non vedeva il
motivo di abbandonarlo. Uscì da casa e guardò distrattamente il suo orologio
d'oro, regalo di anniversario di Daniel. Erano le tre del mattino.

Leonard Farrow guardò quella donna vestita come una puttana suonare
incessantemente alla porta e si domandò se fosse il caso di aprire. Amava
quel lavoro. Lo faceva da quarant'anni ed era conosciuto e stimato da tutto
il quartiere, ma odiava il turno di notte con tutte le sue forze. Per una
notte a settimana doveva abbandonare sua moglie, la sua casa o trascorrere
qualche ora con i nipotini che spesso lo venivano a trovare, per stare a
contatto con la peggior feccia della città. Drogati, barboni, puttane con i
loro protettori, per non parlare poi dei tentativi di rapina. Negli ultimi due
anni ne aveva subite ben tre. Oh certo, tutte rimborsate dall'assicurazione,
ma la paura? Quella non aveva prezzo e non era certo rimborsabile. E per
fortuna che la sua farmacia si trovava in un quartiere tranquillo, ma forse
proprio per questo più abbordabile dai ladri che non avevano timore delle
continue ronde della polizia. Ma ora doveva pensare se far entrare quella
donna che cominciava a sbraitare e a dar fuori di matta. Si avvicinò con
cautela

" Piano, piano che la farmacia non scappa" disse a quella che riteneva una
donna di facili costumi, considerando il suo abbigliamento

" Dottor Farrow, apra questa porta, sto male" urlò la donna. Il farmacista
inforcò i suoi occhiali e guardò meglio la figura che si ergeva maestosa
dinanzi a lui rimanendo di stucco

" Rebecca Goldring? Ma è proprio lei?"

" Certo che sono io. Apri questa cazzo di porta o la butto giù a forza di
calci" Leonard Farrow rimase ancor di più sconcertato. Era proprio Rebecca
Goldring, la sua cliente più bella e più dolce, quella che vestiva sempre in
modo castigatissimo, quella che aveva timore persino di chiedere qualcosa,
sempre gentile, sempre sorridente. Cosa diavolo le era accaduto? Sembrava una
pazza drogata in crisi di astinenza. Perché sbraitava in quel modo? E
perché era vestita così. Beh, certo che sembrava proprio poterselo
permettere con quel corpo da favola che si ritrovava. Oh si, le poteva essere
padre, ma anche un uomo della sua età poteva avere dei desideri e Rebecca,
vestita e truccata in quella maniera, li faceva uscire tutti in modo
prepotente

" Allora? La apri o no questa porta?" rimarcò Rebecca. Era a un passo dal
perdere la pazienza. Se quell'uomo faceva trascorrere altri secondi
inutilmente, avrebbe cominciato veramente a prendere la porta a calci. Il
farmacista intanto, si rigirò le chiavi che aveva in mano e poi decise di
aprire

" Certo, Mrs Goldring, ora la faccio entrare" L'uomo armeggiò con le chiavi
per togliere il lucchetto di protezione e quindi aprì la porta per far
entrare la donna che spalancò la vetrata ed entrò come una furia

" Non ce la faccio più. Dammi qualcosa contro questo maledetto mal di testa"
sbraitò la donna. Leonard osservò Rebecca, stentando a credere che fosse
proprio lei la sua cliente. Quella di fronte a lui era senz'altro un gran
pezzo di figliola, di gran lunga più appariscente della donna che conosceva,
ma anche molto più volgare, sia nell’abbigliamento che nel modo di parlare

" D'accordo, Mrs Goldring, ora le darò un farmaco per la cefalea."
Acconsentì il farmacista chiudendo di nuovo col lucchetto la porta e dirigendosi verso il bancone, alzando poi la tavola di legno per passare e sistemandosi dietro il bancone "Ma è successo qualcosa? Non sembra lei. Forse dovrebbe andare in ospedale. La vedo molto strana" Rebecca guardo' l'uomo con rabbia. Ma di cosa s'intrometteva? Perché invece non si limitava a fare il suo dovere e a darle il farmaco di cui aveva bisogno? La sua pazienza ormai stava per terminare

" Non ti ho chiesto consigli. Voglio qualcosa di forte per il mal di testa" La
donna armeggiò nella tasca del suo giubbetto e tirò fuori il farmaco che
aveva preso fino a quel momento sbattendolo sul bancone e quindi proseguì
"Quell'idiota del tuo collega mi ha dato questo. E' troppo leggero per questo
mal di testa" Il farmacista prese il medicinale e lo osservò con cura e
professionalità

" Quello che sta prendendo e' già il massimo, signora Goldring. Per qualunque
altra cosa mi deve portare la prescrizione medica. Io non posso azzardarmi a
darle un farmaco più potente. Lei capisce ..." Era troppo! Rebecca sospirò profondamente e alzò il suo braccio destro e poi lo fece ricadere, con la mano aperta a taglio e con tutta la violenza di cui era capace, sulla tavola di legno che la divideva da Leonard che non resse alla straordinaria potenza della donna e si aprì letteralmente in due sotto lo sguardo esterrefatto del farmacista

" Cristo santo! Ma cosa ha fatto? Come ha fatto a spezzare in due quella tavola?" Leonard Farrow non fece in tempo a proferire altre parole. Rebecca passò in mezzo a ciò che rimaneva della tavola e lo afferrò per la gola sbattendolo senza curarsi delle conseguenza addosso a uno dei mobili che conteneva i medicinali

" Adesso spezzo il tuo collo, brutto idiota. O mi dai qualcosa per farmi
passare questo mal di testa oppure ti ammazzo" Leonard osservò quel volto
stravolto che tuttavia non perdeva nulla della sua bellezza originale. Era
sicuramente drogata. Gli occhi erano quasi fuori dalle orbite e il suo
sguardo era spaventoso. Ma tutti questi pensieri durarono meno di un secondo
in quanto poi dovette fare i conti con la meraviglia e con la sua paura.
Rebecca Goldring gli aveva appena dato una straordinaria dimostrazione di una
potenza senza eguali spezzando in due una spessa tavola di legno e ora lo teneva inchiodato addosso al mobile con la mano che stringeva inesorabilmente la sua gola, malgrado si divincolasse e cercasse di togliere quella mano. Non riusciva a muoversi e si accorse con terrore che non riusciva più nemmeno a parlare e poteva emettere soltanto suoni gutturali di nessun significato. Quella donna lo stava strangolando con una mano sola!

Rebecca intanto, guardava in faccia quell'uomo. Le sarebbe bastato aumentare
un po' la sua stretta ferrea e per Leonard Farrow sarebbe stata la fine. Aveva
sempre saputo di essere molto forte, ma fino ad allora l'aveva sempre tenuto nascosto le sue reali possibilità agli occhi degli altri. Persino quando stava in palestra evitava di mettersi in mostra agli occhi degli altri e si allenava al cinquanta per cento delle sue possibilità, salvo poi dare sfoggio della sua potenza appena si trovava da sola. Da qualche giorno però, stava conoscendo il piacere di mostrare le sue capacità anche agli altri e soprattutto sugli altri. Non conosceva il vero motivo di tale potenza. Certo, molto dipendeva dai suoi allenamenti. Pesi e arti marziali, un mix che la rendeva praticamente invincibile, ma c'era probabilmente ben altro. Forse era una questione di genetica, visto che suo padre era un colosso e sua madre una buona giocatrice di basket, o forse chissà. L'unica cosa certa era che, fin da piccolissima, aveva sempre posseduto una forza superiore a tutti, anche dei maschi più grandi di lei e che i suoi continui allenamenti l'avevano resa praticamente imbattibile. Come era giusto che fosse una dea. Quella vocina continuava a dirle che lei era una vera dea e una dea ha diritto di vita o di morte su chiunque, a cominciare proprio da quel farmacista che ora si trovava alla sua mercè, piangendo e disperandosi. Meritava di vivere Leonard Farrow? Tutto sommato pensò che quell'uomo non meritasse il pollice verso, soprattutto per il modo cortese con cui si era comportato fino ad allora e lentamente allentò la presa sulla gola, continuando però a minacciarlo con la sua mano sul collo

" Prova a disobbedirmi di nuovo oppure ad obiettare qualcosa e ti prometto che
non vedrai spuntare l'alba. Ora fila a prendere qualcosa che mi faccia passare
questo mal di testa" Il farmacista, tremando, aprì un cassetto dietro di lui
e tirò fuori un medicinale che porse alla donna

" Questo è il farmaco più potente che ho in farmacia per il mal di testa,
Mrs Goldring. Ma io non sono un medico, non so se può farle passare quel
dolore. Più di questo io non posso fare. La prego Mrs Goldring, non mi
uccida" Leonard guardò implorante quella bellissima donna. Sapeva che la sua
vita dipendeva esclusivamente da lei. Non poteva fare nulla. Sembrava dotata
di una forza spaventosa, una forza tale da non lasciargli scampo se lei avesse
deciso di ucciderlo. E per di più non sembrava assolutamente in grado di
ragionare in modo coerente. Che razza di droga poteva aver preso? Una droga
tale da farla cambiare completamente? Ma in quel momento, la cosa più importante per lui era la decisione che la donna avrebbe preso. Rebecca intanto, afferrò il medicinale che le porgeva quella mano tremante, ne estrasse il contenuto e poi si mise in bocca due pastiglie e quindi riguardò l'uomo

" Non vuoi morire, misero verme? Hai osato disobbedirmi prima. Per quale
motivo dovrei lasciarti vivere?"

" Io ... Io ... Non era mia intenzione, Mrs Goldring. La prego!"

" Mi preghi? E allora pregami come si prega una vera dea. Mettiti in ginocchio
a mani giunte" Leonard Farrow non si era mai inginocchiato in vita sua. Era
sempre stato poco credente e non aveva mai ritenuto giusto che un uomo si
inginocchiasse di fronte a qualcuno o anche di fronte a un simbolo, ma non si
fece ripetere l'ordine. La sua vita valeva più dei suoi ideali. Si
inginocchiò a mani giunte, come gli aveva ordinato Rebecca e ripeté la frase

" La prego, mrs Goldring, non mi uccida" Aveva paura Leonard Farrow. Temeva
che, malgrado questo gesto, per lui fosse giunto il momento. Temeva che
difficilmente Rebecca Goldring lo avrebbe lasciato vivo, col rischio che lui
poi avrebbe potuto telefonare alla polizia e invece la donna lo guardò
dall'alto verso il basso

" Per questa volta ti lascio vivere. Non vale la pena che io mi sporchi le
mani per un misero omuncolo. Io sono una dea, destinata a cose più importanti" Sbigottito, Leonard osservò la donna fare dietro front e lasciarlo lì in ginocchio pensò Si affrettò ad aprire di nuovo il lucchetto e la donna aprì la porta scomparendo ai suoi occhi. E ora cosa doveva fare? Telefonare alla polizia? E gli avrebbero creduto? Come spiegare loro che una donna bellissima aveva ridotto in macerie una tavola di legno con un solo colpo di karate? Non lo avrebbero per caso preso per pazzo? Forse era meglio soprassedere. In quelle
condizioni, prima o poi quella donna avrebbe commesso qualcosa di molto grave
e lui forse poteva evitarlo, ma non era un eroe. Che ci pensasse qualcun altro
a farsi prendere in giro dalle forze dell'ordine. Lui conosceva la polizia.
Quando aveva subito i furti, gli avevano fatto un sacco di domande, nemmeno
fosse stato lui il colpevole. No, meglio lasciar perdere. Molto meglio lasciar
perdere.

Per commentare, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2024-09-26
1 . 4 K
visite
1 2
voti
valutazione
6.6
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Ipnosi Sedicesimo episodio

racconto sucessivo

Ipnosi Diciottesimo episodio
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.